martedì 30 marzo 2021

Le tappe fondamentali dello sviluppo della vista nel bambino

Pubblicato sul sito web iapb.it il 30/03/2021

Cosa vede un bambino alla nascita e quali esami è opportuno fare entro i 3 anni di vita del bambino.

Non esistono bambini troppo piccoli per essere visitati e i medici possono ricavare tantissime informazioni attraverso una visita oculistica ai neonati. È a partire da questa evidenza che si è sviluppato il web talk di venerdì 26 marzo, “Come si sviluppa la vista nel neonato”, moderato da Tommaso Vesentini, giornalista e divulgatore scientifico. Alla diretta streaming ha partecipato il Prof. Filippo Cruciani, Referente Scientifico di IAPB Italia Onlus, che ha risposto alle domande delle mamme blogger, Olga Zappalà, Laura Anzano, Angelica Montagner e Ottavia Vallese, per aiutare i genitori a sostenere lo sviluppo visivo del bambino. Ad introdurre i lavori è stato l’Avv. Giuseppe Castronovo, Presidente di IAPB Italia Onlus, che ha rimarcato l’impegno dell’Agenzia Internazionale per la prevenzione della cecità nella prevenzione visiva del bambino, anche attraverso la riabilitazione visiva effettuata presso il Polo Nazionale Ipovisione.

Al momento della nascita, il bambino passa da un ambiente protetto al mondo esterno, uno spazio che deve assolutamente conoscere in tutti i suoi particolari. Il mezzo principale per farlo è la vista: nell’uomo, l’80 per cento delle informazioni provenienti dall’ambiente passa attraverso questo canale, un mezzo fondamentale perché il bambino possa comprendere ciò che lo circonda.

Sono diverse, quindi, le tappe fondamentali per lo sviluppo della vista e sono tanti i segnali che medico e genitori possono cogliere per intervenire. Il recupero della vista, infatti, può esserci solo entro il terzo anno di vita del bambino: superato questo limite non è più possibile recuperare la piena funzionalità visiva. Vediamo allora come si sviluppa la vista nei primi anni di vita del bambino.

A che livello è lo sviluppo del sistema visivo del bambino alla nascita?

“L’occhio è pronto dal punto di vista anatomico, ma da un punto di vista funzionale è una tabula rasa, come un computer in cui sono presenti solo programmi, ma ancora nessuna informazione. L’occhio deve imparare a vedere, che è un’arte che si apprende molto lentamente attraverso la stimolazione continua. La vista si forma solo al terzo anno di vita raggiungendo la piena maturazione funzionale. È un processo lento che si sviluppa giorno per giorno ed è importante che ci sia una stimolazione precisa, senza ostacoli, affinché l’apparato visivo possa svilupparsi”.

Cosa vede un neonato alla nascita? Riesce a riconoscere il volto delle persone?

“L’occhio è pronto, ma deve iniziare a funzionare e ad avere gli strumenti per farlo. Il bambino vede, ma non sa cosa e deve piano, piano conoscere quello che osserva. Soltanto gradualmente alcune immagini gli diventeranno familiari”.

Quando posso portare mio figlio a fare una visita oculistica? Può essere visitato anche se non vede ancora bene?

“I bambini si visitano a qualsiasi età e non c’è nessun problema. Grazie alla visita completa, siamo in grado di scoprire un eventuale difetto della vista. L’occhio si forma dal punto di vista refrattivo e può modificarsi; ad esempio, alla nascita c’è sempre una ipermetropia che poi si riduce.

Il momento fondamentale è comunque la nascita per escludere malformazioni, come la cataratta congenita o altre patologie. Una volta la cecità era soprattutto infantile e causata dalle malattie infettive. Oggi, prevenzione e igiene hanno fatto sì che scomparisse l’enorme numero di bambino non vedenti, ma restano le malattie di natura genetica o acquisite durante la gravidanza.

Per questo, insistiamo alla nascita con una visita completa e con il test del riflesso rosso, che eseguono anche i pediatri.

Fondamentale, poi, è una visita completa da un oculista entro i 3 anni. Se sono evidenti alcuni segnali, però, è meglio anticipare il controllo visivo. Prima si fa e meglio è; la visita serve per definire lo stato anatomico e funzionale dell’occhio. Una volta c’era la convinzione errata che il bambino dovesse collaborare per eseguire la visita, ma non è così. Anche se non collabora, riusciamo ad eseguire appieno l’esame visivo”.

A volte mi sembra che le pupille del bambino si muovano, come in un tremolio, è normale?

“Questo tremolio ritmico degli occhi può esserci quando il bambino tende a fissare un oggetto ed è come se l’occhio cominciasse a muoversi in maniera continua. Questo è un segno neurologico e significa che prima della nascita c’è stata una sofferenza nell’apparato visivo. Ci sono malattie come l’albinismo che tipicamente lo causano e i bambini che ne sono affetti presentano questo movimento ritmico orizzontale, raro, ma sintomatico del nistagmo”.

Posso usare dei colliri per calmare gli arrossamenti dopo il pianto?

“Il collirio è un farmaco topico usato localmente e deve essere utilizzato con molta cautela. Non prendete iniziative con i bambini: meno prodotti utilizzate e meglio è. Il collirio, infatti, può creare bruciore e disturbo e nell’infanzia va usato dietro prescrizione medica. Oggi si usano molto le lacrime artificiali, che sono utili nell’adulto, ma se nel bambino non c’è una precisa indicazione può rivelarsi qualcosa che lo allontana dalle visite. L’uso del collirio per dilatare la pupilla è sempre un momento duro per il bambino, che deve essere preparato, perché il farmaco crea sempre bruciore agli occhi”.

Rivivi la diretta “Come si sviluppa la vista nel neonato” su www.proteggilasuavista.it.

Zaino per non vedenti: l’intelligenza artificiale aiuta il movimento

Digitalic del 30/03/2021

USA. Un prototipo di zaino per non vedenti è stato sviluppato dall’università della Georgia. Si tratta di uno zaino da spalla, della grandezza e dall’aspetto di un normale zaino, che racchiude all’interno un concentrato di tecnologia che potrebbe rivoluzionare la vita di molte persone. Perché ha una peculiarità fondamentale. Migliora la possibilità di movimento e la percezione del mondo nelle persone non vedenti grazie all’intelligenza artificiale. Come?

Lo zaino ha il compito di rilevare segnali stradali, ostacoli sospesi, strisce pedonali, oggetti in movimento e variazioni di quota, il tutto in modo efficiente. All’interno dello zaino trovano posto un’unità GPS insieme a un computer, ad esempio un notebook, mentre la persona non vedente o con gravi disabilità visive non deve far altro che indossare un giubbotto dotato di una fotocamera intelligente e una sorta di marsupio in cui c’è un pacco batteria capace di alimentare il sistema per circa otto ore.

Zaino per non vedenti, come funziona

Il cuore di questo sistema è una fotocamera spaziale Luxonis OAK-D con intelligenza artificiale (si basa su una VPU Intel Movidius e il toolkit Intel Distribution of OpenVINO) inserita nel giubbotto e collegata al computer nello zaino. Tre piccoli fori nel giubbotto consentono a OAK-D di vedere il mondo esterno.

OAK-D è in grado di eseguire reti neurali avanzate fornendo allo stesso tempo funzioni di visione artificiale accelerate e una mappa di profondità in tempo reale: si basa infatti su due videocamere stereoscopiche e una in grado di riprendere a risoluzione 4K.

Mentre un auricolare Bluetooth permette alla persona non vedente di interagire con il sistema tramite domande e comandi vocali e il sistema risponde con informazioni verbali. Mentre la persona si muove nell’ambiente, il sistema trasmette in modo udibile le informazioni sugli ostacoli comuni, inclusi segnali, rami degli alberi e pedoni. Avvisa anche di imminenti strisce pedonali, marciapiedi, scale e ingressi.

L’OMS stima che in tutto il mondo vi siano 285 milioni di ipovedenti. I sistemi di assistenza visiva per muoversi nell’ambiente sono piuttosto limitati e vanno dalle app per smartphone con assistenza vocale basate sul GPS a bastoni da passeggio intelligenti con una fotocamera. Anche se al momento il sistema è solo un prototipo, gli ingegneri dell’Università della Georgia stanno lavorando alacremente per offrire nuove possibilità alle persone non vedenti o ipovedenti, così che possano, un giorno, muoversi autonomamente.

da Francesco Marino,

Giornalista esperto di tecnologia, da oltre 20 anni si occupa di innovazione, mondo digitale, hardware, software e social. È stato direttore editoriale della rivista scientifica Newton e ha lavorato per 11 anni al Gruppo Sole 24 Ore. È il fondatore e direttore responsabile di Digitalic.

Inclusione scolastica: una ricorrenza che non dev’essere una banale celebrazione di Salvatore Nocera

Superando del 30/03/2021

«Cinquant’anni fa – scrive Salvatore Nocera -, proprio oggi, 30 marzo, venne approvata la Legge 118/71, che introdusse timidamente, per la prima volta in Italia, il principio dell’inclusione degli alunni e delle alunne con disabilità nella scuola di tutti e con tutti. Per far sì che tale ricorrenza non diventi una pura celebrazione, ci si augura di superare questo periodo in cui molte scuole delle “Zone Rosse”, disattendendo le norme ministeriali, hanno di fatto ripristinato le “classi speciali” e che gli alunni e le alunne con disabilità tornino ad essere una vera opportunità per i compagni»

Cade proprio oggi, 30 marzo, il cinquantesimo anniversario dall’approvazione della Legge 118/71 (Conversione in legge del decreto-legge 30 gennaio 1971, n. 5, e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili), che introdusse timidamente, per la prima volta in Italia, il principio dell’inclusione degli alunni e delle alunne con disabilità nelle sezioni e nelle classi comuni, limitandola inizialmente solo agli alunni e alle alunne con disabilità fisiche non gravi e solo per la scuola elementare e media. Ciò grazie alle famiglie, che a partire dal 1968 avevano cominciato una lunga lotta pacifica, ma intransigente, sul diritto allo studio in situazione di uguaglianza ed effettiva inclusione con i compagni.

