domenica 30 settembre 2018

OPEN - IL GRANDE ACCESSIBILE

Immagine: La scritta OPEN maiuscola di color magenta sormonta la scritta IL GRANDE ACCESSIBILE, di dimensioni più piccole.

OPEN è il progetto della Fondazione del Teatro Grande riservato alle disabilità sensoriali. 

Grazie al coordinamento della Prof.ssa Elena Di Giovanni dell’Università degli Studi di Macerata, la Fondazione del Teatro Grande realizza un importante progetto con l’obiettivo di avvicinare i disabili sensoriali (visivi e uditivi) al Teatro Grande e rendere l’attività di spettacolo comprensibile e aperta a tutti.

Il progetto OPEN si sviluppa su due fronti: da un lato consente, primo in Italia, la fruizione degli spettacoli attraverso un’innovativa tecnologia Sennheiser (azienda del suono leader in campo internazionale), dall’altro prevede degli itinerari di approfondimento (visite in LIS e percorsi tattili) che sono di ausilio per la comprensione degli spettacoli e del Teatro stesso.

Per la Stagione settembre-dicembre 2018 riportiamo a seguire il calendario degli appuntamenti a cui – previa prenotazione entro i termini indicati – sarà possibile aderire e le modalità di partecipazione. 

CALENDARIO PROGETTO OPEN – SETTEMBRE-DICEMBRE 2018

30/09/2018 - h 11.00 PERCORSO TATTILE “TOSCA” 
Riservato a ciechi e ipovedenti

30/09/2018 - h 15.30 TOSCA, Opera di G. Puccini 
Audiodescrizione con sistema Mobile Connect per ciechi e ipovedenti

14/10/2018 - h 11.00 PERCORSO TATTILE “VIAGGIO MUSICALE ALL’INFERNO” 
Riservato a ciechi e ipovedenti

14/10/2018 - h 15.30 VIAGGIO MUSICALE ALL’INFERNO, Opera di G. Facchinetti 
Audiodescrizione con sistema Mobile Connect per ciechi e ipovedenti

18/11/2018 - h 11.00 PERCORSO TATTILE “FALSTAFF” 
Riservato a ciechi e ipovedenti

18/11/2018 - h 15.30 FALSTAFF, Opera di G. Verdi 
Audiodescrizione con sistema Mobile Connect per ciechi e ipovedenti

25/11/2018 - h 11.00 PERCORSO TATTILE “CENERENTOLA” 
Riservato a ciechi e ipovedenti

25/11/2018 - h 15.30 CENERENTOLA, Balletto di S. Prokof’ev con la Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala 
Audiodescrizione con sistema Mobile Connect per ciechi e ipovedenti

02/12/2018 - h 11.00 PERCORSO TATTILE “RINALDO” 
Riservato a ciechi e ipovedenti

02/12/2018 - h 15.30 RINALDO, Opera di G. F. Händel 
Audiodescrizione con sistema Mobile Connect per ciechi e ipovedenti

15/12/2018 - h 11.00 PERCORSO TATTILE “LA VOIX HUMAINE - CAVALLERIA RUSTICANA”
Riservato a ciechi e ipovedenti


15/12/2018 - h 15.30 LA VOIX HUMAINE | CAVALLERIA RUSTICANA, 
Opera di F. Poulenc | Opera di P. Mascagni
Audiodescrizione con sistema Mobile Connect per ciechi e ipovedenti
                                 
La partecipazione agli spettacoli e ai percorsi del progetto OPEN è gratuita per i disabili sensoriali, ma i posti sono limitati. Le prenotazioni si effettuano tramite mail all’indirizzo accessibilita@teatrogrande.it entro i 5 giorni precedenti la data di interesse. È previsto un biglietto scontato al 50% per gli accompagnatori (posti di primo settore).

Una volta ricevuta conferma di prenotazione, il ritiro dei biglietti per gli spettacoli può essere effettuato presso la Biglietteria del Teatro Grande a partire dal martedì precedente la rappresentazione. Per le visite in LIS e i percorsi tattili, sarà sufficiente presentare la mail di conferma della prenotazione.

Per usufruire del sistema Sennheiser durante le rappresentazioni (sia per le audiodescrizioni, sia per l’amplificazione del suono) è sufficiente portare con sé uno smartphone/tablet con batteria carica e un paio di cuffie auricolari (cuffie auricolari aggiuntive saranno disponibili anche in loco). Basterà poi scaricare l'App gratuita MobileConnect per iOS o Android, una specifica App che converte lo smartphone in un vero e proprio ricevitore portatile. Dopo aver seguito la semplice guida per l'avvio dell'apparato, il sistema è subito pronto all'uso. In ogni caso, ulteriori indicazioni verranno fornite di utilizzo del sistema verranno fornite anche via e-mail e durante i percorsi tattili. Si consiglia di prendere posto a Teatro almeno 20 minuti prima dell'inizio dello spettacolo. Il personale del Teatro sarà a disposizione durante tutti gli appuntamenti per qualsiasi necessità, esigenza o difficoltà tecnica.

OTTOBRE AL MUSEO - EVENTI PER FAMIGLIE

PICCOLE STORIE DA MUSEO
2 ottobre ore 17 - Festa dei nonni
Per bambini 2 - 8 anni.
Chiudi gli occhi, apri le orecchie e allunga le mani. Pronto per accarezzare libri speciali e gigantesche sculture? In ogni stanza c'è qualcosa da fare... "nonna mia" che avventura!
Attività gratuita. Non è necessaria la prenotazione.

TOCCARE E' PREZIOSO
14 ottobre ore 10,30 e 16,30 - FAMU Giornata Nazionale delle Famiglie al Museo
Per bambini 5 - 10 anni.
Toccare è presiozo. Preziosi sono "i particolari" delle nostre sculture, dettagli che sfuggono agli occhi, sempre di corsa, ma non alla lente delle nostre "preziose" mani. In questa giornata ti chiediamo di indossare i panni del "Cercatore d'arte" colui che utilizza al meglio occhi e mani per scovare i particolari delle opere d'arte! 
Attività gratuita. Prenotazione obbligatoria Tel. e whatsapp 335 569 69 85

EVENTI PER ADULTI
L'ARTE CONTEMPORANEA E LA SCOPERTA DEI VALORI DELLA TATTILITA'
13 ottobre ore 17 - Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI
In occasione della recente pubblicazione dal titolo "L'arte contemporanea e la scoperta dei valori della tattilità" di Aldo Grassini, Andrea Sòcrati, Annalisa Trasatti per Armando editore, il Museo propone un approccio multisensoriale ed interattivo ad alcune opere della sezione di arte contemporanea tra cui le sculture di Marino Marini, Giorgio De Chirico, Girolamo Ciulla e Valeriano Trubbriani che verranno esplorate tattilmente e senza l'ausilio della vista per poi essere riprodotte attraverso il disegno.
Attività gratuita. Prenotazione obbligatoria Tel. 071 28 11 935 email: didattica@museoomero.it

