lunedì 20 marzo 2023

Brescia capitale della cultura 2023 - proposte e iniziative

Numerose sono le iniziative messe in campo a Brescia che, insieme a Bergamo, è capitale della cultura 2023. La sezione dell’Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti di Brescia e la società Arte con Noi hanno collaborato alla realizzazione di alcuni progetti per un turismo accessibile e inclusivo: presso il Museo Diocesano in via Gasparo da Salò n. 13 a Brescia, fino al 25 Giugno sarà possibile visitare le opere più rappresentative dello scultore non vedente, Felice Tagliaferri, “Il Cristo rivelato”, “Nuovo sguardo” o “Pietà ribaltata” e la “sacra famiglia”. Inoltre, il progetto “tutto ha senso!” permetterà di esplorare le collezioni e le opere più importanti del museo, tramite box sensoriali affiancati da QR Code, fino alla sala multisensoriale, allestita in modo permanente, nella “Bottega del Moretto” dedicata al dipinto “La Madonna col bambino in gloria” realizzato tra il 1520 e il 1545 da Alessandro Bonvicino detto il Moretto.

Per scoprire le bellezze di Brescia, le guide specializzate della società arte con noi, proporranno, per i gruppi, visite guidate inclusive e dedicate ai siti e ai monumenti più importanti della città, mediante l’utilizzo di modellini tattili o stampe tridimensionali.

Per informazioni rivolgersi a: info@arteconnoi.it.

mercoledì 15 marzo 2023

Storia di un programmatore con disabilità visiva

Superando del 15/03/2023

Mi viene talvolta richiesto di raccontare come ho fatto i miei primi passi nel mondo della programmazione, ma rispondere in maniera sintetica risulta arduo. Per dirla tutta, non ho mai fatto una scelta cosciente di avvicinarmi alla programmazione, in quanto ho iniziato ad apprendere senza neanche rendermene conto.

Ricordo il giorno in cui i miei genitori mi comprarono il mio primo computer. Era il 14 dicembre del 1985, avevo 12 anni e non potevo sapere in anticipo che quel famoso Commodore 64, di cui vedevo la pubblicità in televisione, mi avrebbe accompagnato per tutta la vita, cambiandomi e salvandomi letteralmente l’esistenza.

Forse ero emozionato o forse no, questo non lo ricordo, però so di certo che ero curioso di conoscere quel nuovo oggetto elettronico. Ricordo il pomeriggio in cui andammo a comprarlo, ricordo alcune frasi che mi venivano rivolte – andiamo a comprare il “giocattolo” -, l’atmosfera natalizia, le luci di quel grande negozio Anni Ottanta, ricordo cosa feci la prima sera quando lo accesi per la prima volta.

In quei giorni trascorrevo intere ore ad espolarlo, a capire come funzionava e a scoprire cosa potevo fare con esso.

Insieme al Commodore 64 c’era una cassetta con un gioco tratto da un film cult distribuito nel 1984 – che avevo già visto e amato -, entrato nella storia del cinema di quegli anni: Ghostbusters. Allora non potevo sapere che molti anni dopo Ghostbusters, David Crane e Activision sarebbero diventati gioco, programmatore e software house iconici dell’informatica di quel tempo.

Il Commodore 64 era un computer molto popolare in quegli anni. Nel 1985 erano passati solo tre anni dalla sua distribuzione ed era forse il computer più utilizzato in tutto il mondo, soprattutto in àmbito domestico. Aveva una CPU MOS Technology 6510 a 1,02 MHz, 64 KB di RAM e una grafica molto avanzata per l’epoca, che poteva visualizzare fino a 16 colori. Era anche dotato di due porte joystick e di un’uscita video. Per la memorizzazione dei giochi e dei programmi si potevano utilizzare i floppy disk o le audiocassette. Era possibile programmare utilizzando il Basic o l’Assembler (oggi Assembly). La mia dotazione consisteva in un corpo macchina, il vecchio modello oggi chiamato “biscottone”, un datassette, un joystick e un monitor a fosfori verdi.