Tale lotta è proseguita in tutti gli anni successivi, riuscendo a coinvolgere anche docenti, dirigenti scolastici, funzionari amministrativi e ministri, ottenendo conquiste legislative, amministrative e giurisprudenziali, arrivate anche e soprattutto dalla Corte Costituzionale.

Tutto ciò dovrebbe essere ricordato in quest’anno in cui invece, a causa della pandemia, nonostante le Associazioni abbiano continuato a lottare duramente, anche ottenendo norme speciali, per mantenere il diritto all’inclusione dei propri figli «in situazione di effettiva inclusione con gruppetti di compagni a rotazione», questo lungo cammino di affermazione dei diritti umani delle persone con disabilità ha subìto un grave arresto. Infatti, è accaduto che moltissime scuole abbiano disatteso le apposite norme ministeriali, costringendo gli alunni, specie con disabilità intellettive e relazionali, alla perdita dell’istruzione, con l’inutilità della didattica a distanza o con l’umiliante presenza di essi da soli a scuola, privi cioè del gruppetto di compagni che la normativa consentiva o, peggio, ghettizzati tutti insieme in un’unica classe, con il ripristino, di fatto, delle “classi speciali” che proprio a partire dalla Legge 118/71 erano state abbandonate in massa dagli alunni e dalle alunne con disabilità, per iniziare finalmente la vita di tutti e con tutti.

Ora, con l’approssimarsi degli scrutini e degli esami si ripropone un anno dopo lo stesso problema: promuovere o bocciare a causa della perdita di scolarizzazione forzata.

Lo scorso anno, mentre saggiamente il Ministero aveva adottato il principio che tutti gli alunni fossero ammessi agli esami o promossi alla classe successiva, per recuperare a settembre, per i soli alunni e alunne con disabilità fu varata una norma, apparentemente favorevole, ma sostanzialmente discriminatoria e umiliante, e cioè che potessero tutti e tutte essere indistintamente bocciati, a richiesta delle famiglie. Sempre lo scorso anno, tra l’altro, i corsi di recupero non furono in molti casi realizzati, data l’improvvisazione e l’inatteso scoppio dell’epidemia.

Adesso, però, dopo oltre un anno di esperienze e tentativi, oltreché di ampie discussioni condotte dagli esperti, ripetere quanto fatto nel 2020 sarebbe errato e, perseverando, diabolico.

Il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha giustamente detto che occorrerà svolgere recuperi già dall’estate e proseguirli all’inizio dell’autunno, mettendo in atto proposte maturate durante questo lungo periodo di tentativi di non far soccombere la scuola sotto l’urto terribile della pandemia.

Ci si augura pertanto che proprio nel cinquantenario della Legge 118/71, gli alunni e le alunne con disabilità riescano a diventare una vera opportunità per i compagni, ottenendo da tutte le scuole il diritto all’inclusione scolastica in presenza con gruppetti di compagni, che potrebbero moltiplicarsi, anche in locali diversi dalle scuole, avviando così, nei fatti, la riforma che lo stesso ministro Bianchi sembra voler avviare, «superando – per usare le sue stesse parole – una didattica ottocentesca solo frontale, in “classi pollaio”, tramite una didattica, una logistica e un’inclusione rinnovate».

FISH

(Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

lunedì 29 marzo 2021

Ma i fondi europei favoriranno l’inclusione oppure l’esclusione scolastica?

Superando del 29/03/2021

«È un’ineludibile sfida educativa per modernizzare il nostro sistema di istruzione – scrive Salvatore Nocera -, quella di cui parla il ministro dell’Istruzione Bianchi, sull’utilizzo dei fondi in arrivo dall’Europa nell’àmbito della scuola. Ma cosa avverrà delle centinaia di migliaia di alunni e alunne con disabilità presenti nelle nostre scuole, dei quali non si dice nulla, né se ne parla politicamente, se non all’interno delle nostre Associazioni di rappresentanza? È questo un grande problema che occorre affrontare rapidamente, seriamente, razionalmente, concretamente e organizzativamente».

Ho avuto modo di leggere, nella rivista online «InTerris.it», l’articolo di Annamaria Bax intitolato Come il Recovery plan sosterrà scuola e ricerca, riguardante l’articolazione dei fondi europei da destinare alla scuola, così come è stata illustrata dal ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi nella sua recente comunicazione al Parlamento.

Già nel suo recente libro Nello specchio della scuola, il Ministro aveva dimostrato, con ampia documentazione di dati, come l’arretramento economico italiano rispetto alle altre economie europee e mondiali sia dovuto all’arretramento tecnologico e come questo vada di pari passo con l’arretramento del nostro sistema di istruzione.

Coerentemente, dunque, con quanto esposto in quel libro, Bianchi ha suddiviso i fondi europei con particolare riferimento a:

– il rinnovamento della vecchia didattica ottocentesca, anche grazie a una ristrutturazione della vecchia logica dell’edificazione delle scuole, che non facilita il lavoro di piccoli gruppi e di molti nuovi laboratori;

– un forte potenziamento digitale delle scuole e della didattica;

– l’orientamento tecnologico della didattica verso la futura vita di impresa degli studenti.

Tutto ciò sembrerebbe pienamente condivisibile, se fosse però esplicitato come questa ineludibile sfida educativa potrebbe riuscire a non emarginare gli alunni e le alunne con disabilità che, ormai, non sono più nelle “scuole speciali”, ma sono presenti in quasi tutte le classi con la percentuale del 3,5%. Di tali alunni e alunne, infatti, non vi è cenno né nel libro, sinceramente molto interessante, né nel piano predisposto per l’approvazione da parte dell’Europa.

Come dare dunque a questo piano un taglio “inclusivo”?

Nel suo libro, il ministro Bianchi, citando giustamente sin dall’inizio la Costituzione, fa molto riferimento alla riduzione delle disuguaglianze educative, sia dal punto di vista del rapporto Nord-Sud (quest’ultimo fortemente arretrato rispetto al Nord, come dimostrato dai risultati delle prove INVALSI, delle quali si può dire ogni male, ma che comunque permettono di confrontare i libelli apprenditivi fondamentali delle scuole dei Paesi più industrializzati del mondo), sia nei rapporti tra studenti “tutelati” (di famiglie benestanti culturalmente ed economicamente) e studenti «in continua e crescente dispersione scolastica» (di famiglie deprivate culturalmente ed economicamente, numericamente in grande crescita, che stanno subendo un fortissimo “discensore sociale”).

Questa attenzione è giustissima. Ma, con questa inevitabile riforma radicale del modo di fare scuola, cosa avverrà delle centinaia di migliaia di alunni e alunne con disabilità presenti nelle nostre scuole?

Come già detto, ciò che preoccupa di più è il fatto che nel progetto per l’Europa non se ne dica nulla, né se ne parli politicamente, tranne che all’interno delle nostre Associazioni di rappresentanza, cosa che è politicamente inutile, se non coinvolge il dibattito politico e se da esso non scaturiscono risposte di natura “inclusiva”, evitando quella “separata ed esclusiva” alla quale la logica efficientistica è solitamente orientata.

Questo è il grande problema che occorre affrontare, e farlo rapidamente, seriamente, razionalmente, concretamente e organizzativamente.

Sarà pertanto indispensabile che sia nell’Osservatorio Ministeriale Permanente per l’Inclusione Scolastica, sia nell’Osservatorio Nazionale sui Diritti delle Persone con Disabilità, frutto della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, tale questione venga immediatamente posta all’ordine del giorno, prima cioè che venga chiuso il piano italiano per i finanziamenti in arrivo dall’Europa.

di Salvatore Nocera,

FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Hancicap).

Strategia Europea sulla Disabilità: sia realmente l’inizio di una nuova strada!

Superando del 29/03/2021

Come già il Forum Europeo sulla Disabilità, anche il CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo) esprime apprezzamento per la nuova Strategia Europea per i Diritti delle Persone con Disabilità 2021-2030, varata dalla Commissione Europea, chiedendo che diventi realmente il punto di partenza di un’Unione Europea in cui l’uguaglianza, l’inclusione e la non discriminazione siano la norma, ma avvertendo anche che essa dovrà certamente tenere conto degli effetti devastanti della pandemia sulle persone con disabilità, che hanno fatto crescere le disuguaglianze già esistenti.

«Abbiamo accolto favorevolmente la nuova Strategia dell’Unione Europea sulla disabilità. Nell’Unione sono circa 87 milioni le persone che hanno una qualche forma di disabilità e oltre la metà si sente discriminata. Alla luce di questa situazione, i diritti delle persone con disabilità sono estremamente importanti per il nostro organismo»: a dirlo è stata Christa Schweng, presidente del CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo), importante organo consultivo della Commissione Europea, nel suo intervento introduttivo all’incontro dedicato nei giorni scorsi dal CESE stesso alla Strategia Europea per i Diritti delle Persone con Disabilità 2021-2030, varata all’inizio di questo mese di marzo dalla Commissione Europea e alla quale abbiamo già dedicato un ampio servizio in altra parte del giornale. «Sono molto lieta di constatare – ha aggiunto Schweng – che questa nuova Strategia dell’Unione Europea sulle persone con disabilità tiene conto di molte raccomandazioni fra quelle formulate in passato dal nostro Comitato».

