venerdì 30 novembre 2018

I lavoratori disabili sono una risorsa (e migliorano la creatività)

Il Corriere della Sera del 29-11-2018

Secondo i dati Istat appena l'11% ha un'occupazione, nonostante la legge sul collocamento mirato. In un convegno a Roma le esperienze di aziende che stanno puntando sull'inclusione lavorativa.

ROMA. Il diritto al lavoro delle persone con disabilità è ancora disatteso, nonostante la legge n. 68 del ‘99 (e successive modifiche) sul collocamento mirato. I dati dell’Istat sono impietosi: la quota di occupati tra le persone con disabilità è appena dell’11,1 per cento, a fronte del 55,2 per cento nel resto della popolazione. Ci sono ancora troppe aziende nel nostro Paese che preferiscono pagare multe piuttosto che assumere. Ma cominciano ad essercene anche altre che, al di là di un mero adempimento di legge, considerano l’inclusione lavorativa una risorsa da valorizzare. Il loro è un approccio organizzativo, il cosiddetto “diversity management”, che mira a conciliare il diritto delle persone alle pari opportunità con le esigenze di competitività ed efficienza dell’azienda. Se ne è discusso nei giorni scorsi a Roma nel corso di un convegno, «Disability & diversity management: ricerche, esperienze e prospettive a confronto», organizzato dall’associazione onlus “Abilitando” col patrocinio, tra gli altri, di Parlamento europeo, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero del Lavoro, Inail, Regione Lazio e Comune di Roma.

Abilitare la disabilità.

«Le diversità possono fare la differenza in termini di creatività, innovazione, business, quindi diventano una risorsa da valorizzare non solo per adempiere a obblighi normativi ma anche come strumento per aumentare la competitività dell’impresa e le possibilità di successo - spiega la vicepresidente di Abilitando, Consuelo Battistelli, diversity engagement partner per IBM Italia -. Ogni singolo individuo può portare un valore unico in azienda e contribuire alle sue performance». Nel quadro del diversity management si colloca il disability management, che si focalizza sulla persona con disabilità, sia valorizzandola all’interno dei processi aziendali durante tutta la vita lavorativa, a partire dal reclutamento, passando per lo sviluppo delle competenze, fino ai percorsi di carriera, sia adattando l’organizzazione aziendale in modo che possa rispondere ai bisogni del lavoratore con disabilità. «Il disability manager - continua Battistelli - è il “facilitatore”, cioè il professionista, dipendente dell’ente pubblico o dell’azienda oppure un consulente esterno, che ha il compito di favorire l’inclusione di qualità nel contesto lavorativo predisponendo progetti personalizzati in base ai bisogni di ciascuno. In pratica si tratta di abilitare la disabilità».

Soluzioni ragionevoli.

Le norme in vigore prevedono il diritto dei lavoratori con disabilità a non essere discriminati. Per garantire loro una reale parità di trattamento, i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad adottare accomodamenti ragionevoli, a meno che tali provvedimenti non richiedano un onere finanziario sproporzionato. Devono quindi fornire gli strumenti giusti per consentire ai lavoratori con disabilità di esprimere al meglio le proprie competenze ed essere produttivi. Si tratta di misure personalizzate a seconda delle esigenze della persona e della situazione lavorativa, che vanno dall’abbattimento delle barriere architettoniche e sensoriali nei luoghi di lavoro, all’utilizzo di ausili e tecnologie assistive, fino all’adattamento dei ritmi di lavoro, ricorrendo per esempio allo smart working.

Incentivi economici.

«Per superare la sproporzione dell’onere economico - spiega Carla Spinelli, professore associato di Diritto del Lavoro all’Università Aldo Moro di Bari - sono previsti incentivi, come i fondi regionali per la disabilità, cui le aziende possono attingere per il rimborso forfettario parziale delle spese necessarie all’adozione di accomodamenti ragionevoli, per l’introduzione del telelavoro, l’abbattimento delle barriere e l’istituzione del responsabile dell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità nei luoghi di lavoro, ovvero il disability manager. Una figura, quest’ultima, che va introdotta obbligatoriamente nel settore pubblico, mentre è su base volontaria in quello privato». All’Inail, invece, sono attribuite le competenze in materia di reinserimento e di integrazione lavorativa delle persone con disabilità da lavoro. L’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro, quindi, ha il compito di accompagnare il lavoratore con disabilità, mediante progetti personalizzati, nella fase di inserimento (e reinserimento) lavorativo e di sostenere il datore di lavoro nell’ottemperare ai propri obblighi.

Superare i pregiudizi.

«Per realizzare in concreto l’inclusione delle varie diversità e consentire a tutti di svolgere bene il proprio lavoro è necessario non solo abbattere le barriere architettoniche e sensoriali ma anche quelle relazionali coi colleghi, il team e i manager - ricorda Battistelli -. L’inclusione comporta l’accettazione dell’altro così com’è, non il suo accomodamento agli altri, pertanto i diritti dei lavoratori non sono accomodabili ma sono tali solo se vissuti ed esercitati in modo che la diversità sia quel valore aggiunto che può contribuire alla performance efficace dell’azienda. Il disability (o diversity) manager può favorire il dialogo tra competenze professionali e caratteristiche personali con le esigenze aziendali affrontando sia questioni organizzative che di accessibilità».

Buone pratiche.

Ma qual è oggi la situazione in Italia? L’approccio del diversity/disability management è ancora appannaggio di grandi aziende e multinazionali che hanno compreso il valore aggiunto della diversità ai fini di un maggiore benessere dei dipendenti, ma anche in termini di business. Al convegno di Roma sono state illustrate alcune di queste esperienze mirate a valorizzare le differenze, dai percorsi di formazione per i dipendenti all’ inserimento lavorativo di persone con disabilità motoria, sensoriale, psichica e affette da autismo. «Una ricerca del Boston Consulting Group, multinazionale statunitense di consulenza strategica, ha evidenziato che investire sulle diversità nel sistema produttivo genera anche profitto - spiega Marco Buemi, esperto di diversity management -. Ambienti eterogenei in tutti i settori aziendali comportano più creatività e innovazione, quindi maggiore produttività».

Questione di cultura.

In Italia da circa un anno è stata creata una piattaforma chiamata Inclusive mindset, cioè mentalità inclusiva, che ha l’obiettivo di far dialogare le persone a rischio di discriminazione con enti pubblici, aziende private e terzo settore, che cercano il talento in una persona. «Il 9 per cento delle persone che hanno partecipato all’inclusive job day ha trovato lavoro in azienda» riferisce Buemi. «Sta aumentando l’interesse, da parte di imprese e professionisti, per aspetti della vita lavorativa centrati sul rispetto e la valorizzazione delle differenze individuali, ma non basta - conclude Consuelo Battistelli -. Col convegno e altre iniziative miriamo alla diffusione capillare delle buone pratiche anche in realtà più piccole - sia nel settore pubblico che in quello privato - che andrebbero affiancate da istituzioni pubbliche e parti sociali, uniche abilitate a elaborare politiche di sostegno per la creazione di una cultura inclusiva e tollerante verso il “diverso”. E poi, le basi normative sono indispensabili affinché iniziative nate nelle singole realtà trovino una disciplina organica e uniforme in tutto il Paese».

di Maria Giovanna Faiella

Instagram, Intelligenza artificiale legge le foto ai non vedenti

Agenzia ANSA del 30-11-2018

Tecnologia di riconoscimento oggetti genera descrizione scatti. Instagram legge le foto a non vedenti.

Instagram sfrutta l'intelligenza artificiale per descrivere le foto, in modo da andare incontro alle esigenze dei 285 milioni di persone che nel mondo hanno problemi di vista. Il social network delle immagini ha annunciato l'introduzione di un testo automatico abbinato a ogni foto, a disposizione di chi usa i software che leggono i testi su siti e applicazioni.