L’informatica di quegli anni era tutta in divenire e io avevo appena iniziato a parlare una nuova lingua, quella dei computer. Ora conosco la storia di quell’epoca, conosco il fermento culturale e tecnologico che animava il mondo. Dal mio punto di vista di dodicenne tutto viaggiava molto veloce, quel mondo era sempre più presente nella mia vita quotidiana. Col senno di poi, riconosco di avere vissuto l’epoca d’oro dell’informatica. D’oro non per il capitale economico che i maggiori attori dell’epoca guadagnavano – il vero boom economico dell’informatica e dell’elettronica sarebbe arrivato negli Anni Novanta -, ma per la crescita culturale che si respirava ovunque ci fosse una tecnologia o dei raggruppamenti di homines technologici. Con quel “giocattolo” avevo appena iniziato a costruire il mio capitale tecnologico che avrei impiegato nel resto della vita.

Ero curioso di capire come funzionavano i computer e come fossero programmati. Così mi misi a imparare il linguaggio Basic, leggendo il manuale di quel piccolo gioiello elettronico. La cosa che più mi piaceva era sperimentare e creare cose nuove. È utile rievocare alla memoria quegli anni, per comprendere meglio il distacco tra la realtà quotidiana che vivevo in casa e la passione che cresceva per quella macchina. Le persone a me attorno non capivano che quelle “cose” che creavo per me erano concrete conquiste, mentre per loro erano solo immagini senza “valore”. Il computer per me era lo strumento perfetto per dare sfogo alla mia fantasia, perché mi permetteva di testare le mie idee in modo rapido ed efficace. Così, in quei mesi continuavo ad imparare e ad ampliare le mie conoscenze, fino a quando compresi che il Basic non mi bastava più, che c’era un linguaggio ben più potente: il linguaggio macchina del microprocessore 6510.

I manuali di Jackson Libri sono stati una risorsa inestimabile per me. Non c’era internet all’epoca e per avere informazioni sul Commodore 64 e sulla programmazione ero obbligato ad acquistare manuali per corrispondenza, oltre che sperimentare autonomamente. Erano libri di notevole complessità, ma ero così appassionato che non mi importava. Leggevo tutto ciò che potevo trovare e acquisivo nozioni che metterebbero in difficoltà tutt’ora anche un adulto.

Se ritrovassi i miei vecchi compiti in classe di italiano della scuola media, sicuramente ci ritroverei scritta tutta la passione di cui ero preda. Molti anni dopo ho reincontrato l’insegnante che ancora si ricordava dei miei compiti in classe, in cui in qualche modo il mio “64” aveva sempre un posto d’onore o una citazione.

Oggi, quarant’anni dopo, il Commodore 64 è diventato un’icona della cultura popolare e un oggetto di culto per gli appassionati di informatica. Sono stato uno di quei ragazzi fortunati che hanno avuto la possibilità di sperimentare con esso, ho avuto l’opportunità di imparare dal migliore computer dell’epoca e di sviluppare le mie abilità tecniche e logiche in un ambiente che ha valorizzato la mia creatività.

Ma sono andato anche oltre, ho imparato a creare grafica digitale di buon livello, producendo animazioni di sprites (oggetti grafici programmabili che potevano essere mossi e posizionati indipendentemente dallo sfondo del display) e fondali, ho creato giochi e molte utilities per la creazione di grafici, ho programmato in un linguaggio ora diventato leggenda: Assembler. Fatto sta che solo dopo ho saputo che ero andato oltre, che stavo realizzando cose eccezionali, che avevo a tutti gli effetti adottato una lingua incomprensibile ai più.

Riesco un poco a far capire come ho iniziato a programmare? Per esempio, in quegli anni in libreria vendevano dei libri che contenevano programmi per Commodore 64. Insieme a un amico passavamo interi pomeriggi a ricopiare i listati sul Commodore. Io dettavo e lui scriveva, lui dettava e io scrivevo, fino a completare il listato e a eseguire il programma. Però a volte il programma dava errore, a causa nostra o a causa proprio del codice scritto male.

Per caso questo piccolo passo ha indotto chi mi legge a pensare che la programmazione sia copiare il listato di qualcun altro? Suvvia, un po’ di elasticità creativa. A dodici anni avevo scoperto la programmazione imparando a risolvere problemi, a pensare in modo logico e a scrivere codice per eseguire determinate azioni.