A tal proposito, oltre ad insistere sulla piena attuazione nell’Unione Europea della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, sia in propri Pareri, come quello sul tema Definire l’Agenda dell’UE sui Diritti delle Persone con Disabilità 2020-2030, sia attraverso i lavori del proprio gruppo di studio tematico sui diritti delle persone con disabilità, istituito per monitorare l’attuazione della Convenzione stessa negli Stati membri, il CESE si è anche strettamente occupato di questioni come il diritto di voto per tutte le persone con disabilità alle elezioni europee, chiedendo, nello specifico – come avevamo riferito anche sulle nostre pagine – una modifica della legge elettorale dell’Unione, per garantire appunto che d’ora in poi tutte le elezioni europee siano accessibili ai cittadini e alle cittadine con disabilità.

All’incontro ha partecipato Helena Dalli, commissaria Europea per l’Uguaglianza e la Parità di Genere, affermando che «la Strategia adottata comprende una serie di nuove iniziative e proposte legislative volte a migliorare in modo significativo la vita dei cittadini e delle cittadine europee con disabilità in molti settori, come l’occupazione, l’accessibilità, l’inclusione sociale, l’istruzione, la sistemazione abitativa e i diritti dei lavoratori».

«Purtroppo– ha proseguito – i dati sono sconfortanti, mostrando che il divario occupazionale tra persone con e senza disabilità si attesta pericolosamente sul 25 %, aumentandone quindi il rischio di finire in povertà. Rispetto infatti ai loro coetanei senza disabilità, i giovani con disabilità hanno il doppio delle probabilità di abbandonare precocemente gli studi».

«A dieci anni dalla ratifica della Convenzione ONU da parte dell’Unione Europea – ha concluso – è giunto dunque il momento di intensificare l’azione dell’Unione nel campo delle politiche in materia di disabilità. L’obiettivo è apportare cambiamenti positivi alla vita delle persone con disabilità all’interno e all’esterno dell’Unione stessa, in modo che abbiano le medesima opportunità di partecipazione, a parità di condizioni con gli altri e senza eccezioni».

Di seguito, quindi, i passaggi evidenziati dalla commissaria Dalli sui quali in particolare la nuova Strategia Europea concentrerà l’attenzione, tenendo conto anche delle raccomandazioni espresse dal CESE:

- Potenziare l’accessibilità in quanto fattore cruciale per i diritti, l’autonomia e l’uguaglianza delle persone con disabilità. In tal senso verrà istituito il Centro Europeo delle Risorse, denominato AccessibleEU, per aumentare la coerenza tra le politiche in materia di accessibilità in tutta l’Unione Europea;

- Aumentare il tasso di occupazione delle persone con disabilità, promuovendo politiche occupazionali inclusive ed egualitarie;

- Creare la tessera europea di disabilità (Disabilioty Card), per ampliare la portata del riconoscimento reciproco dello status di disabilità in settori quali la mobilità dei lavoratori e le prestazioni sociali;

- Appoggiare la deistituzionalizzazione, la vita indipendente e l’inclusione nella comunità, per consentire a ogni persona con disabilità di scegliere dove e con chi vivere, nonché per alleggerire l’onere finanziario dei costi abitativi, che assorbono il 40% del reddito delle persone con disabilità;

- Assicurare un’istruzione realmente inclusiva, anche al fine di prevenire l’abbandono scolastico precoce delle persone con disabilità;

- Garantire la partecipazione politica e l’accessibilità delle elezion;

- Promuovere i diritti delle persone con disabilità a livello mondiale e tramite l’esempio, incoraggiando la diversità nelle istituzioni europee.

- Creare la piattaforma sulla disabilità che riunirà i punti focali nazionali della Convenzione ONU, le organizzazioni delle persone con disabilità e la Commissione Europea, allo scopo di sostenere l’attuazione delle strategie a livello nazionale ed europeo, nominando i vari “Coordinatori per le Disabilità” nelle Istituzioni.

«Naturalmente adesso – ha sottolineato Helena Dalli – si dovrà passare alla fase di attuazione. È chiaro infatti che gli obiettivi di questa Strategia possono essere raggiunti solo attraverso interventi a livello sia nazionale che europeo, con gli Stati Membri che devono impegnarsi a fondo per dare attuazione alle azioni proposte. Per questo è nostra intenzione collaborare strettamente non solo con le Istituzioni comunitarie e gli Stati Membri, ma soprattutto con la società civile e le organizzazioni che rappresentano le persone con disabilità, la cui opinione e il cui aiuto sono fondamentali per un’attuazione efficace».

Nel corso del dibattito, i vari componenti del CESE hanno espresso apprezzamento per la nuova Strategia, segnalando altresì che nella fase di attuazione della stessa, l’Unione Europea e gli Stati Membri dovranno tenere conto degli effetti devastanti della pandemia sulle persone con disabilità, in particolare per quel che concerne l’occupazione e l’istruzione, dato che le disuguaglianze esistenti si stanno purtroppo amplificando.

«La pandemia – ha dichiarato ad esempio Yannis Vardakastanis, vicepresidente del Gruppo Diversità Europa del CESE e relatore per il Comitato del Parere sulla nuova Strategia, oltreché presidente dell’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità – ha accentuato le disuguaglianze già esistenti, l’esclusione, la povertà e la discriminazione. La nuova Strategia Europea dovrebbe creare un’Unione in cui l’uguaglianza, l’inclusione e la non discriminazione delle persone con disabilità siano la norma. Il CESE e il suo Gruppo Diversità Europa sono impegnati ad assicurarne la piena attuazione».

Dal canto suo, Pietro Barbieri, presidente del Gruppo di Studio Tematico del CESE sui diritti delle persone con disabilità, ha affermato che «la Strategia rappresenta un elemento cruciale per le persone con disabilità al fine di promuoverne i diritti fondamentali, ma ne dovrebbero essere rivisti due aspetti: essa infatti dovrebbe riconoscere e affrontare l’impatto della pandemia sull’integrazione delle persone con disabilità nei mercati del lavoro dell’Unione Europea. L’inclusione, infatti, è la chiave di tutto e di conseguenza, i cosiddetti “punti focali” (Focal Points) in tutte le Amministrazioni dell’Unione devono essere garantiti in modo vincolante, affinché i diritti delle persone con disabilità diventino una questione trasversale in tutte le politiche dell’Unione stessa».

Stefano Mallia, presidente del Gruppo Datori di lavoro del CESE, ha sottolineato ancora la necessità di includere le persone con disabilità nel mercato del lavoro, perché «esse sono una risorsa per la nostra economia e l’Unione Europea dovrebbe continuare ad essere in prima linea nella promozione della diversità all’interno dei mercati del lavoro. Se le persone con disabilità vengono incluse nel mondo del lavoro e si permette alle loro potenzialità e ai loro talenti di sbocciare, a trarne beneficio non saranno soltanto queste persone, oltre che la competitività e la crescita economica dell’Europa, ma anche l’intera società».

Successivamente, Fernando Mauricio de Carvalho, membro del Gruppo Lavoratori del CESE, ha posto l’accento sull’accessibilità, ritenendola «una questione trasversale che richiede una pianificazione continua e integrata. Ora che stiamo già entrando nell’era digitale, è della massima importanza e urgenza adattare non solo gli spazi fisici, gli edifici, le strade e i trasporti, ma anche gli strumenti virtuali a nostra disposizione».

E da ultimo, ma non ultimo, Krzysztof Pater, che ha elaborato la citata relazione informativa sul diritto di voto delle persone con disabilità alle elezioni europee, ha sottolineato che «la Strategia non affronta il problema del diritto di voto dei cittadini con disabilità» e ha avvertito che «tale fondamentale questione non deve essere ignorata». (S.B.)

Ringraziamo Daniela Marangoni per la collaborazione.

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: press@eesc.europa.eu.

domenica 28 marzo 2021

Come viene visto il mondo da chi è affetto da patologie oculari? L’iniziativa di Lenstore

Artribune del 28/03/2021

L’azienda specializzata in vendita di lenti a contatto ha lanciato sul proprio sito web una piattaforma che consente di osservare alcuni dei panorami più iconici al mondo attraverso gli occhi di chi è affetto da patologie oculari. Un progetto votato alla sensibilizzazione sul tema e alla prevenzione.

In che modo le persone affette da patologie oculari riescono a percepire, attraverso la vista, ciò che li circonda? E soprattutto, i loro occhi che tipo di immagini restituiscono del mondo? Queste sono le domande su cui poggia un progetto lanciato recentemente da Lenstore, azienda specializzata nella vendita di lenti a contatto: una piattaforma web che consente di osservare alcuni dei panorami più iconici al mondo attraverso gli occhi di chi è affetto da patologie oculari.

Vista a 360 gradi, è questo il nome dell’iniziativa, offre ai normovedenti la possibilità di osservare il mondo attraverso sguardi differenti, con lo scopo di sensibilizzare la collettività sui temi della disabilità visiva e della prevenzione: “trovo che sensibilizzare le persone su temi come quello delle disabilità visive sia molto importante e significativo”, spiega Roshni Patel di Lenstore. “Attraverso questo strumento digitale possiamo finalmente conoscere da più vicino questi problemi, facendone esperienza sulla nostra pelle”.