LEANDRO SPERDUTI - LA SCULTURA TATTILE
22 e 23 ottobre ore 18 - In collaborazione con Ankon Cultura
Due incontri dedicati interamente alla scultura, sin dall'inizio della storia dell'umanità una delle Arti nobili.
La Forma dell'Arte
22 ottobre ore 18 - ingresso libero
L'evoluzione formale dell'arte figurativa e della scultura in particolare attraverso i secoli dell'antichità, in una continua ricerca della perfezione naturalistica, dalla Grecia Arcaica alla Tarda Romanità; dalla fissità dello stile detto "severo" alla "conquista dello spazio" e della volumetria dell'ellenismo.
Come gli artisti "toccavano" le loro opere
23 ottobre ore 18 - ingresso libero
Il rapporto dei grandi maestri dell’arte non è solo "forma" né estetica; quasi tutti gli scultori, fin dall'antichità, ebbero con i loro capolavori un rapporto assolutamente "tattile" e per questo alcuni scelsero l'uso della terracotta o della bronzistica, plasmando le loro opere a mani nude. Perfino coloro che lavorarono il marmo, però, non rinunciarono a questo legame e per questo elaborarono tecniche per "sentire" la pietra.
Visita guidata al Museo
23 ottobre ore 17
A cura di Leandro Sperduti e Annalisa Trasatti. 
Costo: 4 euro a persona, gratuito disabili e accompagnatori. 
Prenotazione obbligatoria 0712811935 e-mail: info@museoomero.it

A PASSEGGIO NEL MONDO DELL'OPERA
17 e 24 ottobre ore 17,30
Cinque incontri dedicati all'opera a cura di Aldo Grassini.
Rossini, il suo tempo, la sua opera
17 ottobre ore 17,30 - ingresso libero
Fabio Brisighelli
Rossini e il passaggio tra il vecchio e il nuovo mondo, tra le eredità del melodramma di derivazione barocca e i fermenti del Romanticismo alle porte; La categoria saliente del buffo e la vocazione / sperimentazione della musa drammatica, negli anni napoletani di libertà compositiva. L'esperienza in terra di Francia; i lunghi anni del silenzio creativo, rotto dai significativi bagliori del "sacro"; Rossini dalla personalità complessa e sfaccettata.
Franco Corelli: una voce fatale
24 ottobre ore 17,30 - ingresso libero
Antonio Luccarini - Daria Della Croce
Immagini, suoni, aneddoti sulla straordinaria parabola artistica di uno dei più grandi tenori del Novecento. A 15 anni dalla sua scomparsa un omaggio ed un ricordo  dalla sua Città che poco lo ricorda.
Gli incontri con l'opera continuano il 7 e 21 novembre, 5 dicembre.

INAUGURAZIONE MOSTRA 
FORMA MENTIS Arte in Braille
27 ottobre ore 17
La mostra nasce da un'idea degli artisti Sandro Bartolacci e Claudio Fazzini. 
Il progetto prevede il coinvolgimento di vari artisti di riconosciuta fama, i quali sono chiamati a creare un'opera, realizzata con il proprio linguaggio espressivo, che accolga nella composizione anche un brano scritto in Braille. L'opera, quindi, potrà essere goduta e percepita attraverso l'impiego di due sensi, sia visivamente che tattilmente, leggendo con le mani un aforisma, un concetto filosofico, una riflessione dell'artista o un verso poetico. 
A cura di Massimo Bignardi. 
Organizzazione Associazione Don Quijote.
Ingresso libero.

Museo Tattile Statale Omero - Mole Vanvitelliana
Banchina Giovanni da Chio 2 - 60121 Ancona


venerdì 28 settembre 2018

Tutti in classe di Mario Barbuto

Giornale UICI del 27-09-2018

di Mario Barbuto

Ecco: il suono della campanella che segna la fine delle vacanze e proietta tutti nel nuovo anno scolastico.

Qualche momento prima di quel suono è bello sentire il brusìo spensierato fatto di tanti racconti di avventure estive, di posti visitati, di piccoli e grandi innamoramenti conosciuti, ritrovati, perduti…

Le piccole voci di bimbi aggrappati alla mano di mamma o di papà, i quali sembrano chiedere conforto nel momento che segna il primo distacco dal nido familiare, il primo passo verso il futuro.

Ecco: la campanella è suonata! E ora, in quei corridoi, scende il silenzio… Un altro anno inizia…

Va tutto bene? Ahimè, no!

Per i tanti alunni con disabilità e per le loro famiglie, spesso le sorprese arrivano proprio quando si entra in classe.

Per i nostri bambini che entrano in classe per la prima volta, oltre a dover fare i conti con i nuovi ambienti e con le persone che li animano, c’è, non di rado, la sorpresa amara dell’assenza dell’insegnante di sostegno, mentre dell’assistente all’autonomia, ad esempio, non si ha alcuna notizia.

Altri ragazzi devono sopportare la mancanza dei libri di testo in caratteri Braille o ingranditi e quindi misurare subito la disuguaglianza rispetto ai loro compagni.

Una volta sono i fondi che mancano. Una volta le amministrazioni che ritardano o latitano addirittura… Passato il primo momento di sconforto e di rabbia, è proprio nelle nostre sedi e con i nostri dirigenti dell’Unione che le famiglie devono trovare quel conforto, ascolto, aiuto, per affrontare e superare, tutti insieme, gli ostacoli della burocrazia, il silenzio delle istituzioni, l’insensibilità dei tanti che ancora occupano posti chiave nell’amministrazione e nelle strutture organizzative.

In un momento così importante per la vita dei propri figli, in quel corridoio che unisce e divide le aule della Scuola, ogni mamma, ogni papà, vorrebbe potersi arricchire del sorriso luminoso della propria creatura che prova ad apprendere, a crescere come tutti i suoi compagni, senza dover subire l’umiliazione della “diversità”, la discriminazione che proviene da un Diritto calpestato.

L’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, fin dalla sua nascita, ha sempre perseguito quale primo e fondamentale obiettivo della propria esistenza l’istruzione; da assicurare a tutti e nelle forme più ampie.

In questi ultimi anni l’Unione ha dovuto fronteggiare il cambiamento epocale verificatosi con il superamento delle scuole speciali e si è impegnata a fondo per rimuovere gli innumerevoli ostacoli e le altissime barriere che pregiudicano i processi di formazione e di crescita dei nostri ragazzi.

Attraverso l’azione delle istituzioni collegate quali la Biblioteca Braille di Monza, il Libro Parlato, gli Istituti e la Federazione pro Ciechi, l’I.Ri.Fo.R., La Stamperia Braille di Catania e tante altre, si è cercato di colmare, almeno in parte, le inefficienze di un sistema scolastico impreparato, per non dire delle carenze profonde delle istituzioni locali, chiamate a fornire servizi di supporto essenziali per garantire un reale processo di inclusione che inizia con la conquista dell’autonomia personale, prosegue con il Diritto ai libri di testo fin dal primo giorno di Scuola, si concretizza quando qualcuno davvero è in grado di insegnarti a leggere e scrivere.

Per vari decenni l’istruzione e la formazione dei ciechi e degli ipovedenti si sono realizzate entro appositi istituti e in seno a scuole speciali. Quel modello, quelle scuole, quegli istituti abbiamo combattuto e contrastato per donare alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi un futuro più ricco, più esaltante, più normale, in seno alla propria famiglia e a contatto con il proprio territorio. Ma chiediamo e vogliamo che quel futuro sia davvero più ricco ed esaltante. Senza perdere nulla delle precedenti conquiste, aggiungendovi quanto di buono proviene da una vita personale svolta in condizioni di parità e di inclusione.
Spesso invece, dietro al processo di inclusione si annidano tutte quelle inadempienze che lo rendono troppo difficoltoso e a volte, addirittura dannoso, compromettendo perfino quanto già le vecchie e inaccettabili scuole speciali degli ancor più vecchi istituti sono comunque riuscite a garantire per oltre mezzo secolo.

