mercoledì 27 febbraio 2019

Scambio giovanile internazionale in Bulgaria, 12 – 19 aprile 2019 – scadenza 10 marzo

È con piacere che trasmettiamo l’invito del gruppo di giovani VIEWS Italia – UICI a partecipare a uno scambio giovanile internazionale sullo storytelling e la cittadinanza attiva. Il progetto è coordinato dalla Fonsazione Vizioner di Sofia (Bulgaria) in partenariato con l’associazione Views International (www.viewsinternational.eu) e si terrà nella città di Sandanski (Bulgaria) dal 12 al 19 aprile 2019. La scadenza per le candidature è il 10 marzo 2019.

martedì 26 febbraio 2019

Una delegazione delle associazioni non vedenti del Burkina Faso in visita all'Istituto

I rappresentanti dell'Unione delle associazioni dei non vedenti del Burkina Faso hanno visitato il palazzo di via Vivaio il 26 febbraio 2019.

Christophe Oule e Lassané Ilboudo, rispettivamente presidente e segretario dell'Union Nationale des Associations Burkinabé pour la Promotion des Aveugles et Malvoyants (UN-ABPAM) del Burkina Faso hanno visitato l'Istituto dei Ciechi di Milano nella giornata di martedì 26 febbraio 2019.

L'UN-ABPAM, che si può considerare una associazione omologa dell'UICI, è nata il 18 ottobre 2008 e riunisce decine di associazioni del Burkina Faso per il miglioramento delle condizioni di vita dei non vedenti. In totale conta 6500 soci, ma le persone con disabilità visiva in Burkina Faso sono molte di più: circa due milioni e mezzo, su una popolazione di 27 milioni, con un'incidenza cinque volte superiore rispetto a quella che si registra in Europa.

Il maggior numero di ciechi nei paesi africani è causato da patologie curabili nei paesi avanzati, come ad esempio la cataratta che è causa della metà dei casi di cecità, le patologie infettive, debellabili con antibiotici e con una maggiore attenzione all’igiene o il glaucoma.

A ricevere i rappresentanti dell'associazione c'erano Nicola Stilla, Presidente del Consiglio Regionale Lombardo dell'UICI, e Franco Lisi, Direttore scientifico dell'Istituto dei Ciechi di Milano.

Nuove detrazioni per cane guida: a quanto ammontano e come inserirle nel Modello 730

Disabili.com del 26-02-2019

La legge di Bilancio 2019 ha introdotto alcune novità che interessano le persone con disabilità (ne parliamo in questo articolo). Tra queste, una che interessa le persone non vedenti che abbiano cane guida come supporto nella loro vita quotidiana.

DETRAZIONE SPESE DI MANTENIMENTO - La novità viene introdotta al comma 27 dell'articolo unico, che alza, dai precedenti 516,46 euro a 1.000 euro l'importo detraibile per le spese di mantenimento del cane guida per persone non vedenti. Si tratta di una detrazione IRPEF forfetaria che riguarda le spese di mantenimento (non di acquisto!) del cane guida.

Cosa a cui prestare particolare attenzione: la detrazione forfetaria è consentita solo alla persona non vedente, e non anche al suo familiare di cui egli possa essere fiscalmente a carico.

Non sono necessari documenti per giustificare tali spese.

Il limite di spesa per il 2019 è di 510.000 euro e di 290.000 euro dal 2021.

All’interno del Modello 730/2019, la detrazione delle spese per mantenimento del cane guida va inserita nel Rigo E81 - Detrazione per le spese di mantenimento dei cani guida.

Ricapitolando:
- Detrazione forfetaria di 1.000 Euro
- Può usufruirne solo il contribuente non vedente (e non il familiare di cui sia fiscalmente a carico)
- Non servono documenti che giustificano la spesa
- Va indicata nel Rigo E81 del Modello 730/2019

DETRAZIONE ACQUISTO – Nessuna novità, invece, per quanto riguarda l’acquisto del cane guida da parte di una persona cieca: ricordiamo che in questo caso è possibile fruire di una detrazione IRPEF del 19%.

Si può usufruire della detrazione in riferimento all’acquisto di un solo cane e una sola volta nell’arco di 4 anni, a meno che nel frattempo non sia stato smarrito l’animale.

A differenza della detrazione forfetaria per mantenimento del cane guida, questa detrazione per acquisto del cane guida può essere fruita tanto dalla persona disabile non vedente, quanto dal familiare di cui essa sia fiscalmente a carico, alternativamente.

Il contribuente può scegliere se detrarre questa spesa in un’unica soluzione o in 4 quote annuali di pari importo.

All’interno del Modello 730/2019, la detrazione delle spese per acquisto cane guida va inserita nel Rigo E5 - Spese per l’acquisto di cani guida. L’importo da indicare deve comprendere le spese indicate nella sezione “Oneri detraibili” (punti da 341 a 352) della Certificazione Unica con il codice onere 5.

Se si vuole usufruire della detrazione in 4 rate di pari importo, va indicato nell’apposita casella del rigo il numero corrispondente alla rata di cui si vuole fruire e l’intero importo della spesa sostenuta.

Ricapitolando:
- Detrazione del 19% sull’intero importo speso
- Fruibile solo per un cane e una volta ogni 4 anni
- Può usufruirne il contribuente non vedente o il familiare di cui sia fiscalmente a carico
- Servono documenti che giustificano la spesa
- Può essere ripartita in 4 rate annuali di pari importo
- Va indicata nel Rigo E5 del Modello 730/2019

lunedì 25 febbraio 2019

Far conoscere il vino ai ciechi e agli ipovedenti: siglata la prima intesa nazionale

Cronachedigusto.it del 25-02-2019

L’Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino - Onav e l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti - Uici hanno firmato il primo protocollo d’intesa nazionale per una collaborazione più stretta e continuativa tra le due associazioni con l’obiettivo di promuovere corsi speciali di avvicinamento al vino dedicati a ciechi e ipovedenti.

Dopo il successo dei corsi di Verona e Brescia nel 2018, dove il corso speciale riservato ai non vedenti e ipovedenti ha avuto un notevole successo di partecipazione, le due associazioni hanno deciso di confermare la proficua collaborazione. I responsabili del progetto, tra cui Pia Donata Berlucchi, Vice Presidente Onav, che si dedica con passione al coordinamento di tutti i progetti sociali dell’associazione, hanno studiato il primo corso per Assaggiatori di vino comune in tutta Italia dedicato ai soci Uici. Si tratta di moduli composti da 9 lezioni di 3 ore, dove docenti altamente qualificati, gli stessi dei corsi tradizionali Onav, guideranno gli aspiranti Assaggiatori alla scoperta del mondo del vino, supportati dal testo di studio tradizionale tradotto in braille o in formato audio. Anche il costo della partecipazione al corso per ciechi e ipovedenti sarà speciale e ridotto rispetto a quello storico (170 euro).

“Nel nostro programma, stilato proprio recentemente in occasione dell’insediamento del nuovo Consiglio – spiega il Presidente Onav Vito Intini – abbiamo inserito ufficialmente un canale preferenziale verso il sociale. Alla base di progetti come questo, c’è la forte volontà di tutti i soci della nostra Organizzazione di promuovere una cultura del vino e del bere consapevole realmente aperta a tutti, che consenta l’abbattimento di ogni barriera”. “La scelta di avviare un collaborazione fra Uici e Onav – dichiara il Presidente Uici Mario Barbuto – nasce dal desiderio di offrire a tutti i nostri associati la possibilità di accedere a un percorso formativo degustativo su una delle eccellenze del nostro Paese, il vino. La disponibilità e la sensibilità con cui i dirigenti dell’Onav si sono avvicinati al nostro mondo potrà sicuramente essere foriera di belle sorprese non ultima, per esempio, quella della nascita di un nuovo sbocco occupazionale con percorsi aggiuntivi specializzanti. Per il momento accontentiamoci di apprendere i primi rudimenti per riconoscere gli aromi e il gusto di quello che molto spesso ci servono a tavola. Gli auspici di partenza mi sembrano favorevoli con la speranza che possa nascere una nuovo modo di conoscere e capire la nostra vita, il nostro mondo che da circa 100 anni l’Uici rappresenta”.

venerdì 22 febbraio 2019

A occhi chiusi contro il vento

Avvenire del 22-02-2019

Cieco dalla nascita, Daniele Cassioli ripercorre in un romanzo autobiografico la scalata ai vertici dello sci nautico di cui oggi è un fuoriclasse assoluto.