VISTA A 360 GRADI, L’INIZIATIVA DIGITALE DI LENSTORE

Sul sito web di Lenstore, alla pagina dedicata a Vista a 360 gradi, è possibile scegliere tra sette paesaggi urbani – Parigi, Venezia, Londra, Hong Kong, Dubai, New York, Sydney – e selezionare la “modalità” di visione tra normale, daltonismo, degenerazione maculare, cataratta, mio-desopsie, glaucoma, visione a tunnel, cecità notturna. Quando viene selezionata una patologia, sullo schermo appare una finestra che spiega in cosa consiste il tipo di disturbo e quali sono i sintomi. “Tutte le patologie oculari analizzate variano in termini di sintomi, cause e cure ed è importante diventare più consapevoli di quelli che possono esserne i sintomi per prevenire qualunque danno”, continua Roshni Patel. “Infatti, molte delle patologie analizzate possono essere curate semplicemente riducendo la presenza di sintomi, se individuate in tempo da un medico od optometrista. Ci auguriamo che questo strumento possa non solo aiutare le persone a vedere il mondo da un altro paio di occhi, ma anche a prestare attenzione ai diversi sintomi, per riuscire a curarsi in tempo”.

di Desirée Maida

sabato 27 marzo 2021

Accessibilità dei servizi digitali: dalle sanzioni alle opportunità

Forum Pubblica Amministrazione del 27/03/2021

L’accessibilità può essere un’occasione di miglioramento della qualità dei servizi e non solo un obbligo da rispettare per evitare una sanzione dirigenziale nel caso delle pubbliche amministrazioni o una sanzione fino al 5% del fatturato per le grandi aziende. Vediamo perché.

Se il vostro fornitore di servizi digitali, durante una riunione operativa, vi chiedesse: “quali utenti volete escludere dai vostri servizi?” probabilmente sobbalzereste sulla sedia dicendo: “nessuno!”. Questa è la normale reazione che ognuno di noi avrebbe ad una proposta del genere, in quanto è pensiero comune che un servizio digitale sia fatto per raggiungere il maggior numero di utenti possibili, al fine di proporre informazioni, servizi o prodotti commerciali. Ma se il vostro fornitore non ve lo chiedesse e, per sua ignoranza o capacità lasciasse fuori parte dell’utenza, creandovi un danno che potrebbe andare dalla perdita di potenziali utenti sino ad una sanzione che può raggiungere il 5% del vostro fatturato? Questa imbarazzante situazione è purtroppo largamente diffusa sia nel settore delle PA che nel settore privato e deriva da una problematica di cui si parla da anni ma sempre girandoci intorno: le competenze digitali, sia di chi fornisce che di chi acquista prodotti ICT. Nello specifico sto parlando di competenze in tema di accessibilità informatica, ossia l’acquisto di soluzioni ICT (hardware, software, documenti, app mobili, ecc.) sviluppate secondo criteri internazionali (standard) in modo che possano garantire di essere utilizzate dalla maggior parte degli utenti, comprese le persone con disabilità. Si, perché proprio questa fascia di utenza è quella oggetto di discriminazione da parte di servizi della PA e di aziende del settore privato.

Accessibilità, autonomia e standard

Per comprendere meglio il problema partiamo da due concetti di base: autonomia e standard.

L’autonomia delle persone con disabilità è sacrosanta, e deve essere garantita in quanto le persone con disabilità non sono utenti di serie b e quindi devono avere le medesime possibilità che abbiamo noi di ottenere informazioni e servizi da siti web della PA così come prodotti e servizi da aziende del settore privato, il tutto in completa autonomia. Se un utente con disabilità desidera utilizzare un servizio della PA (esempio: poter richiedere documenti come un referto medico, pagare un servizio on line) deve poterlo fare in autonomia, senza richiedere aiuto a terzi, anche a tutela della riservatezza delle informazioni a cui accede. Allo stesso modo se un cliente con disabilità intende fruire di un servizio (es: home banking, accesso ad aree riservate di compagnie di telecomunicazioni, assicurazioni, prenotazioni alberghiere, taxi, ecc.) o vuole conoscere meglio un prodotto e acquistarlo on line (tramite servizi e-commerce), deve poterlo fare in autonoma, senza alcuna discriminazione rispetto agli altri utenti. Impedire l’autonomia delle persone con disabilità significa discriminarle rispetto agli altri utenti e ciò fornisce la possibilità alla persona discriminata di agire contro il soggetto che la discrimina grazie alla LEGGE 1 marzo 2006, n. 67 “Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”. Basta una veloce ricerca con Google per vedere quanti siano i casi anche nel nostro paese, anche di risalto mediatico, come il recente caso dell’app IO che non consentiva agli utenti non vedenti, in autonomia, di poter richiedere il bonus vacanze. Questa norma non solo impone la rimozione della barriera (fisica o digitale) riscontrata dall’utente con disabilità ma prevede pure un risarcimento per tale soggetto discriminato.

E gli standard? Esistono da anni, tanti, troppi per utilizzare ancora oggi la scusa: questo tema dell’accessibilità è complicato, una cosa di nicchia, che fa realizzare prodotti brutti e di pessima qualità. Le prime regole di accessibilità nate per il web risalgono al 5 maggio 1999. Sono quasi 22 (ventidue) anni quindi che il tema dell’accessibilità è pubblico e ben documentato per chi sviluppa soluzioni web. E questo tema si è sviluppato nel corso degli anni, con la pubblicazione dell’ultima versione delle regole di accessibilità (WCAG 2.1) il 5 giugno 2018, portando i maggiori player che operano nel settore della produzione di strumenti di sviluppo a rendere accessibili i prodotti. Da Microsoft a Google, Apple, sino alle community di prodotti opensource come WordPress si sono adoperate per garantire strumenti che consentano il rispetto di questi standard, aiutando quindi a garantire una maggiore inclusione degli utenti con disabilità. Attualmente in Europa lo standard di riferimento per l’acquisto dei prodotti ICT si chiama EN 301549 v. 2.1.2, in Italia disponibile gratuitamente sul sito dell’ente di normazione nazionale (previa registrazione) come UNI 301549:2018. In questo standard sia il committente che il fornitore possono trovare tutte le informazioni utili a capire quali siano i requisiti di accessibilità da applicare ai propri prodotti.

La pandemia e la discriminazione digitale

Durante il periodo pandemico, c’è stata una forte crescita del miglioramento dell’accessibilità da parte dei grandi player per alcune specifiche disabilità. Pensiamo solo al diffondersi delle dirette on line su social come Facebook in cui venivano condivise informazioni importanti, che ha portato Facebook a garantire una sottotitolazione in tempo reale per ogni diretta consentendo quindi alle persone sorde di poter comprendere tali contenuti.

Purtroppo, lato PA e aziende, non vi è stata medesima attenzione. In rete si possono riscontrare ancora oggi moltissime pubblicazioni effettuate in modo discriminatorio, a partire da documenti scansionati pubblicati nei siti delle PA, all’impossibilità di fruire di servizi on line sia nel settore pubblico che nel settore privato.

Pensiamo ad esempio al periodo di lockdown forte, in cui era vietato spostarsi oltre qualche centinaio di metri da casa, che ha portato quindi alla diffusione di soluzioni e-commerce sia da parte dei piccoli commercianti che delle grandi catene di distribuzione. Purtroppo, in quest’ultimo caso molti servizi risultavano non essere accessibili ed impedivano a clienti con disabilità di procedere all’acquisto di prodotti e servizi. Non meglio se la passa la PA dove gran parte dei servizi implementati “last minute” per soddisfare le richieste dell’utenza erano totalmente inaccessibili: la prenotazione di un appuntamento presso gli uffici, di un esame, del vaccino sono state vere e proprie barriere.

Perché capita tutto questo?

Tornando all’inizio dell’articolo ripongo la domanda: perché nascono soluzioni che non sono per tutti, e discriminano utenti, facendo perdere nel settore privato anche potenziali clienti? La risposta è poco confortante: perché vi è una pessima qualità delle forniture ICT. Si, utilizzo proprio il termine qualità in quanto l’accessibilità è una delle caratteristiche di qualità di un prodotto e, in assenza di essa, un prodotto non si può definire di qualità. Rievocando le parole di Tim Berners-Lee, inventore del web, il web fu inventato per consentire a tutti, indipendentemente dalle disabilità di poterlo utilizzare.

Tutto questo capita nonostante vi siano normative ben chiare sia per la PA che per il settore privato. Per la PA esiste la Legge 4/2004, conosciuta come Legge Stanca che obbliga, pena nullità, a inserire il tema dell’accessibilità nei contratti di fornitura. Obbliga pure le PA ad effettuare una dichiarazione pubblica di accessibilità (entro il 23 settembre per i siti web a partire dallo scorso anno ed entro il 23 giugno per le app mobili a partire da quest’anno), ovvero di conformità dei propri servizi rispetto alle regole internazionali citate sopra. La responsabilità del tema a livello centrale di ogni PA ricade sul Responsabile per la Transizione Digitale (RTD), che chiaramente dovrà “suddividerla” con i vari responsabili interni all’amministrazione in quanto il tema impatta in ogni attività (dalla gestione documentale, agli acquisti, alla trasparenza amministrativa, ecc.).

Attenzione che questo vale anche per il settore privato, attualmente per le aziende con fatturato superiore ai 500 milioni di euro di media nell’ultimo triennio. Per questi ultimi, a seguito di segnalazione di inaccessibilità da parte di utenti all’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) viene fissato un termine di adeguamento che, se non rispettato, comporta una sanzione amministrativa che può arrivare al 5% del fatturato.

Come si verifica l’accessibilità

La domanda più frequente che mi viene posta è sempre la stessa: ma come verifico l’accessibilità? E la mia risposta è sempre la stessa: dipende. Dipende dalla tipologia di sito web, di servizio erogato. In alcuni casi ci si può aiutare con degli strumenti automatizzati di verifica che però non possono garantire un’analisi completa di tutti i criteri necessari per definire un servizio accessibile. Vi è pertanto necessità di competenze interne e/o acquisizione di consulenti esterni con capacità di valutazione di siti web, applicazioni web e app mobili.