Il 23 agosto scorso, dopo lunghissime insistenze e un laborioso processo di elaborazione, a nome di tutte le istituzioni dell’ecosistema della disabilità visiva, abbiamo sottoscritto con il MIUR un protocollo che riconosce all’Unione la titolarità delle azioni volte a favorire i processi di inclusione scolastica e agli enti collegati l’operatività in materia di predisposizione dei testi, fornitura del materiale speciale, formazione degli insegnanti, ecc…

Ci incamminiamo dunque, su questo nuovo sentiero di collaborazione con il mondo della Scuola, consapevoli delle difficoltà e degli ostacoli che ci attendono, ma ben decisi a non abdicare al nostro ruolo e alle nostre responsabilità per cercare un futuro migliore; per non rimpiangere un passato in chiaroscuro.

A tutto il personale operante nel campo dell’istruzione e in particolare ai docenti di sostegno, chiediamo di essere “ali e non trappole” per i nostri ragazzi. Alle istituzioni tutte, un appello a non vanificare le buone pratiche che potrebbero discendere dall’intesa con il MIUR: non soffochiamo la Scuola di burocrazia, ma offriamo invece disponibilità, affidabilità, certezze…

Un percorso dove i nostri ragazzi possano sorridere e gioire con gli altri; che consenta loro di entrare a Scuola con gioia e alle famiglie restituisca la dovuta serenità nella certezza, finalmente, di una Scuola di tutti e per tutti.

Buon anno scolastico e buon lavoro a tutti.

CONVEGNO “IN CAMMINO VERSO L’AUTONOMIA” SONDRIO, SALA VITALI DEL CREDITO VALTELLINESE, SABATO 06 OTTOBRE 2018 DALLE ORE 15 ALLE ORE 18.

L'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ETS APS Sezione Territoriale di Sondrio, organizza per sabato 06 ottobre 2018 alle ore 15, a Sondrio, presso la Sala Vitali del Credito Valtellinese in Via delle Pergole n.10 il Convegno "In cammino verso l'autonomia".

Il Convegno ha lo scopo di affrontare l'importante tema dell'autonomia delle persone con disabilità visiva.

Grazie al prezioso contributo da parte della Fondazione ProValtellina ONLUS e della Provincia di Sondrio, anche quest'anno abbiamo potuto realizzare corsi per l'Orientamento e la Mobilità, per l'Autonomia Personale, per l'apprendimento del metodo di scrittura e lettura braille e interventi volti a migliorare l'autonomia di base per persone con pluridisabilità. Con questo Convegno, rivolto a tutti, vorremmo far capire che nonostante la perdita della vista è ancora possibile mantenere o recuperare un certo grado di autonomia e quindi continuare ad essere attivi e partecipi nell'ambiente familiare e nel contesto sociale.

PROGRAMMA CONVEGNO

Ore 15.00 Saluti e apertura dei lavori del Prof. Pierangelo Livraghi - Presidente Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti - ETS-APS Sezione Territoriale di Sondrio.

Saluto delle Autorità

Dalle ore 15.30 alle ore 17.00

"Autonomia o indipendenza, quale strada percorrere?" Relatore: Dott. Martino Zavagno
Istruttore di Orientamento e mobilità

"Il codice Braille: una risorsa senza età" - Relatore: Dott.ssa Elena Zorzit 
Tiflologo e Tecnico della riabilitazione in Autonomia Personale

Ore 17.00 Coffee Break

Ore 17.30 Dibattito

Ore 18.00 Conclusione

Per ulteriori informazioni è possibile contattare i nostri uffici siti in Via Fiume n.24 a Sondrio, n. telefonico 0342 216529 Fax 0342 513490 e-mail uicso@uiciechi.it e visitare il nostro sito www.uicso.it e la pagina facebook www.facebook.com/uicisondrio

Alunni disabili, più della metà costretti a cambiare docente di sostegno

La Repubblica del 27-09-2018

Il 52 per cento dei minori che necessitano di sostegno in questi giorni si sono visti arrivare un docente che non conoscono e che non li conosce. La denuncia di Tuttoscuola.

ROMA. Sebbene la scuola italiana ami presentarsi come una delle più inclusive del mondo, prima in Europa, ancora una volta i fatti smentiscono le parole. La consueta giostra settembrina dei docenti di sostegno si è fermata quest’anno, come una roulette, su un numero che poco garantisce i diritti degli alunni disabili: il 52. È questa la triste percentuale dei minori che necessitano di sostegno e che in questi giorni si sono visti arrivare un docente nuovo. A denunciarlo è la più autorevole rivista in campo scolastico, Tuttoscuola, che ha fatto i conti in tasca al Governo per capire i motivi di questo disagio inflitto ai più vulnerabili. Costo dell’operazione: circa due miliardi di euro, solo per questo anno scolastico.

I numeri. Sono 253 mila gli alunni con disabilità che frequentano le scuole italiane. Di questi, meno della metà (solo 120mila) hanno avuto la “fortuna” di ritrovarsi in questo inizio di anno scolastico l’insegnante che hanno avuto al loro fianco fino a giugno. Gli altri 133mila si trovano invece con un docente nuovo, che non conoscono e che non li conosce, a dover ricominciare daccapo. La domanda sorge spontanea: che senso ha questo? E, soprattutto, perché accade? Una risposta esiste. Secondo la rivista di Giovanni Vinciguerra, la motivazione è essenzialmente di natura economica: oltre un terzo dei 160 mila insegnanti di sostegno in servizio quest’anno (nel 2017-18, come rilevato dalla Corte dei Conti sono stati “pari a 154.432 unità, di cui 54.352 in deroga”) saranno “in deroga”, cioè precari, licenziati e riassunti ogni anno, quasi tutti nominati in una scuola diversa da quella dell’anno precedente.

Un esercito che ruota e che costa. Sempre restando ai numeri, si sapeva da mesi che a settembre ci sarebbe stato bisogno di 160mila docenti di sostegno, ma sono stati previsti solo centomila posti fissi (il famoso organico di diritto). Il che significa che i restanti 60mila devono essere assunti a tempo determinato. Giustamente, Tuttoscuola denuncia il paradosso: “schieriamo un esercito di 160 mila insegnanti di sostegno, più dei carabinieri, più del doppio dei medici; facciamo un grande investimento (cinque miliardi di euro l’anno solo per gli stipendi), nel Paese che per primo 40 anni fa ha creduto nell’integrazione scolastica degli studenti con disabilità, superando le terribili classi differenziate: tutto in buona parte vanificato da un’insensata girandola di cattedre: 133 mila alunni con disabilità (il 52%) cambiano quest’anno docente, in molti casi ne cambieranno nei prossimi mesi anche più di uno”.

Il risparmio economico dov'è?. In teoria, assumere un docente a tempo determinato significa, per lo Stato, risparmiare gli oneri retributivi e contributivi per i due mesi estivi in cui non ci sono lezioni (e che invece vengono pagati ai docenti a tempo indeterminato). Scelta che dimostra come il risparmio, per il nostro Paese, sia un “valore” percepito di importanza superiore al garantire continuità didattica agli studenti disabili. Triste constatazione rispetto alla pretesa italiana di avere la scuola più inclusiva d’Europa. Stiamo andando nella direzione inversa a quella indicata nel contratto di Governo per la scuola: Una scuola che funzioni realmente – recita il documento giallo-verde – ha bisogno di strumenti efficaci che assicurino e garantiscano l’inclusione per tutti gli alunni, con maggiore attenzione a coloro che presentano disabilità più o meno gravi, ai quali va garantito lo stesso insegnante per l’intero ciclo”. Contratto che, si sperava, potesse garantire quella continuità didattica che era stata prevista nella Buona Scuola (la delega aveva previsto la conferma dello stesso docente per l’intero ciclo) ma che era poi caduta con il successivo decreto legislativo 66/2017 che, come denuncia Tuttoscuola “aveva ignorato inspiegabilmente la delega”.