Oggi, questo processo è conosciuto come pensiero computazionale, un concetto che si riferisce alla capacità di risolvere problemi attraverso un approccio logico e strutturato, tipico del processo di sviluppo software. All’epoca, senza un insegnante che mi guidasse, non capivo che ciò che stavo facendo era effettivamente programmazione. Con quel “gioco” ho imparato ad affrontare le sfide, a identificare le soluzioni e ad eseguire il codice per portare a termine i miei progetti. Ecco perché oggi il pensiero computazionale è diventato un concetto fondamentale nell’educazione informatica, perché aiuta a sviluppare una mentalità analitica che può essere applicata in molti contesti diversi.

Programmare non si limita solo alla scrittura del codice. Si tratta di un processo che richiede anche una buona dose di creatività, ingegno e intuizione. I veri programmatori sanno che il codice non è l’unico strumento a disposizione e che un linguaggio di programmazione è solo uno strumento tra tanti altri.

L’esperienza con il Commodore 64 mi ha insegnato che la programmazione è un processo creativo che richiede abilità tecniche, pensiero critico e passione per la tecnologia. La mia determinazione e la mia creatività mi hanno permesso di superare le sfide che ho incontrato lungo la strada.

A 22 anni, quando ho perso la vista, ho potuto riprendere la mia vita in mano solo quando ho ripreso a programmare attraverso una sintesi vocale, perché si trattava pur sempre del mio capitale tecnologico ed emozionale che subito dopo essere diventato cieco pensavo di avere perso per sempre.

Me la cavo bene anche in tante altre cose, ma programmare è la mia arte. Anche perché programmare è anche il tempo che ho dedicato a farlo, sottraendo quel tempo ad altre attività dell’adolescenza che avrei potuto fare al suo posto.

Penso che ognuno debba coltivare il proprio talento, qualunque esso sia. Il talento va coltivato sin da bambini, perché iniziando da adulti si potrà essere solo dei buoni dilettanti o dei mediocri professionisti, indipendentemente dalla certificazione di studio in proprio possesso, ma mai dei veri artisti. Ognuno di noi ha una serie di abilità uniche e di talenti naturali che possono essere sviluppati e utilizzati per il nostro benessere personale e per quello degli altri. Coltivare il proprio talento significa dedicare tempo ed energie alla pratica, all’apprendimento e al miglioramento costante delle abilità che ci sono più congeniali. Solo attraverso la pratica e l’impegno costante si possono raggiungere grandi risultati e realizzare il proprio pieno potenziale. In questo caso, pratica include anche e soprattutto l’accrescimento delle proprie abilità mentali e culturali. E questo può anche portare a una maggiore realizzazione personale.

Quando siamo in grado di sfruttare al meglio le nostre abilità, ci sentiamo più sicuri e soddisfatti delle nostre capacità e possiamo raggiungere maggiori traguardi nella vita, soprattutto tendenti al raggiungimento della felicità e della solidarietà.

Vedo molte persone che dedicano il proprio tempo a interessi effimeri, passando dall’uno all’altro quando si scontrano con la complessità di ognuno di essi. È indubbio che anche i passatempi abbiano anche una propria utilità, intrinseca ed estrinseca, e il punto è essere consapevoli degli obiettivi per cui si praticano. Spesso ciò che una persona di talento compie con facilità può sembrare semplice o naturale agli occhi degli altri, ma in realtà dietro a quel talento ci sono anni di studio, ricerca e dedizione. Le persone di talento che hanno raggiunto grandi traguardi, spesso hanno dedicato gran parte della loro vita a coltivare le proprie abilità e a perfezionare le loro tecniche. Questo processo richiede una grande quantità di tempo, energia, impegno e perseveranza.

Ho quasi cinquanta anni e quando comincio a programmare torno ad essere un ragazzino, perdo completamente la cognizione del tempo. È come se mi immergessi in un mare di luce fatto di conoscenza, prendessi i costrutti là presenti e li riorganizzassi in nuove creazioni.