È importante anche il coinvolgimento degli utenti con disabilità, in quanto una verifica meramente tecnica non consente di identificare eventuali criticità nell’uso dei prodotti ICT da parte delle persone con disabilità. È per tale motivo che la normativa vigente prevede anche delle verifiche di usabilità con il coinvolgimento delle persone con disabilità.

Che succederà in futuro

Quanto detto sopra è già vigente, ricordando che l’utente con disabilità può sempre utilizzare la legge n. 67 del 2006 per una tutela diretta verso qualsiasi tipo di PA o azienda, anche se l’azienda non rientra nel fatturato superiore ai 500 milioni di euro.

In un futuro non lontano (entro giugno 2025) come previsto dall’European Accessibility Act, tutti i prodotti e servizi ICT immessi sul mercato europeo dovranno essere accessibili. Ciò significa che già da oggi, chi non ha ancora pensato al tema dell’accessibilità ha pochi anni per adeguare le soluzioni ICT e la necessità di adeguamento chiaramente ricade sia nel cliente finale ma soprattutto nel fornitore che dovrà pianificare una transazione verso soluzioni conformi.

Oggi l’accessibilità non è più come nel 1999, dove per garantire una soluzione accessibile era necessario creare qualcosa di “brutto” o “parallelo” al servizio principale. Con le regole di accessibilità vigenti è possibile creare siti web di alta qualità, aggiungendo delle caratteristiche “invisibili” agli utenti che non necessitano di tecnologie assistive. Oggi il design for all esiste, basta applicarlo nel modo corretto.

di Roberto Scano,

Presidente IWA Italy (International Web Association Italia)

mercoledì 24 marzo 2021

Gaetano Marchetto, il varesino che ha cambiato il mondo dello sport per non vedenti

Varese News del 24/03/2021

Dall’atletica allo sci di fondo, dai mondiali di canottaggio al baseball per ciechi. La lunga carriera dell’atleta: “Devo smettere con il baseball, ma non mi fermo”.

VARESE. Se c’è un personaggio in provincia di Varese che incarna i valori dello sport è Gaetano Marchetto. Classe 1962, cresciuto a Cardana di Besozzo dove ha maturato le prime passioni per l’attività sportiva, una malattia agli occhi gli ha cambiato la vita, ma non ha frenato la sua voglia di muoversi e sperimentare nuove discipline. E sono davvero tanti gli sport che lo hanno impegnato: dall’atletica leggera al ciclismo, dal canottaggio allo sci di fondo, con tanto di baseball e – «anche solo per provare», afferma ridendo – il poligono di tiro.

«Mi è piaciuto fare tantissimi sport perché mi sono fatto attrarre da tante persone». Esordisce così il suo racconto Gaetano Marchetto. «Ho uno spirito multidisciplinare. Tutto è partito all’oratorio di Cardana di Besozzo dove pensavamo a giocare e senza saperlo facevamo tanto sport rispettando quelle poche regole che conoscevamo e spesso inventandone di nuove per adattare il gioco alle possibilità del momento. Bastava avere un pallone che rimbalzasse bene per essere allegri e avere qualcuno con cui sfidarsi in qualsiasi modo e all’oratorio era il massimo. Si giocava sotto il campanile nel campetto di terra e sassi, con la mamma del parroco che ci gridava quando la palla finiva nel giardino della canonica. Ad ogni partitella si rifacevano le squadre e chi era troppo forte risultava antipatico ma appena passava nella tua squadra diventava il giocatore più bravo del mondo. I giocatori più grandi erano i modelli da imitare come mio fratello Valerio e il fuoriclasse Gigi Giuliani. Il calcio predominava e in seguito, con la ristrutturazione ,si poteva giocare anche a pallavolo, pallamano e pallacanestro. Ma quanti castelloni, bandiere, palle avvelenate e ciclocross nei boschi o corse campestri, ping-pong, calcio-balilla, tam-tam, biliardino».

«Ho cominciato ad assaporare lo sport agonistico – prosegue Gaetano – con le partite di calcio a 7 del circuito CSI e si girava negli altri oratori con trasferte che erano sempre una festa. Ricordo quando fui convocato alle medie insieme a pochi altri dal prof Rossi alla mia prima campestre provinciale all’Ippodromo di Varese in una giornata invernale fredda e uggiosa, spaesato all’inizio ma quanto orgoglio aver completato dignitosamente il percorso. Certo però che il mio sport preferito era sempre il calcio e difatti ho provato brividi di felicità e di prime responsabilità per il salto nel vivaio della squadra comunale di Gavirate e poi di Besozzo, grazie al talentuoso e inseparabile compagno di giochi delle Elementari Riccardo Miglierina».

Poi però sono subentrati i problemi agli occhi: «Avevo circa 12 anni e durante una partitella serale ho colpito la palla di testa per difendere la mia porta e sono stato applaudito dall’allenatore Borsato, ma quel colpo di testa era stato un colpo di fortuna e io lo sapevo perché la palla l’avevo appena intravista. L’ho presa bene ma d’istinto. Ho pensato con tanto malincuore che era meglio chiudere in bellezza, la vista non era più sufficiente per reggere quel livello di gioco. La retinite pigmentosa che riduce il campo visivo e la visione notturna cominciava a pormi dei limiti molto concreti. Non sono più andato è per vergogna non diedi nessuna spiegazione, anche perché molti giocatori erano miei compagni di classe».

Quasi per caso, l’incontro con il canottaggio: «A distanza di un anno però, grazie alla notizia in paese che Marco Bottin andava a far canottaggio per curare la scoliosi. La mia ammirazione per lui, 3 anni più grande, mi ha fatto intravedere uno sport che davvero potevo fare perché non serviva vederci così bene: il canottaggio sedile fisso, avrei avuto compagni di barca e soprattutto un timoniere. Con Marco quanti viaggi a Reno per allenarci sotto l’Eremo di Santa Caterina e quante trasferte nei paesi del Lago Maggiore per regatare. Ho vinto con lui a Reno, una volta memorabile, fra i tifosi i nostri genitori, al punto che ci siamo buttati in acqua. Anche mio fratello Sergio, con le mie stesse difficoltà visive, aveva assaporato l’opportunità di un riscatto sportivo nel canottaggio e prima per sfida poi per passione libera tutta la sua grinta sportiva nelle gare. Avevamo un Malaguti 50 in condivisione con i miei fratelli ma spesso con Sergio ci andavamo in bicicletta, si perché a Reno ad allenarci si andava tutti i giorni da metà marzo a settembre. La passione che contaminava aggregava sempre più ed ero contento di aver convinto anche il grande amico delle medie Fabio del Torchio ad entrare in squadra. Si andava spesso insieme in moto a Reno con la sua Vespa ET3 e poi si gareggiava sul doppio e il quattro la domenica. Quanti pomeriggi di storie tramandate dai “vecchi lupi” di lago al Cantiere Perucchini e giochi in spiaggia ma poi allenamenti seri e gare alla domenica con l’accoglienza di una grande famiglia d’amici prima ancora di essere squadra agonistica. Un giorno profetico mi venne a far visita il coscritto vulcanico Vincenzo Tagni con due biciclette da lui saldate insieme per gioco: fu il mio primo giro in tandem… e dal divertimento pensò di saldare insieme altre biciclette ma purtroppo o per fortuna si fermò a 3».

Poi però seguì un periodo lontano dallo sport: «A 17 anni presi il volo per un’estate in Inghilterra per studiare e dopo la maturità fare l’apprendista in più lavori fino a lavorare come corrispondente import-export grazie alla presentazione di Renzo, ancora un cardanese. La pausa dallo sport durò fino ai 27 anni quando ripresi con Ugo Fantoni. Mi sono inserito nel gruppo ipovedenti dell’Atletica Galbar di Cittiglio, quella che ora è la 7Laghi Runner. La spinta iniziale era quella di rimediare al mal di schiena che veniva avanti a causa di un incidente in moto a 21 anni che impensierì non poco i miei familiari, dato che avevo perso conoscenza per 5 giorni oltre allo schiacciamento di due vertebre. Ritornavo nello sport da ipovedente e correvo dietro alla mia guida a cui facevo indossare una maglietta scura di giorno e chiara di sera sulla quale puntavo una torcia. Quando poi la vista non bastò più, arrivò l’idea di un cordino rigido, usando i tubolari isolanti di mio fratello idraulico che chiamammo “ottovolante”, consentendo alla mia guida di correre insieme tenendomi a bordo strada in sicurezza. Ecco allora che dopo Ugo i veri amici diventano guide, rimandando la loro prestazione personale: il collega Enzo Tavernini, il compagno delle medie ritrovato Vittorio Ottaviano, la mia guida alpina Franco Corsi, Angelo Beghetto, Angelo Colli, Giacomo Ierardi e Antonio Locascio. L’89 fu l’anno del mio esordio in atletica con il GS Nonvedenti Milano che mi aprì alla realtà dello Sportdisabili girando l’Italia fra vari campionati. Cambiai anche lavoro e grazie a un anno di corso ASPHI a Bologna sono diventato programmatore non vedente alla Popolare Luino e Varese».