Due miliardi di euro. A ciò si aggiunge il fatto che assumere a tempo determinato 60mila docenti di sostegno costa oggi, secondo i calcoli di Tuttoscuola, circa due miliardi di euro. Un’operazione quindi svantaggiosa per i ragazzi, per i docenti costretti a cambiare sede ogni anno restando nella precarietà, ma comunque costosa per i conti pubblici. Tuttoscuola ha calcolato quanto sarebbe il maggior costo necessario per stabilizzare quei docenti “in deroga” abbattendo fortemente il carosello di cattedre: a regime circa 550 milioni di euro l’anno. “Non poco – commenta Giovanni Vinciguerra – ma sarebbe una scelta di civiltà. E anche peraltro di efficienza del tasso di ritorno dell’investimento economico: spendiamo per 160 mila insegnanti di sostegno cinque miliardi l’anno per ottenere il risultato di confusione che abbiamo descritto; basterebbe aggiungere 550 milioni per stabilizzare i 60mila precari attuali, riducendo cosi drasticamente l’attuale rovinoso marasma organizzativo, visto che qui si gioca sulla pelle degli alunni più deboli”. Insomma, abbiamo fatto 30, facciamo 31…

di Anna Maria De Luca

giovedì 27 settembre 2018

«Ecco cosa la società può fare per i ciechi»

Brescia Oggi del 26/09/2018

LA TESTIMONIANZA. La presidente dell'Uici, l'Unione italiana ciechi e ipovedenti di Brescia, racconta la sua esperienza e i problemi quotidiani che l'associazione gestisce

Sandra Inverardi ha perso la vista a 20 anni per un glaucoma e oggi lavora all'Ats e fa rally con il braille «Per gli ipovedenti è più difficile»

A Brescia è una delle associazioni storiche: l'Uici, Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, fra pochi anni raggiungerà il secolo di vita. Nata nel 1924 nella sede di via Gabriele Rosa, oggi rappresenta poco più della metà dei disabili visivi presenti sul territorio. Dal 1998 è ospitata nei locali di via Divisione Tridentina e conta ben 1.129 soci, di cui 357 residenti in città. Unica nel suo genere in tutta la provincia, lavora per la piena integrazione dei ciechi e degli ipovedenti, con compiti di tutela dei loro interessi morali e materiali, assistenza burocratica e sociale. Bisogni impellenti, spiega Sandra Inverardi, presidente al secondo mandato, che la convincono ad andare avanti. Sandra guida l'associazione con la consapevolezza di una donna vedente fino all'età di 20, divenuta cieca a causa di un glaucoma, «il ladro della vista». La sua personale esperienza l'ha resa particolarmente idonea a comprendere i bisogni dei disabili visivi, così come le azioni che si possono attuare nella società. Ciò che ricorda dei suoi vent'anni è lo shock di una vita poco a poco sbiadita e il senso di vergogna che provava: «Capii che mettermi sul divano a compiangermi non era la scelta giusta». Come in altri casi, fu lo sport ad aiutarla a rialzarsi: «Dal 2000 sono una navigatrice di rally con radar in braille. Lo sono stata anche a fianco di Luciano Viaro, pilota pluripremiato, anche alla Mille Miglia». QUANDO c'è qualcosa che non va, spiega, devi saperti fare spazio e trovare la tua dimensione facendoti rispettare. «Anche noi siamo cittadini, con una disabilità, certo, ma cittadini», ribadisce. La quotidianità è fatta da piccole grandi abitudini, che per rispetto di chi non ha piene funzioni bisognerebbe saper gestire con intelligenza. «Chiaramente non possiamo guidare, quindi dobbiamo poter prendere i mezzi pubblici con facilità - spiega Sandra -. Io lo faccio tutti i giorni per recarmi al lavoro all'Ats, dove sono centralista. Posso dire che tutti gli autisti sono preparati e disponibili: questo è un sistema che funziona bene». Inverardi promuove a pieni voti anche la metropolitana, costruita con le precise indicazioni dell'Uici e oggi pienamente fruibile anche da persone con problemi visivi. L'auto che si guida da sola rimane un oggetto del desiderio per chi ha una disabilità, anche se con qualche riserva: «Il pensiero di poter essere autonomi anche in questo è meravigliosa, ma mi fa un po’ paura l'idea di una macchina così». Proprio le automobili rimangono lo spauracchio più grande per un cieco, soprattutto quelle elettriche, silenziose e quindi imprevedibili sulla strada. «Un cieco si muove con il bastone bianco o con il cane - spiega -. Quando attraversiamo ci affidiamo ai rumori e ai suoni, ecco perché i semafori sonori sono così importanti per noi». IL PROBLEMA si pone quando non tutti i tratti di strada sono percorribili: «Per questo siamo sempre alla ricerca di volontari che accompagnino i nostri soci a fare le commissioni» ribadisce Inverardi lanciando un appello (chi fosse interessato può contattare il numero 030 2209416). Strano a dirsi, ma la vita è ancora più complicata per un ipovedente rispetto a un cieco: «I ciechi si riconoscono e le persone intorno capiscono cosa fare. Gli ipovedenti, invece, spesso non sono immediatamente riconoscibili e a volte si sentono sgridati per non fare le cose prontamente. Senza contare che vengono tacciati di essere falsi invalidi, ma un ipovedente può leggere il telefonino con alcune accortezze. Non per questo significa che sia un impostore e che non abbia diritto all'indennità». Questa e altre sono le battaglie quotidiane dell'Uici. Un bel lavoro se si pensa che del totale dei soci, 638 hanno più di 61 anni, 296 sono nella fascia d'età tra i 31 e i 60 anni, 87 sono giovani tra i 18 e i 30 anni e che ben 108 sono minori.

mercoledì 26 settembre 2018

Non solo il web ma anche le app mobile dovranno essere accessibili

Disabili.com del 26-09-2018

Aggiornato il testo della Legge Stanca e le Linee Guida WCAG.

Entra in vigore oggi, 26 settembre 2018, la cosiddetta “Riforma dell’attuazione della direttiva (UE) 2016/2102 relativa all’accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici” (Decreto Legislativo n. 106 del 10 agosto 2018), che recepisce la direttiva europea che prevede l’obbligo di accessibilità per i siti web e le app mobile nonché ulteriori obblighi tra cui la pubblicazione della dichiarazione di accessibilità.

Il DL interviene a modificare la cosiddetta Legge Stanca (n. 4 del 9 gennaio 2004) e, oltre ad agire a livello terminologico sulla parola “disabili”, che diventa ovunque nel testo “con disabilità”, tutela e garantisce, in particolare, il diritto di accesso ai servizi informatici e telematici della pubblica amministrazione e ai servizi di pubblica utilità da parte delle persone con disabilità.

L’aggiornamento si concentra in particolare sull’ampliamento di questa tutela, affiancando alla tutela relativa all’accessibilità dei siti interne, anche quella da rispettare nelle app mobile, sempre più utilizzate non solo dai privati ma anche dalle P.A.

“Sono accessibili - si legge nel testo del Decreto - i servizi realizzati tramite sistemi informatici, inclusi i siti web e le applicazioni mobili, che presentano i seguenti requisiti: a) accessibilità al contenuto del servizio da parte dell’utente; b) fruibilità delle informazioni offerte […]”.

L’approvazione del D.L. giunge a pochi giorni di distanza dalla pubblicazione della traduzione italiana delle Linee guida per l’accessibilità dei contenuti Web 2.1, che hanno sostituito la precedente versione “WCAG 2.0”, inserendo specifiche tecniche per l’accessibilità dei siti e delle applicazioni mobili.