Questo incontro con Daniele Cassioli, nasce con la classica gaffe del vedente che incontra il non vedente e istintivamente la prima cosa che fa è porgergli la mano per la stretta del rituale "piacere di conoscerla". Il grave, è che la gaffe si ripete anche al momento del saluto di congedo, ma il non vedente, elegante al di là del completo scuro che indossa, se la ride e assolve con bonaria comprensione: «Capita ogni volta, non si preoccupi... ». Fairplay da campione.

D'altronde nello sci nautico paralimpico il 32enne Daniele Cassioli, nato a Roma ma cresciuto a Gallarate ( Varese), è il "campionissimo". In carriera ha già conquistato 22 titoli mondiali, 25 europei e 35 italiani. Un fuoriclasse assoluto, la stella dell'Asd Waterski Recetto, con gli sci in acqua, il suo habitat naturale, ma soprattutto nella vita di tutti i giorni che affronta a muso duro e con lo sguardo tenero e solare, perché «quando guardi oltre, tutto è possibile». Un mantra che è anche il sottotitolo del suo romanzo-autobiografico Il vento contro (DeA). Un libro più profondo delle acque dei laghi che solca con gli sci, da adottare in tutte le classi scolastiche «e infatti volo in Sicilia e vado a parlarne ai ragazzi delle scuole di Catania e di Enna», dice Daniele prima di imbarcarsi. La sua è una storia comune a quella di tanti altri non vedenti, diventata straordinaria grazie allo sci alpino e poi a quello nautico. «Più diventavo padrone del mio corpo grazie allo sport, più questa consapevolezza si applicava alla vita quotidiana», scrive. Un quotidiano mai facile quando si è venuti al mondo al buio, e rimanendo in questa condizione permanente tutto sembra irraggiungibile, a volte impossibile. Ma la storia di Daniele insegna che l'amore e la saggezza di una famiglia che ti guida e la fiducia nelle persone amiche che ti sostengono, possono rapidamente invertire la rotta e portarci in acque tranquille, fino a sentirci fuori pericolo. Giocare a calcio o andare in bici che per molti non vedenti è un tabù, Daniele invece ha cominciato a farlo fin da piccolo e non senza il timore di cadere, di farsi del male o di perdersi.

Ma ogni volta come la carezza della sera arrivava la voce rassicurante di suo padre Luigi (un "Top Gun" romano, pilota di aerei e collaudatore di elicotteri): «Ricordati Dani, che il mondo - se lo conosci - non ti farà mai paura». A tastoni, cadendo e menando «botte da orbi a mio fratello Davide», Daniele si è allenato a sfidare quel mondo là fuori, spesso impervio, indifferente alla disabilità. Lo fa ogni giorno, supportato da una squadra che ancor prima di quella dello sci nautico è il team degli amici fidati. Alcune stelle fisse fin dall'infanzia, altre che vanno e vengono, come gli amori, come le stagioni, ma l'importante, anzi di primaria necessità, specie per un non vedente, è «scegliersi degli amici veri e disponibili, per essere sempre un po’ tutelato ed evitare di venire dimenticato in un angolo». Daniele raramente si è ritrovato da solo in un angolo, ma può capitare, anche ai campioni come lui.

Un talento assai precoce: a 12 anni debutta agli Europei di sci nautico in Giordania e con sua madre, Brunella, la depositaria di tutti i suoi segreti (le lunghe confessioni in macchina durante il viaggio da casa, Gallarate, fino ai laghi artificiali di Recetto, sede degli allenamenti), scommette che se vincerà si tingerà i capelli biondo platino. «Mia madre era convinta che non mi sarei qualificato...Mi piazzo 2° e appena scendo dal podio divento biondo platino», sorride divertito Daniele che ha sciato e vinto sulle acque dei cinque continenti e che a un certo punto ha trovato sulla sua scia l'insegnamento illuminante e sempre schietto del coach argentino, Pablo. L'hombre vertical che gli ha insegnato a cercare la perfezione e ad osare per fare le figure più complesse: «Mani libere, una gamba sullo sci e l'altra attaccata alla corda, per poi lanciarmi in rotazioni varie, salti e avvitamenti ». Tutto questo è stato possibile solo al prezzo di grandi sacrifici, duri allenamenti all'elastico, per arrivare ad essere un "campione" secondo l'ideale di Pablo. «Ricordate - dice il coach con accento argentino - che il campione vero, la maggior parte delle volte, è quello che lascia accadere le cose e che ha un distacco fra la sua vita e la competizione». Lezione mandata a memoria da Daniele che, dopo un infortunio alla spalla («mentre mi allenavo sugli sci per le Paralimpiadi invernali del 2018»), ha avvertito il desiderio di ridare indietro i tanti preziosi insegnamenti ricevuti a beneficio dei piccoli non vedenti. Da qui il suo impegno con "Sestero Onlus" che settimanalmente, in tutta Italia, dà la possibilità a bambini ciechi di praticare sci nautico, ma anche atletica, i salti sul tappeto di Zero Gravity e la simulazione del volo a Aereo Gravity. «Cerco di portare la mia normalità nella vita degli altri. Quante ore al giorno può muoversi un bambino di 10 anni che vede? E uno che non vede? A queste domande vogliamo che la risposta diventi una soltanto: non c'è differenza. Questi bimbi sono ciechi, non malati che hanno bisogno di terapie come in molti pensano... Lo sport quindi può diventare uno straordinario strumento d'integrazione, presa di coscienza e divertimento, quel saper ridere che troppe volte le famiglie con un bimbo che ha una disabilità smarriscono per la strada».

Monito tosto, da capitano vero, come il suo amatissimo Francesco Totti. Parole che, da fisioterapista (laureato con 110 e lode) massaggiano anche il cuore di tanti genitori spaventati che, magari proprio in questo momento, brancolano tra le tenebre della paura, assieme ai loro figli non vedenti. «L'ostacolo più grande è aggirare la paura della paura». Frasi scolpite nella mente di un ragazzo diventato uomo e che ha fatto della sua esistenza una canzone, un brano romantico e struggente, tipo Il comico- Sai che risate di Cesare Cremonini, «il mio cantante preferito. Da pianista - ho studiato al conservatorio di Gallarate - apprezzo la sua musica pop che attinge tanto dalla classica». Intanto Daniele incontra tanti Carletto, ragazzini a cui insegna lo sci nautico e soprattutto a crescere, senza paura. «E la crescita, mi raccomando a loro, passa dal parlare sempre dei vostri problemi, di ciò che vi fa sentire fragili, del vostro Vento Contro, siate fieri delle vostre debolezze. Questo può insegnare uno sciatore sull'acqua come me». Lo sci nautico non è disciplina olimpica e quindi partecipare a una Paralimpiade per il campionissimo Cassioli è al momento impossibile. «Non escludo colpi di scena, da qui alle prossime Paralimpiadi... Di sicuro io scierò sull'acqua fino a ottant'anni. Ma il mio traguardo è riuscire attraverso lo sport e lo stare insieme a fare tornare il sorriso alle persone. Fargli apprezzare la vita, perché è un dono troppo grande per buttarlo via. Che piangere e ridere richiedono comunque la stessa fatica... Tanto vale ridere».

di Massimiliano Castellani

giovedì 21 febbraio 2019

12^ giornata nazionale del Braille a Matera con il percorso del gusto realizzato da agricoltori e artigiani del cibo