Non solo agonismo però, Marchetto fu importante anche per l’associazionismo in provincia di Varese: «Nel ’90 grazie allo slancio dei coniugi Giuse e Leila Castelli e l’Unione Italiana Ciechi di Varese nasce la polisportiva “Ciechi Sportivi Varesini” che abbatte molte barriere sportive, passando dallo scetticismo ai pregiudizi e infine alle opportunità. Si diede il via a trasferte di sci nordico sci alpino, cicloturistiche in tandem, corsi di nuoto, di pattinaggio su ghiaccio e tornei di bowling. Così nel ’96, imparando dai presidenti Gianni Gucciardo e Pietro Pellerito, capii che era arrivato il mio turno per presiedere un’ambiziosa associazione. Grazie al Consiglio direttivo e a un formidabile braccio destro: Pasquale Lemmo, abbiamo potuto realizzare sempre nuove manifestazioni agonistiche di ciclismo-tandem e di nuoto, con in palio titoli nazionali, e 10 edizioni itineranti della manifestazione “Corri con noi e vedi come corri”. Iniziare nuove discipline come il canottaggio, lo sci nautico, le immersioni subacquee, l’autodifesa MGA e karate, il tiro con l’arco e i corsi di ballo. Siamo stati precursori dello sci di fondo per ipovedenti con Ruggero Brandellera e la sua guida Alvaro Belloni, inventando lo zaino con segnale acustico per la guida. È stata una soddisfazione enorme che ci ha permesso di partecipare a due marcelonghe, ma anche gare internazionali come la Finlandia-Hiihto e la Vasaloppet: forse ancora l’emozione più grande l’arrivo dopo 12 ore di gara».

Poi il ritorno al canottaggio, con i grandi risultati agonistici: «Il canottaggio ha permesso di entrare nella nazionale non vedenti che mi ha permesso di gareggiare ad altissimi livelli. Il primo grazie va a Franco Ruspini che nel 1996 ci ha aperto le porte della Canottieri Varese. Il top è stato vestire la maglia della nazionale “adaptive-rowing” guidata da sotto Paola Grizzzetti e Giovanni Calabrese della Canottieri Gavirate in tutti i mondiali: essere fermi al via di una finale è stata un’emozione fortissima. Ho fatto Milano 2003, Banyoles 2004, in Giappone nel 2005 e Eaton, in Inghilterra, nel 2006. Mi allenavo anche a Varese con Ambrogio Marzoli e gli atleti guida Franco Corsi e Giovanni Crosta, mentre a Gavirate uscivo coi compagni di barca di 4 Mondiali: Vittorio Bolis, Graziana Saccocci, Donata Grizzetti e il timoniere Alessandro Franzetti, rinforzati da Daniele Signore, Luca Agoletto e Paola Protopapa che sul 4con hanno vinto l’Oro Paralimpico a Pechino 2008».

Infine l’arrivo nel baseball per ciechi, uno sliding doors che gli ha dato nuove energie, come spiega lo stesso Gaetano: «Il baseball che mi ha ridato le emozioni che provavo giocando a calcio. Cercavo uno sport con destrezza, strategia e questo mi ha preso tanto. All’inizio era un po’ scettico, lo ammetto.La prima partita l’ho giocata il. 24 maggio 2009 grazie ad Adele Patrini e ad Angela Mazzetti a Malnate tra le due squadre di Milano. La passione che è scattata per giocare a baseball è essere entrati in partita. L’allenamento è un’altra cosa, la competizione ti dà la voglia di arrivare, fare bene. Il gioco di squadra e la solidarietà verso gli altri. Tutte cose che le senti forte in partita. Per questo dico a tutti di venire a provare, ma provare la partita. Chi è venuto e ha capito cos’è la partita non se n’è più andato».

Ora però il baseball giocato non potrà più farlo: «Purtroppo sono costretto a fermarmi – commenta amareggiato Gaetano -. La visita medica ha rilevato delle difficoltà cardiache che mi limitano sugli sforzi improvvisi. All’inizio non ci credevo, ho fatto fatica ad accettarlo. Ora faccio battute solo con la penna perché non posso più stare in prima linea agonistica con i “Patrini Malnate” per una limitazione cardiaca ma seguire la squadra è una nuova bellissima emozione, anche perché è facile scrivere di campioni che quasi sempre vincono. Ecco chi ha fatto la storia, in ordine di discesa in campo: il “grande fratello” Guglielmo Donai, la madrina “mammabase” Adele Patrini e “papàbase” Antonio Rabuffetti, la presidente UICI Angela Mazzetti, i coach roberto Rizza, Fabio Gottardi, Adriano Chiesa, Francesco Volo, meravigliosi compagni di gioco gli assistenti Moreno Grassi, Susanna Tremolada, Giulio Bonati, Angelo Privato, Alberto Zin, Valter Bossetti, William Ferranti, Maurizio Colombo, Angela Cardia, Cristina ed Erica Sereno, Mariangela Arcuri, Roberta Fierro, Francesca Magno, Luigi Boffa, Marcello Ferraresso, Giuseppe Curto. E poi i giocatori: Stefano Ferin, Melissa Gottardi, Luigi Virgili, Armando Virgili, Ottavio Stigliano, Marco Case, Lucia Zoroberto, Lorenzo Bossetti, Ruggero Brandellero, Milena Rossi, Hanane El Kadrani, Rosa Incollà, Antonio Burgio, Gaetano Casale, Daniel Okpara, Giuseppe Rosafio, Samuel Bernunzio, Michelangelo Agnello e Massimiliano Neto».

Gli altri sport però non si fermano per Gaetano: «Ho la possibilità di andare avanti in maniera amatoriale, continuo a nuotare e fare canottaggio e camminate in alta montagna. Con Franco Corsi, mia guida storica. La mia passione rimane, mi piace coinvolgere e spero di che ci siano sempre più giovani che giocano: danno soddisfazioni e pienezza di vita. Cerco di diffondere il più possibile questo messaggio perché molti sono scettici e mi dispiace. C’è un altro sport che mi manca tantissimo fermo anch’esso a causa della pandemia: lo sci alpino a Domobianca, sul Monterosa, in Valtellina e sulle Dolomiti. Mi manca l’euforia che si respira scendendo queste piste da 30 anni grazie all’associazione e alle guide che con la loro voce nella radiolina mi hanno trasmesso il coraggio di scendere da pendii spettacolari: Guglielmo Donai, Franco Corsi, Stefano Bianchi, Andrea Rota, Franco Parini, Pierluigi Nardello, Ambrogio Lucetti, William Ferranti, Lorenzo Mascetti, Giovanni Montini, Fausto turci, Silvia Morelli, Giordana Sordi, Maurizio Bellini, Valerio Marchetto, Alberto del Vitto, Alessandro Agazzi e con lo storico “Gruppo Verbanese Sciatori Ciechi” Emilio Songa, sergio Cozzi, Alain Bardes».

«In chiusura di questa mia stagione agonistica durata una quarantina d’anni, è per me struggente riavvolgere la pellicola di un lungometraggio d’avventure sportive, ma è un’importante occasione per ringraziare idealmente e pubblicamente tutti quelli che le hanno vissute con me. Mi è piaciuto cimentarmi su più sport individuali di coppia e poi di squadra, vivendo a modo mio lo spirito panathletico prima ancora di farne parte poi nel Panathlon Club Varese. Sì, ho potuto continuare a praticare sport grazie a molte persone sportive che si sono messe in gioco per imparare ad essere “guide”. C’era anche la sfida tra di noi però in perfetta sintonia contro gli altri. Poi c’era quella interna al gruppo con l’eterno rivale Ruggero Brandellero che… mannaggia! Mi ha sempre battuto sugli “sci stretti”. Per me ogni sport ha la sua cartolina e riaffiorano subito vividi i ricordi più belli…: da ipovedente la Mezza maratona a Tenero 1989 inseguendo le maglie colorate e argento nei 1500 mt Italiani in pista a Vigna di Valle; Gran fondo “Vasaloppet” 1997, dopo 12ore di sciare si fece notte e Giuse dal megafono mi grida: ”Gaetano, forse abbiamo un problema: guarda che non ci vedo più nemmeno io”! Poi la luna e le lanterne delle baite ci vennero in soccorso; 2001 raggiungere il fondo a 30 metri sott’acqua a largo delle sponde di Caldè tenendo il polso del collega e istruttore Roberto Campoleoni insieme alla coppia Armando Virgili, Moreno Grassi; così trovare una bottiglia di birra intatta; Brividi d’adrenalina sulla linea di partenza nel 4con a 4 Mondiali 2003-2006 di canottaggio “adaptive-rowing”: Milano, Spagna, Giappone, Inghilterra; Argento agli italiani cronometro tandem 1998 a Rimini con Marco Reggiani dopo che tre mesi prima si rompe il tandem e viene operato al maxilo-facciale di Como; Respirare la vittoria ad ogni pedalata con Franco Parini al titolo italiano di cronometro master a Forlì nel 2006 riscattando una volata persa l’anno prima per un’automobile capitata nel circuito; Al secondo tentativo, nel 2008, inspirare felice l’alta quota e mettere piede nella capanna Margherita con Franco Corsi e Alberto Calaba; Uscire infortunato a metà partita nella finale del secondo Scudetto 2017 di baseball ma continuare a incitare la squadra dal dugout, mettendo a dura prova le coronarie insieme a un Giulio Bonati, disperato, per una finale che sembrava persa».

«Di solito guardo avanti – conclude Gaetano – ma se penso alla strada fatta, ho imparato che bisogna inseguire i sogni anche quando nessun altro intorno a te ci crede. I limiti ti costringono a fermarti per riflettere ma poi si riparte con nuove strategie. Tirando le somme, mi sento un uomo fortunato e non solo nello sport, forse perché se vai incontro alla fortuna lei fa lo stesso con te!».

martedì 23 marzo 2021

Come segnalare i problemi di accessibilità per i servizi digitali di PA ed aziende di Roberto Scano

Giornale UICI del 23/03/2021

Quante volte c’è capitato di imbatterci in problemi di accessibilità di siti, servizi web o applicazioni mobili delle PA e di aziende e molte volte ci siamo detti: “ecco, l’ennesimo problema di accessibilità!”, abbiamo chiuso il sito e siamo passati altrove.