La versione in lingua inglese delle WCAG 2.1 era stata pubblicata il 5 giugno scorso sotto forma di Raccomandazione dal W3C, l’organizzazione non governativa internazionale che ha come scopo quello di sviluppare tutte le potenzialità del World Wide Web e che dunque, in ambito di accessibilità, ha sviluppato uno standard omonimo. C’è voluto poi qualche mese perché fossero diffuse le traduzioni nelle diverse lingue, in quanto queste sono state affidate a gruppi di esperti, con coordinatori designati direttamente dallo stesso W3C.

Le Linee guida per l’accessibilità dei contenuti Web 2.1 sono un documento molto tecnico, utile prevalentemente agli sviluppatori di software, in cui sono spiegati nel dettaglio modalità e criteri da utilizzare per progettare e realizzare siti web e applicazioni mobili, che siano accessibili e usabili da tutti senza discriminazioni, anche da coloro che, per esigenze personali, utilizzino tecnologie assistive o configurazioni particolari.

di Alessandra Babetto

martedì 25 settembre 2018

Tecnologia e tifloinformatica: la tecnologia assistiva come supporto alla didattica inclusiva – prima parte, di Franco Lisi

Giornale UICI del 25-09-2018

Il titolo orienta in modo chiaro il focus di questo pezzo: la tecnologia sta alla didattica come la tifloinformatica sta alla didattica inclusiva; questa è la proporzione che cercherò di indagare nel ragionamento che segue. Partiamo dal primo estremo: la tecnologia.

Non ci siamo stancati di ripetere che questa società dell’informazione, della “tecno-lo-crazia”, porta con sé grandi, grandissime contraddizioni. Per buona sorte esistono sempre gli opposti: come il freddo trova il suo contrario nel caldo, l’ingiusto è bilanciato dal giusto, al disonesto corrisponde l’onesto, così, tecnologicamente parlando, gli effetti dell’ecumenico diluvio di bits mescolano ed alternano aspetti di diverso segno: eccesso, esasperazione, frenesia, volatilità, spreco, impigrimento, dipendenza, discriminazione, esclusione; ancora: abbondanza, precisione, efficacia, opportunità, qualità, utilità, condivisione, inclusione. Parole, e-mail, documenti, animazioni, comandi, popolano display di ogni tipo: schermi di computer, di palmari, di smartphone, di tablet, di barre braille, invadono dalla mattina alla sera le nostre giornate illudendoci di tessere nuove relazioni umane, mettendo spesso di fatto in discussione quelle poche che si danno per scontate di avere.

Il mondo della scuola, naturalmente, non è immune da questa pervasività e ne rimane a sua volta largamente contaminato, tant’è che i più disparati dispositivi tecnologici costituiscono ormai l’estensione dei banchi di classe. È solo di una ventina d’anni fa la dichiarazione di Bill Gates che nel 1994 sentenziava: “Verrà un giorno, e non è molto lontano, in cui potremo concludere affari, studiare, conoscere il mondo e le sue culture, assistere a importanti spettacoli, stringere amicizie, visitare i negozi del quartiere e mostrare fotografie a parenti lontani, tutto senza muoverci dalla scrivania o dalla poltrona;” proseguiva: “lasciando l’ufficio o l’aula scolastica, non ci staccheremo dalla rete in quanto il computer sarà più di un oggetto da portare con noi o di uno strumento da acquistare: sarà il nostro passaporto per una nuova vita mediatica”.

Anche al cospetto di questa moltitudine di condizionamenti, si misura quindi inevitabilmente l’integrazione sociale e l’inclusione scolastica dei ciechi. Sì, persino il modo di fare scuola fa slalom entro questo percorso obbligato, sbandando un po’ qua e un po’ là, tenendo talvolta a stento la corsia; perché non è possibile neppure in tale ambito prescindere da ciò che è tecnologico: ogni interazione è basata sulla varietà delle fonti, sulla trasmissione di immagini/video mediante l’utilizzo di proiettori, enormi schermi ad alta risoluzione, sofisticate lavagne elettroniche; ne consegue che la comunicazione verbale e paraverbale, ormai relegate rispettivamente al 7% e al 38%, perdono di valore, diminuiscono di efficacia e di incisività. La trasmissione degli insegnamenti avviene in prevalenza tramite elementi di comunicazione visivi che oggi costituiscono il restante 55% nel panorama delle relazioni.

Ora, andiamo sull’altro versante della nostra proporzione, l’altro estremo, dove il termine didattica sta a significare, nella sua accezione più stringata, basica ed elementare, la modalità di insegnamento, come faccio scuola, a quale metodo ricorro, di quale strumentazione-mezzo mi servo per insegnare. Qui, la didattica, l’insegnamento appunto, si appoggia sulla strumentazione tecnologica moderna per guadagnare e onorare il proprio scopo che sempre più, a sua volta, privilegia il canale visivo: slide, piattaforme di e-learning e documenti multimediali, peraltro, in gran parte non accessibili.

Fin qui, non incontriamo particolari problemi perché la tecnologia è un mezzo di comunicazione generalmente di facile acquisizione e di agevole apprendimento da parte del ragazzo che vede; questa, implicando semmai strategie e metodologie differenti nel momento dell’erogazione degli insegnamenti, affida agli operatori scolastici la responsabilità di ripensare i contenuti e di rimodulare i programmi. Questioncelle, comunque, che fanno leva sulla preparazione, sull’aggiornamento professionale, sulla passione, sul dovere del singolo docente.

A tal proposito, gli esperti di “cose di scuola” ci dicono che “non è più tempo di lezioni frontali, che il maestro-professore deve alzare il “sedere” dalla cattedra, rimboccarsi le maniche, andare in mezzo alla classe. Il maestro-professore “, continuano, “deve avviare un rapporto-relazione a contatto fisico con i ragazzi, deve stimolare attività ed esercitazioni pratiche all’interno dei gruppetti di lavoro precostituiti”. La riduzione delle distanze tra docente e classe e fra i compagni, ancorché favorisca il coinvolgimento nelle attività di gruppo, la socializzazione, l’intrecciarsi di aumentate relazioni nella collettività degli studenti, maschera il rischio reale che il ragazzo con disabilità continui a rimanere isolato in quanto dotato di strumentazione specifica, esclusiva e, possibilmente, non escludente.

Alcuni esempi del passato ci aiutino ad allontanare lo spettro della “solitudine tecnologica”.

Il picchiettio monotono, costante, distraente della macchina per scrivere induceva, attorno agli anni ’80, il docente di turno a smorzare l’assordante frastuono retrocedendo l’allievo cieco, dapprima dalle file davanti fino all’ultima, per poi girargli il banco verso il muro in fondo, per terminare infine la corsa fuori dall’aula, almeno per il tempo dei compiti in classe. Sempre in quegli anni è memoria uditiva di molti il ronzio dell’optacon che costituiva un vero e proprio tormentone per i compagni più indifferenti e per i docenti più insofferenti. Che cosa non si escogitava nei periodi successivi per “soffocare a morte” lo tsunami delle onde sonore delle stampanti braille di cui erano dotate le nostre ingombranti postazioni informatiche! È indelebile l’umiliazione di chi è stato privato del monitor perché “non ti serve, tanto non ci vedi” oppure di chi, in assenza dello screen reader per “indisponibilità di fondi”, ha dovuto cimentarsi sulla tastiera del computer scrivendo al buio alla stregua di come si faceva con la macchina per scrivere tipo Olivetti di molti anni prima. Versioni di sistemi operativi e applicativi obsoleti o non aggiornati, installazioni e configurazioni di software e di ausili di tifloinformatica approssimativi e non personalizzati, la voce roca del compagno sintetizzatore, sono altri pochi esempi di come la presenza di un set di strumentazione tecnologica non gestita, subita o presa a carico con scarsa consapevolezza possano rappresentare e dar luogo ad una sorta di involuzione nel processo inclusivo. Dobbiamo evitare cioè di erigere attorno al ragazzo un muro, una barriera, che stronchi di fatto sul nascere ogni potenziale modalità di relazione, disincentivando persino quella dialogica, unità elementare e fondante della più autentica forma di integrazione sociale.