La funzione usa la tecnologia di riconoscimento degli oggetti per generare una descrizione delle foto attraverso gli oggetti contenuti negli scatti, così da consentire agli ipovedenti di usare la piattaforma.

Sempre sul fronte dell'accessibilità, Instagram offre un'alternativa al riconoscimento automatico degli oggetti: le descrizioni fatte da chi pubblica le foto. Gli utenti possono decidere di scrivere un testo descrittivo da abbinare ai loro scatti, a vantaggio di chi ha difficoltà a vedere le immagini.

giovedì 29 novembre 2018

A SPASSO CON LE DITA - Le parole della Solidarietà, Museo Tattile Statale Omero di Ancona

8 DICEMBRE 2018 - 19 gennaio 2019
Museo Tattile Statale Omero

Un progetto nazionale a sostegno della letteratura per l'infanzia e dell'integrazione fra vedenti e non vedenti che include una MOSTRA di illustrazioni tattili d'artista e un programma giornaliero di LABORATORI didattici aperti alle scuole e al pubblico.

Una "pinacoteca itinerante" a misura di bambino con quadri "da toccare" realizzati da alcuni tra i maggiori illustratori italiani come Arianna Papini, Chiara Carrer, Gek Tessaro e molti altri.

"A spasso con le dita" nasce nel 2010 dalla collaborazione fra la Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi Onlus ed Enel Cuore Onlus, al fine di promuovere le potenzialità culturali dell’editoria tattile per l’infanzia su tutto il territorio nazionale. 

La mostra inaugura sabato 8 dicembre alle ore 17 e dalla domenica successiva sono attivi i laboratori per famiglie, a pagamento e su prenotazione. Info tel. 335 569 69 85 didattica@museoomero.it 

Al Museo è inoltre possibile comprare, come originale dono di Natale per una famiglia, il  buono regalo per svolgere, con gli operatori del Museo, il laboratorio LIBRO CERCA CASA inerente alla mostra.

L'ingresso alla mostra è libero. 
Orario: dal martedì al venerdì 16 - 19; domenica e festivi 10 - 13 e 16 - 19; 1°gennaio: solo 16 - 19. 
Chiuso: lunedì, 25 dicembre.

La mostra è la nostra proposta per la Giornata Internazionale dei diritti delle persone con disabilità (3 dicembre) a cui aderisce il MIBAC, con il consueto slogan "Un giorno all’anno tutto l'anno"

Museo Tattile Statale Omero - Mole Vanvitelliana
Banchina Giovanni da Chio 28 - 60121 Ancona

mercoledì 28 novembre 2018

"Toccare" la Madonna Sistina: in San Sisto la presentazione dell'opera in 3d

PiacenzaSera.it del 28-11-2018

PIACENZA. Le mani che toccano una superficie leggermente ruvida e sinuosa, dove le forme a due dimensioni del capolavoro immortale di Raffaello hanno trovato profondità e volume.

È la tecnologia delle stampanti in 3d – attraverso il progetto finanziato dai Lions di Piacenza – ad aver dato vita alla Madonna Sistina a tutto tondo, il celebre dipinto già ospitato in San Sisto ora diventato fruibile anche per i non vedenti.

La presentazione all’interno della splendida basilica si è trasformata in una riflessione profonda sull’arte e sulla storia di un “trauma” (quello legato alla perdita dell’opera, venduta a metà ‘700 dai monaci del convento e oggi esposto a Dresda), come lo ha definito nel suo intervento il celebre critico d’arte Tomaso Montanari.

Il progetto di realizzare una versione “scolpita” in rilievo (nelle foto) della Madonna Sistina viene dall’impegno dei Lions di Piacenza, ricordato dal presidente Roberto Zermani Anguissola.

L’opera – collocata nell’abside della chiesa e scomposta in quattro tavole distinte – è stata svelata alla fine dell’incontro e ha riscosso la riconoscenza di Giovanni Taverna, presidente dell’Unione Ciechi e Ipovedenti di Piacenza. Il quale ha ricordato di aver disegnato da giovane studente, ancora vedente prima della malattia che lo ha privato della vista, lo schizzo degli angioletti: “E ora con grande emozione ho la possibilità di ritrovare al tatto lo stesso disegno che mai ho più rivisto”.

La riflessione di Tomaso Montanari è partita dal tema della perdita del dipinto, “fuggito” da San Sisto dopo una transazione commerciale. “Come pochi altri quadri, la Madonna Sistina di Raffaello ha avuto la fortuna a seguito di un trauma, quello della sua vendita e quindi della rottura del cordone ombelicale dell’opera con il suo contesto. Era un’opera famosissima nel ‘700, quando venne venduta per denaro dai monaci in difficoltà economiche al re di Polonia, ma questa fama non bastò a salvarla e a tenerla a Piacenza.

Questo trauma di fatto regalò il quadro a tutta l’Europa, dove diventò celebre non solo in Germania, ma anche Russia. In particolare il contatto con la cultura ortodossa fu importantissimo, e l’impatto anche ionico su quel mondo fu profondo e riconoscibile nella successiva produzione letteraria”.

“Riflettere oggi sulla Madonna Sistina è riflettere sul rapporto tra l’arte e la società”. Stimolato da Eugenio Gazzola, Montanari ha poi citato il grande scrittore russo e inviato di guerra Vasilij Grossman e le sue parole davanti alla Madonna Sistina durante l’ostensione del ’55 a Dresda.

Ecco le parole del grande scrittore che visse il dramma dell’Olocausto e della seconda Guerra Mondiale: “Fu così che in un freddo mattino, il 30 marzo 1955 (…) entrai nel Museo Puskin, salii al primo piano e mi avvicinai alla Madonna Sistina. (…) Il ricordo di Treblinka aveva invaso la mia anima, e in principio non riuscii a capire… Era lei [la Madonna] che camminava scalza con passo leggero sul suolo pulsante di Treblinka, dal punto di scarico dei convogli alla camera a gas. La riconobbi dall’espressione del viso e degli occhi. Vidi suo figlio, e lo riconobbi dall’espressione straordinaria, non infantile. Così erano le madri e i bambini a Treblinka (…).

“Non possiamo fare a meno di tutto quello che ha generato questo quadro – ha annotato Montanari – dopo che ha lasciato questo posto, il suo esilio da Piacenza che è anche la costruzione di una seconda casa.

Dobbiamo fare la pace – è stato il suo invito – con l’assenza della Madonna Sistina da Piacenza e pensare alla vicenda umana generata da questo capolavoro, pensiamo allora che toccando questo quadro, ora anche con le mani, possiamo ridiventare umani. Proprio come il ricordo di Grossman che vide la Madonna tra le vittime del lager”.

Durante la presentazione, condotta dall’architetto Manuel Ferrari, hanno portato i loro saluti anche il vescovo Gianni Ambrosio, l’assessore comunale alla Cultura Jonathan Papamarenghi che ha evidenziato: “È un dono quello che oggi riceve la città di Piacenza, grazie al contributo dei Lions Piacenza Gotico. È importante tornare all’educazione dei sensi per renderla fruibile a tutti”.

L’architetto Marcello Spigaroli ha parlato del contesto storico e della basilica di San Sisto legati alla genesi del dipinto di Raffaello.

Fra gli intervenuti anche il presidente della Fondazione di Piacenza e Vigevano Massimo Toscani: “Sviluppare il senso tattile su un dipinto – ha detto – è una novità assoluta. In questo luogo è passata la Madonna Sistina, resta l’atmosfera di questo capolavoro. Questa è la prima pietra del progetto di Piacenza e il 2020 mi piacerebbe che fosse l’anno di San Sisto, una chiesa straordinaria della nostra città”.