SassiLive.it del 21-02-2019

Agricoltori e Artigiani del cibo hanno realizzato un percorso del gusto per i 50 delegati nazionali giunti a Matera per la dodicesima giornata del Braille promossa dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, in collaborazione con il Club Italiano del Braille. L’idea nasce dalla collaborazione tra CIA e Confartigianato, con il sostegno dei Produttori de La Spesa In Campagna e gli Operatori Culturali di Orto Sociale. La delegazione regionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ha accolto favorevolmente la proposta, che richiama a pieno titolo il tema “la cultura tra le mani”, “perchè anche il cibo è cultura – hanno sottolineato le due dirigenti regionali dell’Uic Maria Buoncristiano e Giovanna Ruggieri- oltre che essere una buona occasione per presentare la Basilicata al Presidente Nazionale dell’Unione e ai delegati giunti da ogni regione d’Italia.”. Attraverso i suoni del peperone crusco, i profumi dell’olio lucano, le forme del caciocavallo podolico, la storia raccontata della lucanica di Picerno e del pane di Matera, abbinati a tanti prodotti della tradizione contadina (come il cotto di fichi)- spiega Rudy Marranchelli di Agia-Cia – abbiamo provato a raccontare la lucanità. Una terra fatta di pascoli, campi di grano e frutteti. Un quadro bucolico dove si pratica la transumanza e la tradizione trova la sua massima espressione nell’artigianato tipico, nell’agroalimentare e nella cucina che segue i ritmi lenti delle stagioni. Naturalmente la giornata è stata anche occasione di confronto, dove si è capita l’importanza della scrittura in rilievo ““La giornata Nazionale del Braille è per noi – dichiara Mario Barbuto, presidente Nazionale UICI – l’occasione annuale più grande per ricordare ai cittadini e a noi stessi che i ciechi devono istruirsi e dotarsi degli strumenti adeguati per promuovere quel riscatto civile e quella inclusione sociale che sono la ragione stessa di esistenza della nostra Associazione. Dobbiamo tuttavia sottolineare che a oggi nessuna risorsa pubblica viene destinata alla promozione e alla diffusione del Braille in Italia”. Matera rappresenta il luogo ideale per questa giornata, con l’alfabeto in rilievo, per milioni di ciechi nel mondo si sono aperte le porte dell’istruzione, del lavoro, della cultura e della conoscenza, da qui l’idea di studiare etichette “intelligenti” capaci di integrare innovazione e scrittura a rilievo, per mettere in luce il contenuto anche per chi è abituato a cenare al buio. Per Rosa Gentile di Confartigianato un’ulteriore occasione per testimoniare che nell’artigianato l’impegno per il sociale come per il welfare aziendale hanno una storia antica. Confartigianato raccoglie la sfida di investire sulle risorse umane, sul loro benessere, per migliorare la competitività delle nostre aziende artigiane che si basa su capacità delle persone, sul connubio tra sapere e saper fare. Siamo noi delle piccole e medie imprese, con i nostri soldi e l’impegno del volontariato sociale, Intendendo il nostro ruolo come identità dei nostri valori etici, a sostituirci al pubblico che – aggiunge Gentile – non è in grado di garantire nemmeno i servizi socio-sanitari-assistenziali primari”.

Il Braille, il sistema di scrittura a sei punti in rilievo inventato oltre due secoli fa, continua a essere ancora oggi un indispensabile strumento di integrazione e cultura per tutte le persone con disabilità visiva, rimanendo fedele nell’uso e nell’efficacia a come lo aveva concepito Louis Braille.

Per continuare a promuoverne la conoscenza e la diffusione, l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, in collaborazione con il Club Italiano del Braille, celebra la XII Giornata Nazionale del Braille con due convegni a Matera, il 20 e il 21 febbraio.

“La cultura tra le mani” è il titolo che abbiamo voluto dare a questi due giorni di incontri e dibattiti scegliendo Matera come città simbolo di un tema – la cultura – che per i ciechi e gli ipovedenti passa innanzitutto attraverso il tatto”, dichiara Mario Barbuto, Presidente UICI, “l’individuo con disabilità visiva impara a leggere con le dita, sente nascere la parola attraverso di esse, la può toccare, tradurre. È una fase fondamentale della vita poiché è in questo momento che egli acquisisce gli strumenti indispensabili per avviare il 2 proprio percorso d’inclusività e di cittadino; attraverso l’uso del braille le persone cieche e ipovedenti possono accedere al patrimonio culturale scritto dell’umanità”.

Cambiare la scuola è l'appuntamento per il presente e il futuro del Braille

Superando.it del 21-02-2019

Lo ha dichiarato Mario Barbuto, presidente nazionale dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), concludendo la due giorni di incontri e dibattiti, denominata “La cultura tra le mani”, organizzata a Matera dalla stessa UICI, in collaborazione con il Club Italiano del Braille, per celebrare la dodicesima Giornata Nazionale del Braille di oggi, 21 febbraio.

«Credo che il Braille si porti dietro una sorta di “maledizione” sin dalle sue origini, poiché chi lo osteggiava lo riteneva segregante. Per imparare a leggere e scrivere, invece, il Braille è un indispensabile e insostituibile strumento di conoscenza e di cultura. La domanda che mi pongo oggi è se dal punto di vista dell’istruzione stiamo facendo le azioni corrette. Secondo voi è normale arrivare in terza elementare senza saper leggere o scrivere, senza libri, senza poter fare attività fisica? Per questo oggi bisogna chiamare al confronto gli Stati Generali della Scuola e chiedere loro se questo sistema scolastico aiuti veramente a sviluppare autonomia, conoscenza e libertà personale per tutte le persone con disabilità visiva. Come presidente, chiederò alla mia Associazione di promuovere da subito un confronto ricco ed elevato che porti a risoluzioni concrete, in grado di garantire ai ragazzi e alle ragazze il diritto a saper leggere e scrivere. Cambiare la scuola dev’essere l’appuntamento per il presente e il futuro del Braille».

A dirlo è stato Mario Barbuto, presidente nazionale dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), concludendo la due giorni di incontri e dibattiti, denominata La cultura tra le mani, organizzata a Matera dalla stessa UICI, in collaborazione con il Club Italiano del Braille, per celebrare la dodicesima Giornata Nazionale del Braille di oggi, 21 febbraio, in un’ideale abbinamento culturale con la città lucana che, com’è noto, è la Capitale Europea della Cultura 2019. (S.B.)

Conoscere il Braille è un diritto-dovere, di Gianluca Rapisarda*

Superando.it del 21-02-2019

«Senza il metodo ideato da quel giovane francese – scrive Gianluca Rapisarda, riflettendo sull’odierna Giornata Nazionale del Braille – le persone con disabilità visiva sarebbero rimaste indefinitamente escluse dalla cultura e dal lavoro. La dodicesima Giornata Nazionale di quest’anno, inoltre, acquista un valore ancora più significativo, alla luce di quella recente Sentenza del Consiglio di Stato, secondo la quale l’insegnante per il sostegno ha il dovere di conoscere il Braille».

Oggi è il 21 febbraio e ogni anno, in questa data, si celebra la Giornata Nazionale del Braille, appuntamento istituito con la Legge 126/07, allo scopo di promuovere una più diffusa e approfondita conoscenza sui temi della disabilità visiva, sostenere la piena inclusione delle persone non vedenti ed ipovedenti in ogni àmbito della vita e allontanare ogni forma di discriminazione e pregiudizio.

L’evento costituisce senza dubbio per tutte le persone con disabilità visiva e per le varie Sezioni dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) un’opportunità importante per organizzare convegni e riflettere sullo stato dell’arte della qualità dei nostri diritti, ma anche un’occasione per praticare la cultura dell’inclusione, attraverso iniziative concrete.

Anche quest’anno, neanche a dirlo, il nostro obiettivo è ovviamente quello di sensibilizzare tutta la cittadinanza sull’importanza, sull’utilità e soprattutto sull’attualità del Braille.

Infatti, nonostante i molteplici benefìci recati alle perfsone con minorazione della vista da questo sistema di lettura e scrittura, ideato da uno di loro (Louis Braille) e appositamente per loro nel 1825, ancora molti, purtroppo, manifestano una forte ostilità nei confronti di esso. Per non parlare dei tanti insegnanti di sostegno che, anche a causa della loro inadeguata formazione specifica, spesso lo ignorano e, cosa ancor più grave, lo fanno ignorare ai loro studenti non vedenti ed ipovedenti.

Da parte di numerosi genitori di ragazzi con disabilità visiva, inoltre, il Braille è considerato come emarginante e stigmatizzante, in quanto identificano l’apprendimento di questo sistema con il riconoscimento definitivo della cecità del figlio.

Occorre naturalmente rispetto per il sentire di ognuno, ma noi abbiamo l’obbligo di far sapere che nell’attuale contesto sociale, l’analfabetismo crea enormi difficoltà e che l’autentica emarginazione deriva dall’impossibilità di risolvere problemi, non già dagli strumenti con i quali i problemi si risolvono.

Dunque, oggi, tutti i non vedenti, ma non solo, devono essere consapevoli dell’importanza decisiva che l’invenzione di Braille ha avuto per la loro vita. Senza l’alfabeto ideato da quel giovane francese, essi sarebbero rimasti indefinitamente esclusi dalla cultura e dal lavoro, i soli mezzi grazie ai quali hanno potuto liberarsi dalla condizione di perenne dipendenza dalla compassione, dalla beneficenza e dagli altri, per diventare protagonisti consapevoli della loro inclusione sociale.

