venerdì 31 luglio 2020

"Monopattini selvaggi un'insidia per disabili"

La Repubblica del 31/07/2020

ROMA. Sfrecciano silenziosamente per le strade della Capitale. Spesso contromano e con due persone a bordo. Per tanti un mezzo di trasporto comodo e smart, per molti altri, invece, un pericolo e un'ulteriore barriera architettonica.

Regole poco chiare anche sulle modalità della sosta, trasformano i monopattini elettrici in un ostacolo per disabili in carrozzina, non vedenti o ipovedenti. Per loro il rischio di rimanere bloccati sul marciapiede, di essere investiti o di inciamparci è concreto. Perchè i veicoli vengono ormai parcheggiati ovunque: davanti alle rampe per disabili, di fronte ai portoni, sugli attraversamenti pedonali o in mezzo ai marciapiedi. Vittima del parcheggio selvaggio è Luciano Domenicali, 74 anni e non vedente da quando ne ha 5: « Stavo camminando col mio bastone bianco sul marciapiede a destra che costeggia via Appia Nuova, tra piazza Re di Roma e San Giovanni - ricorda - quando a un tratto sono inciampato su qualcosa che mi ha sbilanciato in avanti e che si è scoperto poi essere un monopattino. Ho rischiato di cadere faccia a terra e di sbattere busto e costole contro il manubrio. Mi è già capitato in passato di prendere in pieno torace un manubrio di una moto parcheggiata male, mi è costato una contusione alla costola».

Luciano ne fa, ovviamente, una questione di incolumità. Che riguarda anche i mezzi in movimento. «I monopattini elettrici non sono rumorosi - spiega Giuliano Frittelli, presidente dell'Unione italiana ciechi e ipovedenti di Roma - e la loro silenziosità non sempre permette di accorgersi del loro arrivo ». Inoltre, «le piste ciclabili utilizzateda questi veicoli, se non delimitate fisicamente, diventano un pericolo per la sicurezza di chi non vede » . Da qui la richiesta dell'Uici alla giunta capitolina di « introdurre un rumore artificiale per i monopattini » . Stessa proposta lanciata dall'avvocato Giulio Nardone, presidente dell'associazione Disabili visibili onlus, che ripropone il tema della sosta: « Vanno trovati posti precisi » . Mobilità alternativa sì ma che non sia di intralcio per gli altri, anche lungo i percorsi dotati di avvisi pedo-tattili o sonori.

Per Dario Dongo, paraplegico e presidente di Égalité onlus, le tavole in sharing sono anche una risorsa: « Combattono l'inquinamento atmosferico e non sono impossibili da spostare per chi non ha gravi lesioni alle braccia » . E la sosta selvaggia? «È una questione di inciviltà » , taglia corto. Come a voler sottolineare che spesso le barriere culturali, sono peggio di quelle architettoniche. Ma restano gli incidenti e gli ostacoli da raggirare. Senza regole precise, la possibilità che il monopattino si trasformi in una mina vagante è quasi una certezza.

di Laura Barbuscia

lunedì 27 luglio 2020

L’Unione ottiene un riconoscimento europeo per le buone prassi sull’accessibilità dei siti web

Comunicato della Sede Centrale UICI n. 120/2020

L’Unione Europea dei Ciechi, riconoscendo il valore e l’originalità di alcune iniziative realizzate in Italia in materia di accessibilità digitale, ha deciso di assegnare alla nostra associazione, che ha illustrato queste iniziative in un elaborato apposito, il terzo premio del concorso europeo finalizzato a segnalare le migliori prassi in ambito comunitario relative all’accessibilità dei siti internet pubblici. Il commento della giuria ha evidenziato l’ampiezza dell’approccio italiano alla tematica, che ha spaziato dall’ambito giuridico a quello della normazione fino a quello del concreto supporto in termini di know-how per la costruzione di siti accessibili.

I mille euro del premio, come ormai tradizione, verranno destinati a incrementare il Fondo per il Sostegno ai Paesi in Difficoltà, istituito dall’Unione Europea dei Ciechi.

Questo risultato positivo è il giusto riconoscimento dell’impegno dei nostri Enti Pubblici, ma anche della continua attività di sensibilizzazione e monitoraggio condotta quotidianamente dagli esperti della nostra Unione e dell’Istituto Nazionale Valutazione Ausili e Tecnologie ai quali va tutta la gratitudine dei ciechi e degli ipovedenti italiani.

Malattie dell’occhio: sono tante e possono colpire a tutte le età


Osservatorio Malattie Rare del 27/07/2020

Essere coscienti di queste patologie è utile per proteggere la vista da problemi anche gravi.

In qualunque fase della vita, la salute degli occhi va tutelata con una dieta e uno stile di vita equilibrati. Assicurarsi di riposare molto, ridurre il tempo speso davanti agli schermi, fare esercizio fisico e sottoporsi regolarmente a controlli oculistici sono gli accorgimenti da avere per proteggere la vista. Inoltre, è importante essere consapevoli delle diverse condizioni che possono colpire l’occhio nell’arco dell’intera vita, partendo dalla nascita fino alla vecchiaia.

NASCITA E PRIMA INFANZIA

Durante il primo anno di vita la vista si sviluppa molto velocemente, ma ci vogliono diversi mesi prima che i neonati siano in grado di mettere a fuoco. Poiché la vista si sviluppa proprio in questi primi mesi critici, non è strano che lo sguardo del neonato sia perso o poco focalizzato.

Strabismo

Lo "squint" è il disallineamento degli occhi dovuto alla momentanea incapacità dei muscoli oculari di lavorare insieme. Può essere identificato nei neonati di circa 4 mesi, qualora i loro occhi non riescano a guardare nella stessa direzione.

Glaucoma infantile primario

Questo tipo di glaucoma è tipico dell’età dello sviluppo e può derivare da difetti congeniti. Solitamente si manifesta prima dei 3 anni di età, e deriva da un’ostruzione nell’occhio derivante da uno sviluppo anormale. I sintomi includono scarsa visione periferica, cornea appannata, occhi particolarmente grandi e sensibilità visiva alla luce.

Morbillo

Anche se il morbillo non è una malattia caratteristica dell’occhio, può causare perdita della vista e anche cecità, dal momento che può danneggiare la cornea, rendendola offuscata e scolorita. Per questo motivo, vaccinare il proprio bambino contro il morbillo (solitamente attraverso un vaccino complessivo che include anche parotite e rosolia) è vitale per assicurare che la sua vista sia protetta.

Congiuntivite

Questa condizione è particolarmente comune quando i bambini iniziano a frequentare la scuola materna, poiché è causata da un’infezione derivante da un virus o da un batterio. La congiuntivite è una patologia molto comune, in cui l’occhio diventa rosso e irritato, con una frequente fuoriuscita acquosa che può diventare appiccicosa e accumularsi in prossimità delle ciglia. La congiuntivite viene solitamente trattata con efficacia mediante la somministrazione di specifici antibiotici in gocce o di unguenti.

Daltonismo

I casi di daltonismo si possono riconoscere dalla difficoltà del bambino nel differenziare i colori. Il daltonismo si presenta in due forme: la prima è caratterizzata dalla difficoltà di identificare la luminosità in determinati colori, la seconda dall’incapacità di riconoscere le tonalità di diversi colori (di solito rosso, blu e giallo).