Certo che mi manca la dimensione visiva del tutto, è una parte molto importante di tutto il sistema. Ma c’è soluzione a questo? A 22 anni mi sarei potuto arrestare al centro della strada, come un animaletto impaurito dai fari di un’automobile, in attesa che la vita mi travolgesse? Dall’età di dodici anni non ho mai lasciato l’informatica e la programmazione. Sono grato ai miei genitori per avermi lasciato libero di fare ciò che volevo. Oggi sono un programmatore, una professione che si sovrappone quasi perfettamente al mio talento naturale. Programmare non significa solo scrivere un codice, quella è proprio una delle ultime fasi. Molte persone hanno l’idea che la cosa più importante sia semplicemente scrivere codice in un determinato linguaggio di programmazione. Ma in realtà, voglio ribadirlo, la programmazione è un processo molto più ampio e complesso. Ad esempio, un programmatore dev’essere in grado di analizzare e risolvere problemi complessi, progettare soluzioni efficaci e saper testare il software per garantire la sua affidabilità e sicurezza. Ma programmare è ancora altro: è talento, è passione, è l’unione spirituale tra programmatore, creazione e “software” creato. E la disabilità visiva non limiterà mai la mia creatività!

di Giuseppe Di Grande,

Persona con disabilità visiva, programmatore, blogger e Braille specialist. È autore di Biblos, word processor assistivo per la stampa in Braille, la grafica tattile, gli audiolibri e la videoscrittura, scaricabile e utilizzabile liberamente dal suo blog ed è Braille Specialist della stamperia dell’Associazione Progresso Ciechi.

domenica 12 marzo 2023

Cassioli, cieco, campione di sci nautico e... telecronista della sua Roma

La Gazzetta dello Sport del 12/03/2023

L'azzurro paralimpico: "Spesso si pensa che se uno non vede una cosa non la può capire, ma non è così, a patto che i ragazzi vengano presi e portati presto a vivere una vita sovrapponibile a quella dei propri coetanei che vedono".

Venticinque titoli mondiali, 27 europei, 41 titoli italiani nello sci nautico paralimpico. A questo si aggiungano diversi record del mondo e l’elezione per tre volte ad atleta mondiale dell’anno dalla federazione mondiale. Inoltre, nel 2021 è stato nominato atleta della decade. Basterebbe questo per dire che Daniele Cassioli è un grande sportivo. Ma è molto di più. Il suo continuo cercare di coinvolgere i ragazzi nelle attività motorie, la sua ricerca di inclusione e la sperimentazione di diverse forme di aggregazione fanno di lui una persona che sa guardare oltre l’ostacolo. Cieco dalla nascita, Daniele non si è mai arreso e ha sempre affrontato la vita con il sorriso fra le labbra e una parola giusta al momento giusto. Grande atleta, ma soprattutto grande comunicatore, attraverso i suoi incontri nella scuola insegna a superare le difficoltà e il vero significato dell’inclusione. Ha raccontato con un microfono la partita di Serie A Roma-Empoli, un qualcosa di innovativo e che non era mai stato fatto. Le attività che coinvolgono le persone con disabilità allo stadio sono sempre più frequenti. La Roma ne ha fatte diverse, sia andare a prendere ragazzi e tifosi con disabilità che poi mettere loro a disposizione le radioline. La cosa bella è che l’iniziativa è stata chiamata ‘"superiamo gli ostacoli" e ovviamente è chiaro il riferimento al coro della curva. La novità è stata un po’ la voglia di raccontare questo progetto attraverso l’esperienza, poi questa iniziativa è andata anche su Rai 3 nel programma "o anche no".

"I miei genitori hanno sempre avuto questa intuizione di farmi vivere gli eventi, dalla partita allo stadio alle partitelle con gli amici, quando io purtroppo non potevo giocare. Tutto questo mi ha permesso di associare ai rumori le azioni. Dal tocco di palla alle urla per una bella azione, fino a capire la zona del campo da cui arriva quel suono. Accanto a me poi c’era Italo Cucci, un gigante del giornalismo. Spesso si pensa che se uno non vede una cosa non la può capire, ma non è così, a patto che i ragazzi vengano presi e portati presto a vivere una vita sovrapponibile a quella dei propri coetanei che vedono. Questo è essenziale".

Lei è un gran tifoso romanista.