Tornando infine alla celebrazione della dodicesima Giornata Nazionale del Braille, quest’anno tale ricorrenza acquista un valore ancora più significativo e particolare, specie alla luce della recente sentenza n. 5851/18 del Consiglio di Stato, pronunciata nel mese di ottobre dello scorso anno, secondo la quale l’insegnante per il sostegno deve conoscere il Braille.

Tale Sentenza ha chiuso una lunga vertenza giudiziaria, passata per due precedenti pronunciamenti del TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) della Calabria, ignorati nei fatti. Ma non solo, andando oltre lo stesso Braille, quella stessa Sentenza, come è stato scritto dai giudici di Palazzo Spada, «ritiene che il diritto del disabile all’istruzione e all’integrazione scolastica sia preminente, al punto da obbligare l’istituzione scolastica a ricorrere anche a canali diversi dal mero attingimento delle graduatorie, per reperire un insegnante di sostegno specializzato».

Come dire che conoscere il Braille non è solo un diritto primario dell’alunno con disabilità visiva, ma anche e soprattutto un dovere indifferibile dell’insegnante di sostegno!

* Gianluca Rapisarda,
Consigliere della Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi.

Navigatore ipovedente - La Cipriani dà indicazioni e Fabbri guida da leader

La Nuova Ferrara del 21-02-2019

Nello scorso fine settimana, per un solo centesimo, è arrivato il successo nella 9ª edizione della Lessinia-Sport del Rally Valpatena.

L'avventura. Un centesimo di secondo, un punto di penalità: un distacco che in una gara di regolarità fanno la differenza. Una vittoria che arriva dopo molti piazzamenti nelle manifestazioni più blasonate, in una carriera costellata di partecipazioni a tre edizioni della Mille Miglia. È il ferrarese Leonardo Fabbri, anima del Trofaglio, in equipaggio con Sonia Cipriani a fare sua la 9ª edizione del LessiniaSport, organizzata dal Rally club Valpatena, compreso il primato nella 4ª divisione a bordo di una Volvo 144S del "Progetto MITE" (acronimo di Miteinander, Insieme, Together, Ensemble) che permette ai navigatori ipovedenti o non vedenti di prendere parte a una manifestazione motoristica di alto livello, con road book e note tradotte in braille. Fabbri, come nasce la sua passione per la regolarità auto? «Ho iniziato nel 1998 grazie a Onofrio e Carla Colabella (antesignani della regolarità auto a Ferrara; ndr) e a Cesare Borsetti che ereditò da loro la guida della Scuderia San Giorgio. E fu proprio con Borsetti che scoprii il rally per agenti e rappresentanti di commercio e presi parte al primo campionato italiano della categoria. In seguito conobbi Dario Bernini e iniziai a cimentarmi con gli strumenti di precisione». Il suo primo strumento fu il "Bora" della Digitech, azienda leader del settore guidata dall'imprenditore e pilota, vincitore di tre edizioni della Mille Miglia, Luciano Viaro e di cui oggi ricorre la scomparsa...«Con Alessandro Gamberini presi parte alla mia prima Freccia Rossa e da Viaro, nel 2004, ereditai il sedile di pilota nel progetto MITE e da allora mi hanno affiancato, nelle regolarità sport, un navigatore non vedente o ipovedente con cui fare equipaggio». Cosa significa correre con un navigatore che "legge" le note durante le prove speciali in "Braille" seguendole con il dito? «Molto affiatamento, molta unione, molto lavoro per preparare una gara lunga in cui si corre dalla mattina alla sera. Quando si fa equipaggio con un ipovedente ogni volta che affrontiamo una curva io dico al navigatore "fatto" e lui è pronto per chiamarmi la nota successiva. Proprio per il navigatore ho creato un apposito pulsante che ho installato sul poggiapiedi in modo che possa autonomamente, in prova, azzerare lo strumento e farlo ripartire per il settore successivo». Lo scorso weekend con Sonia Cipriani è arrivata la prima vittoria in un rally storico. «È stata una emozione fortissima sia per me che per lei, perché entrambi eravamo alla nostra prima grande affermazione in una gara di regolarità sport. Abbiamo preso il via in 70 equipaggi, corso dalle 11 fino alle 21, percorso 190 chilometri; abbiamo affrontato 65 prove speciali, di cui 9 lunghe fino a 12 chilometri, ma alla fine, per un centesimo, siamo saliti sul gradino più alto del podio». (Fe.Ac.)

mercoledì 20 febbraio 2019

Braille, "nelle scuole mancano docenti che sappiano insegnarlo"

Redattore Sociale del 19-02-2019

I bambini ciechi rischiano di non poter imparare uno strumento importante per la loro formazione culturale: la denuncia di Nicola Stilla, presidente del Club Italiano del Braille in occasione della Giornata nazionale. "Si tende a pensare che sia superato, ma non è vero!". Può essere utilizzato con tablet e smartphone.

MILANO. "Il sistema Braille ha quasi 200 anni ma gode di ottima salute! Si può utilizzarlo con la maggior parte degli smartphone". Nicola Stilla è il presidente del Club Italiano del Braille, fondato nel 2003 dalle principali associazioni di ciechi per promuovere e diffondere l'uso del sistema di scrittura e di lettura per non vedenti, inventato dal francese Louis Braille. Il 21 febbraio è la Giornata nazionale del metodo Braille, istituita nel 2007 con una legge apposita dal Parlamento. "Siamo uno dei pochi Paesi al mondo che ha una solennità civile dedicata a questo metodo", aggiunge Stilla. La Giornata è anche l'occasione per denunciare le difficoltà che incontrano i bambini ciechi nelle scuole. "Si tende a pensare che il Braille sia superato, ma non è assolutamente vero. È compatibile con ogni strumento digitale, dai computer ai cellulari - spiega Stilla - . Purtroppo scarseggiano sempre di più i docenti capaci di insegnarlo agli studenti ciechi. Spesso nelle scuole gli insegnanti di sostegno lo conoscono poco". I lettori vocali non sono alternativi al sistema Braille. "Io stesso uso al pc sia il lettori vocale che il Braille - sottolinea Stilla - . Quello che chiediamo al Ministero dell'Istruzione è di prevedere percorsi specifici per formare insegnanti di Braille".

C'è poi un problema nel reperire testi scolastici per i ciechi. In Italia ci sono centri specializzati nella trascrizione in Braille dei volumi. "Quello che chiediamo agli insegnanti e ai presidi è di scegliere il prima possibile i testi scolastici - spiega Stilla -, così da dare agli alunni ciechi il tempo di farseli trascrivere in Braille. Ci vogliono in media quattro mesi, ma se le richieste si concentrano tutte a settembre, i tempi si allungano. Se invece sapessimo già ora quali libri saranno adottati per l'anno prossimo, con l'inizio dell'anno scolastico sarebbero già pronti anche per gli alunni ciechi".

Per la Giornata del Braille sono numerose le iniziative organizzate in diverse città italiane. L’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti, in collaborazione con il Club italiano del Braille, ha scelto Matera per la celebrazione nazionale con una due giorni di incontri e dibattiti (il 20 e il 21 febbraio) dal titolo "La cultura tra le mani". "Per i ciechi la cultura passa proprio dalle loro mani - commenta Nicola Stilla -, perché il Braille si basa proprio sul tatto. Abbiamo voluto così ricordare che è un metodo fondamentale per i ciechi per formarsi e per trasmettere la cultura". (dp)

martedì 19 febbraio 2019

Separazione delle carriere: un futuro auspicabile, forse necessario? di Marco Condidorio*

Superando.it del 19-02-2019

«La continuità didattica – scrive Marco Condidorio – non può trasformarsi in mero elemento di contrattazione sindacale, ma deve restare l’elemento cardine, costitutivo del diritto allo studio dell’alunno e dello studente con disabilità. Per questo, quindi, va guardata con favore l’ipotesi di una legge sulla creazione di quattro nuove classi di concorso per il sostegno, ciascuna per ogni grado di scuola, a partire da quella dell’infanzia».

La diatriba sulla continuità didattica – che di fatto implicherebbe a mio personale giudizio anche quella professionale determinata dall’esperienza – non troverà mai un proprio giudizio sociale, sino a che lo Stato di diritto non trasformerà il diritto degli alunni, quello allo studio, in diritto anzitutto sociale, con una sorta di azione del Legislatore diretta e preferenziale, che eviti sofismi normativi di carattere sindacale.