Affaticamento agli occhi da esposizione a dispositivi digitali

Un problema che si sta presentando sempre più frequentemente tra i bambini di tutte le età è l’esposizione prolungata agli schermi, senza pause. Ciò può causare un affaticamento agli occhi provocato dai riflessi di luce provenienti dallo schermo. É importante controllare e limitare il tempo speso di fronte allo schermo, facendo pause regolari o dedicandosi anche ad altre attività (idealmente all’aperto).

ADOLESCENZA

Un primo fattore chiave a cui prestare attenzione tra gli adolescenti è rappresentato dagli infortuni, che possono essere conseguenza di sport o di uno stile di vita particolarmente attivo e che possono causare anche traumi agli occhi.

Difetto di rifrazione

I difetti di rifrazione compaiono solitamente prima della pubertà e i tempi di sviluppo sono correlati alla presenza o meno di altri casi in famiglia. Sebbene gli errori rifrattivi possano spesso risultare in ipermetropia e astigmatismo, è possibile avere anche casi di miopia. I sintomi di un difetto rifrattivo includono visione sfocata a determinate distanze o problemi di vista più generali.

Cheratocono

Il cheratocono è un assottigliamento progressivo o un cambiamento di forma da parte della cornea, che risulta in una visione sfocata o distorta e in una sensibilità particolare alla luce. Il cheratocono è comunemente trattato con degli occhiali o delle lenti a contatto speciali, che il proprio specialista di fiducia può prescrivere.

Cataratta traumatica e distacco retinico

Quando i teenager diventano più attivi, eventuali infortuni possono provocare dei traumi agli occhi, tra cui la cataratta o il distacco della retina. Il modo migliore per fronteggiare questa situazione è la prevenzione: proteggere gli occhi mentre si pratica un’attività come lo sport può davvero fare la differenza.

ETÁ ADULTA: 20-40 ANNI

Con l’età adulta termina la fase di sviluppo dell’occhio ma rimangono comunque delle misure e degli accorgimenti da adottare per proteggere la vista. Oltre a mantenere uno stile di vita sano, seguendo una dieta equilibrata e ricca di antiossidanti, evitando di fumare e facendo regolare attività fisica, ci sono alcune malattie dell’occhio a cui prestare attenzione.

Affaticamento oculare da luci blu

Alcune lunghezze d’onda delle luci blu, emanate dalla maggioranza dei dispositivi digitali, possono causare affaticamento e stanchezza agli occhi. È possibile acquistare degli occhiali speciali, in grado di proteggere gli occhi, o dei software per computer e telefoni cellulari che filtrano alcune di queste luci blu.

Neurite ottica / Neurite ottica retrobulbare

La neurite ottica, infiammazione del nervo ottico, può manifestarsi da sola o come conseguenza della sclerosi multipla. È solitamente più comune nelle donne rispetto agli uomini. I sintomi includono perdita della vista, perdita della capacità di percepire i colori o dolore nel roteare gli occhi, ed è importante rivolgersi al proprio specialista non appena si avvertono questi sintomi.

Retinite pigmentosa

La retinite pigmentosa è una malattia che colpisce la retina. È causata da mutazioni genetiche e determina una perdita graduale della vista, compromettendo inizialmente la capacità di vedere in presenza di scarsa illuminazione e la visione periferica.

ETÁ ADULTA: 40-60 ANNI

Quando si raggiunge la mezza età, tra i cambiamenti più comuni nella vista vi è una diminuzione della capacità di vedere da vicino, che spesso risulta in una difficoltà a leggere. Questo problema prende il nome di presbiopia e progredisce con il tempo. Per coloro che già indossano occhiali o lenti a contatto sarà possibile correggere questo difetto con lenti multifocali. La presbiopia non va confusa con sintomi quali sfocatura generale, sensibilità alla luce, secchezza e infiammazione, che possono essere associati ad altre patologie come, ad esempio, cataratta e glaucoma.

Cataratta

Percepita come un annebbiamento delle lenti dell’occhio, questa condizione, di solito, è segno di invecchiamento ed è molto comune nei più anziani. La cataratta può anche manifestarsi prematuramente a causa di certe condizioni mediche o di alcuni medicinali, come gli steroidi. I sintomi possono includere visione offuscata, colori sfocati, sensibilità alla luce, riduzione della capacità di vedere di notte e visione doppia.

Glaucoma

Il glaucoma può rimanere nascosto per diverso tempo a causa dei suoi sintomi minimi. Anche se la patologia può manifestarsi in chiunque, alcune categorie di persone sono soggette a un maggior rischio di glaucoma, come i più anziani, le persone discendenti da famiglie africane, caraibiche o asiatiche, gli individui che hanno casi di glaucoma in famiglia e quelli che soffrono di diabete, miopia (glaucoma ad angolo aperto) o ipermetropia (glaucoma ad angolo chiuso). La condizione emerge come risultato di un’eccessiva pressione intraoculare, e può risultare in diversi sintomi che variano a seconda del tipo di glaucoma.

Occhio secco

L’occhio secco è una condizione che vede l’alterazione del film lacrimale che idrata l’occhio e protegge la vista. Per questo motivo, l’occhio si secca e si irrita, con conseguente impatto sulla vista. Comunemente, la patologia comporta fastidi agli occhi, sensazione di bruciore o di presenza di particelle negli occhi, prurito, infiammazione, sensibilità al fumo e accumulo di muco negli occhi, specialmente la mattina. Non c’è cura per questa condizione, che però può essere tenuta sotto controllo con gocce di collirio, su prescrizione, e alcuni unguenti.

Uveite

L’uveite è un’infiammazione dell’occhio che può essere acuta o cronica e che ha diverse forme, tra cui anteriore, intermedia e posteriore, ognuna con specifici sintomi e trattamenti. La più comune è l’uveite anteriore: anche se può manifestarsi a qualunque età, è più comune tra gli adulti in età lavorativa. I fattori di rischio includono infortuni e condizioni infiammatorie o autoimmuni, come la malattia di Crohn o la sarcoidosi.

ETÁ AVANZATA: 60 ANNI O PIÚ

Gli ultrasessantenni possono manifestare una degradazione della vista dovuta all’età. La presbiopia continua in questa fascia d’età, spingendo al bisogno di occhiali per la lettura o di lenti a contatto multifocali.

Degenerazione maculare dovuta all’età

La degenerazione maculare, comune tra le persone tra i 50 e i 60 anni, non ha cause primarie conosciute, anche se si sa che i fattori di rischio includono il fumo, la pressione alta e l’essere in sovrappeso, oltre alla presenza di altri casi della stessa condizione in famiglia. La patologia riduce la capacità di leggere e di riconoscere i visi, poiché colpisce la visione centrale più che quella periferica, e si manifesta con una visione sfocata o distorta. Anche la perdita della vista è possibile, e si possono percepire linee dritte come storte e ondulate. Gli oggetti, inoltre, possono sembrare più piccoli di quanto siano e i colori meno luminosi. La degenerazione maculare può peggiorare progressivamente.

Adesione vitreo-maculare sintomatica

Nella maggior parte delle persone che invecchiano, il gel che riempie l’occhio, conosciuto come vitreo, diventa liquido e perde la sua forma. Questo causa il suo distanziamento dalla retina, conosciuto anche come distacco posteriore del vitreo. Può capitare che questa separazione sia incompleta e che alcune porzioni del gel vitreo rimangano attaccate a parte della retina (la macula). Questo può rendere la visione distorta e, nei casi più gravi, causare la perdita della visione centrale. La condizione viene solitamente monitorata e, in caso di bisogno, trattata attraverso la rimozione chirurgica del gel vitreo dal resto dell’occhio.