Mele della Lucchesia fresche e disidratate. Gli assaggiatori migliori sono non vedenti

Il Tirreno del 25-11-2018

La linea di ricerca si chiama "Percorsi sensoriali oltre la vista" ed è portata avanti dalla scuola Sant'Anna di Pisa insieme all'Unione italiana ciechi di Lucca.

LUCCA. Nuova esperienza sensoriale degli assaggiatori con disabilità visive dell'Unione italiana Ciechi e Ipovedenti di Lucca che, da alcuni anni, collabora alla realizzazione dei "percorsi sensoriali oltre la vista", una linea di ricerca dell'Istituto di Scienze della Vita della Scuola Sant'Anna, coordinata da Susanna Bartolini, ricercatrice in Arboricoltura Generale e Coltivazioni Arboree. L'analisi sensoriale, basata su gusto, tatto e olfatto, è parte integrante di un'attività volta alla valorizzazione dei frutti di vecchie varietà locali che, a fronte di un'elevata qualità gustativa e nutrizionale, possono risultare poco attrattivi presentando malformazioni o alterazioni (maculature e/o rugginosità) che possono frenare l'accettabilità dei consumatori che, in primis, "mangiano con gli occhi". Gli assaggiatori non vedenti, che in precedenti esperienze sono stati coinvolti nella degustazione di albicocche, pesche, susine, pere e mele, si sono dimostrati abili nel contribuire alla definizione della qualità intrinseca dei frutti, andando appunto oltre le apparenze. La sensibilità delle persone con disabilità visive, con spiccate qualità tattili e sensoriali permette di ottenere una stima più obiettiva legata ai caratteri intrinseci piuttosto che a quelli esteriori. A questa ultima seduta, che si è svolta nei locali della nuova sede dell'Uici di Lucca, hanno preso parte 18 persone con deficit visivi che, sulla base di una scala edonica, hanno espresso il loro grado di gradimento traducendo le proprie sensazioni tattili, olfattive e sensoriali su tre vecchie varietà di melo della lucchesia (Casciana, Ruggine e Rosa). Le mele, coltivate secondo le regole rigorose dell'agricoltura biologica, sono state fornite dall'azienda "Il Corniolo" di Castiglione di Garfagnana, diretta da Franca Bernardi. Oltre che con i frutti freschi, gli assaggiatori si sono cimentati per la prima volta in assoluto nella degustazione delle mele disidratate, le cosiddette "chips", una tipologia di prodotto che sta riscuotendo successo come snack alternativo e salutare. Le chips di mela delle 3 varietà lucchesi sono state prodotte dall'azienda garfagnina mediante un procedimento di disidratazione a freddo, senza aggiunta di zuccheri e additivi.

Una cena, tre ore completamente al buio: Così si arriva a cogliere il mondo dei ciechi

LA CITTADELLA DI MANTOVA SUPPLEMENTO QUOTIDIANO AVVENIRE del 25/11/2018

Stare per più di tre ore al buio non è un’esperienza facile. Però è da provare e la consiglierei a chiunque. Il 7 novembre scorso, l’Azione cattolica di Mantova, nell’ambito dell’iniziativa “Sensazionale Christo. Percorsi sensoriali alla scoperta di Gesù vero uomo”, ha organizzato una cena al buio in un

locale di San Biagio di Bagnolo San Vito, in collaborazione con l’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti, sezione di Mantova. Settanta i partecipanti, serviti da un gruppo di non vedenti, soci dell’Unione. Tra una portata e l’altra sono stati letti brani dei Vangeli in cui si racconta di Gesù mentre era seduto a tavola: è risuonato anche il celebre testo che lo definisce un mangiatore senza ritegno e un bevitore accanito, <<amico di pubblicani e peccatori>> (Matteo 11,19). Gesù amava la compagnia degli uomini e paragona il Regno di Dio a un bacchetto di nozze: non è un dettaglio, ma è sostanza. Alla cena di San Biagio ho partecipato anch’io e lo stare al buio mi ha aiutato ad apprezzare di più il sapore dei cibi e a fidarmi chi mi stava intorno, persone che in certi casi assolutamente non conoscevo. Ho pensato anche che, oltre al buio fisico – il locale era stato allestito con molta cura, senza uno spiraglio di luce –, ci può essere il buio morale, legato a quelle persone che commettono azioni gravi e che, per questo, non possono dire di vivere bene. Accanto a me era seduto Andrea, la cui mamma, Orietta, è diventata cieca a causa di una malattia, all’età di 25 anni. Ora ne ha 52. <<Mia mamma conduce una vita pressoché normale – spiega –: scrive al computer, viaggia, prende l’aereo. L’unica differenza rispetto a noi è che lei non guida l’auto>>. Mi ha positivamente colpito la descrizione di Andrea, così come sono rimasto sorpreso dalla personalità e dalla forza interiore di Mirella Gavioli, presidente della sezione mantovana dell’Unione italiana dei ciechi, la cui sede è in città, in via della Conciliazione 37, tel. 0376.323317, con un proprio sito Internet (all’indirizzo www.uicmantova.it).

La cena ha consentito di conoscere da vicino l’associazione, che offre sostegno alle persone e alle famiglie, predispone il disbrigo delle pratiche burocratiche, organizza attività culturali, ricreative e manuali grazie a una ventina di volontari. Ci sono anche gite e concerti. <<Vogliamo vivere in modo pieno la nostra città e i nostri paesi>>, dice Mirella. Per questo l’associazione chiede che i ciechi e gli ipovedenti possano usufruire degli spazi e delle iniziative pubbliche, con luoghi e contenuti accessibili. Domanda agli enti locali di essere adeguatamente coinvolta, affinché insieme si individuino i bisogni e si trovano delle soluzioni soddisfacenti. Città e paesi di più a misura di disabili, senza barriere, né fisiche né mentali.

Linguaggio e cultura: il termine "paralimpico" diventa più inclusivo

Redattore Sociale del 24-11-2018

Nel nuovo vocabolario Treccani entra una nuova e più ampia definizione di "paralimpico", che comprende non solo gli atleti partecipanti alle Paralimpiadi, ma anche ogni persona con disabilità che pratica sport. Pancalli: "È la fine di un'epoca e l'inizio di una nuova storia". Bray: "Una conquista definitiva".

ROMA. Non solo quel ristretto numero di atleti che può vantare una partecipazione alle Paralimpiadi ma anche, più in generale, ogni persona disabile che pratica una disciplina sportiva. Si allarga il significato di "paralimpico" e a sancirlo ufficialmente è la Treccani, che in collaborazione con il Comitato Italiano Paralimpico riconosce l'evoluzione del linguaggio e lo inserisce nel suo nuovo dizionario italiano. L'occasione per annunciarlo è la chiusura del Festival della Cultura Paralimpica, che ha animato per tre giorni con eventi e testimonianze la stazione Tiburtina di Roma, e a rendere ancor più solenne il tutto è la presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Nel nuovo Treccani dunque la definizione di paralimpico (o paraolimpico) è questa.

Aggettivo.

Relativo alle paralimpiadi e agli atleti che vi partecipano.
Per estensione, relativo a una persona disabile che pratica una disciplina sportiva.
Nome maschile.

1.Atleta che partecipa alle paralimpiadi.