L’inclusione scolastica dei disabili non può, in ogni caso, prescindere dall’apparato tecnologico, indispensabile per il compimento pieno della sua realizzazione e quando allora si accosta il termine inclusione alle parole didattica e tecnologia è opportuno fare una brusca frenata per proporre qualche ulteriore spunto di riflessione.

Molte delle persone ipovedenti e non vedenti, 285 milioni nel mondo di cui 19 milioni sotto i 15 anni, non hanno ancora ricevuto soluzioni efficaci dai dispositivi tecnologici sviluppati finora. Mentre gli educatori sanno generalmente individuare le tecniche più congeniali per far comprendere al gruppo-classe ciò che stanno insegnando, le cose cambiano quando di contro introduciamo ausili specifici che aiutano a declinare e a veicolare gli insegnamenti rispondenti alle necessità dei singoli. Per l’insegnamento della scrittura ad esempio, se per l’uso della penna si applicano strategie didattiche ormai consolidate, per quanto concerne l’insegnamento della scrittura mediante il codice braille occorre avvalersi del necessario apparato strumentale e di una didattica specifica che deve essere in possesso del formatore perché questi trasferisca le tecnicalità in modo efficace e in tempi adeguati; parimenti, lo stesso dicasi relativamente al differente rapporto con la didattica che si evidenzia nell’introduzione della tecnologia: una cosa è l’insegnamento dell’uso del computer per tutti gli allievi, diverso è l’insegnamento del computer dotato di tecnologia assistiva. Se operazioni quali la condivisione del materiale, l’autonomia nella manipolazione di documenti, nella produzione di file, nella navigazione in internet, risultano essere attività di facile svolgimento per l’allievo che vede, per i nostri ragazzi, come per il braille, occorre sviluppare i prerequisiti e le giuste condizioni per poi impostare un percorso d’insegnamento della materia che abbia ragionevole possibilità di soddisfazione per il docente e per il discente. Prima di essere mezzo (uno strumento, un canale attraverso cui far transitare i contenuti), l’uso della tecnologia per chi non vede è un fine, un obiettivo da perseguire con determinazione, impegno e avvedutezza; quindi, valutarla, accertarne il grado di accessibilità, analizzare il contesto, concordare e scegliere le soluzioni tecnologiche più idonee alle caratteristiche del ragazzo, adeguarla al fine delle esigenze scolastiche, acquisirla (comprarla), individuare tempi e luoghi per la proposta didattica, installarla, configurarla, insegnarla, mantenerla aggiornata: questo non è il gioco dell’oca (butto i dadi, c’è un finanziamento e qualcosa succederà), è tutto molto più serio, giochiamo sulla pelle dei nostri ragazzi. Ciò richiede non solo energie, sforzi, passione, competenze specifiche negli operatori, ma anche una compartecipazione consapevole, proattività da parte dell’allievo nell’intero processo; parliamo di insegnare una materia aggiuntiva: prima di essere tramite, un ponte, la tecnologia assistiva è uno scopo, un obiettivo da pianificare e da conseguire.

Indubbiamente, l’ultimo quarantennio è stato caratterizzato da una sete di innovazione tecnologica che ha interessato anche il mondo della disabilità; nel nostro ragionamento, ogni cieco è stato, suo malgrado, bersagliato da corsi lampo di alfabetizzazione informatica e in qualche modo destinatario di una postazione tecnologicamente attrezzata; non importava perché, non importava con quale tecnologia o con quale applicativo e con quali risultati: erogare formazione, questo l’imperativo!

Ciò che è stato ed è oggi ancora di forte criticità, e al riguardo non sono stati fatti significativi passi avanti, è l’assenza pressoché totale della “tiflo-info-didattica”: per quale scopo insegnare? cosa insegnare? con quale ausilio insegnare? come insegnare? In poche parole, dobbiamo scongiurare un altro rischio, peraltro verificatosi troppo spesso, quello cioè di istruire sommariamente l’allievo con disabilità visiva senza renderlo in realtà autonomo nell’uso quotidiano della strumentazione informatica, inducendolo a rinunciare al suo utilizzo. Occorre evitare di trasformare il computer in un’automobile impossibile da guidare!

Sebbene la tifloinformatica, terzo termine preso in esame nella proporzione, vanti una lunga esperienza ed una corposa letteratura, chi ha vissuto l’evoluzione della tecnologia assistiva di questi anni, in qualità di istruttore o di utente, sa che nei corsi di informatica vengono proposte solo alcune delle numerose combinazioni H/W e S/W dell’intero ricco panorama disponibile.

Le trasformazioni sociali conseguenti alla pervasività tecnologica richiedono competenze digitali per lo più solo di prima alfabetizzazione per un coinvolgimento attivo nel processo di cambiamento in atto. Prova ne è che l’accelerazione della diffusione della tecnologia in ogni ambito della nostra vita (nelle istituzioni scolastiche, nel mondo del lavoro, nei servizi pubblici) è stata favorita dall’abbattimento dei costi e dalla semplificazione dell’interfaccia utente. Due elementi che, per un verso, hanno permesso indistintamente ad ogni cittadino di possedere un dispositivo tecnologico, dall’altro, hanno impedito di fatto ad una significativa fascia di potenziali utenti di fruirne direttamente e in modo proficuo. Infatti, disegnare interfacce amichevoli di facile comprensione e di immediato dominio significa, quasi sempre, esaltare il senso della vista; significa, quasi sempre, progettare aprioristicamente solo per una determinata categoria di utilizzatori; significa, quasi sempre, creare a posteriori il fenomeno del digital divide. Poter acquistare con relativa facilità qualsiasi oggetto a valenza tecnologica non equivale automaticamente ad averne piena padronanza. Progettare strumentazione accessibile comporta, fin dal momento dell’ideazione, porre attenzione ed analisi particolari relativamente alle interazioni tra i fruitori e il device, alle modalità di attivazione e di controllo di ciascuna funzione, al livello di usabilità dei dispositivi in ciascun loro aspetto. Più persone saranno messe nelle condizioni di “manipolare” e trarre un qualche beneficio dalle prestazioni del prodotto, maggiore sarà la sua divulgazione nel mercato globale e minore sarà il gap (o divario) tecnologico, vale a dire la distanza qualitativa e anche quantitativa di sviluppo tecnologico esistente fra paesi, fra categorie di persone, fra settori di attività diversi.