Occlusione della vena centrale della retina

Può accadere che la vena centrale della retina si blocchi causando una fuoriuscita di sangue, il quale, accumulandosi nella macula (parte della retina) ne provoca il rigonfiamento, determinando visione offuscata e perdita della vista. Le persone con diabete e ipertensione corrono un rischio maggiore di sviluppare questa condizione. Consultare un medico è particolarmente importante perché l’occlusione della vena centrale della retina può portare allo sviluppo del glaucoma neovascolare, che necessita di essere sempre monitorato poiché può causare dolore, visione ridotta e cecità permanente.

di Roshni Patel,
si é laureata in Optometria nel 2004, presso il College degli Optometristi a Londra. La sua esperienza professionale si divide tra gli aspetti clinici e commerciali dell’optometria, dal fornire un training professionale agli optometristi pre-registrati fino a ricoprire ruoli nel settore universitario e in collaborazione con il College degli Optometristi, oltre a collaborare con esperti alla sperimentazione di nuove tecnologie nel campo dell’optometria.

giovedì 23 luglio 2020

Il welfare di protezione deve diventare un welfare dei diritti

Superando.it del 23.07.2020

«Sono passi avanti», commenta il presidente della FISH Falabella, riferendosi ai provvedimenti del “Decreto Semplificazioni” sull’accessibilità telematica, il contrassegno unico a livello nazionale e gli interventi riguardanti le barriere negli edifici. «E tuttavia – dichiara – le Istituzioni e il mondo della politica devono fare ben altro e ben di più, ovvero modificare sostanzialmente il sistema di welfare del nostro Paese, basato sulla protezione, in favore di un welfare di riconoscimento dei diritti, che dia risposte essenziali ai bisogni delle persone con disabilità e delle loro famiglie».

«Questi sono passi avanti, frutto delle richieste delle Associazioni di persone con disabilità e delle loro famiglie, ma l’impegno forte sul fronte della disabilità è urgente e deve ancora venire. L’accessibilità, del resto, è un elemento fondamentale, come da anni ribadiamo, per rilanciare il confronto con le Amministrazioni perché c’è una legge da tempo [dal 2004, N.d.R.], la cosiddetta “Legge Stanca”, pochissimo applicata, tant’è che ci sono Amministrazioni che continuano a produrre documenti in formato non accessibile. Per quanto poi riguarda il contrassegno unico, vedremo che cosa succederà. Fino ad oggi le persone con disabilità hanno dovuto fare comunicazioni ai Comuni ogni volta che si spostavano, e molte segnalazioni non andavano a buon fine, per cui arrivavano le multe e si doveva fare ricorso. Tutto un aggravio di costi sociali in capo alle famiglie».
Lo ha dichiarato alla testata «Vita» Vincenzo Falabella, presidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), commentando alcuni provvedimenti previsti dall’articolo 29 del Decreto Legge 76/20, il cosiddetto “Decreto Semplificazioni”, pubblicato nei giorni scorsi in Gazzetta Ufficiale, a partire dalle disposizioni per favorire l’accesso delle persone con disabilità agli strumenti informatici, estendendo l’obbligo di rendere accessibili i siti web e le applicazioni per smartphone e tablet ad altri soggetti pubblici e anche a privati che forniscono servizi di rilevanza per il pubblico.
Il medesimo articolo prevede anche – come riferiamo in altra parte del giornale – un unico permesso nazionale per accedere con il contrassegno nelle ZTL (Zone a Traffico Limitato) di tutta Italia, nonché il fatto che gli interventi all’interno dei condomìni per l’abbattimento delle barriere architettoniche vadano considerati, in tutti i casi, come «non voluttuari», prescrivendo che l’unico divieto ad essi sia quando si reca pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato.

Ora però, secondo Falabella, «c’è da fare ben altro e ben di più – ha dichiarato sempre a “Vita” -: dobbiamo ricostruire il sistema di welfare del nostro Paese che è basato su un sistema di protezione e non su una logica di riconoscimento dei diritti. Guardando tuttavia alla pandemia di quest’anno, quella protezione “non ha protetto chi avrebbe dovuto proteggere” e le tante morti nella popolazione più vulnerabile ne sono la prova provata. Tanto per ricordarlo, la prima persona deceduta per Covid-19 era una persona con disabilità e pochissimo se n’è detto. Occorre dunque intervenire in maniera significativa, subito, pensando anche alle cronache di questi giorni, che raccontano di un uomo uccisosi insieme alla figlia di 31 anni, persona con grave disabilità [se ne legga già anche sulle nostre pagine, N.d.R.]: ebbene, tragedie come questa significano anche che la stessa Legge 112/16, sul “Dopo di Noi” o “sul Durante e Dopo di Noi” non ha dato le risposte attese. È quindi opportuno che ci si fermi e si inizi a programmare un sistema che dia risposte ai bisogni essenziali delle persone con disabilità e alle loro famiglie».

Restando alla pandemia da coronavirus, nei giorni scorsi il Presidente della FISH è stato sentito in Commissione Affari Sociali della Camera, ove si è soffermato su come l’emergenza abbia impattato nei confronti delle famiglie che hanno al proprio interno una persona con disabilità, riprendendo sostanzialmente quanto già esposto nel mese di giugno scorso, in sede di Stati Generali dell’Economia: «Anche questo intervento – afferma – si è basato sulla necessità di una nuova visione, non risarcitoria, ma di riconoscimento dei diritti. E per questo sta oggi alla politica fare un salto di qualità, assumendosi precise responsabilità».
A tal proposito Falabella torna a soffermarsi anche sull’aumento delle pensioni di invalidità, sottolineando che «a intervenire è stata la Corte Costituzionale, di fronte a una politica silente. Ora, quindi, dev’essere proprio la politica a decidere se attenersi al diktat della Corte o se scegliere di mettere mano a tutto l’impianto delle provvidenze economiche, aumentando la cifra della pensione non solo per chi è invalido al 100% ma per tutti coloro che la ricevono. Altrimenti succederà a breve che ci sarà un ricorso da parte chi ha un’invalidità diversa, senza un’assunzione di responsabilità politica. Questi, infatti, non devono essere interventi risarcitori, ma è riconoscere che con quell’emolumento economico le persone con disabilità possono superare gli ostacoli che ne limitano la partecipazione».

Significativo è anche quanto dichiarato da Falabella a «Vita» sui mesi del lockdown, definiti come «aberranti, con famiglie abbandonate a se stesse, soprattutto per il fatto che i servizi erano disegnati in maniera così “ingessata” da non riuscire a rispondere alle esigenze. E anche gli interventi previsti con il Governo, che andavano nella direzione di dare risposte immediate, poi sono stati difficilissimi da attuare. Per tutti penso all’articolo 26 del Decreto Legge 18/20, cosiddetto “Cura Italia”*, che l’INPS ha inspiegabilmente interpretato in maniera restrittiva, creando di fatto una non applicabilità della norma».
«Non possiamo continuare ad essere presi in ostaggio dalla burocrazia – ha concluso il Presidente della FISH – e la nuova sfida deve partire da quello che è successo nei mesi scorsi. Oggi abbiamo infatti l’occasione di cambiare, ricostruendo un pezzo importante del futuro del nostro Paese, ma per farlo, torno a ripetere, serve una modifica sostanziale del welfare di protezione, in favore di un welfare dei diritti». (S.B.)