L’insegnante o il docente che dovesse scegliere il percorso sul sostegno per consentire agli alunni e agli studenti di vivere dignitosamente la scuola alla pari dei loro compagni, dovrebbe poter fare una scelta che non fosse semplicemente espressione di una norma, ma di un principio etico/professionale: il sostegno didattico è frutto di una professione seria e delicata, non di un’alternativa, che significa “scorciatoia” per la maggior parte dei colleghi precari. L’“esercito dei precari”, infatti, coglie spesso l’opportunità del ruolo, all’orizzonte, come occasione per abbandonare l’esperienza sul sostegno didattico.

Tutto ciò lascia sul campo fiumi di innocenti, alunni e studenti in condizioni di disabilità che, oltre al danno dell’abbandono, subiscono la frustrazione di una didattica incompiuta, frutto dell’assordante inerzia di uno Stato incapace di garantire certezze essenziali, potrei dire primarie, come quella, appunto, del diritto allo studio.

Brutto corto circuito davvero, con il Legislatore che ancora oggi si rende protagonista di questo “suicidio” dell’istruzione, rendendosi responsabile in primo luogo dell’abbandono scolastico da parte di molti degli alunni e studenti, scelta talvolta obbligata da parte degli stessi genitori i quali – di fronte a una scuola incapace di governare il disagio della mancata continuità e del perpetrarsi viceversa della discontinuità – si arrendono e assieme ai loro figli gettano la spugna.

Ha scritto giustamente su queste stesse pagine l’amico Nocera: «Va detto innanzitutto che tali docenti debbono avere continuità didattica, per poter aiutare i colleghi curricolari a realizzare l’inclusione scolastica e sociale e sui cui esiti individuali essi votano per tutti gli alunni, durante gli scrutini, come stabiliscono gli articoli 2, 4 e 6 del DPR 122/09»; e aggiungo io: sempre che non escano dall’aula per superare imbarazzi d’ogni sorta, compreso quello di doversi assumere responsabilità pur previste dalla normativa come ricorda Nocera…

«È vero – ricorda ancora quest’ultimo – la normativa attuale consente a tali docenti, dopo cinque anni di permanenza sul posto di sostegno, di passare sul posto comune»; e provocatoriamente aggiungo: non in ottemperanza del diritto alla continuità didattica, ma sul sostegno inteso quale posto, e non sul sostegno inteso come “accanto allo stesso alunno o studente”.

Desidero sottolineare inoltre che il diritto di ottenere il trasferimento su cattedra comune è sacrosanto, certo; e tuttavia scusate, ma ai miei occhi, il che è tutto dire, risulta davvero una beffa per le centinaia di alunni e studenti che dall’oggi al domani si ritrovano senza alcun sostegno didattico degno di questo nome, finendo in pasto a un precariato incompetente che da quel momento, per quegli alunni e studenti, rappresenterà la via crucis della discriminazione.

Scrive ancora Nocera: «Ne conseguirà che, come da sempre, ammesso pure che subito si riuscisse ad ottenere il 100% dei posti di sostegno coperti da docenti specializzati, trascorsi i cinque anni, in teoria – ma potrebbe anche accadere in pratica – tutti, o per lo meno più realisticamente una buona parte, potranno ottenere il trasferimento su posti comuni, ricreando così l’incolmabile vuoto di specializzati e quindi la piaga del precariato, con tanti saluti alla continuità cui tutti aspiriamo».

E allora credo sia proprio giunto il momento di motivare il Legislatore a legiferare in favore della separazione delle carriere, per cui ogni scelta sarà sostanziale e non in vista di un secondo fine, quello cioè di scegliere il sostegno come scorciatoia per sorpassare chi in graduatoria più onestamente ha scelto di attendere la nomina per una supplenza, piuttosto che addirittura l’immissione in ruolo sulla disciplina.

Il corto circuito di cui è vittima anzitutto il discente in condizioni di disabilità va interrotto, assolutamente! A tal proposito, condivido il pensiero di Nocera, per cui lo riprendo come egli stesso lo ha espresso: « Per arrestarlo – o comunque per contenerlo seriamente una volta per tutte – occorre avere il coraggio culturale e politico di fare un vero “governo del cambiamento” e cioè di fare approvare in Parlamento una legge sulla creazione di quattro nuove classi di concorso per il sostegno, ciascuna per ogni grado di scuola, a partire da quella dell’infanzia».

Il processo secondo cui nelle capacità del Legislatore vi sia anche quella di saper cogliere, leggere, le vere criticità afferenti l’integrazione e inclusione scolastiche, tra cui quella della continuità, dipende dalla forza di persuasione che le Associazioni riescono a infondere attraverso l’azione, che prima di essere politica, dovrà essere di tipo tecnico e culturale. Ad oggi, infatti, il Parlamento manca di quella consapevolezza propria di chi vive in prima persona il dramma e la condizione di possibile esclusione dai percorsi di istruzione ed educazione proposti dai piani formativi d’ogni singola istituzione scolastica.

Dal canto suo l’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) guarda con interesse all’idea di proporre un’ipotesi di legge istitutiva delle quattro classi di concorso, da tempo auspicate e discusse presso i tavoli tecnici del Ministero.

A tal proposito, dopo una riunione tecnica svoltasi presso il Ministero stesso, scrissi un messaggio preciso e inequivocabile ad alcuni componenti del tavolo tecnico e al Presidente Nazionale dell’UICI, che riscosse largo consenso; messaggio del quale riporto qui di seguito uno stralcio contenente il passaggio esplicativo dell’idea:

«Di fatto, il diritto dell’insegnante e del docente supera, e si afferma, comunque e sempre, in barba ad ogni norma che sancisca il diritto allo studio dell’alunno o dello studente. Stiamo giocando sulla pelle dei nostri ragazzi. Vorrei comprendere quali siano le ragioni che impedirebbero carriere separate, oltre a quella banale, secondo cui il docente non può essere incatenato al sostegno didattico per tutta la vita professionale. Così, il sostegno resta e sarà sempre la “carta vincente” per poter garantire il posto a insegnanti e docenti, i quali non trovano altra via se non quella del sostegno piuttosto che quello dell’insegnamento sulla materia. Vanno ripensati ruolo e curricolo dell’insegnante e del docente sul sostegno didattico. Tutto il resto è coltre di fumo che si addensa sul diritto allo studio dei bambini, degli alunni e degli studenti. Nulla contro gli avvocati, ma i nostri incontri, che dovrebbero afferire la scuola, l’integrazione e inclusione scolastica, si trasformano sempre più in dibattiti di rivendicazione sindacale, che puntano a garantire, in buona sostanza, esclusivamente e prioritariamente il mantenimento del posto di lavoro. La continuità didattica non può trasformarsi in mero elemento di contrattazione sindacale, ma deve restare l’elemento cardine, costitutivo del diritto allo studio dell’alunno e dello studente».

Dunque si dia avvio all’iter concernente la stesura di norme atte a definire la separazione delle carriere professionali degli insegnanti e dei docenti per ogni livello di istruzione.

* Marco Condidorio,
Componente della Direzione Nazionale dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), Associazione nella quale coordina la Commissione Nazionale Istruzione e Formazione. Docente di Tiflologia presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche, Sociali e della Formazione dell’Università del Molise.

Tour in Rosso Lettonia 21 – 28 luglio 2019 (numero massimo 25 partecipanti)

Con il comunicato n. 23/2019, la Sede Centrale UICI informa che la Scuderia Ferrari Club di “Riga” e “Roma Centro”, in collaborazione con l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, organizzano per non vedenti, ipovedenti, loro familiari, accompagnatori ed amici un giro automobilistico della Lettonia su vetture Ferrari nella settimana dal 21 al 29 luglio 2019.

I partecipanti saliranno a rotazione a bordo delle Ferrari, in qualità di passeggeri, durante l’intera percorrenza del tour.

Durante la manifestazione è prevista la realizzazione di un prodotto audiovisivo e fotografico professionale.

L’iscrizione è aperta ad un numero massimo di 25 partecipanti. Stante il numero ridotto di posti disponibili sarà data priorità ai disabili. Per questi ultimi, indipendentemente dal livello di disabilità, sarà obbligatoria la presenza di un accompagnatore. Sono ammessi a partecipare ed a salire a bordo delle vetture anche i minori di anni 18, purché con altezza minima di m. 1,50 ed autorizzati dai genitori o da chi ne fa le veci attraverso apposito modulo debitamente compilato e da consegnare agli organizzatori prima di salire in vettura.