Per estensione, persona disabile che pratica una disciplina sportiva.
Viene mantenuto pertanto il riferimento, ancora diffuso nell'uso, a "paraolimpico" (per quanto sia preferibile evitarlo, anche perché tutto ciò che ha a che fare con l'"Olimpiade" è a tutt'oggi appannaggio esclusivo del Cio) , e viene ribadito il doppio utilizzo del termine sia come aggettivo sia come sostantivo. Finora, sebbene sia da lungo tempo utilizzato "paralimpico" per fare riferimento all'intero movimento dello sport praticato da persone con disabilità (a partire dal nome stesso del Comitato italiano paralimpico), a rigore esso si riferiva esclusivamente a quegli atleti che erano giunti al traguardo di partecipare alla più importante manifestazione sportiva, la Paralimpiade appunto. Poteva dunque dirsi "paralimpico" solo l'atleta di alto livello che avesse partecipato ad una edizione dei Giochi, estiva o invernale, così come per analogia un atleta "olimpico" è colui che ha partecipato ad una Olimpiade. In realtà, nel linguaggio comune, già da tempo con "paralimpico" si intendevano anche gli atleti di livello che gareggiano in forma agonistica, anche in assenza di una loro partecipazione alla Paralimpiade. La definizione del nuovo dizionario Treccani accoglie questo uso e lo estende ancora oltre, fino a comprendere tutte le persone con disabilità che praticano una disciplina sportiva, senza una particolare differenza basata sui risultati raggiunti.

"Le parole - afferma Luca Pancali, il presidente del Comitato italiano Paralimpico - hanno un loro peso e sono molto importanti: possono ferire, possono aiutare, io le ho vissute sulla mia pelle. Abbiamo lavorato affinché si desse dignità ai nostri atleti, affinché ci fosse un riconoscimento di una dimensione sportiva. Si parlava infatti di sport per disabili, per handicappati, per paraplegici, come se esistesse uno sport particolare per categorie particolari. Lo sport è uno, è un valore assoluto e questo deve far capire che al di là delle parole ci sono le persone, e ognuno di noi è prima di tutto una persona".

"Si è definitivamente abbandonata - dice Pancalli - la tendenza a raffigurare l'individuo attraverso l'aggettivazione corporea relativa alle abilità, a vantaggio della dimensione sportiva. In questo percorso di crescita culturale lo sport è stato determinante: gli atleti e le atlete con le loro gesta hanno rappresentato il veicolo più efficace di sensibilizzazione sul tema della disabilità. Grazie a loro quello che un tempo rappresentava un argomento tabù, oggi è oggetto di grande attenzione mediatica e sociale. Ciò a dimostrazione del fatto che lo sport può essere uno straordinario strumento di welfare, di inclusione sociale e di salute. Con l'introduzione nel vocabolario della lingua italiana della nuova definizione del termine paralimpico/a, l'Istituto Treccani suggella la fine di un'epoca e l'inizio di una nuova storia. Si tratta - conclude Pancalli - di un'importante tappa di quella rivoluzione culturale silenziosa che il movimento paralimpico sta portando avanti con l'obiettivo di abbattere ogni barriera e ogni forma di discriminazione".

"Si è innescato - ha detto Massimo Bray, direttore generale dell'Istituto della enciclopedia italiana - un moto di innovazione ed estensione che ha portato sempre più italiani a usare l'aggettivo "paralimpico" anche per indicare qualsiasi persone disabile che pratichi sport. L'azione pervasiva del termine paralimpico ha dato voce ad un mutamento di percezione che era ormai maturo, testimoniando anche l'importanza dello sport come strumento di inclusione e crescita culturale. La registrazione nel Vocabolario Treccani - ha concluso - vuole essere l'attestazione di un'avvenuta evoluzione, ma anche e soprattutto un grande atto di fiducia: che il nuovo significato entrato nell'uso e la nuova sensibilità che lo accompagna siano conquiste definitive e non più negoziabili". (ska)

Per vedere l'arte con gli occhi della mente

Press-IN anno X / n. 2588

Superando.it del 27-11-2018

Vero e proprio “ponte” tra persone con disabilità visiva e normovedenti, per esplorare e gustare insieme l’arte, il progetto “DescriVedendo”, ideato dall’ANS (Associazione Nazionale Subvedenti), proporrà a Milano nei prossimi giorni il ciclo di eventi denominato “DescriVedendo ArtisticaMENTE. Vedere l’arte con gli occhi della mente”, presso il Museo del Novecento, la Pinacoteca di Brera e la casa Museo Boschi Di Stefano, dove «la potenza evocativa della parola permetterà a tutti di fruire delle opere d’arte, unendo persone con disabilità visiva e non in un percorso inclusivo e partecipativo».

Già più volte segnalato sulle nostre pagine, grazie alle varie iniziative attuate, ritenute un vero e proprio “ponte” tra persone con disabilità visiva e normovedenti, per esplorare e gustare insieme l’arte, il progetto di inclusione culturale DescriVedendo, ideato dall’ANS (Associazione Nazionale Subvedenti), sta ora per proporre a Milano, in vista della Giornata Internazionale delle persone con Disabilità del 3 dicembre e nell’àmbito della Settimana della Disabilità, voluta dal Comune di Milano, il ciclo di eventi denominato DescriVedendo ArtisticaMENTE. Vedere l’arte con gli occhi della mente.
«Sarà il filo conduttore – spiega Rosa Garofalo dell’ANS – di un dialogo aperto e partecipativo tra tre importanti Musei Milanesi, il Museo del Novecento, la Pinacoteca di Brera e la Casa Museo Boschi Di Stefano, un susseguirsi di occasioni in cui la potenza evocativa della parola permetterà a tutti di fruire delle opere d’arte, unendo persone con disabilità visiva e non in un percorso inclusivo e partecipativo».

Si incomincerà dunque giovedì 29 novembre con DescriVedendo La sig.ra Virginia al Museo del Novecento di Milano (Piazza Duomo, 8, ore 17 e 19), ove è prevista anche la presentazione in anteprima del videoclip ufficiale di DescriVedendo. «Poi – come si legge nella presentazione – condurremo i partecipanti in un viaggio in cui le parole apriranno in ciascuno la porta dell’immaginazione, lasciandosi trasportare insieme a Danka Giacon, conservatrice del Museo del Novecento, dalla poetica di una celebre opera di Umberto Boccioni, uno dei maestri del Novecento».

Si proseguirà quindi venerdì 30, con DescriVedendo Il Bacio (Pinacoteca di Brera, Via Brera, 28, ore 15.45 e 17.45), dove le guide dei Servizi Educativi condurranno idealmente i presenti “dentro” uno dei capolavori più famosi e fotografati di Brera, Il Bacio di Francesco Hayez, permettendo loro di “vederlo” con gli occhi della mente.
Questa iniziativa verrà realizzata grazie al sostegno dei Lions Clubs Milano Borromeo e Milano Duomo.

Infine, sabato 1° dicembre, DescriVedendo Casa Boschi (Casa Museo Boschi Di Stefano, Via Giorgio Jan, 15, ore 14.30-18), una vera e propria “caccia al quadro”, che vedrà le persone impegnate alla ricerca del quadro giusto, partendo dalla sola descrizione di esso. «Un pomeriggio insieme – sottolinea Garofalo – per sensibilizzare tutti sul tema della disabilità visiva, tra le opere d’arte di casa Boschi». (S.B.)

Al Museo del Novecento (29 novembre) e alla Pinacoteca di Brera (30 novembre), l’ingresso sarà libero, ma esclusivamente su prenotazione. Semplicemente ingresso libero, invece, alla Casa Museo Boschi Di Stefano (1° dicembre). Per informazioni: rosa.garofalo@descrivedendo.it.

martedì 27 novembre 2018

Caos docenti di sostegno: cattedre vuote e uno su tre senza specializzazione

Il Sole 24 Ore del 26-11-2018

In un noto istituto alberghiero della Brianza, in Lombardia, capita che un giovane fresco di diploma venga assunto proprio dalla scuola che ha frequentato. In quale ruolo? Come docente di sostegno. In Veneto invece alcune cattedre di sostegno sono state assegnate a infermieri. In altre regioni a ragionieri, periti agrari, con in tasca il diploma di scuola superiore.