Accatastare tuttavia materiale tifloinformatico sul banco di scuola in mancanza di un progetto compiuto può risultare motivo di ansia, frustrazione e suscitare senso di inadeguatezza nell’allievo disabile. A fin di bene e in buona fede, si rincorrono tutti i contributi disponibili per accappararsi questo o quell’ausilio senza che a monte sia stata effettuata una qualsiasi valutazione qualitativa circostanziata. La scelta degli ausili di tecnologia assistiva deve essere ricompresa nell’ambito di un’analisi complessiva che tenga conto della coerenza dell’usabilità della strumentazione individuata in rapporto al grado di accessibilità del sistema tecnologico integrato e al progetto formativo da realizzare. Un display braille, un OCR, un software per la matematica nasconderanno un vero e proprio spreco di danari se inseriti all’interno di una infrastruttura telematica sviluppata attorno a videoproiettori, filmati, slide e apparecchiature non accessibili! L’inutilità sarà certamente conseguente in assenza di competenze tiflotecniche e tiflotecnologiche capaci di integrare e adattare tecnologie differenti, ma anche di massimizzare e veicolare flussi di informazioni per lo scopo prefissato. I risultati attesi, inerenti ad un’effettiva inclusione e agli obiettivi formativi predeterminati, saranno scarsi, deludenti, erroneamente fatti ricadere sull’incolpevole studente con disabilità.

Quanto più vi sarà convergenza fra i molteplici adiacenti fronti interessati e coinvolti, tanto più si raggiungerà il maggiore grado di accessibilità:

l’oggettività delle regole dettate dalla normativa vigente dovrà essere conosciuta, condivisa, fatta propria e applicata dai progettisti e dagli sviluppatori di tecnologia, dai formatori e da tutti coloro che, a vario titolo, si occupano di comunicazione e sono responsabili della distribuzione dell’informazione;
le competenze tiflotecniche, tifloinformatiche e tiflologiche dovranno ritrovare nella preparazione dell’esperto docente di informatica la capacità di leggere, interpretare e codificare l’ineludibile soggettività che sussiste nel rapporto tra fruitore e usabilità dello specifico strumento tecnologico;
la promozione, la pubblicità, la scheda tecnica di assemblaggio della componentistica e il manuale utente di un qualsiasi dispositivo, dovranno muovere da valutazioni e da validazioni fondate su metodi scientifici di rilevazione di accessibilità e usabilità.
Spero, mi auguro, sono convinto che in particolare per quest’ultimo aspetto la nostra Associazione e le strutture collegate sapranno sostenere sui versanti tecnico e politico un percorso che condurrà alla formalizzazione di un sistema di certificazione normato e autorevole.

La stretta collaborazione con le autorità competenti, con i produttori, i fornitori e gli stakeholders caratterizzerà una prospettiva che nel prossimo futuro consentirà di varcare nuove frontiere ed esplorare sorprendenti scenari nelle interazioni uomo-macchina-disabilità.

Per tracciare ulteriormente il perimetro entro il quale si articola il nostro ragionamento attorno all’accessibilità, alla tifloinformatica, alla tiflo-info-didattica e alla didattica inclusiva, occorre prendere in considerazione altre determinanti variabili. In effetti, la definizione dei programmi dei percorsi formativi di informatica di una qualsivoglia tipologia rivolti ai ciechi e agli ipovedenti, volendo naturalmente generalizzare, è influenzata da interferenze esterne non trascurabili. Vediamo schematicamente alcuni elementi utili per la progettazione di un corso.

Scopo della proposta formativa:
formazione di base; formazione avanzata; formazione mirata a specifici argomenti (ausili hardware o software); formazione specificatamente funzionale ad apprendimenti di altre discipline.

Destinatari della proposta formativa:
corso individuale; corso di gruppo; allievi in età scolare, lavorativa, adulti (tempo libero).

Disponibilità di risorse economiche:
assenza di finanziamento; finanziamento pubblico; finanziamento privati; corso finanziato dagli iscritti.

Disponibilità di risorse umane:
qualifica/esperienza del docente; presenza del co-docente/tutor; docente vedente, ipovedente o cieco.

Scelta degli argomenti:
argomenti programmati dagli organizzatori della proposta formativa, suggeriti dall’allievo/i dettati dalle circostanze (durata della formazione, disponibilità del materiale necessario, prerequisiti riscontrati).

Scelta della tecnologia:
tipologia aula; caratteristiche allievi (ipovedenti, ciechi assoluti, gruppo misto); obiettivi formativi.

Durata del percorso formativo:
disponibilità del personale, degli allievi, dello spazio-aula; tipologia e complessità degli argomenti in programma; budget economico disponibile; tempistica dettata dalle regole del bando pubblico.

Verifica dei prerequisiti d’ingresso:
allievo ipovedente, cieco; possesso del codice braille; conoscenza degli elementi di base degli argomenti del corso.

Selezione dei candidati:
verifica dei requisiti per la partecipazione al corso.

Fine secondario:
socializzazione; sensibilizzazione.

Se l’esperienza maturata nel campo tifloinformatico ci incoraggia ad accertare con ragionevole consapevolezza le competenze di base indispensabili per il profilo del docente di informatica, resta da colmare l’enorme lacuna concernente la definizione del minimo comune denominatore volto ad attribuire ai corsi un valore aggiunto, un marchio di qualità: non solo quanti e quali argomenti vengono proposti in rapporto ad un dato tempo, ma con quali metodologie, con quali strategie didattiche vengono affrontate le lezioni. Quindi: perché fare? quando fare? cosa fare? come fare?

Le risposte sono necessarie, ma prima dobbiamo metterci d’accordo sulle domande. Di seguito, ancora alcuni quesiti che possono far comprendere meglio la delicatezza e il grado di complessità dell’argomento oggetto di analisi.

Qual è il profilo del tifloinformatico? Chi è autorizzato a fare la scuola guida e a rilasciare la patente? Basta il buon senso, l’intuito, l’esperienza personale per orientarsi e, soprattutto, orientare altri nella scelta fra ciò che è utile e ciò che è spreco o superfluo? Quali sono le competenze di chi intendiamo riconoscere e abilitare ad impartire con autorevolezza buoni consigli ed efficaci insegnamenti? Un ingegnere? Un sistemista? Un esperto di tecnologia assistiva, di accessibilità oppure di didattica informatica, di didattica generale o speciale? Come insegnare la tifloinformatica? Il professionista ci aspettiamo che sia in possesso di un’accertata cultura tiflologica, tiflopedagogica? È bene che conosca la didattica dell’insegnamento del braille e avere propri i concetti di aptica per proporre in modo opportuno esplicative mappe in rilievo? Deve conoscere il percorso di insegnamento della tastiera, il significato dei tasti funzione dei display braille, l’utilizzo approfondito degli screen-reader? Vediamo in questa figura un tiflologo specializzato in questioni tecnologiche oppure un informatico specializzato in questioni tiflologiche o più precisamente tiflopedagogiche? Quando e come introdurre il codice braille nei percorsi di alfabetizzazione informatica? Proponiamo un metodo basato su un apprendimento mnemonico e meccanico che trascuri il contesto oppure concettuale e logico che tenga conto della descrizione di finestre, titoli, icone, non tralasciando di nominare elementi e simboli grafici visivi e che si avvalga del supporto di tavole in rilievo per arricchire le esercitazioni e fissare le immagini? La tiflo-info-didattica è altro dalla tiflologia oppure è l’altra faccia della medesima medaglia? Nel porre l’obiettivo didattico, ci si deve strettamente attenere alla trattazione dell’argomento oggetto dell’insegnamento (un sistema operativo, un applicativo, una funzione) oppure finalizzarlo alla comprensione di un altro insegnamento?

È necessario, poi, indagare con successivi interrogativi l’altro versante: l’allievo. Quali i prerequisiti necessari per un approccio corretto ed efficace all’avventura tecnologica? Vi è un’età in cui incominciare? Da quali prerequisiti partire?