*L’articolo 26 del Decreto “Cura Italia” (comma 2), successivamente convertito con modifiche nella Legge 27/20, disponeva che per i lavoratori dei settori privato e pubblico in possesso del riconoscimento di disabilità con connotazione di gravità (articolo 3, comma 3 della Legge 104/92) o in possesso del riconoscimento di disabilità (articolo 3, comma 1 della Legge 104/92), l’intero periodo di assenza dal servizio debitamente certificato, fino al termine del 31 luglio 2020, fosse equiparato a degenza ospedaliera. Ma come abbiamo riferito anche sulle nostre pagine, tale norma è stata interpretata dall’INPS in maniera restrittiva.

martedì 21 luglio 2020

Il mondo sembra andare verso la “scuola di tutti per tutti”

Superando.it del 21.07.2020

«Un’inclusione di qualità deve riguardare tutti e non solo gli alunni e le alunne con disabilità»: è uno dei punti più qualificanti dell’importante Rapporto Globale su “Che cosa significa un’educazione inclusiva, equa e di qualità”, prodotto dall’IDA (International Disability Alliance), ideale base di lavoro sulla quale gli Stati dovranno impegnarsi nei prossimi anni, per rendere realmente inclusivo il proprio sistema educativo. E il documento registra anche una tendenza che va consolidandosi, ovvero l’allontanamento da modelli di istruzione speciali, verso “una scuola di tutti per tutti”.

Dopo un lavoro protrattosi per ben due anni, l’IDA (International Disability Alliance) – che dal 2014 è rappresentante ufficiale della minority disabilità presso le Nazioni Unite, ciò che permette a tale organizzazione di interloquire direttamente con gli uffici competenti, per inserire i diritti delle persone con disabilità in ogni azione dell’ONU – ha pubblicato il proprio Rapporto Globale sull’educazione, intitolato What an inclusive, equitable, quality education means to us (“Che cosa significa per noi un’educazione inclusiva, equa e di qualità”), importante documento concepito ed elaborato tenendo due vere e proprie “stelle polari” di riferimento, quali il quarto Obiettivo per lo Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU 2030 (Istruzione di qualità), nonché la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
«Con questo Rapporto Globale – si legge nella presentazione dello stesso – intendiamo informare tutte le parti interessate nel settore dell’istruzione sulle priorità concordate dal movimento per i diritti della disabilità, fornendo al tempo stesso agli attivisti impegnati sui diritti delle persone con disabilità e alle organizzazioni che le rappresentano una serie di messaggi e raccomandazioni essenziali, per unificare e rafforzare la difesa verso riforme efficaci e accelerate del settore dell’istruzione».

Rimandando i Lettori interessati alla consultazione del testo integrale del Rapporto (disponibile in inglese a questo link), preme qui sottolinearne alcuni punti di particolare interesse, il primo dei quali fa riferimento alla sostanziale coincidenza temporale tra la pubblicazione del documento e quella del Rapporto GEM (Global Education Monitoring) sull’educazione inclusiva prodotto dall’Unesco.
In quest’ultimo, infatti, si scrive tra l’altro che «pur essendo spesso il concetto di educazione inclusiva comunemente associato ai bisogni delle persone con disabilità, l’inclusione in realtà deve riguardare tutti, dal momento che gli stessi meccanismi che escludono gli studenti con disabilità lo fanno anche con altri gruppi emarginati a causa di genere, età, posizione sociale, povertà, etnia, lingua, religione, migrazione o status di sfollati».
È un elemento, questo, che accomuna il Rapporto dell’Unesco a quello dell’IDA, ove infatti uno dei messaggi chiave è dato dalla «necessità di considerare l’educazione inclusiva come base per una trasformazione educativa generale e non come componente aggiuntivo pensato solo per gli studenti e le studentesse con disabilità». Nulla di “speciale”, quindi, riservato a una singola e specifica categoria, quella delle persone con disabilità, ma politiche e azioni che garantendo effettivamente l’inclusione, lo facciano anche per le persone con disabilità.

Entrambi i Rapporti, inoltre, richiedono agli Stati una serie di iniziative definite come fondamentali, quali l’investimento nella formazione degli insegnanti, la raccolta di dati affidabili, l’applicazione del design universale negli edifici dedicati all’insegnamento e nella didattica, finanziamenti mirati per interventi precoci e anche un particolare impegno sul cosiddetto “contesto”, ovvero nei confronti della comunità, delle famiglie e della società civile.

C’è quindi un altro passaggio particolarmente significativo, sottolineato con forza ad esempio da Joseph Murray, uno dei componenti del gruppo di lavoro che ha portato al Rapporto dell’IDA, il quale ha dichiarato: «Siamo lieti di constatare che vi è un crescente consenso sull’allontanamento da modelli di istruzione speciali, per arrivare a scuole veramente inclusive».
A quanto pare, quindi, si tratta di una tendenza verso “la scuola di tutti per tutti”, che sembra consolidarsi sempre più a livello internazionale.

Nel commentare poi il lungo processo di due anni che ha portato al documento dell’IDA, Praveena Sukhraj-Ely, altra componente del gruppo di lavoro, ha affermato: «Eravamo consapevoli dell’urgenza di rendere pubblica una posizione che tenesse conto delle diverse prospettive e delle esigenze uniche di milioni di studenti e studentesse con disabilità, ma siamo felici di avere ora una base su cui costruire i prossimi passi». E che questo Rapporto sia un punto di partenza ideale per iniziative concrete che nei prossimi anni dovranno impegnare tutti gli Stati nel settore dell’istruzione, lo dimostrano altri due elementi, a partire dal fatto che la stessa IDA prevede di sviluppare a breve e medio termine i contenuti del documento, per riflettere ancor più e meglio le tante differenze presenti nel variegato mondo della disabilità.
Inoltre, la pandemia da coronavirus, esplosa proprio nei mesi conclusivi dell’elaborazione, ha rivelato e accentuato ulteriori situazioni di disuguaglianza tra gli studenti, rendendo necessario “correggere il tiro” su alcuni aspetti, in particolare attirando l’attenzione sulla necessità e sulla possibilità di muoversi diversamente di fronte a situazioni “eccezionali” di emergenza. (S.B.)

24° edizione del concorso “Beretta-Pistoresi”

Con il comunicato n. 116/2020, la Sede Centrale UICI informa che è indetto il concorso per l’assegnazione delle borse di studio “Beretta-Pistoresi”, giunto, quest’anno, alla ventiquattresima edizione.
La selezione è riservata ai Soci della nostra Unione che si siano diplomati o laureati tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2019 e che, alla predetta data del 31 dicembre, non abbiano compiuto i quaranta anni di età.
Il termine ultimo per la presentazione delle domande di partecipazione è fissato al 31 ottobre 2020.