Succede in Italia, da qualche anno a questa parte. Tutte queste scelte - piuttosto originali - non sono frutto della “follia” di qualche preside, ma piuttosto dalla disperazione di fronte a due fenomeni che insieme creano scompiglio: il numero crescente di ragazzi con problemi di disabilità e la carenza (drammatica) di insegnanti di sostegno con la specializzazione in tasca.

Su un totale di poco più di 141mila cattedre complessive per l’anno scolastico in corso, circa 50mila sono state “coperte” - spesso in ritardo rispetto al suono della prima campanella - con personale attinto dalla seconda o terza fascia, spesso diplomati (i cosiddetti insegnanti tecnico pratici) o laureati non abilitati all’insegnamento.

La Cisl scuola, in un dossier dedicato, parla dei "paradossi del sostegno". "I paradossi non mancano - sottolinea la segretaria generale Lena Gissi - dallo scarto notevole tra il fabbisogno stimato e quello effettivamente rilevato, che condanna migliaia di insegnanti a una sorta di precarietà strutturale; alla limitata offerta formativa per l’acquisizione dei titoli dei specializzazione, mentre si è costretti ad assegnare i tre quarti delle supplenze a docenti non specializzati".

In base ai dati del ministero dell’Istruzione sono stati coperti con assunzioni in ruolo, quest’anno, solo il 13% dei posti disponibili: 1.682 assunzioni a fronte di 13.329 posti vacanti e tutti disponibili per nomine in ruolo. La percentuale di “scopertura” è dell’87% per mancanza di candidati in possesso del titolo.

"Il ministero assegna i posti di ruolo a chi ha tutte le carte in regola - spiega Gissi -. Il resto delle cattedre che restano scoperte sono una “patata bollente” in mano alle scuole che sono costrette ad attingere dalle graduatorie di seconda fascia e terza fascia, dove non ci sono profili abilitati al sostegno". Si tratta poi di contratti a tempo determinato.

La situazione è particolarmente critica nelle Regioni del Nord. Dal Veneto, Sandra Biolo, segretaria Cisl scuola denuncia:  "Mentre si riduce il totale degli alunni, cresce invece la quota di quelli che necessitano di un insegnante di sostegno e tra questi i disabili gravi. A questa richiesta si risponde certamente con un aumento dei posti per docenti di sostegno che però saranno coperti da personale senza la specializzazione. I docenti con titolo passeranno quindi dal 55% del totale al 50%: un altro ulteriore passo indietro che non giova a nessuno".

Mancanza di titoli tra i supplenti.

Nel dossier della Cisl scuola risulta che su 67.990 supplenze assegnate nel 2017/18 appena 16.833 è andata a docenti specializzati, mentre ben 51.107 (il 75,2% del totale) ha riguardato figure non specializzate. è in questo gruppo che si concentrano i casi più eclatanti, come gli insegnanti di laboratorio che in teoria si dovrebbero dedicare alle attività pratiche in compresenza con altri docenti, ma che invece vengono destinati (senza alcuna competenza specifica) a occuparsi di studenti con problemi di apprendimento.

L’imbuto dei percorsi di specializzazione.

Interessante vedere, sottolinea il rapporto della Cisl scuola, come è stata fin qui gestita l’attivazione dei percorsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità istituiti ai sensi dell’articolo 13 del decreto ministeriale 249/2010 (il cosiddetto Tfa di sostegno, di durata annuale, con costi di iscrizione che si aggirano intorno ai 3mila euro).

Sulla base di un fabbisogno stimato in 21.159 posti per il triennio 2012/2015, il Miur ha attivato nel 2014 un ciclo di Tfa di sostegno per soli 6.318 aspiranti e successivamente un ulteriore ciclo, nel 2015, per altri 6.610, restando dunque ben al di sotto delle quantità ipotizzate come necessarie.

Nel 2017, senza alcun aggiornamento nelle stime previsionali fatte nel 2012 - sostiene il sindacato - è stato attivato l’ultimo ciclo, conclusosi a metà del 2018, per 9.639 partecipanti. S e ne deduce che su un fabbisogno riferito al triennio 2012/15 è stato necessario attendere sei anni prima di veder conclusi i percorsi formativi ritenuti necessari.

Le soluzioni del Miur.

Una (parziale) boccata di ossigeno potrebbe arrivare dalla legge di bilancio, all’esame del Parlamento, che oltre a modificare il sistema di reclutamento della scuola secondaria di primo e secondo grado, interviene sui requisiti di accesso ai corsi di specializzazione su sostegno.

Per il sostegno gli scritti dovrebbero scendere da tre a uno - come si legge sul Sole 24 Ore del 4 novembre - e si darà peso a pedagogia speciale, didattica per l'inclusione scolastica e relative metodologie, accanto all’orale.

È stato inoltre bandito a inizio novembre il bando di concorso straordinario per posti comuni e di sostegno nella scuola dell'infanzia e primaria che porterà alla formazione di graduatorie di merito straordinarie. I posti in palio sono 10mila: per il sostegno, oltre ai requisiti del titolo di studio e delle due annualità di servizio, è richiesto anche il titolo di specializzazione sul sostegno.

Numeri piccoli che si confrontano anche con le possibili uscite extra che la nuova quota 100 allo studio del governo potrebbe permettere anche nel mondo della scuola.

Mancano docenti di ruolo.

di Francesca Barbieri

lunedì 26 novembre 2018

“Sguardi diversi. Immagini, voci e parole per conoscere la disabilità” - Cinisello Balsamo, 1 dicembre 2018

Lo spettacolo sarà Sabato 1 Dicembre dalle ore 18.00 alle ore 20.00

Auditorium Centro Culturale "Il Pertini"
P.zza Confalonieri, 3
Cinisello Balsamo (MI)

Durante lo spettacolo, ci saranno letture e brevi pezzi di film sul tema della disabilità.

Le letture saranno fatte da Agostino Squeglia, che si fa chiamare “Suggenitore”.

Con Matteo Schianchi e Massimiliano Verga ci saranno momenti di riflessione su come la disabilità viene rappresentata.

Alla fine dello spettacolo ci sarà un aperitivo curato da Formofficina.

Lo spettacolo è gratuito ma se hai voglia puoi dare un contributo per sostenere il progetto.

Se verrai, per favore avvisaci scrivendo un'email a eventi@laboratoriolinc.it
“Sguardi Diversi” è uno degli appuntamenti della settimana chiamata “Il bello dell’inclusione”.

“Il bello dell’inclusione” è un insieme di eventi dedicati alla disabilità che ci saranno a Cinisello da Lunedì 26 Novembre 2018 a Sabato 1 Dicembre 2018.

Per favore, aiutaci a far conoscere il nostro evento :-)

"Contro l'emarginazione, l'arma dell'amore: non sdolcinato, ma vero e rispettoso"

Famiglia Cristiana del 23-11-2018

Francesco riceve in udienza il Movimento apostolico ciechi (Mac): «È motivo di gioia per la comunità ecclesiale sapere che voi, ancora oggi, da veri discepoli missionari del Vangelo, siete aperti alle necessità dei più poveri e dei più sofferenti».

ROMA. È una gioia vedervi qui numerosi, dopo 90 anni dalla nascita della vostra associazione. Maria Motta, una donna cieca ma tanto coraggiosa, nata in Argentina nella bella città di Rosario, quando tornò in Italia con i suoi genitori si dedicò con passione umana e cristiana all'insegnamento, ma non le bastò: nel 1928, diede vita a una comunità spirituale tra non vedenti – già attiva in Francia – sul modello dell’Apostolato della Preghiera. Da quel piccolo seme si sviluppò un’associazione che si è diffusa in tutto il territorio italiano ed è stata approvata dal Papa San Giovanni XXIII.