Grazie anche a questo comportamento, spesso le PA e le aziende non ricevono comunicazioni sulle problematiche di accessibilità riscontrate dalle persone con disabilità e pertanto non possono migliorare i servizi. In altri casi invece, la modalità con cui l’utente segnala non è adeguata per una risoluzione del problema.

Come scrivere ai gestori dei servizi digitali.

La calma è la virtù dei forti.

Prima di arrabbiarsi verso la pubblica amministrazione o l’azienda nei cui servizi troviamo problemi di accessibilità, pensiamo sempre che il problema che abbiamo riscontrato potrebbe essere un errore non voluto, una distrazione, un problema non ancora identificato. Per tale motivo il consiglio è di scrivere a questi soggetti.

Scrivere alle Pubbliche Amministrazioni.

Stavate cercando un documento importante nella pubblicità legale (albo), della modulistica e le avete trovate in formato PDF ma come scansione di documenti cartacei? Non riuscite ad utilizzare un servizio di prenotazione di servizi della PA o una determinata app in quanto ha delle criticità sotto l’aspetto dell’accessibilità? In questi ed altri casi penso sia giunta l’ora di scrivere alla pubblica amministrazione inadempiente rispetto alle normative vigenti in materia di accessibilità.

Nel caso delle pubbliche amministrazioni la modalità di contatto da utilizzare si chiama meccanismo di feedback, ossia una modalità di contatto accessibile che la PA deve rendere disponibile agli utenti per questa tipologia di segnalazione.

Dove si trova questo meccanismo di feedback?

Accedendo al sito web dell’amministrazione, dovreste identificare a piè di pagina del sito una voce “Dichiarazione di accessibilità”, che vi porterà ad una pagina dedicata del sito dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) in cui troverete tali riferimenti.

Come esempio, porto proprio la pagina relativa al sito dell’AgID.

All’interno della dichiarazione di accessibilità compare quindi il link al meccanismo di feedback di AgID nonché un link alla procedura di attuazione.

Cerchiamo quindi di capire meglio di cosa si parla per agire nel modo corretto:

1. il meccanismo di feedback va utilizzato come primo contatto ufficiale con l’amministrazione, segnalando dettagliatamente il problema riscontrato. L’amministrazione ha trenta giorni di tempo per risolvere il problema in modo soddisfacente per l’utente.

2. la procedura di attuazione si attiva ove l’amministrazione non risponda nei tempi previsti o nei casi in cui la risposta non sia stata considerata soddisfacente dall’utente. Inviando una segnalazione tramite la procedura di attuazione , si attiva il Difensore Civico per il Digitale il quale, dopo attenta valutazione, si attiva e dispone eventuali misure correttive (art. 3-quinquires legge n. 4/2004).

In ogni caso va ricordato che le problematiche di accessibilità effettivamente riscontrate sono rilevanti “ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e responsabilità disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ferme restando le eventuali responsabilità penali e civili previste dalle norme vigenti”, ai sensi dell’art. 9 della legge n. 4/2004).

In tutti i casi di particolare urgenza, la persona con disabilità può comunque utilizzare la legge 67/2006, ovvero può attivarsi in sede giudiziaria per richiedere sia la rimozione delle problematiche di accessibilità che un indennizzo per il danno subito.

Scrivere alle aziende.

Non riuscite ad acquistare un prodotto in un sito e-commerce, prenotare un taxi o effettuare delle operazioni postali e/o bancarie on line perché le procedure non sono accessibili, ad esempio, con lettori di schermo? In questo caso è arrivata l’ora di scrivere alle aziende inadempienti.

Come primo tentativo consiglio sempre un contatto alla casella e-mail ufficiale, o se si vuole qualcosa di più formale, tramite PEC. Se l’azienda non rende pubblicamente disponibile la PEC è sufficiente collegarsi al sito registroimprese.it che contiene i dati ufficiali delle Camere di Commercio tra cui, appunto, l’indirizzo PEC ufficiale.

Consiglio di scrivere sempre in modo non offensivo, descrivendo chiaramente la problematica e facendo presente che tale situazione è discriminatoria rispetto agli altri utenti / clienti del servizio. In questo caso non essendoci tempistiche definite per legge, consiglio comunque di richiedere una risposta soddisfacente con risoluzione del problema sempre entro 30 giorni, come avviene per le pubbliche amministrazioni.

Se volete saltare questo primo passo, potete saltare direttamente a quanto prevede la legge n. 4/2004 che obbliga all’accessibilità i soggetti diversi dalle pubbliche amministrazioni che “offrono servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni mobili, con un fatturato medio, negli ultimi tre anni di attività, superiore a cinquecento milioni di euro” (art. 3 comma 1-bis). In rete trovate diversi siti web, come ad esempio reportaziende.it, in cui rendono visibile il fatturato dell’ultimo anno utile, che può già far comprendere se l’azienda rientra o meno tra i destinatari della legge. Come per le pubbliche amministrazioni, anche per le aziende con fatturato inferiore a quello previsto dalla legge n. 4/2004 la persona con disabilità può comunque utilizzare la legge 67/2006, già oggetto di articoli nel nostro sito, ovvero può attivarsi in sede giudiziaria per richiedere sia la rimozione delle problematiche di accessibilità che un indennizzo per il danno subito.

Utilizzando invece la procedura ufficiale, sarà necessario inviare richiesta formale (ovvero sottoscritta dall’utente con firma digitale e/o corredata di copia di documento d’identità valido) da inviare all’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) utilizzando i contatti ufficiali (preferibile via PEC).

La richiesta può essere redatta in carta semplice, non essendoci attualmente una procedura automatizzata. Consiglio l’uso di una comunicazione formale come da esempio seguente:

“Oggetto: segnalazione inaccessibilità servizi digitali della società XYZ.

Il sottoscritto ABC, con la presente segnala la non conformità dei servizi digitali della società XYZ, riscontrando le seguenti problematiche che mi impediscono la fruibilità dei loro servizi:

– Problema n. 1.

– Problema n. 2.

– Problema n. X.

Ai sensi di quanto previsto dall’art. 9 comma 1-bis si richiede all’Agenzia per l’Italia Digitale, dopo aver ravvisato le suddette violazioni, di fissare un termine congruo per l’eliminazione delle infrazioni stesse da parte del trasgressore, con applicazione delle sanzioni previste in caso di inottemperanza alla diffida di adempimento.

Resto in attesa di comunicazioni eleggendo la presente casella PEC come modalità di contatto per il procedimento.

Distinti saluti.

ABC

Conclusioni.

Nell’articolo sono riportate le diverse modalità di contatto con l’amministrazione per la risoluzione delle problematiche di accessibilità, da quelle più amichevoli a quelle meno accondiscendenti verso l’inadempimento e la relativa creazione di barriera digitale verso specifiche disabilità.

Lo scopo di queste modalità non deve essere di tipo “vendicativo” verso un soggetto, ma deve avere sempre una valenza di miglioramento dei servizi digitali della pubblica amministrazione e delle aziende rimuovendo sempre più quegli errori di progettazione e sviluppo che innalzano barriere digitali verso le persone con disabilità.

lunedì 22 marzo 2021

Vaccini e persone con disabilità: le richieste alla Regione Lombardia

Superando del 22/03/2021

Accelerare e completare le vaccinazioni riguardanti le strutture residenziali e diurne, disporre degli elenchi di tutte le persone con disabilità non afferenti a quelle strutture, trovare il sistema di individuare le persone con disabilità che, non beneficiando di particolari misure, non sono iscritte ad elenchi già immediatamente definibili: sono queste le richieste presentate dalle Federazioni LEDHA e FAND Lombardia, oltreché dal Forum Terzo Settore Regionale, agli Assessori Regionali competenti sulla materia della campagna vaccinale e al Commissario Straordinario Regionale per l’Emergenza.0

«Abbiamo prima di tutto evidenziato che il percorso di vaccinazione all’interno delle strutture residenziali e diurne, iniziato nelle scorse settimane, non solo non è stato portato a termine, ma procede in modo diversificato a seconda delle diverse Agenzie di Tutela della Salute (ATS) e Aziende Socio Sanitarie Territoriali (ASST) di competenza»: lo dichiara in una nota Alessandro Manfredi, presidente della LEDHA (la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità che costituisce la componente lombarda della FISH-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), a margine dell’incontro con la Regione Lombardia richiesto e ottenuto – come avevamo riferito anche sulle nostre pagine – per evidenziare le principali criticità emerse durante le prime settimane di attivazione della campagna vaccinale contro il Covid-19.

Alla presenza, dunque, dell’assessore regionale al Welfare Letizia Moratti, dell’assessore alla Famiglia, alla Solidarietà Sociale, alla Disabilità e alle Pari Opportunità Alessandra Locatelli e del Commissario Straordinario Regionale per l’emergenza Covid Guido Bertolaso, la LEDHA, affiancata dalla FAND Lombardia (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità) e dal Forum Terzo Settore Lombardia, ha innanzitutto chiesto di accelerare e completare la fase della campagna vaccinale riguardante le strutture residenziali e diurne.

«In secondo luogo – prosegue Manfredi -, abbiamo esposto l’urgenza di avere a disposizione, nel più breve tempo possibile, gli elenchi di tutte le persone con disabilità non afferenti a strutture residenziali o diurne, facilmente reperibili presso i Comuni o le ATS. Quando infatti i vaccini, che ancora oggi scarseggiano, saranno pienamente disponibili, sulla base di quegli elenchi sarà possibile procedere in maniera spedita alla vaccinazione delle persone con disabilità, dei loro familiari e caregiver».