La quota di partecipazione ammonta ad euro 2.000,00 (duemila) per singolo aderente, purché il pagamento venga effettuato entro e non oltre il 31.03.2019. Diversamente, il versamento richiesto sarà di euro 1.500,00 oltre l’acquisto, da effettuarsi privatamente, dei biglietti aerei di andata e ritorno, e potrà essere effettuato fino alla chiusura delle iscrizioni per avvenuto raggiungimento del tetto massimo di partecipanti. L’ammontare della quota di iscrizione è il medesimo per non vedenti, ipovedenti, loro familiari, amici ed accompagnatori e dà diritto alla partecipazione completa all’avvenimento, unica modalità consentita.

Eventuali particolari esigenze dei partecipanti, dovranno essere comunicate agli organizzatori all’atto dell’iscrizione.

Per lteriori informazioni circa le modalità di adesione e il programma dell’evento, si rinvia al file .zip contenente il comunicato in oggetto unitamente ai relativi allegati, scaricabile al seguente url:

Si invita altresì a leggere attentamente l'"errata corrige" diffuso dalla Sede Centrale UICI con il comunicato n. 24/2019 e raggiungibile al seguente url:

“L’ARTE DI RACCONTARE” - CORSO DI SCRITTURA CREATIVA

"L’Arte di Raccontare” è  il titolo di un corso di scrittura creativa riservata a 8 uomini e 8 donne non vedenti o ipovedenti, iscritti all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti che intendono confrontarsi nel campo della scrittura creativa con particolare riferimento a quella biografica e del racconto.

L’iniziativa è finanziata e promossa da Erica Monteneri, Presidente del Circolo Paolo Bentivoglio, componente del Consiglio Direttivo della Sezione U.I.C.I. di Milano e patrocinata da Slash Radio.

Il Corso, tenuto via Skype dallo scrittore Massimo Tallone, comprende 10 lezioni di due ore ciascuna con cadenza quindicinale e non prevede alcun contributo da parte degli iscritti.

La domanda di partecipazione al corso, completa dei propri dati anagrafici, numero di telefono e indirizzo e-mail, deve essere inviata all’indirizzo:  segreteria.presidenza@uicimilano.org entro mercoledì 20 marzo 2019.

I sedici candidati saranno individuati seguendo l’ordine cronologico di arrivo delle domande.

Le persone selezionate riceveranno apposita comunicazione.


Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ONLUS-APS
Sezione Territoriale di Milano
Via Mozart, 16 - 20122 Milano, Italy
Tel.: +3902783000 - fax: +390276009488

lunedì 18 febbraio 2019

Abilismo: è ora di parlarne

InVisibili del 18-02-2019

Razzismo, sessismo, classismo, specismo: tutti ne conosciamo il significato.
E se vi dico abilismo, sapete cosa indica?
L’abilismo è l’atteggiamento discriminatorio nei confronti delle persone con disabilità.

Deriva dall’inglese ableism – termine più diffuso e usato negli ambienti americani- o disableism –principalmente utilizzato nel territorio britannico -, e ha iniziato a diffondersi come parola alla fine degli anni ’80. Comprende sia le azioni più eclatanti, come impedire l’accesso a determinati luoghi o informazioni a causa di barriere architettoniche e sensoriali, che quelle più sottili e infime, ad esempio usare il nome di determinate disabilità per offendere – Non fare il Down!; Sono circondato da cerebrolesi! – o usare termini con connotazioni negative per parlarne – è costretto in carrozzina, nonostante la disabilità ecc..

Insomma, l’abilismo descrive le persone definendole unicamente per la loro disabilità, ne attribuisce a priori certe caratteristiche, imprigionandole in stereotipi in cui risultano diverse e irrevocabilmente inferiori.
Oggi è difficile che qualcuno venga preso in giro per la disabilità, a differenza ad esempio delle persone grasse su cui viene riversato il fat-shaming, però la discriminazione c’è, ed è ugualmente orrenda e denigrante. Quante volte una persona disabile viene definita eroe soltanto perché ha una disabilità? Quante volte alle persone disabili vengono attribuite caratteristiche preconfezionate, quali essere guerrieri, coraggiosi, meravigliosi, angeli sofferenti con tanto da insegnare a noi che disabili non siamo?

Inspiration Porn: Stella Young chiama così la rappresentazione delle persone disabili come ispirazione unicamente per il fatto di avere una disabilità, oggettivandole a favore delle persone non disabili, e rendendole straordinarie anche nel caso compiano gesti banalmente ordinari, come uscire la sera, studiare o diventare genitori. Sentirsi dire «Complimenti per il coraggio, perché io nelle tue condizioni non riuscirei ad uscire di casa» è umiliante, ve lo posso assicurare. Non è un complimento, ma una micro-aggressione che offende fa sentire diversi, sfigati. Il pietismo è talmente palese da diventare soffocante.

Allarga ancora di più il gap socialmente costruito tra le persone disabili e quelle non disabili. Fa apparire la stessa disabilità come un ostacolo onnipresente da superare, e non una semplice caratteristica dell’individuo, come l’essere moro, caucasico, africano, donna, uomo, gay o transessuale. Così come frasi «Sei bellissima, nonostante la tua disabilità» è una micro-aggressione abilista che non trova spazio in un dialogo intelligente, e a cui non siamo costrette – o costretti – a sottometterci, rispondendo ed educando la persona in questione, facendo notare che la disabilità non è un fattore che sminuisce. Se siamo considerati esteticamente attraenti lo siamo per ogni centimetro del nostro corpo.

Tantissime persone stanno lottando contro l’abilismo, mostrando come la disabilità sia una condizione emergente da più fattori, non soltanto quelli biologici ma anche quelli sociali, comprendenti le discriminazioni nei confronti degli individui aventi diverse funzionalità fisiche, cognitive ed intellettive.

Cosa fare per sconfiggere l’abilismo? Riconoscere che siamo tutti esseri umani, che avere una disabilità non rende migliori o peggiori. Riconoscere che una protesi, un bastone o una carrozzina non rende meno stronzi. Sarebbe troppo facile. Lottare per i diritti, per una società inclusiva, dove nessuno si senta discriminato per il fatto di avere abilità diverse. Esigere la parità di opportunità e di trattamento. Considerare le molteplici abilità come normalità nell’eterogeneità delle sfaccettature umane.

E chiedere, informarsi, studiare, mettersi nei panni degli altri. Debellare l’abilismo significa anche debellare l’ignoranza, incrementando il rispetto verso le persone.

di Sofia Righetti

Blocnotes mese di febbraio 2019, notiziario del Consiglio Regionale Lombardo U.I.C.I.

Scaricabile al seguente link il numero di febbraio del notiziario informativo mensile del Consiglio Regionale Lombardo U.I.C.I., a cura di Massimiliano Penna.

BLOCNOTES FEBBRAIO 2019 (formato .doc)

domenica 17 febbraio 2019

L'insegnante di sostegno: intervista a Evelina Chiocca

Vivere Fermo del 17-02-2019

Lo scopo della scuola è quello di trasformare gli specchi in finestre. (Sydney J. Harris)

Evelina Chiocca, Presidente CIIS, Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno.
1) Chi è l’insegnante di sostegno?

L’insegnante di sostegno è un docente “specializzato”, che ha acquisito ulteriori competenze professionali mediante un apposito corso formativo (Corso di specializzazione per le attività di sostegno).
2) Quali sono le sue mansioni?