In maniera profetica la vostra fondatrice ha pensato di mettere insieme i ciechi del suo tempo, in modo che potessero incontrarsi e sostenersi a vicenda. La presenza dei vedenti, fin dai primi anni, gradualmente ha rafforzato il movimento, affinché non si ripiegasse su sé stesso e sulle problematiche legate alla mancanza della vista. Maria Motta voleva formare persone autonome e capaci di testimoniare la fede anche attraverso la propria disabilità. Oggi tutto questo è evidente. Voi siete fortemente uniti, ciechi e vedenti, accomunati da un unico cammino di condivisione e promozione della persona con disabilità, non solo perché è previsto dai vostri statuti, ma soprattutto per quella naturale amicizia cristiana che caratterizza i vostri percorsi di fede.

Ribadisco che la migliore risposta da offrire alla nostra società che, a volte, tende ad emarginare le persone con disabilità, è «l’“arma” dell’amore, non quello falso, sdolcinato e pietistico, ma quell'amore vero, concreto e rispettoso. Nella misura in cui si è accolti e amati, inclusi nella comunità e accompagnati a guardare al futuro con fiducia, si sviluppa il vero percorso della vita e si fa esperienza della felicità duratura» (Discorso al Convegno su catechesi e persone con disabilità, 21 ottobre 2017).

È motivo di gioia per la comunità ecclesiale sapere che voi, ancora oggi, da veri discepoli missionari del Vangelo, siete aperti alle necessità dei più poveri e dei più sofferenti del mondo. Anziché ripiegarvi su voi stessi e sulla stessa disabilità, avete coraggiosamente risposto all'invito di Gesù: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, [...] ero nudo e mi avete vestito, ero ammalato e siete venuti a visitarmi” (cfr Mt 25,35-36). Fin da quando il Papa San Paolo VI pubblicò la storica enciclica Populorum progressio, il MAC rispose fattivamente, e voi oggi ricordate anche i cinquant’anni di cooperazione con i Paesi poveri del Sud del mondo, dove i ciechi sono più numerosi e vivono in condizioni ancora molto difficili.

Il cammino di questi novant’anni ha permesso al Movimento Apostolico Ciechi di comprendere sempre meglio quale sia il carisma specifico ad esso affidato nella Chiesa, un carisma che si compone essenzialmente di due elementi. Il primo è la condivisione tra ciechi e vedenti, come frutto della solidarietà nella reciprocità, in prospettiva di un fecondo cammino di inclusione ecclesiale e sociale. Il secondo è la scelta dei poveri, scelta che, in svariati modi e forme, è propria di tutta la Chiesa. Così cooperate a far crescere una Chiesa povera per i poveri, sperimentando che essi hanno molto da insegnarci, e che metterli al centro è una via privilegiata di evangelizzazione. Il vostro impegno concreto di aiuto e sostegno ai poveri vi rende protagonisti nell’opera di evangelizzazione che la Chiesa sta facendo sul passo degli ultimi. Tutti, infatti «siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli, ad accoglierli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 198).

Soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, il vostro Movimento si è aperto generosamente all’impegno di promozione umana sia in Italia che nei Paesi più poveri. Il primo settore di attività che è andato velocemente costituendosi è stato proprio quello della solidarietà con i ciechi dei Paesi più poveri. Ha preso forma all’interno dell’associazione, a tal punto da coinvolgere tutti i vostri gruppi e diverse diocesi italiane. Mi congratulo con voi per l’opera svolta in questi cinquant’anni di cooperazione con centinaia di missionari e operatori nei campi della sanità, dell’istruzione e dell’integrazione sociale. E questo lavoro missionario di prossimità concreta ai fratelli più poveri ha stimolato e fatto crescere in voi l’attenzione anche agli ultimi e più lontani sul territorio nazionale, a favore degli anziani ciechi, degli studenti ciechi, delle persone con minorazioni plurime, dei genitori e figli che vivono il problema della cecità. Tutto questo contribuisce a diffondere la cultura dell’accoglienza aiutando tante persone e tante famiglie. Anche se piccoli di fronte all’enormità dei problemi del mondo, siamo forti nell’amore di Dio e tutti «chiamati a prenderci cura della fragilità del popolo e del mondo in cui viviamo» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 216).

Cari amici, continuate pure con fiducia costante il vostro cammino, consapevoli del fatto che il futuro dell’umanità sta nella condivisione e nell’amicizia soprattutto con i più poveri e abbandonati. Grazie per la vostra testimonianza. E, per favore, ricordatevi di pregare per me. Grazie.

La Convenzione di Istanbul e la violenza sulle donne con disabilità, di Simona Lancioni

Superando.it del 23-11-2018

Il 29 ottobre è stato trasmesso al “GREVIO” (il Gruppo di esperti/e sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica del Consiglio d’Europa) il “Rapporto delle Associazioni di donne sull’attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia” (“Rapporto ombra”), riferito appunto alla Convenzione di Istanbul, trattato ratificato dall’Italia nel 2013, sulla prevenzione e la lotta alla violenza nei confronti delle donne e alla violenza domestica. In quel Rapporto le esigenze delle donne con disabilità vittime di violenza trovano certamente un’apprezzabile attenzione.

L’articolo 66 della Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica del 2011, ratificata dall’Italia con la Legge 77/13) prevede, quale meccanismo di controllo, l’istituzione di un Gruppo di esperti/e sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Group of Experts on Action against Violence against Women and Domestic Violence, in acronimo “GREVIO“), incaricato di vigilare sull’attuazione della Convenzione in questione da parte degli Stati che l’hanno sottoscritta.

Lo scorso 29 ottobre è stato trasmesso al GREVIO il Rapporto delle Associazioni di donne sull’attuazione della Convenzione di Istanbul in Italia. Poiché esso vuole fornire un punto di vista diverso e alternativo rispetto a quello espresso dal Governo nel suo Rapporto ufficiale, quello prodotto dalle Associazioni di donne viene anche definito come “Rapporto ombra”.

Esso si propone di evidenziare le criticità riscontrate nell’attuazione della Convenzione di Istanbul, ma anche di essere uno strumento di lavoro e interlocuzione con i/le componenti del GREVIO. Curatrici dell’opera sono Elena Biaggioni e Marcella Pirrone, entrambe avvocate del D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza). La redazione è composta da oltre trenta tra Associazioni ed esperte attive sui temi della violenza di genere.

Poiché nel 2016 l’Italia è stata richiamata dal Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (l’organo incaricato di verificare l’applicazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia con la Legge 18/09), per l’assenza di politiche rivolte alle ragazze ed alle donne con disabilità (punti 13 e 14), e in particolare per inadempienze rispetto al fenomeno della violenza nei loro confronti (punti 43 e 44), abbiamo ritenuto interessante verificare se e in che misura questo “Rapporto ombra” abbia tenuto in considerazione le esigenze delle donne e delle ragazze con disabilità.

Un primo indizio induce a ipotizzare che questa volta le donne e le ragazze con disabilità non saranno così invisibili; della redazione, infatti, fanno parte, tra le altre, tre figure con comprovata esperienza ed elevate e specifiche competenze sui temi della disabilità, quali Luisella Bosisio Fazzi, attivista dei diritti umani di DPI (Disabled Peoples’ International), Giampiero Griffo, membro del Consiglio mondiale di DPI e Donata Vivanti, advocate, presidente della FISH Toscana (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), ovvero il Comitato di Redazione del FID (Forum Italiano sulla Disabilità), che si occupa dei rapporti alternativi sulle Convenzioni per i diritti umani dell’ONU.