E da ultimo, ma non ultimo, la LEDHA e le altre organizzazioni hanno posto il problema di come individuare le persone con disabilità che, non beneficiando di particolari misure (Misura B1, progetti di vita indipendente, progetti per il “Dopo di Noi”) non risultano iscritte ad elenchi già immediatamente definibili.

«Dagli interventi di Moratti, Locatelli e Bertolaso – conclude il Presidente della LEDHA -, abbiamo ricavato la convinzione che le problematiche da noi esposte siano state recepite e che ci sia la volontà di operare quanto prima per fare in modo che tali indicazioni possano venire messe in pratica. Da parte nostra continueremo a svolgere nei confronti di Regione Lombardia un’opera di sollecitazione come quella attuata finora e a fare pressione affinché non si verifichino disomogeneità di comportamento tra le varie ATS e ASST». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@ledha.it.

Le linee programmatiche del Ministro per le Disabilità: gli obiettivi da realizzare

Osservatorio Malattie Rare del 22/03/2021

Lo scorso 16 marzo il Ministro per le Disabilità, Erika Stefani, ha reso note le linee programmatiche del suo Ministero.

In primo luogo ha spiegato l’importanza del ruolo del Ministro per le disabilità, istituito dal nuovo governo. Nel testo delle linee si legge che “l’istituzione del Ministro per le disabilità risponde all’esigenza di garantire il coordinamento delle politiche del Governo in favore delle persone con disabilità (…) in considerazione dell’elevata trasversalità della materia che coinvolge ambiti di competenze di molti dicasteri”. Il Ministro Stefani ha infatti sottolineato l’importanza del coordinamento tra dicasteri quali salute, trasporti, istruzione e lavoro per garantire e promuovere le disposizioni della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità e cioè: “la piena realizzazione di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali per tutte le persone con disabilità senza discriminazioni di alcun tipo sulla base della disabilità”.

Il Ministro ha inoltre affermato che l’azione di Governo sarà orientata a “promuovere politiche inclusive e finalizzate a favorire la piena partecipazione delle persone con disabilità alla sfera sociale, economica, culturale e politica del Paese”. In tal senso, anche al fine di applicare quanto previsto dalla Convenzione ONU, le parti politiche si rendono disponibili ad ascoltare e a confrontarsi con le associazioni delle persone con disabilità e delle loro famiglie. La Convenzione, infatti, all’articolo 4 prevede che gli Stati Parti debbano operare in stretta consultazione e coinvolgere attivamente le persone con disabilità attraverso le loro organizzazioni rappresentative. In proposito, afferma il Ministro, “è fondamentale garantire la continuità dei lavori dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità”.

I PRIMI OBIETTIVI DA REALIZZARE SONO LEGATI ALL'EMERGENZA COVID-19

Quanto agli obiettivi da realizzare in breve tempo, il nuovo Ministro evidenzia innanzitutto che si dovrà necessariamente tener conto della crisi di emergenza epidemiologica che stiamo vivendo e, in proposito, sottolinea che l’urgenza da affrontare prima delle altre è la gestione della pandemia da Covid-19, con riguardo alle conseguenze che sta avendo sulle persone con disabilità e sui loro familiari. Il primo atto del nuovo Ministro per la Disabilità è stato infatti quello di sollecitare il Ministro della salute ad inserire i disabili gravi (art. 3, comma 3 legge 104/1992) tra le categorie dei soggetti più vulnerabili da vaccinare in via prioritaria. Inoltre, il Ministro, ha spinto per inserire nell’ultimo DPCM del 2 marzo la possibilità per gli accompagnatori delle persone con disabilità di poterle assistere nei reparti di pronto soccorso e di degenza delle strutture ospedaliere.

Nelle linee programmatiche si legge che, per quanto riguarda i dispositivi di protezione individuale, un obiettivo da realizzare il prima possibile è quello di inserire, per le persone sorde e, in genere, per chi utilizza la lettura del labiale per comunicare, le mascherine di tipo trasparente nei canali di distribuzione gestiti dal Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19.

Da ultimo, un’altra priorità da affrontare è “quella che riguarda i contenuti della proposta di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che dovrà essere presentato dal Governo alla Commissione Europea entro il 30 aprile di quest’anno”. Nel piano sono previste diverse aree progettuali tra cui l’inclusione sociale, all’interno della quale rientra la misura delle “Infrastrutture per la mobilità sostenibile”. Riguardo alle infrastrutture il Ministro si riferisce “alla possibilità di lavorare per un ammodernamento del trasporto pubblico sia locale che nazionale, che sia pienamente accessibile a tutte le persone con disabilità, ma anche ad iniziative per l’abbattimento delle barriere architettoniche nelle nostre città”.

LE TUTELE PER I LAVORATORI FRAGILI

Il Ministro Stefani ha menzionato anche i lavoratori fragili affermando di aver lavorato con il Ministro del Lavoro affinché nel Decreto Sostegni venisse prorogato e perfezionato l’art. 26 del Decreto Cura Italia (decreto legge n. 18 del 2020), che per i lavoratori fragili equiparava l’assenza da lavoro a ricovero ospedaliero. Tale tutela è infatti scaduta lo scorso 28 febbraio.

Effettivamente, la bozza del Decreto Sostegni, già approvato al Consiglio dei Ministri, ma non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale, prevede all’Art. 15 proprio una proroga della misura fino al 30 giugno 2021. La copertura, inoltre, diviene retroattiva non solo per il periodo compreso tra i 1 marzo e la data di effettiva operatività della norma ma anche per il periodo compreso tra il 16 ottobre 2020 e il 1 gennaio 2021, di cui Osservatorio Malattie Rare aveva già segnalato il “buco” di copertura.

Nello stesso DL viene precisato, inoltre, che i periodi di assenza dal servizio equiparati a ricovero ospedaliero non sono computabili ai fini del periodo di comporto e, per i lavoratori in possesso del riconoscimento di disabilità, non rilevano ai fini dell'erogazione delle somme corrisposte dall'INPS, a titolo di indennità o accompagnamento.

Viene altresì prorogata al 30 giugno la disposizione di cui al comma 2-bis sempre del Cura Italia, in base alla quale i lavoratori fragili svolgono di norma la prestazione lavorativa in modalità agile.

GLI OBIETTIVI A CUI LAVORARE NEL 2021

Il Ministro Stefani intende avviare diverse misure che i cittadini aspettano da molto tempo:

1) La Disability Card: documento di riconoscimento europeo che contiene le informazioni relative alla condizione di disabilità del cittadino, valido per ottenere le agevolazioni per l’acquisto di beni e servizi. Da quanto si apprende dalle linee, già quest’anno saranno stampate e distribuite le prime card.

2) Il CUDE: Contrassegno Unificato dei Disabili Europeo, per il quale è stata istituita la piattaforma unica nazionale informatica che consente la verifica delle targhe associate ai permessi di circolazione dei titolari del CUDE. Si tratta di una piattaforma per agevolare la mobilità che consente, ad esempio, l’accesso alle zone ZTL di comuni diversi da quello di residenza sull’intero territorio nazionale a tutte le persone che hanno il contrassegno.

3) Riforma della c.d. legge “Dopo di Noi” (legge n. 112/2016). L’obiettivo è quello di migliorare “gli strumenti giuridici inclusi nella norma”, semplificando gli istituti previsti e rafforzando gli incentivi fiscali.

4) Collaborazione con gli uffici del Ministero dell’economia e delle finanze per emanare al più presto il decreto attuativo dell’art. 29 bis del c.d. “Decreto Semplificazione” (DL n. 76/2020), che prevede le agevolazioni per l’acquisto di sussidi tecnici e informatici volti a favorire l’autonomia e l’autosufficienza delle persone con disabilità.

LE RIFORME DA REALIZZARE IN UN ARCO TEMPORALE PIÙ AMPIO

Le linee riportano tre grandi temi da affrontare con una scadenza più a lungo termine:

1) La semplificazione normativa e l’introduzione di un nuovo sistema di accertamento della disabilità. Il progetto è quello di costituire un testo unico sulla disabilità che raccolga tutta la normativa in vigore;

2) L’emanazione delle linee guida e la banca nazionale per il collocamento al lavoro delle persone con disabilità;

3) La piena inclusione nella scuola e nell’università per garantire il diritto allo studio e la continuità didattica.

Si tratta senza dubbio di riforme importanti per i disabili che consentirebbero una maggiore chiarezza con riguardo ai diritti e alle agevolazioni loro spettanti. Ci auguriamo che tali riforme vengano effettivamente realizzate.

La proposta di un testo di legge unificato per la figura del caregiver

In merito alla proposta di un testo unificato sulla figura del caregiver, in esame presso la XI Commissione del Senato, il Ministro Stefani ha sottolineato la necessità di istituzionalizzare tale figura, e che ritiene importante che “il Governo dia il massimo supporto al Parlamento nella elaborazione di un testo che sia quanto più possibile condiviso e rispondente alle reali esigenze della platea interessata”.

In proposito il Ministro ha già avviato le interlocuzioni necessarie con il Ministero del lavoro, presso cui è stato istituito il Fondo che servirà a finanziare l’intervento legislativo, e con l’INPS.

Al fine di dare attuazione agli obiettivi prefissati e a tutte le politiche d'inclusione, nella bozza del Decreto Sostegni è istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un Fondo denominato "Fondo per l'inclusione delle persone con disabilità", con una dotazione di 100 milioni di euro per l'anno 2021, il cui stanziamento è trasferito al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ciò che manca, ora, sono i decreti attuativi che daranno indicazioni sulle modalità di accesso dei cittadini a tali fondi.

di Valentina Lemma