BANDO DI CONCORSO PER L’ASSEGNAZIONE DELLE BORSE DI STUDIO "BERETTA -PISTORESI"
Art. 1. Natura del concorso
In esecuzione delle volontà testamentarie di Lidia Teresa Beretta ed Elena Pistoresi, l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti bandisce annualmente quattro borse di studio per i Soci che, nell’anno solare precedente, abbiano conseguito titoli di studi di secondo o terzo livello. Le borse sono assegnate per merito, mediante concorso articolato in quattro sezioni.
Art. 2. Requisiti di ammissione
Alla corrente edizione del concorso, possono partecipare gli iscritti all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti che alla data del 31 dicembre 2019 non abbiano compiuto i quaranta anni di età e che, tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2019, abbiano conseguito uno dei seguenti titoli:
A. Diploma di istruzione secondaria superiore.
B. Diploma accademico, di primo o secondo livello, rilasciato da conservatorio di musica o da istituto musicale autorizzato.
C. Laurea (L).
D. Laurea magistrale (LM).
Art. 3. Borse di studio
Sono bandite:
A. Una borsa del valore di 1.500,00 euro per i Soci con diploma di istruzione secondaria superiore.
B. Una borsa del valore di 1.500,00 euro per i Soci con diploma accademico, di primo o secondo livello, rilasciato da conservatorio di musica o da istituto musicale autorizzato.
C. Una borsa del valore di 1.500,00 euro per i Soci con laurea.
D. Una borsa del valore di 2.500,00 euro per i Soci con laurea magistrale.
Art. 4. Presentazione delle domande di partecipazione
Le domande di partecipazione devono essere inoltrate, mediante raccomandata postale o mediante posta elettronica certificata, o consegnate a mano, entro il 31 ottobre 2020, all’indirizzo:
Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ONLUS-APS
Presidenza Nazionale
Via Borgognona, 38
00187 Roma
archivio@uiciechi.it o archivio@pec.uiciechi.eu.
Nella domanda di partecipazione, i concorrenti devono indicare la borsa di studio alla quale si candidano e dichiarare i seguenti stati e fatti:
- cognome e nome;
- luogo e data di nascita;
- residenza;
- iscrizione all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, con indicazione della Sezione Territoriale di appartenenza;
- titolo di studio, con indicazione dell’anno di conseguimento, del voto di diploma o di laurea e dell’istituzione rilasciante;
- votazioni riportate al primo quadrimestre dell’ultimo anno di scuola, se in possesso di diploma di istruzione secondaria superiore;
- votazioni riportate agli esami previsti nel piano degli studi, universitari o musicali, se in possesso di uno dei titoli elencati alle lettere B., C., e D. dell’art. 2.
I concorrenti devono, altresì, indicare un recapito telefonico e l’indirizzo di posta ordinaria o di posta digitale al quale desiderano vengano inviate le comunicazioni relative al concorso.
La firma in calce alla domanda non è soggetta ad autenticazione.
Le domande pervenute oltre il termine o incomplete sono escluse.
Art. 5. Commissione esaminatrice
La Commissione esaminatrice è costituita dal Presidente Nazionale dell’Unione, o da un suo delegato, e da due componenti, nominati dalla Direzione Nazionale della stessa Unione.
Sulla base dei punteggi di diploma o di laurea, e, in caso di parità, sulla base della media delle votazioni riportate al primo quadrimestre dell’ultimo anno di scuola o agli esami previsti nel piano degli studi, musicali o universitari, la Commissione forma quattro distinte graduatorie di merito, che trasmette alla Direzione Nazionale dell’Unione.
Art. 6. Proclamazione dei vincitori
Con propria deliberazione, la Direzione Nazionale proclama vincitori delle borse di studio i concorrenti al primo posto nelle quattro graduatorie di merito.
Gli esiti del concorso sono comunicati ai concorrenti, all’indirizzo di posta ordinaria o di posta digitale da essi indicato.
I vincitori delle borse di studio sono tenuti a comprovare la regolarità delle dichiarazioni rese nelle domande di partecipazione.
A tale scopo, ciascun vincitore deve far pervenire, mediante raccomandata postale o mediante posta elettronica certificata o con consegna a mano, all’indirizzo:
Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ONLUS-APS
Presidenza Nazionale
Via Borgognona, 38
00187 Roma
archivio@uiciechi.it o archivio@pec.uiciechi.eu, entro 30 giorni dalla comunicazione dei risultati concorsuali, certificazione, originale o in copia autenticata, attestante:
- il titolo di studio e l’anno di conseguimento;
- il voto di diploma o di laurea;
- le votazioni riportate al primo quadrimestre dell’ultimo anno di scuola, se vincitore della borsa riservata ai Soci con diploma di istruzione secondaria superiore;
- le votazioni riportate agli esami previsti nel piano degli studi, musicali o universitari, se vincitore di
una delle borse riservate ai Soci in possesso dei titoli di studio elencati alle lettere B., C., e D. dell’art. 2.
Il vincitore che non produca la certificazione richiesta, o le cui dichiarazioni risultino, in tutto o in parte, non veritiere, decade dal beneficio.
In tal caso, la Direzione Nazionale procede alla proclamazione di altro vincitore, secondo l’ordine della graduatoria di merito.
Gli esiti del concorso sono resi pubblici, mediante la stampa periodica e il sito web dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti.
Su deliberazione della Direzione Nazionale, i premi possono essere conferiti nel corso di cerimonie pubbliche.
Art. 7. Responsabilità
La partecipazione al concorso implica l’accettazione senza riserve del presente regolamento.
Spetta esclusivamente alla Direzione Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti il giudizio finale sui casi controversi e su quanto non espressamente previsto.
Art. 8. Trattamento dei dati personali
Tutte le informazioni raccolte nell’ambito del presente concorso saranno tutelate ai sensi del Regolamento (UE) 2016/679 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali.

lunedì 20 luglio 2020

Coinvolgere anche le persone con disabilità nella lotta ai cambiamenti climatici

Superando.it del 20.07.2020

I pesanti effetti del cambiamento climatico in corso nel nostro pianeta si distribuiscono seguendo i medesimi modelli di disuguaglianza già presenti nella società, rendendo quindi ancora una volta le persone con disabilità, vittime di discriminazioni multiple e intersezionali, “vulnerabili tra le vulnerabili”. Esse vanno quindi coinvolte direttamente in ogni azione volta a combattere gli stessi cambiamenti climatici. È quanto emerso con chiarezza a Ginevra, nell’àmbito della 44^ Sessione del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU.

Scarsità d’acqua, insicurezza alimentare, perdite economiche, violenza di genere, alloggi inadeguati, interruzione dei servizi di sostegno, necessità di spostarsi dal luogo in cui si vive: sono i principali effetti del cambiamento climatico in corso sul nostro pianeta e si distribuiscono seguendo esattamente gli stessi modelli di disuguaglianza già presenti nella società, rendendo quindi ancora una volta le persone con disabilità, discriminate in modo multiplo e intersezionale, “le più vulnerabili tra le vulnerabili”.
È quanto emerso con chiarezza durante una discussione svoltasi all’interno della 44^ Sessione del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU, appena conclusasi a Ginevra.

Alla tavola rotonda hanno partecipato tra gli altri Catalina Devandas, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità, mentre l’IDA (International Disability Alliance) – che dal 2014 è rappresentante ufficiale della minority disabilità presso le Nazioni Unite, ciò che permette a tale organizzazione di interloquire direttamente con gli uffici competenti, per inserire i diritti delle persone con disabilità in ogni azione dell’ONU – era rappresentata da Deborah Iyute Oyuu, attivista ugandese per i diritti umani, con una lunga esperienza in materia di disabilità e riduzione del rischio di catastrofi.