Già nell’introduzione del documento viene segnalato il «vuoto riguardante la condizione delle ragazze e delle donne con disabilità». «Generalmente – si scrive infatti – nelle analisi riguardanti la condizione di disabilità il genere non viene mai considerato. Questa irrilevanza del genere è causa ma anche effetto di una assenza di elementi per esplorare ed analizzare l’influenza che il genere ha sulle donne con disabilità. Tutto ciò ha portato ad una mancanza di interesse nel pensare alle necessità specifiche delle ragazze e delle donne con disabilità e quindi nel produrre analisi e riflessioni, nel progettare interventi e prassi, nel proporre politiche ed azioni specifiche in tutti gli ambiti della loro vita» (pagina 1, grassetto nostro nella citazione).

Riguardo al tema delle politiche integrate, si rileva che nell’ordinamento giuridico italiano non esiste una normativa specifica a tutela delle ragazze e delle donne con disabilità. «Si applica pertanto la normativa sulle pari opportunità e parità di trattamento di genere tra uomo e donna e la normativa specifica per la condizione di disabilità. Ciò significa che nessuna norma, politica, misura od azione a favore dell’uguaglianza di genere include specifici riferimenti alle ragazze ed alle donne con disabilità mentre nessuna prospettiva di genere viene adottata nello sviluppo e nell’applicazione di norme, azioni e programmi relativi alla condizione di disabilità» (pagina 6).

Seguono diversi esempi di Leggi, Piani, Rapporti e Relazioni in tema di violenza, nei quali l’attenzione specifica alle donne e alle ragazze con disabilità è nulla o residuale.

Vengono inoltre riportati gli espliciti richiami che pongono l’attenzione sulle donne con disabilità espressi nel 2017 dal Comitato del CEDAW, la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione della donna (ratificata dall’Italia con la Legge 132/85), quelli del 2016 del già citato Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, e quelli del 2012 contenuti nel Rapporto sull’Italia della Relatrice Speciale sulla Violenza contro le donne, nel quale si può leggere: «Le donne con disabilità sono state a lungo viste come destinatarie passive di assistenza. Lo Stato, la società e persino i familiari percepiscono le donne con disabilità nel migliore dei casi come soggetti invisibili, nel peggiore dei casi un peso. Le ragazze e le donne con disabilità tendono spesso ad essere educate verso modelli stereotipati che le relega in ruoli di dipendenza e di necessità di cure. Addirittura, la loro educazione viene considerata se non difficile e non necessaria. Questa percezione le conduce a livelli molto bassi nei sistemi educative e di conseguenza se inserite nel mondo del lavoro in funzioni subordinate. […] L’indagine ISTAT 2006 sulla Violenza contro le donne dentro e fuori dalla famiglia è la più recente fonte statistica sul fenomeno. La sua limitatezza deriva dal fatto che non riflette appieno il fenomeno perché non rileva accuratamente la prevalenza della violenza contro le donne e non include dati sulle donne con disabilità» (pagina 8, grassetti nostri nella citazione).

Nel 2016 il Dipartimento delle Pari Opportunità ha siglato con l’ISTAT un protocollo d’intesa, con l’obiettivo di sviluppare e realizzare un sistema informativo definito Banca dati sulla violenza di genere, allo scopo di fornire informazioni statistiche validate e continuative agli organi di Governo e a tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti nel contrasto alla violenza di genere.

Rispetto a tale proposito, il “Rapporto ombra” chiede che sia obbligatoria anche la raccolta di dati sulla violenza di genere disaggregati sulla base di disabilità, e che vengano altresì rilevate «l’eventuale condizione di disabilità della vittima di violenza e la sua relazione con l’autore o gli autori della violenza, e le forme di violenza specifiche nei confronti delle donne con disabilità, come la sterilizzazione forzata, che pare ancora usata in Italia come strumento di “protezione”, spesso richiesta dai familiari, benché non esistano altri dati, anche per la reticenza di chi la pratica e il camuffamento dell’intervento con altre giustificazioni mediche (endoscopie, biopsie, ecc.)» (pagina 10, grassetti nostri nella citazione).

L’esigenza di creare un sistema integrato di rilevazione dei dati – anche giudiziari – che superi la frammentarietà e la parzialità delle informazioni, generi flussi strutturati d’informazioni fruibili a livello nazionale e locale è considerata urgente, ed è richiesto che tali dati siano «disaggregati per le diverse condizioni, in particolare per presenza di disabilità» (pagina 13).

In tema poi di prevenzione, il “Rapporto ombra” segnala come il sessismo non risparmi «le donne con disabilità, anzi le rende doppiamente vittime: se la donna è spesso vista come un “oggetto”, il fatto di essere disabile la rende un oggetto difettoso di nessun valore» (pagina 14).

Si segnala inoltre che «nessuna campagna nazionale di sensibilizzazione sulla discriminazione di genere e sulla violenza contro le donne include le donne e le ragazze con disabilità. Nemmeno il Piano d’azione nazionale sulla disabilità prevede azioni di sensibilizzazione volte al pieno riconoscimento del loro valore umano e della loro dignità» (pagina 16, grassetto nostro nella citazione). Da ciò la raccomandazione che, con urgenza, «il governo italiano promuova e finanzi campagne di sensibilizzazione con particolare riferimento ai piani di intervento educativo dentro e fuori le scuole a partire dall’infanzia e per tutti gli ordini di scuola, tenendo conto anche dell’intersezionalità della dimensione del genere con la condizione di disabilità» (pagina 18, grassetto nostro nella citazione).

Spesso manca negli operatori dei servizi di consulenza e di emergenza la consapevolezza del rischio a cui sono esposte le donne con disabilità «perché non conoscono la condizione di disabilità o perché non riconoscono, mancando di strumenti culturali e tecnici, l’abuso come violento ed associato alla disabilità. Il rischio di cattiva interpretazione dei segni di violenza è ridotto quando gli operatori hanno frequentato specifici corsi di formazione» (pagina 20). Da ciò la richiesta – per questi operatori e per tutti quelli coinvolti nei percorsi antiviolenza – di una formazione specifica (che deve comprendere fra le condizioni a maggior rischio di violenza la disabilità, soprattutto se sono presenti necessità di comunicazione e sostegno elevate), continuativa, obbligatoria e strutturale e non, come accade attualmente, estemporanea o occasionale, con interventi di poche ore fatti giusto per poter dire di averli realizzati.

Riguardo ancora alla protezione e al sostegno delle vittime, si riportano i dati ISTAT relativi al 2014: «Ha subìto violenze fisiche o sessuali il 36% di chi è in cattive condizioni di salute e il 36,6% di chi ha limitazioni gravi, a fronte dell’11,3% della popolazione femminile generale. Il rischio di subire stupri o tentati stupri è doppio (10% contro 4,7% delle donne senza problemi). Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti, amici o conoscenti. Spesso purtroppo sono proprio gli uomini che si prendono cura di queste donne ad approfittare di loro. Per questo motivo e per la difficoltà delle donne con disabilità psichica/intellettiva non solo a denunciare, ma persino a riconoscere come tali le violenze subite in ambiente domestico, la violenza domestica sulle donne con disabilità, e in particolare disabilità psichica o intellettiva, non viene quasi mai denunciata (solo nel 10% dei casi). Inoltre, le violenze domestiche nei loro confronti possono essere percepite come forme di educazione e correzione di comportamenti inadeguati» (pagina 24, grassetti nostri nella citazione).

Se in Italia è ancora diffuso un atteggiamento che tende a mettere costantemente in discussione la credibilità delle donne vittime di violenza, anche su questo fronte le donne con disabilità sono maggiormente penalizzate perché «spesso ritenute “incapaci di intendere” e inattendibili.