"Esatto, adesso vivo al Nord da tantissimi anni, ma la passione è rimasta. Quando mi dicono "Tu che non vedi qual è il tuo colore preferito?" Giallo e rosso perché sono quelli che in qualche modo mi appartengono".

Ha anche portato i ragazzi a vivere un’esperienza inclusiva nel basket.

"Sì, insieme alla lega ci è venuto in mente di portare avanti questa iniziativa di allenare i bambini all’inclusione, quindi attraverso un evento come la Final Eight di Coppa Italia portare dei bambini ciechi a vivere la partita, soprattutto attraverso il racconto di coetanei vedenti, quindi poi da quella esperienza anche chi vede se n’è andato arricchito. Andare a toccare i giocatori, perché chi non vede non sa cosa significhi avere davanti una persona alta due metri che porta cinquanta di scarpe. Il messaggio è quello di non stare sempre davanti alla tv e di ‘sporcarsi le mani’. Noi abbiamo visto Brescia-Milano e ho percepito anche da parte delle squadre una sensibilità che dimostra quanto questi mondi anche di altissimo livello siano comunque pronti a farsi portavoce di partite che sono molto più lunghe e molto più ampie e che possono portare un altissimo valore aggiunto ad una comunità".

Lei è attivo anche nel calcio a 5 ipovedenti?

"Sì. Il calcio a 5 ipovedenti a livello nazionale è un movimento purtroppo poco strutturato. Prima lo era molto di più, adesso sta passando un periodo complesso. Si sono persi praticanti. Attraverso l’associazione Real Eyes Sport abbiamo pensato di fare questa squadra a Milano, ma le partite durante l’anno sono poche e gli impianti non sempre all’altezza. Una soluzione sarebbe che si abbia anche nei confronti dello sport paralimpico un approccio dirigenziale più professionale, con persone che abbiano esperienza e capacità che finora non sono emerse. Poi, fin quando un oculista, un neuropsichiatra infantile o uno psicologo non consiglia lo sport ai giovani disabili avremmo perso tutti. Avremo ragazzi che saranno fuori dal contesto sociale che appartiene loro, non per la disabilità, ma per quella forbice che gli adulti hanno permesso di creare".

Lei è un grandissimo campione di sci nautico, come nasce questa passione?

"Grazie alla cecità. Io Sognavo di giocare a calcio, ma per le persone disabili non esistono settori giovanili, figuriamoci nel 94-95. E quindi, passato il primo momento di dolore, ci siamo chiesti: Ma che cosa può fare chi non vede? E quindi scoprimmo che si poteva sciare sulla neve e sull’acqua. Ora è poi diventata la mia malattia sana (sorride,ndr)".

Come ha conosciuto il mondo paralimpico?

"Anche questo grazie alla cecità, perché i miei non erano grandi sportivi, però mio fratello faceva sport e loro hanno pensato che fosse normale lo facessi anch’io. I miei genitori mi hanno educato come Daniele più che come cieco e questo ha fatto la differenza. Il fatto di crescere da un punto di vista sportivo, ma anche personale, mi ha poi avvicinato a questo mondo perché sentivo che c’erano persone molto allineate a quella che era la mia visione. Adesso sono anche membro di giunta CIP. Mi inorgoglisce, ma ancora di più mi trasferisce questo senso di responsabilità".

Che rapporto ha con i social?

"È strano pensare che instagram sia fatto di immagini, però il mondo è ora pervaso da tutto questo. Una notizia, anche bellissima, se comunicata male conta poco. L’ambizione più grande è unire la sostanza a una comunicazione adeguata. Io vado molto nelle scuole e dopo gli incontri i ragazzi mi scrivono perché questa è la loro modalità. Quindi da quando ho iniziato ho capito che la partita non si gioca solo nell’ora e mezzo in cui si sta insieme. Bisogna anche accettare e gestire queste dinamiche da social. È un po’ una partita fuori casa per me, però ne vale la pena. Un conto è veicolare un messaggio a 50 persone, un conto a 50 mila".

Lei è laureato in fisioterapia, quanto è stato importante?