Il docente specializzato, incaricato su posto di sostegno, si occupa delle “attività di sostegno alla classe”, al fine di favorire l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità. Assume la contitolarità della classe, alla quale è assegnato, insieme ai colleghi incaricati su posto disciplinare. Collabora con i colleghi secondo criteri di corresponsabilità (Linee guida del 4/08/2009) e di collegialità (L. 104/92 e CCNL). È insegnante di tutti gli alunni della classe e, in sede di scrutinio, valuta ciascun alunno della classe. In quanto esperto di pedagogia e di didattica speciale, stimola i colleghi affinché si adottino approcci inclusivi (apprendimento cooperativo, didattica metacognitva, didattica laboratoriale). Osservando gli alunni da una posizione diversa rispetto a quella dei colleghi incaricati su posto comune o su posto disciplinare, può rilevare più facilmente le dinamiche relazionali che intercorrono fra gli alunni, fra gli alunni e i colleghi, nonché le reazioni manifestate; questo diviene strategico per individuare, insieme ai colleghi, le strategie più opportune per la gestione della classe e per l’adozione di metodologie didattiche efficaci. Al tempo stesso, la sua presenza favorisce forme organizzative diverse, come la divisione della classe in due gruppi o l’adozione della cattedra mista o incarico misto. Che cosa si intende per “cattedra mista o incarico misto? Il docente specializzato interviene nella classe per parte del suo orario su posto di sostegno e per parte su posto disciplinare, coinvolgendo in questo “scambio” uno o più colleghi della classe. Se da un lato quest’impostazione sostiene indubbiamente la corresponsabilità, dall’altro promuove fattivamente il processo inclusivo, grazie alla sinergica e reale partecipazione di più insegnanti. Culturalmente si tratta di un messaggio chiaro, che non lascia spazio a equivoci: l’alunno con disabilità è alunno di tutti i docenti della classe e tutti hanno uguale responsabilità per quanto riguarda il suo percorso formativo, così come deve essere per ciascun alunno della classe o della sezione. L’insegnante specializzato predispone, congiuntamente ai componenti del GLHO, i documenti previsti: Profilo Dinamico Funzionale e Piano Educativo Individualizzato, nonché verbali e Relazione finale. Il GLHO è il gruppo di lavoro costituito da tutti i docenti della classe in cui è iscritto l’alunno con disabilità, dai genitori dell’alunno, dagli specialisti dell’ASL che seguono l’alunno e, se presente, dall’assistente all’autonomia e alla comunicazione.
3) Come lo si diventa? Vi è un percorso ad hoc?

Il docente specializzato è, come detto, un insegnante, ed è “abilitato all’insegnamento”. Il primo percorso formativo è lo stesso compiuto da tutti: per la scuola dell’Infanzia: laurea in Scienze della Formazione Primaria (che, oggi, abilita per entrambi gli ordini di scuola), per la scuola secondaria di Primo o di Secondo grado: laurea magistrale che, per ciascun grado, corrisponde a una o più discipline d’insegnamento; dopo la laurea, tramite concorso, si consegue l’abilitazione all’insegnamento. Al momento vi sono dei cambiamenti in atto, per cui il percorso non è ben definito. Per tutti gli ordini e gradi di scuola, una volta conseguita l’abilitazione, il candidato può accedere, previa prova selettiva, al corso di specializzazione per il sostegno (anche per l’accesso al corso ci sono cambiamenti in atto; oggi, infatti, possono iscriversi al corso aspiranti privi di abilitazione: per la secondaria: candidati laureati che abbiano conseguito 24 Cfu, definiti in apposito decreto; candidati che abbiano lavorato come docenti per almeno tre anni negli ultimi otto; a questi si aggiungano aspiranti diplomati, afferenti alle classi di concorso ITP, teorico-pratiche. per la primaria e per l’infanzia: candidati in possesso del diploma sperimentale sociopsicopedagogico o linguistico o della vecchia maturità magistrale (il diploma deve essere stato conseguito entro l’a.s. 2001-2002).
4) Quali sono a suo avviso le qualità che un docente di sostegno dovrebbe possedere?

Sono dell’opinione che non esistano requisiti o qualità particolari se non quelle che debba possedere un buon insegnante. Come per i colleghi, infatti, il docente specializzato per il sostegno deve essere in grado di lavorare in team, di progettare, di mediare, di confrontarsi, di collaborare, di condividere, di suggerire metodologie didattiche, di fornire informazioni sugli alunni della classe, di stabilire rapporti significativi e collaborativi con i colleghi, con gli alunni e con le famiglie. Ovvero tutto ciò che un docente, in quanto tale, deve possedere. A ciò si potrebbero aggiungere specifiche conoscenze afferenti la pedagogia speciale e la didattica speciale. In realtà non dovrebbero esserci elementi di diversificazione, semmai di approfondimento e di arricchimento di tutti i docenti. Il docente specializzato, ma così anche tutti gli altri docenti, devono saper riconoscere gli alunni come persone, devono andare oltre le apparenze o ciò che vedono, superare gli stereotipi, non dare nulla per scontato, e, soprattutto, credere nell’alunno, nelle sue capacità e nelle sue potenzialità. In due parole, ogni docente, quindi anche quello di sostegno, deve essere “professionalmente competente”.
5) Essere insegnante di sostegno: ripiego o vocazione?

Né ripiego, né vocazione. Sono espressioni in contrasto con il ruolo stesso del docente. È bene, qui, ricordare che, per lavorare come docenti incaricati su posto di sostegno, il primo requisito è “essere insegnante”, un insegnante professionalmente competente che lavora e interagisce, a favore di ciascun alunno, con altre professionalità competenti (i docenti su posto comune o disciplinare).
6) Che tipo di collaborazione si dovrebbe instaurare tra docente di sostegno e docente curriculare?

Una sinergia o, per dirla come il prof. Luigi d’Alonzo, una “unione di intenti”. È necessario saper lavorare insieme, condividere, concordare, programmare, ascoltarsi, camminare insieme, fidarsi, secondo un’impostazione professionale. E lavorare coordinandosi. Sembra facile a dirsi, ma non è così scontato.
7) Durante l’orario di lavoro il docente di sostegno può essere chiamato a svolgere attività di supplenza?

Durante il suo orario di servizio ogni docente, quindi anche quello incaricato su posto di sostegno, non può essere utilizzato per fare supplenze. Deve restare nella sua classe o sezione. E proprio per richiamare la scuola a questa sua responsabilità, nelle Linee Guida, emanate il 4 agosto 2009, il MIUR ribadisce che “l'insegnante per le attività di sostegno non può essere utilizzato per svolgere altro tipo di funzioni se non quelle strettamente connesse al progetto d'integrazione”.
8) Quali sono le figure che gravitano intorno all’alunno disabile in ambito scolastico?

Sicuramente tutti gli insegnanti della sua classe e, in base alle specifiche situazioni, il personale scolastico come i collaboratori. Inoltre, per alcuni alunni con disabilità è prevista la figura addetta all’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione, assegnata agli alunni con disabilità fisica e/o sensoriale, detta anche assistente ad personam o AEC o ASACOM (le denominazioni sono differenti per ciascuna regione).
9) Qual è la differenza tra insegnante di sostegno e Assistente all’Autonomia e alla Comunicazione (ASACOM)?

Si tratta di due figure professionali differenti. Sarebbe, tuttavia, più preciso chiedere la differenza fra “insegnante” e “assistente all’autonomia e alla comunicazione”. Il docente incaricato su posto di sostegno è assegnato alla classe; in quanto insegnante si occupa di attività educativo-didattiche, collabora con i colleghi nell’individuazione delle strategie per la gestione della classe e per gli apprendimenti; egli partecipa a tutte le attività collegiali previste (programmazione settimanale o Consigli di classe, in base all’ordine di scuola, Interclasse e/o Dipartimenti, Collegio docenti, per citarne alcune), inoltre valuta ogni alunno della classe (cioè tutti). Con i colleghi è corresponsabile di tutti gli alunni della classe che, a scuola, sono per l’appunto affidati ai docenti. L’assistente all’Autonomia e alla Comunicazione è una figura professionale, che si occupa dell’autonomia personale e/o della comunicazione dell’alunno con disabilità, al quale viene assegnato. Collabora con i docenti e lavora con l’alunno nel pieno rispetto della volontà da questi espressa, seguendo le indicazioni del docente in servizio. Partecipa alla stesura del PEI, per quanto riguarda gli aspetti educativi e, in relazione a questi aspetti, si coordina con tutti gli insegnanti.
10) Attualmente gli insegnanti di sostegno posseggono le adeguate competenze per poter affiancare i disabili sensoriali?