Per di più le donne con disabilità psichica/intellettiva con maggiori necessità di sostegno possono essere prive di personalità giuridica, in quanto soggette agli istituti giuridici della tutela o della curatela, mai aboliti in Italia. […] Le donne con disabilità, specie se hanno necessità elevate di sostegno, sono più esposte alle violenze domestiche, a causa dell’isolamento in cui vivono, della permanenza forzata in famiglia in età adulta, delle maggiori difficoltà di trovare casa e di accesso all’istruzione superiore, alla formazione professionale e a un’occupazione retribuita. […] Le informazioni sui propri diritti e lo strumento della denuncia sono praticamente inaccessibili alle donne con disabilità psico-sociali, oltre che a quelle con disabilità intellettive o sensoriali che utilizzano forme di comunicazione alternative. Il rischio di vittimizzazione secondaria nel tentativo di uscire dalla violenza da parte della donna, e ancor più della donna con disabilità, è alto e riguarda più di un attore coinvolto nei percorsi di uscita dalla violenza, dai servizi sociale e sanitario, alle forze dell’ordine e al sistema giudiziario» (pagine 24-25, grassetti nostri nella citazione).

Anche su questo fronte si raccomanda una formazione specifica, per evitare la vittimizzazione secondaria, oltreché una comunicazione tempestiva e comprensibile sui diritti, i servizi di supporto e sui percorsi praticabili, anche attraverso l’uso di modalità di comunicazione appropriate a donne con disabilità intellettive e sensoriali (formato facile da leggere, lingua dei segni, Braille, ecc.).

In ordine, infine, ai procedimenti penali, viene evidenziata la mancanza, nella Magistratura e negli organi di Polizia Giudiziaria, di personale formato ad ascoltare le donne vittime di violenza con disabilità intellettive o sensoriali che utilizzano strumenti di comunicazione diversi da quello verbale. Si rileva inoltre che «la condizione di disabilità è identificata in modo restrittivo e lesivo della dignità e del valore della persona come “stato di infermità o di deficienza psichica”, deve essere ancora delineata e precisata dalla giurisprudenza, come pure le modalità protette da adottare, e non trovano applicazione, se non residuale, le cautele previste per la loro protezione» (pagina 47).

Questi sono, in linea di massima, i passaggi più rilevanti nei quali è presa in considerazione la particolare situazione delle donne con disabilità vittime di violenza, anche se, per onestà intellettuale, va segnalata la presenza di ulteriori richiami al tema in questione, sebbene di minore rilievo rispetto a quelli che abbiamo cercato di riassumere in questo spazio.

Sembra di poter affermare che, nel complesso, il “Rapporto ombra” abbia prestato un’apprezzabile attenzione alle esigenze delle donne con disabilità vittime di violenza, e che le considerazioni espresse siano condivisibili ed esposte in modo corretto.

Se una lacuna va trovata nei contenuti, mi sembra manchi una riflessione specifica sull’accessibilità fisica degli ambienti alle donne con disabilità motoria (centri antiviolenza, case rifugio, stazioni di polizia, tribunali…); sarebbe stato utile raccomandare, ad esempio, la realizzazione di una mappa delle case rifugio accessibili, e la predisposizione di un piano di abbattimento delle barriere per quelle non accessibili (se non di tutte, almeno di una data percentuale di esse), ma tutto ciò non inficia il valore complessivo dell’opera, che rimane comunque elevato.

Mentre mi accingo a chiudere questo approfondimento, attrae la mia attenzione un altro elemento: scorro la lista dei nomi delle persone che hanno collaborato alla stesura del “Rapporto ombra” e non trovo nessuna donna con disabilità (se mi fosse sfuggita, vi prego di segnalarmela). Non credo sia un caso. Penso quindi che in Italia non attribuiamo sufficiente importanza dell’autorappresentazione delle donne con disabilità, e che dovremmo lavorare di più per invertire questa tendenza.

di Simona Lancioni,

Responsabile di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), nel cui sito il presente approfondimento è già apparso. Viene qui ripreso – con minimi riadattamenti al diverso contenitore – insieme anche all’immagine utilizzata nel testo originale, per gentile concessione.

Per approfondire ulteriormente il tema Donne e disabilità, fare riferimento alla Sezione Donne con disabilità nel sito di Informare un’h. Sullo specifico tema della violenza, inoltre, accedere sempre al sito di Informare un’h, all’altra Sezione intitolata La violenza nei confronti delle donne con disabilità.

Nuove tecnologie nelle chiese con i pannelli multisensoriali

Press-IN anno X / n. 2556

Il Gazzettino del 23-11-2018

Progetto già avviato. E Santa Lucia diventa santuario con una serie di iniziative. 

VENEZIA. Un nuovo modo, multisensoriale, per conoscere le chiese veneziane. Il progetto, già avviato, è stato presentato ieri nella chiesa dei santi San Geremia e Lucia da don Gianmatteo Caputo (amministratore parrocchiale), dall'assessore al Turismo Paola Mar, da Elisabetta Fabbri (presidente del Rotary Club) e Lucia Baracco, presidente dell'associazione Lettura Agevolata onlus che, insieme alla Tactile Vision di Torino, ha ideato il progetto "Le chiese di Venezia... in tutti i sensi".

NUOVE TECNOLOGIE.
L'obiettivo - è stato detto - è quello di permettere al maggior numero di persone di ottenere informazioni essenziali per fruire dei luoghi di culto, della loro architettura e delle loro principali opere, con la realizzazione di un pannello multisensoriale, con informazioni di tipo visivo, tattile e audio, per comunicare in modo semplice e accessibile a tutti, le caratteristiche architettoniche dell'edificio.
«Le prime chiese coinvolte nel progetto, promosso dal Patriarcato di Venezia e avviato grazie al supporto del Rotary - ha spiegato don Caputo - sono state scelte fra quelle protagoniste delle celebrazioni per il cinquecentenario della morte del Tintoretto e sono San Rocco, Santo Stefano, Santa Maria del Giglio, San Moisé e il Santuario di Santa Lucia».

INFORMAZIONI MULTISENSORIALI.
In ognuna delle chiese verrà predisposto un leggio con un pannello raffigurante l'edificio e le sue caratteristiche distributive. Nella parte centrale verrà rappresentata la chiesa in modo visibile e tattile, corredata a destra da un breve testo in italiano, inglese e Braille. Attraverso Qrcode e tag Nfc verrà fornita una guida audio-video, con sottotitoli e traduzione dei testi in inglese e LIS (Lingua Italiana dei Segni).
La presentazione del progetto è stata anche l'occasione per illustrare le iniziative per la ricorrenza di Santa Lucia, che si festeggia il 13 dicembre. La chiesa di Venezia dedicata alla martire di Siracusa, e che ne custodisce le spoglie, si prepara a diventare santuario diocesano, proponendo un ricco calendario di appuntamenti culturali e religiosi.

LA RICORRENZA DI SANTA LUCIA.
Verranno promosse iniziative per valorizzare il culto della Santa, ma anche progetti per rendere più fruibile a tutti, anche alle persone con disabilità sensoriale, la visita della chiesa.
Il 7 dicembre alle 18 verrà inaugurata la videoinstallazione "Lucia a Venezia", una sorta di narrazione visiva dell'arrivo della Santa in città sullo spazio scenico della facciata della chiesa. Alle 18.30 seguirà il concerto della Cappella Marciana diretta da Marco Gemmani; mercoledì 12, venerdì 14 e sabato 15 dicembre, dalle 15 alle 17, verranno promosse visite guidate ogni mezz'ora. Il giorno di Santa Lucia, invece, grazie alla collaborazione di Concommercio Federottica, dalle 10 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 17 verranno proposti test visivi gratuiti per tutti i pellegrini. 
«Trovo molto interessante ha sottolineato l'assessore Mar che possa essere intrapreso un percorso religioso di conoscenza delle reliquie nella nostra città oltre che di piena fruibilità del patrimonio artistico culturale. L'obiettivo è quello di riuscire a intercettare delle sensibilità religiose diverse, partendo dal santuario dedicato a una Santa che attira devoti da tutto il mondo».