"Molto. All’inizio furono molti i pregiudizi, ma poi la soddisfazione personale fu tanta. Quando una persona viene messa nelle condizioni di lavorare può dare più. Il lavoro è importante anche perché si viene a creare una propria dimensione. Quando ci si incontra con le persone si parla degli interessi, del lavoro. Poi io negli ultimi anni un po’ virato sulla formazione aziendale, quindi uso la metafora sportiva anche per portare contenuti di valore nelle aziende".

Lei ha anche scritto due libri, "Il vento contro" e "Insegnare al cuore a vedere".

"È stata una grande soddisfazione. Il fatto che De Agostini abbia sposato questo mio progetto mi ha fatto sentire molto gratificato. È stato un percorso dentro di me in primis e poi è stato un percorso anche di grande rispetto nei confronti del lettore, quindi ce l’ho messa tutta".

Quando vedremo lo sci nautico ai Giochi Paralimpici?

"Credo che dovremmo metterci l’anima in pace. C’è stato un momento negli anni ’90 in cui c’era una grande opportunità, ma adesso credo che si stia virando agli sport senza motore. Per il momento c’è il surf ed è bello che ci siano sport nuovi. Per lo sci nautico… chi lo sa".

Prossimi obiettivi?

"I Mondiali a settembre a Sacramento, in California. Purtroppo per la mia federazione non è un momento facile perché è commissariata, però mi auguro e credo che la stagione sportiva saremmo in grado di costruirla. A livello personale l’obiettivo è di crescere sul piano professionale, quindi continuare a occuparmi di formazione perché sono il primo che da questa professione porta a casa tanto".

Sogno nel cassetto?

"Che ogni bambino con disabilità faccia sport e che ogni bambino faccia sport. Bisogna riprendere il contatto quotidiano con il movimento. Nelle mie visite a scuola dei professori mi hanno confidato che alcuni ragazzi alle prime difficoltà si scoraggiano. Questo ci fa rendere conto che i ragazzi non sono abituati a confrontarsi con le difficoltà, invece lo sport ti aiuta in questo e ti fa crescere. È un continuo confronto con le difficoltà".

di Simone Corbetta

venerdì 10 marzo 2023

SETTIMANA MONDIALE DEL GLAUCOMA: A MANTOVA INZIATIVE DI PREVENZIONE E SENSIBILIZZAZIONE

UICI di Mantova e l’importanza della prevenzione!!

Vivi senza macchia. Metti in chiaro la tua vista!

Questo l’invito che IAPB Italia Onlus, sezione italiana dell'Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità e l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Mantova lanciano ai mantovani in occasione della Settimana di prevenzione del glaucoma che va dal 12 al 18 marzo.

Il glaucoma è una patologia che colpisce il nervo ottico ed è spesso associata ad un aumento della pressione oculare. Dà sintomi solo in fase avanzata, quando i danni non sono recuperabili, per questo motivo il glaucoma è definito il "ladro silenzioso della vista".

È la seconda causa di cecità al mondo. In Italia si stima che circa 1 milione di persone sia affetta da glaucoma, ma almeno la metà non lo sappia. Se viene scoperto in tempo, la cecità può essere evitata.

Tutte le informazioni su www.iapb.it/settimanaglaucoma e www.uicimantova.it.

Per questo la prevenzione diventa fondamentale per un intervento tempestivo!

L’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Mantova ha perciò organizzato una serie di iniziative gratuite di prevenzione e sensibilizzazione, aperte alla cittadinanza:

* CONTROLLI GRATUITI PER LA PROVA DELLA PRESSIONE OCULARE PRESSO I SEGUENTI AMBULATORI OCULISTICI:

- DOMENICA 12 MARZO DALLE ORE 18 ALLE 19.30 Dott.ssa Barbara Moretti presso ambulatorio Susanna Ottica via Martini n. 6 Moglia MN;

- MARTEDÌ 14 DALLE 15 ALLE 18 Dott. Francesco Zivelonghi presso ambulatorio corso Vittorio Emanuele II n.108 MN;

- MERCOLEDÌ 15 DALLE 16 ALLE 19 Dott. Francesco Laudando presso ambulatorio galleria Ferri n.6 MN;

- MERCOLEDÌ 15 DALLE 16 ALLE 19 Dott. Giovanni Comparini presso ambulatorio via Governolo n. 11 MN;

- GIOVEDÌ 16 DALLE 11 ALLE 12 Dott. Giuseppe Ghilotti presso Centro Oculistico Mantovano piazza Mozzarelli n.4 MN;

- GIOVEDÌ 16 E VENERDÌ 17 DALLE 17 ALLE 19 Dott.ssa Beatrice Paduano presso ambulatorio via Danilo Martelli n.1 Borgo Virgilio.