Stiamo vivendo, tiflologicamente parlando, momenti delicati. Si ha la percezione, peraltro, che i venti stiano cambiando di direzione. La didattica inclusiva richiede incontrovertibilmente anche risposte quantitative: è necessario conoscere piani, regole, tempistiche, oltreché riferimenti economici certi. Elementi meramente burocratici-amministrativi dovrebbero essere comunque in subordine e conseguenti ad aspetti concettuali e teorico-pratici, i quali devono invece essere anteposti e fungere da guida. Dobbiamo far tesoro di un’esperienza di quasi quarant’anni di integrazione scolastica che per una simpatica coincidenza corrisponde più o meno ad altrettanti di tecnologia assistiva.

Siamo chiamati oggi alla messa a punto di un metodo scientifico di validazione di efficacia e di efficienza del rapporto tra tiflo-informatica e didattica inclusiva: ecco l’incognita della nostra proporzione! Qualità dello strumento-mezzo, qualità nella veicolazione dei contenuti, qualità della didattica specifica, qualità nella trasmissione del messaggio. Chi si prende cura di tutto questo? Questa responsabilità non può essere ricompresa nei singoli operatori; non è più tempo degli assoli! Non esiste “Superman”! Occorre operare in team! Dobbiamo avere l’onestà intellettuale di affermare che le competenze necessarie per fare didattica inclusiva con la tiflo-informatica trovano il loro alveo naturale nelle maglie di una rete precostituita sviluppatasi attorno a quegli anelli portanti che hanno tracciato e scritto la storia tiflopedagogica nel nostro paese. Soltanto se proteggiamo, difendiamo, sosteniamo, promuoviamo le nostre strutture che operano in tal senso, a partire dagli Istituti per Ciechi, possiamo trovare o “costruire” le risposte necessarie per garantire un servizio tiflopedagogico che non faccia rimpiangere il passato. Oggi, occorre una convergenza multidisciplinare. Attività di ricerca e di aggiornamento, seminari, veri e propri corsi mirati, valutazioni di dispositivi e di software, attività laboratoriali extra-scolastiche; tutte queste belle cose devono avere fonte, devono muovere da un know-how conquistato e tramandato da chi ci ha preceduto. Affermare il principio della “qualità totale”, concetto oggi tanto caro al moderno mercato imprenditoriale, è il nostro primo dovere, primo obiettivo; ciò significa erogare un servizio utile per rispondere alle reali necessità dei nostri ragazzi e delle loro famiglie.

A Gardaland un divertimento sempre più accessibile

La Provincia di Cremona del 24-09-2018

È il primo Parco a offrire un servizio personalizzato, su misura, rivolto agli ospiti con esigenze particolari.

Dopo il successo della prima edizione di “Gardaland 4 All”, tenutasi nel 2016, Gardaland - in collaborazione con Village4All - torna a farsi promotrice di due giorni di incontri con ben 13 Associazioni Nazionali che rappresentano i diversi tipi di disabilità - fisica, cognitiva e sensoriale. L’obiettivo è quello di confrontarsi al fine di migliorare ulteriormente l’esperienza al Parco da parte delle persone con esigenze particolari.

La visita dei partecipanti al Parco ha dato inizio a Gardaland 4 All: questi “ospiti speciali” hanno potuto trascorrere piacevoli momenti di divertimento, testando e valutando dal vivo alcune attrazioni tra le quali la rinnovata I Corsari, la divertente Mammut, l’adrenalinica Oblivion - The Black Hole e la panoramica Flying Island. Una curiosa novità di questa edizione dell’evento è stato l’invito da parte di Gardaland a visitare il Parco come mystery guest nei mesi precedenti l’incontro, in modo da valutare in tutta autonomia il grado di accessibilità delle attrazioni.

Dopo la visita al Parco si è svolta una tavola rotonda durante la quale i partecipanti hanno potuto fornire i propri suggerimenti per cercare di migliorare la fruibilità del Parco dai diversi punti di osservazione. Dall’incontro sono emerse interessanti proposte come quella di semplificare la grafica della mappa del Parco, inserire indicazioni in merito ai percorsi migliori per raggiungere le varie Attrazioni, migliorare ulteriormente l’informazione sui vari aspetti dell’accessibilità anche attraverso gli strumenti digitali - in modo da aumentare la consapevolezza a priori - inserire un’area per i cani guida, migliorare la praticità di accesso alle strutture ricettive e infine introdurre una zona di “decompressione” rispetto agli stimoli del Parco.

La disponibilità da parte della Direzione non manca: Gardaland reputa fondamentale questo confronto, perché le permette di migliorarsi e fare in modo che tutti possano vivere appieno il divertimento del Parco.

Danilo Santi, General Manager Theme Parks Gardaland, ha infatti dichiarato: “In occasione del secondo forum sulla disabilità che si è tenuto in questi giorni abbiamo incontrato molte Associazioni che seguono le persone con esigenze particolari e con loro abbiamo discusso dei progetti, delle idee e dei suggerimenti per far diventare Gardaland un Parco sempre più inclusivo”. Santi ha poi proseguito: “A proposito di questo abbiamo allo studio un grande progetto: un’area giochi dedicata a tutti i bambini, anche a quelli con esigenze particolari, in modo che possano divertirsi tutti insieme in un Parco che sia totalmente inclusivo”.

Il progetto Gardaland 4 All, iniziato due anni fa, ha già visto alcuni miglioramenti nell’ambito della ricettività e della fruizione delle Attrazioni permettendo di analizzare le criticità, recepire le istanze e di verificare la fattibilità delle stesse, tenendo pur sempre presenti i vincoli normativi e la necessità di sicurezza per tutti.
Un risultato molto importante è ad esempio l’introduzione del servizio Easy Rider, appositamente studiato in collaborazione con l’associazione ProgettoYeah! per garantire il divertimento all’interno del Parco anche alle persone con disabilità come, ad esempio, Ospiti con limitazioni visive, ridotta mobilità, autismo, sindrome di down. Easy Rider, attivo da aprile a luglio e nel mese di settembre, si pone come utile supporto del gruppo realizzando un itinerario personalizzato in base alle diverse esigenze, accompagnando gli ospiti all’ingresso dell’attrazione e spiegandone le caratteristiche; infine effettuando le prenotazioni per conto degli ospiti all’interno dei ristoranti del Parco.
Si tratta di una novità assoluta nei Parchi Divertimento e tematici: Gardaland è infatti il primo Parco a offrire un servizio personalizzato, su misura, rivolto agli ospiti con esigenze particolari.

Altro grande successo è stata la convenzione tra Gardaland e l’associazione Coordown Onlus - Coordinamento Nazionale Associazioni delle persone con sindrome di Down. La convenzione punta a regolamentare l’accesso alle Attrazioni garantendo al tempo stesso il rispetto delle norme di sicurezza in caso di evacuazione. Questo ha permesso quindi alle persone affette da sindrome di Down di poter accedere, previa firma di una liberatoria, all’attrazione Raptor.

Altri importanti risultati si sono ottenuti con l’introduzione di un Welcome Desk Disabili con personale formato e la realizzazione di tre diverse guide ciascuna dedicata ad un tipo di disabilità, cognitiva, fisica e sensoriale.

Inoltre Gardaland ha aumentato l’accessibilità delle Attrazioni del Parco per gli Ospiti con particolari tipi di disabilità: gli Ospiti ipovedenti e non vedenti possono infatti ora accedere a tutte le Attrazioni, mentre per le disabilità cognitive e fisiche c’è stato un incremento delle attrazioni accessibili e si continuerà a lavorare per ampliare la fruibilità.

Il risultato decisamente più importante è però l’esperienza vissuta in questi due giorni, costituiti da momenti di condivisione, riflessione e divertimento. È opinione unanime che questo tipo di dialogo sia fondamentale nella crescita di una cultura dell’accessibilità e dell’apertura all’altro.