Per l’occasione, Devandas, oltre a richiamare la necessità di combattere anche in questo àmbito ogni discriminazione nei confronti delle persone con disabilità, ha sottolineato l’esigenza che le stesse persone con disabilità siano protagoniste dirette nel quadro delle azioni volte a contrastare i cambiamenti climatici. «Per questo – ha dichiarato – servono politiche inclusive di cooperazione internazionale e che tramite organismi ad hoc, le persone con disabilità possano partecipare alle politiche e ai processi decisionali relativi alla Convenzione delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC), nonché al Sendai Framework for Disaster Risk Reduction (“Quadro di riferimento di Sendai per la riduzione del rischio di disastri”)».
Quest’ultimo, lo ricordiamo, è il documento conclusivo della Terza Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sulla riduzione del rischio di catastrofi, svoltasi nel 2015 a Sendai, in Giappone, che per la prima volta a livello mondiale – come avevamo riferito a suo tempo – ha posto esplicita attenzione alle persone con disabilità.

Dal canto suo, Oyuu, oltre ad affermare quanto sia determinante che «tutti gli Stati, le organizzazioni della società civile e i vari portatori d’interesse seguano ogni principio della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità», ha ribadito a propria volta la necessità di coinvolgere le persone con disabilità nei programmi che puntano a combattere i cambiamenti climatici, non mancando inoltre di raccomandare ai vari Paesi «di adottare tutte le misure necessarie ad attuare ogni obbligo di accessibilità, di garantire la partecipazione di donne e ragazze con disabilità, così come di tutti gli altri gruppi sottorappresentati nelle politiche riguardanti i cambiamenti climatici», oltreché di «includere i diritti delle persone con disabilità in tutte le azioni di sviluppo». (S.B.)

Per approfondire ulteriormente accedere a questo link, nel sito dell’IDA (International Disability Alliance).

Convenzione ONU e scuola: una riflessione sulle riserve della Gran Bretagna di Salvatore Nocera

Superando.it del 20.07.2020

«A proposito delle riserve espresse dalla Gran Bretagna sulla Convenzione ONU in àmbito scolastico – scrive Salvatore Nocera – analizzate su queste pagine, è curioso osservare come esse ricalchino pedissequamente le argomentazioni svolte nel 1975 dalla nostra Corte Costituzionale, con le quali si negava il diritto dei ciechi a frequentare le scuole dei vedenti. Nei due anni successivi, però, la Legislazione Italiana permise a tutti gli alunni e le alunne con disabilità di frequentare come gli altri le scuole elementari e medie, mentre per le superiori si dovette attendere il 1987».

È apprezzabile l’idea di «Superando.it» di dare spazio alle riserve espresse da vari Stati su alcune parti della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, indicandone le ragioni, e già quelle proposte nei giorni scorsi, riguardanti la Gran Bretagna e l’àmbito della scuola, inducono a qualche riflessione.

Quelle riserve, infatti («Il Regno Unito si riserva il diritto di educare i bambini con disabilità al di fuori della loro comunità locale, dove è disponibile un’istruzione più adeguata» e poco oltre «il sistema di istruzione generale nel Regno Unito comprende sia scuole tradizionali che scuole speciali»), ricalcano pedissequamente, quasi come una sorta di “copia e incolla”, le argomentazioni svolte dalla Sentenza n. 125 del 1975, prodotta dalla nostra Corte Costituzionale, con la quale si negava il diritto dei ciechi a frequentare le scuole dei vedenti, proprio con la motivazione assai speciosa e discutibile secondo cui i ciechi stessi, per essere uguali ai vedenti, dovevano frequentare scuole speciali nelle quali fossero garantite tutte le condizioni che permettevano ai vedenti di frequentare le scuole comuni. E a sostegno di tale tesi si citava addirittura una celebre frase di don Lorenzo Milani («Non si possono fare parti uguali tra diseguali»).

Fortunatamente, in chiusura della Sentenza, la Consulta stabiliva che se tuttavia il Parlamento avesse voluto approvare una legge per consentire ai ciechi di frequentare le scuole comuni, così come era stato fatto con la Legge 118 del 1971 per gli invalidi civili non gravi, avrebbe potuto farlo, perché ciò non era vietato dalla Costituzione. E così l’anno successivo venne approvata la Legge 360 del 1976, che riconosceva appunto il diritto dei ciechi a frequentare pure le scuole comuni.
Si trattò di una norma composta di un solo articolo, che divenne il testo base per il riconoscimento generalizzato dell’integrazione di tutti gli alunni con disabilità nelle scuole elementari e medie. Infatti, la successiva Legge 517 del 1977 (Norme sulla valutazione degli alunni e sull’abolizione degli esami di riparazione nonché altre norme di modifica dell’ordinamento scolastico), contiene tre articoli che sono copia identica dell’unico articolo della Legge 360/76, riconoscendo all’articolo 2 il diritto di tutti gli alunni con disabilità di frequentare la scuola primaria e all’articolo 7 la scuola media, mentre l’articolo 10 riconosce quello stesso diritti agli alunni sordi. Per le scuole superiori, invece, occorrerà aspettare la Sentenza della Corte Costituzionale n. 215 del 1987.

sabato 18 luglio 2020

Gita sociale della Sezione Territoriale UICI di Como

GRAN TOUR IN FRIULI VENEZIA GIULIA DAL 8 AL 11 OTTOBRE 2020.

1° GIORNO – LECCO E COMO – TRIESTE - 480 KM. Ritrovo dei Partecipanti presso la Stazione Ferroviaria di Lecco alle ore 7.00, e a Como Rebbio alle ore 08.00. Partenza con Pullman GT alla volta del Friuli Venezia Giulia (sosta a Verona per il carico degli amici Mantovani). Sosta lungo il percorso per il pranzo libero in Autogrill. Arrivo in città a Trieste nel primo pomeriggio, incontro con la guida turistica della città di Trieste ed inizio della visita di un paio d’ore ai monumenti più importanti di tutto il centro storico e alla bellissima Piazza dell’Unità d’Italia. Al termine incontro con gli amici Triestini dell’UIC, scambio di saluti e aperitivo insieme. Trasferimento del nostro gruppo in Hotel situato in centro a Trieste, sistemazione nelle camere riservate. Verso le ore 20.30 incontro con tutti gli amici per cena in ristorante per rinnovare il Gemellaggio tra le sezioni di Como / Lecco – Mantova e Trieste. Rientro in Hotel e Pernottamento.

2° GIORNO – TRIESTE – GORIZIA – CIVIDALE DEL FRIULI – UDINE- 98 KM. Prima colazione in Hotel, in mattinata partenza verso la città’ di Gorizia ed incontro con la guida per la visita al centro storico in particolare con le visite esterne alla città il Castello che predomina il centro abitato, i palazzi storici, le chiese e le sinagoghe, sosta in Piazza Transalpina dove fino al 2004 era divisa da un muro e si poteva camminare con un piede in Italia e l’altro in Slovenia. Sosta per il pranzo in ristorante. Nel pomeriggio proseguimento guidato a Cividale del Friuli, l’antica capitale longobarda, in particolare il Monastero di Santa Maria in Valle e il Tempietto e il Ponte del Diavolo abbattuto durante la disfatta di Caporetto e poi ricostruito. Tempo permettendo e in conformità’ alle linee guida Covid, si potrà fare una breve visita e sosta in una cantina vitivinicola della zona, prima dell’arrivo in hotel a Udine. Sistemazione nelle camere riservate, cena e pernottamento.