Il corso di specializzazione per le attività di sostegno, negli anni, ha subito diverse modifiche, tanto che sia quello successivo al corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria (per l’Infanzia e la Primaria) che quello successivo alla SSIS, scuola di specializzazione per i docenti della secondaria divenuto abilitante, pur essendo corsi “polivalenti”, rimandavano alla formazione in servizio, nel caso di assegnazione a classi in cui fossero iscritti alunni con disabilità sensoriale, attribuendo tale compito al Dirigente Scolastico. Gli ultimi corsi, attivati in conformità al DM 30/09/2011, rilasciano un titolo polivalente e prevedono l’acquisizione di competenze per lavorare con tutti gli alunni (va precisato che in questi corsi non è previsto l’insegnamento della LIS, lingua dei segni italiana). Direi, però, che si tratta di una questione, “marginale”, se pensata solo “per i docenti di sostegno”. Le competenze necessarie per lavorare con alunni con disabilità sensoriale devono appartenere a tutti i docenti della classe. Il tempo-scuola non è limitato alle sole ore di sostegno! Non dobbiamo trascurare questo aspetto, altrimenti è come legittimare “classi speciali” nelle “classi comuni”. Bisogna uscire dalla logica che solo alcuni debbano possedere determinate competenze. D’altra parte, e lo abbiamo già detto, tutti i docenti della classe sono insegnanti dell’alunno con disabilità; quindi, oltre ai contenuti disciplinari, che anche il docente incaricato su posto di sostegno possiede (ricordiamo che l’abilitazione all’insegnamento è il requisito base, obbligatorio, per insegnare), non possono mancare, nel bagaglio professionale, le competenze afferenti la pedagogia e la didattica speciale, quindi anche le competenze per lavorare con alunni con disabilità sensoriale.
11) Quali sono le normative che riguardano nello specifico gli studenti disabili?

Potrei, al riguardo, proporle un lungo elenco. Iniziando con la legge 118/71, che ha consentito per la prima volta l’ingresso nelle classi comuni di alunni disabili, ma non di tutti, possiamo citare la legge 517/77, che ha abolito le classi differenziali, introdotte con la legge di riforma della scuola media del 1962, per giungere alla legge-quadro, la legge n. 104/92, una legge che ha raccolto quanto emanato negli anni ad essa precedenti, facendo propri i principi fondamentali , enunciati già in provvedimenti precedenti. Il DPR 24/021994, applicativo della 104/92, illustra i documenti necessari per l’integrazione scolastica (il provvedimento è ancora attuale; sarà non più attuativo dal 1° settembre 2019 se verranno emanati i decreti attuativi del D.lgs. 66/2017). Seguono altre norme, successivamente abrogate, e altre ancora in vigore, come le Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, pubblicate dal MIUR il 4 agosto 2009. Altri utili riferimenti sono rappresentati dall’O.M. 90/2001, dal DPR 81/2009, di riorganizzazione del sistema scolastico, e, più recentemente, dal D.lgs. 66/2017 e dal D.lgs. 62/2017. Vanno anche richiamate le Sentenze della Corte Costituzionale (fra cui: la n. 215 del 1987, con la quale è garantita l’iscrizione alla scuola Secondaria di Secondo grado degli studenti con disabilità; la n. 80 del 2010, che riconosce il rapporto 1:1 per gli alunni con disabilità certificati con art. 3 comma 3; la n. 215 del 2016, con la quale viene riconosciuto che «È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione») e le Sentenze del TAR a tutela degli alunni nel riconoscimento delle ore di sostegno o per lo sdoppiamento delle classi, nei casi di sovraffollamento. Ma, ripeto, a queste ne vanno aggiunte molte altre.
12) Qual è la differenza tra integrazione e inclusione scolastica?

Chi si sofferma a riflettere sulle parole, partendo da “inserimento” e, oggi, pervenendo a “universequità”, si appella a concetti che si discostano dalla mera semantica. Che dire. Le parole aiutano a riflettere, a recuperare concetti, idee, a orientare il pensiero. Nel caso specifico, preferirei non addentrarmi in disquisizioni sovente demagogiche. Integrazione o inclusione, se non mostrano una società capace di vivere nella reciprocità del rispetto dell’accoglienza, dell’aiuto, del supporto, rischiano di essere termini vacui, che possono favorire distorsioni interpretative. Se lei legge le diverse definizioni, infatti, noterà che ogni nuovo termine tende ad attribuire al precedente gli stessi significati negativi che, in precedenza, venivano assegnati a quello antecedente. Se però devo scegliere un termine, che illustri reciprocità di rispetto, accoglienza e aiuto, allora non ho dubbi: integrazione è ciò che, a mio parere, meglio rappresenta e definisce l’idea di una società costituita da tante, mille, molteplici diversità, capaci di camminare insieme, fianco a fianco, e di vivere insieme, contraddistinguendosi per saper agire secondo il criterio della reciprocità e/o dell’aiuto.
13) La scuola italiana è pronta all’inclusione?

Riformulerei la domanda: la nostra società è culturalmente pronta per l’inclusione? Perché l’inclusione è, prima di tutto, un fattore culturale che distingue una società (non so se aggiungere “civile”). Credo che si debbano superare le logiche dei tempi e dei momenti: culturalmente possiamo dire sì, perché con la nostra Costituzione e con la Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo siamo già nel tempo in cui ciascuno, nella sua unicità, libertà, dignità, è destinatario dei diritti fondamentali. La questione, allora, diviene: “Vogliamo riconoscere semplicemente l’altro in quanto persona o ci riteniamo superiori perché il nostro essere aderisce ad uno pseudo-standard culturale?”
14) Sulla base della sua esperienza quali possono essere le principali strategie da applicare ai fini dell’inclusione scolastica?

Ne indico una per tutte: la formazione obbligatoria in ingresso per tutti coloro che lavorano nella scuola, ricoprendo il ruolo di docenti e di dirigenti scolastici. La formazione è una parola chiave, alla quale si aggiunge la consapevolezza che l’alunno con disabilità è alunno di tutti i docenti della classe e quindi, tutti insieme (in modo concreto) devono progettare, programmare e attuare. Se ciascuno farà la sua parte con consapevolezza, con responsabilità e con professionalità, collaborando e confrontandosi con le famiglie, potremo affermare che il processo ha finalmente preso corpo. Diversamente, se si continuerà a pensare che l’inclusione spetta ad alcuni docenti soltanto, o se continuerà a mancare la formazione e se si accetterà che nella scuola entrino persone che pensano di non insegnare anche agli alunni con disabilità, perché si sentono “non portati” o perché “non se la sentono” oppure perché ritengono non sia compito loro, allora, evitando ipocrisie, parliamo di altro. Per quanto mi riguarda, sono del parere che, nell’immediato, occorre formare tutto il personale in servizio e quello in ingresso. E, giusto per sgomberare il campo da eventuali equivoci, ritengo che la separazione delle carriere non sia la via da intraprendere: essa garantirà il posto di lavoro ad alcuni, ma non inciderà per nulla sulla qualità della scuola. Anzi! Legittimerà la delega al solo docente di sostegno dell’intero processo inclusivo e amplierà la deresponsabilizzazione dei docenti incaricati su posto disciplinare o comune. Chi la auspica, a mio parere, non solo non conosce la scuola, ma forse non riesce a cogliere la portata di quei principi insiti nella corresponsabilità, nella collegialità, nella collaborazione, nell’unitarietà di intenti che davvero possono realizzare una società in cui l’inclusione sarà sostituita dal vissuto quotidiano di “diversità che insieme vivono e partecipano a pieno titolo”, senza distinzioni, pregiudizi, stigma: ciascuno secondo le proprie capacità e potenzialità.
15) Cosa le piace del suo lavoro?

Vedere come gli atteggiamenti di fiducia e il riconoscimento delle capacità e delle potenzialità contribuiscano, insieme alle attività proprie della didattica, a produrre cambiamenti significativi negli alunni. Accompagnare gli alunni nei loro apprendimenti, sostenendoli nell’interazione con i compagni, aiutarli a imparare a lavorare insieme e ad aiutarsi reciprocamente, indipendentemente dalle capacità riconosciute dagli adulti, stimolarli a divenire protagonisti attivi del loro apprendere e valorizzare le loro capacità (cito l’esempio di alunni con disabilità che “insegnano” ai loro compagni e viceversa): sono soddisfazioni difficili da descrivere, in quanto danno senso e significato all’agire dei docenti, perché sappiamo quanto tutto ciò possa essere significativo per la vita di ciascun bambino. Sono piccoli semi che contribuiscono a costruire “la società di tutti”. Al tempo stesso, del mio lavoro apprezzo molto, laddove si verifica, il lavoro in team, il confronto, il riflettere con i colleghi, cercando insieme le strategie migliori e più efficaci, la condivisione, il supporto, lo studio e gli approfondimenti, il cercare e trovare strade nuove, il saper guardare oltre e non fermarsi allo scontato o ai timori dettati da pregiudizi o da false convinzioni, bensì il lasciarsi guidare dalla fiducia negli alunni, riconoscendo in ciascuno di loro sia le capacità che le potenzialità.

di Michele Peretti