Gli appuntamenti per i controlli oculistici (NO visita o prescrizione lenti), vanno richiesti esclusivamente contattando gli uffici UICI sezionali 0376.323317 e verranno fissati fino ad esaurimento posti.

* GIOVEDÌ 9 MARZO, partecipazione alla trasmissione televisiva "Sei a casa" su Telemantova alle ore 18.50 e in replica venerdì 10 alle 11.50;

* VENERDÌ 17 MARZO, ALLE ORE 15.45 INCONTRO CON L’OCULISTA presso la Sezione UICI di Mantova in Via della Conciliazione n. 37 a Mantova e online su piattaforma ZOOM con l'oculista Dott.ssa Pacella Fernanda e l’ortottista Burato Deanna. Ingresso gratuito, necessaria la prenotazione a 0376323317 o email a uicmn@uici.it.

Il link per partecipare dovrà essere richiesto all'indirizzo e-mail: uicmn@uici.it.

Verrà distribuito il materiale informativo predisposto da IAPB anche presso le farmacie, poli ambulatori medici e ottiche grazie alla collaborazione con FEDERFARMA e FEDEROTTICA di Mantova.

Si ringraziano gli oculisti e i collaboratori per la disponibilità.

Vi aspettiamo numerosi!!

UICI MANTOVA

Via della Conciliazione n. 37 – 46100 Mantova

Tel. 0376 323317 - Fax 0376 1590674 - Whatsapp 333 2627082 - E-mail: uicmn@uici.it

SETTIMANA MONDIALE DEL GLAUCOMA: A CREMONA SCREENING GRATUITI

In occasione della Settimana Mondiale del Glaucoma istituita dall’O.M.S. e proposta dalla IAPB Italia Onlus (che quest’anno verrà celebrata dal 12 al 18 Marzo), l’ U.I.C.I. di Cremona per richiamare l’attenzione della cittadinanza sull’importanza della prevenzione del Glaucoma, subdola patologia denominata appunto “ladro silenzioso della vista”, sta organizzando diverse iniziative, in collaborazione e con il patrocinio della Provincia di Cremona, Comune di Cremona, ATS Val Padana, ASST Cremona, ASST Crema, Casa di Cura San Camillo. Lo slogan dell’evento è “Vivi senza macchia. Metti in chiaro la tua vista!”

Di seguito il calendario delle iniziative:

* Screening gratuiti (misurazione pressione occhio) presso:

- 14 Marzo presso l’Ospedale Oglio Po - Via Staffolo, 51 - Casalmaggiore

(previo appuntamento telefonando al n° 0375/281419 in data 9 Marzo dalle ore 9,30 alle ore 13,00)

- 15 Marzo presso l’Ospedale Maggiore - Viale Concordia 1 - Cremona

(previo appuntamento telefonando al n° 0375/281419 in data 9 Marzo dalle ore 9,30 alle ore 13,00)

- 13-14-16-17 Marzo presso la Casa di Cura San Camillo - Via Mantova, 113 – Cremona (previo appuntamento telefonando al n° 0372/567517 dal 7 al  10 Marzo dalle ore 08,00 alle ore 12,00)

* Intervista/Dibattito televisivo, in data 13 Marzo, nel programma Ore12 emittente Cremona1, con la partecipazione della D.ssa Grazia Guerrini Rocco - Direttore Reparto Oculistico ASST Crema

* Banchetti con distribuzione materiale informativo:

- 14 Marzo, sotto i Portici di Via Verdi a Cremona

- 15 Marzo al mattino, sotto Galleria XXV Aprile a Cremona

- 15 Marzo al pomeriggio, presso l’Ospedale di Cremona

- 16 Marzo, presso l’Ospedale  - Crema

- 18 Marzo in Corso Campi a Cremona. 