3° GIORNO – UDINE – SAN DANIELE – SPILIMBERGO- UDINE - 70 KM. Prima colazione in Hotel, in mattinata trasferimento verso la zona di San Daniele del Friuli per visitare un prosciuttificio con assaggio… e proseguiamo poi per Spilimbergo, la città del Mosaico. Dove effettueremo una visita per ammirare gli esterni del Castello e il Duomo di Santa Maria Maggiore, in stile romanico friulano. Sosta Pranzo in ristorante. Nel pomeriggio ci trasferiamo ad Udine per la visita guidata, città accogliente e conviviale dal fascino Veneziano, patria artistica del Tiepolo, passeggiamo verso la Cattedrale e piazza libertà ecc. Rientro in Hotel, cena e pernottamento.

4° GIORNO – UDINE – SESTO AL REGHENA - COMO E LECCO 430 KM. Prima colazione in Hotel, in mattinata si raggiungerà Sesto al Reghena e con il nostro accompagnatore si ammirerà l’antica Abbazia Benedettina di Santa Maria in Sylvis. Pranzo in ristorante. Al termine partenza per il viaggio di rientro con sosta lungo il percorso. Arrivo in serata a Como e Lecco.

QUOTA DI PARTECIPAZIONE: MIN 30 PAGANTI 450€ -SUPPL. SINGOLA 75€
LA QUOTA COMPRENDE: viaggio a/r in Pullman GT – Sistemazione in Hotel 3* sup. a Trieste in centro e Hotel 3* sup. a Udine, nelle immediate vicinanze del centro; Trattamento di Pensione completa con bevande comprese ai pasti dalla cena del primo giorno al pranzo dell’ultimo giorno; Servizio guida ove indicato per il 1°/ 2° e 3° giorno; Visite organizzate al prosciuttificio San Daniele e all’azienda Vinicola; Tassa soggiorno inclusa; Assicurazione sanitaria e Accompagnatore dell’agenzia Vecchie Mura Viaggi di Lecco. LA QUOTA NON COMPRENDE: Mance, ingressi non menzionati ed extra di carattere personale e tutto quanto non espressamente indicato alla voce “La Quota Comprende”.

IL TOUR SARA’ GESTITO SECONDO LE LINEE GUIDA E DIRETTIVE GOVERNATIVE, I POSTI A DISPOSIZIONE SARANNO MASSIMO C.A. 35 /38 PERSONE IN BASE AL NUMERO DEI CONGIUNTI ISCRITTI AL VIAGGIO. PER INFO E PRENOTAZIONI SI PREGA DI RIVOLGERSI ALL’UIC DI COMO OPPURE PRESSO LA NOSTRA AGENZIA PRENOTAZIONE ENTRO IL 20 AGOSTO CON ACCONTO DI 100€ A PERSONA. SALDO IL 20 SETTEMBRE.

venerdì 17 luglio 2020

Le riserve degli Stati sulla Convenzione ONU: partiamo dalla Gran Bretagna

Superando.it del 17.07.2020

Che cosa significa ratificare con riserva una Convenzione delle Nazioni Unite? Che si accetta quanto scritto in quel Trattato, ma non si intendono applicarne uno o più articoli o commi. Varie e di varia natura sono state le riserve presentate da alcuni Stati anche rispetto alla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Cercheremo via via di esaminarle tutte, partendo, nel presente contributo, da quelle espresse dalla Gran Bretagna, riguardanti la scuola, la libertà di movimento e cittadinanza e il lavoro.

Nello spiegare qualche giorno fa la differenza tra sottoscrizione e ratifica della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, avevamo concluso segnalando che un Trattato Internazionale sui Diritti Umani può anche essere ratificato con riserva. Ma di che cosa si tratta esattamente?

La riserva è un istituto mediante il quale uno Stato manifesta la propria volontà di non accettare determinate clausole di un Trattato multilaterale, di accettarle con alcune modifiche oppure secondo una determinata interpretazione. Ne consegue che tra lo Stato che presenta una riserva e gli altri Paesi contraenti, l’accordo si forma solo per la parte non investita dalla riserva stessa.
Questo, secondo gli esperti del settore dei diritti umani, porta a una conseguenza non certo positiva, ovvero che i Trattati Internazionali sui Diritti Umani, pur venendo ratificati dalla maggior parte degli Stati, non consentono un’applicazione universale degli stessi diritti umani che mirano a tutelare. Proprio l’istituto della riserva, infatti, rende possibile, nella pratica, che alcuni Stati adottino delle leggi nazionali in palese contrasto con le norme dei Trattati.

Tornando allo specifico della Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità, varie e di varia natura sono state le riserve presentate (tutte disponibili integralmente nel portale dell’ONU a questo link), accompagnate o meno da dichiarazioni, che come tali, però, non vincolano al mancato rispetto del Trattato, costituendo invece un’esplicitazione di ciò che si pensa di attuare nel proprio Paese in determinati settori.
In genere le riserve riguardano singoli articoli o commi, e la maggior parte di esse fanno riferimento agli articoli della Convenzione concernenti lo studio, il lavoro e la capacità giuridica delle persone con disabilità. In altri casi sono motivate dalle norme dettate da diverse confessioni religiose, ciò che fa subito tornare alla mente la pressante richiesta alla Santa Sede, apparsa più di una volta su queste pagine, di sottoscrivere e ratificare la Convenzione, ciò che ancora non è avvenuto, utilizzando appunto il meccanismo della riserva per gli articoli maggiormente contestati.
Vi si soffermava ad esempio Salvatore Nocera, all’inizio di quest’anno, ribadendo la propria convinzione che «siano ormai maturi i tempi perché la Santa Sede sottoscriva la Convenzione ONU, evidenziando, come prevede la stessa Convenzione, quelle riserve su alcuni articoli della stessa che sino ad oggi non hanno consentito tale sottoscrizione». «Questo importante gesto – concludeva – rafforzerebbe i nuovi orientamenti pastorali recentemente emersi, diffondendoli in ambienti ecclesiali e laici a tutto vantaggio di una sempre migliore qualità dell’inclusione sociale delle persone con disabilità».