UNIONE ITALIANA DEI CIECHI E DEGLI IPOVEDENTI

SEZIONE TERRITORIALE DI CREMONA

VIA PALESTRO, 32 C.A.P. 26100 CREMONA (CR)

TEL. 0372 23553; FAX 0372 942090; E-MAIL: uiccr@uici.it

giovedì 9 marzo 2023

SETTIMANA MONDIALE DEL GLAUCOMA: A VARESE SCREENING GRATUITI

Accendiamo i riflettori sul glaucoma: dal 12 al 18 marzo si tiene una settimana dedicata alla prevenzione e all’informazione su una malattia degenerativa che colpisce moltissime persone, la metà delle quali non è neppure consapevole di esserne affetta, e che, se non diagnosticata per tempo, porta alla cecità.

A promuoverla è, come ogni anno, l’Agenzia Internazionale per la prevenzione della cecità - IAPB Italia onlus che coinvolge nella sua attività anche le realtà territoriali più attive.

A Varese l’invito ad agire per prevenire questa particolare patologia viene raccolto dalla Sezione Territoriale di Varese dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (U.I.C.I.) che, grazie al patrocinio dell’ASST Sette Laghi – Polo Universitario ed alla attiva presenza dei suoi specialisti, al supporto tecnico e strumentale di FrastemaophthalmicsEasyopht Group, alla collaborazione dell’Istituto Einaudi di Varese (indirizzo di ottica), propone degli screening gratuiti rivolti alla cittadinanza.

I controlli verranno effettuati giovedì 16 marzo 2023, nel corso di tutta la giornata, su appuntamento da fissare contattando il numero 333 58 79 368, dalle 9.00 alle 13.00, nei giorni di lunedì 13, martedì 14 e mercoledì 15 marzo p.v..

La prevenzione è fondamentale: la disabilità visiva provocata dal glaucoma (compresa l’ipovisione) si può evitare purché la malattia sia diagnosticata e curata tempestivamente.

SETTIMANA MONDIALE DEL GLAUCOMA: A LODI PREVENZIONE E INFORMAZIONE

Accendiamo i riflettori sul glaucoma: dal 12 al 18 marzo si tiene una settimana dedicata alla prevenzione e all’informazione su una malattia degenerativa che colpisce, solo in Italia, oltre un milione di persone, la metà delle quali non è neppure consapevole di esserne affetta. A promuoverla, con iniziative gratuite in numerose città, è l’Agenzia Internazionale per la prevenzione della cecità-IAPB Italia onlus, in stretta collaborazione con i suoi Comitati regionali e provinciali, assieme alle Sezioni locali dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti. 

L’UICI di Lodi il 14 marzo organizza a Lodi (piazza Broletto) dalle 9.30 alle 12.30 uno stand di promozione con la distribuzione di materiale informativo sul glaucoma e su altre malattie della vista. Il 17 marzo alle 15,00 sempre a Lodi al Teatrino Musitelli (via Paolo Gorini, 21) si terrà un incontro pubblico con la popolazione. Parteciperanno i medici oculisti del territorio Dott. Riccardo Forte e Dott. Giuseppe Rizzi. 

Il glaucoma è la prima causa di cecità irreversibile al mondo e colpisce 55 milioni di persone: si manifesta quasi sempre coinvolgendo i due occhi, danneggiando irreparabilmente il nervo ottico. Nella maggior parte dei casi è associato a un aumento della pressione interna dell’occhio che causa, nel tempo, danni permanenti alla vista, accompagnati da riduzione del campo visivo e alterazioni della papilla ottica, visibili all’esame del fondo oculare. 

Una semplice visita oculistica è sufficiente a diagnosticare un glaucoma in fase iniziale o ancora non grave; è necessario, pertanto, sottoporsi con regolarità a controlli oculistici, specialmente in presenza di fattori di rischio quali età, precedenti familiari e miopia elevata.  

È buona norma, per chi ha più di 40 anni, sottoporsi a un controllo oculistico che comprenda anche la misurazione della pressione oculare. Un momento ideale è rappresentato dall’insorgenza della presbiopia.