Al di là di questo, cercheremo dunque di esaminare via via le riserve finora espresse da una serie di Stati, a cominciare, nel presente contributo, da quelle del Regno Unito (Gran Bretagna e Irlanda del Nord).
Gli articoli oggetto delle riserve inglesi sono il 18° (Libertà di movimento e cittadinanza), il 24° (Educazione) e il 27° (Lavoro e occupazione), ma è soprattutto nel secondo di essi che vengono toccati alcuni punti particolarmente discussi sin dagli anni in cui la Convenzione venne definita.
Qui viene toccato segnatamente il concetto stesso di “scuola di tutti per tutti”, con la difesa di ordinamenti propri, nel cui sistema educativo convivono diversi orientamenti.
Il comma dell’articolo 24 messo in discussione dal Regno Unito è il secondo, ed esattamente ai punti a) e b), i quali recitano rispettivamente: «Nell’attuazione di tale diritto [all’istruzione delle persone con disabilità], gli Stati Parti devono assicurare che: (a) le persone con disabilità non siano escluse dal sistema di istruzione generale in ragione della disabilità e che i minori con disabilità non siano esclusi in ragione della disabilità da una istruzione primaria gratuita libera ed obbligatoria o dall’istruzione secondaria; (b) le persone con disabilità possano accedere su base di uguaglianza con gli altri, all’interno delle comunità in cui vivono, ad un’istruzione primaria, di qualità e libera ed all’istruzione secondaria».
Ebbene, «il Regno Unito – viene scritto – si riserva il diritto di educare i bambini con disabilità al di fuori della loro comunità locale, dove altrove è disponibile un’istruzione più adeguata. E tuttavia, i genitori di bambini e bambine con disabilità hanno le stesse opportunità degli altri genitori di dichiarare una preferenza per la scuola in cui desiderano che il loro bambino venga educato».
«Il Governo del Regno Unito – si aggikunge quindi nella dichiarazione che accompagna la riserva – si impegna a continuare a sviluppare un sistema inclusivo in cui i genitori di bambini e bambine con disabilità abbiano un accesso crescente a scuole tradizionali in grado di soddisfarne le esigenze». E tuttavia si puntualizza che «il sistema di istruzione generale nel Regno Unito comprende sia scuole tradizionali che scuole speciali», ciò che continuerà ad essere, al di là di quanto stabilito dalla Convenzione.

Per quanto poi riguarda il 18° articolo, sulla Libertà di movimento e la cittadinanza, è bene innanzitutto riportarne integralmente il contenuto: «1. Gli Stati Parti riconoscono alle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, il diritto alla libertà di movimento, alla libertà di scelta della propria residenza e il diritto alla cittadinanza, anche assicurando che le persone con disabilità: (a) abbiano il diritto di acquisire e cambiare la cittadinanza e non siano private della cittadinanza arbitrariamente o a causa della loro disabilità; (b) non siano private a causa della disabilità, della capacità di ottenere, detenere ed utilizzare la documentazione attinente alla loro cittadinanza o altra documentazione di identificazione, o di utilizzare le procedure pertinenti, quali le procedure di immigrazione, che si rendano necessarie per facilitare l’esercizio del diritto alla libertà di movimento; (c) siano libere di lasciare qualunque Paese, incluso il proprio; (d) non siano private, arbitrariamente o a motivo della loro disabilità, del diritto di entrare nel proprio Paese».
Questa è la riserva espressa dalla Gran Bretagna: «Il Regno Unito si riserva il diritto di applicare tale legislazione, ma non per coloro che ai sensi delle nostre leggi non abbiano il diritto entrar e rimanere nel nostro Paese, ciò che è necessario valutare caso per caso». Una puntualizzazione, quindi, quanto mai significativa, che non richiede troppi commenti.

Infine, rispetto al 27° articolo su Lavoro e occupazione (articolo 1: «Gli Stati Parti riconoscono il diritto al lavoro delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri…»), pur accettandone le disposizioni, se ne esclude l’applicazione nel Regno Unito, per quanto concerne l’ammissione in una delle proprie forze navali, militari o aeree.

Prossimamente passeremo ad esaminare le riserve espresse da altri Paesi. (S.B.)

mercoledì 15 luglio 2020

Chi non rispetta la Convenzione ONU viola una Legge dello Stato

Superando.it del 15.07.2020

Quale differenza c’è tra sottoscrivere e ratificare una Convenzione dell’ONU? E ancor prima, che cos’è esattamente una Convenzione dell’ONU sui Diritti Umani? A quattordici anni dall’adozione della Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità e a undici dalla ratifica di essa da parte dell’Italia, riproponiamo una serie di elementi fondamentali, per capire ad esempio perché gli Stati Uniti, che hanno sottoscritto ma non ratificato il Trattato, non sono legalmente vincolati a rispettarne gli obblighi, mentre nel nostro Paese chi non li rispetta viola una Legge dello Stato.

Una Lettrice ci ha scritto in redazione, segnalando che dagli elenchi degli Stati che hanno ratificato la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, da noi periodicamente aggiornati, risultano mancanti gli Stati Uniti, nonostante il 30 luglio 2009 gli USA abbiano sottoscritto tale Trattato durante l’Amministrazione Obama.
Abbiamo quindi spiegato alla Lettrice stessa la differenza tra ratifica e sottoscrizione, sentendoci giustamente sollecitati ad esporla a tutti i Lettori, alla luce anche dei molti anni ormai passati dalla definizione della Convenzione, processo che tra il 2005 e il 2009 il nostro giornale seguì passo dopo passo, anche con varie corrispondenze dirette da New York.

Partiamo quindi dai princìpi generali e dalla definizione stessa di Convenzione sui Diritti Umani, qual è appunto quella delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Si tratta in sostanza di un accordo internazionale legalmente vincolante tra gli Stati, che definisce alcuni princìpi relativi a un insieme di diritti umani, e stabilisce i parametri di condotta ai quali i Governi si devono attenere per rispettarli.
Nello specifico delle Nazioni Unite, quando queste ultime adottano una Convenzione – tra parentesi è il caso di ricordare che quella sui Diritti delle Persone con Disabilità è stata la prima del nuovo millennio – quest’ultima viene presentata a tutti gli Stati Membri i quali possono sottoscriverla, esprimendo così la propria intenzione di attenervisi. E tuttavia, solo ratificandola gli Stati stessi conferiscono ad essa un carattere legalmente vincolante sul proprio territorio. Vien da sé, quindi, che la sottoscrizione, senza la successiva ratifica, non vincola uno Stato a rispettare gli obblighi enunciati nella Convenzione, pur potendolo obbligare ad astenersi dal compiere atti che possano andare contro le disposizioni contenute tra gli obiettivi e gli scopi del Trattato.
Quest’ultimo è appunto il caso degli Stati Uniti, che hanno sottoscritto la Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità, senza però ratificarla, così come il Bhutan, il Camerun, il Libano, le Isole Salomone, il Tagikistan e l’Uzbekistan.
Dal canto suo, l’Italia ha sottoscritto il Trattato il 30 marzo 2007, giorno dell’apertura alle firme dei vari Paesi, ratificandolo poi all’inizio del 2009, con la Legge 18/09. Anche qui va da sé che chi non rispetta nel nostro Paese i princìpi della Convenzione, viola appunto una Legge dello Stato.

Altro elemento di utile informazione, la Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità, composta da 50 articoli, è corredata da un Protocollo Opzionale costituito da 18 articoli, il cui significato è racchiuso nel primo articolo di esso, ove si dice che «ogni Stato Parte del presente Protocollo riconosce la competenza del Comitato sui Diritti delle Persone con Disabilità [l’organismo preposto a monitorare l’attuazione della Convenzione nei vari Stati, N.d.R.] a ricevere e ad esaminare comunicazioni presentate da individui o gruppi di individui o in rappresentanza di individui o gruppi di individui soggetti alla sua giurisdizione che pretendano di essere vittime di violazioni delle disposizioni della Convenzione da parte di quello Stato Parte».

Ad oggi, 15 luglio 2020, quattordici anni dopo l’approvazione della Convenzione, sono stati ben 181 (più l’Unione Europea) i Paesi che l’hanno ratificata, come risulta dall’elenco ufficiale prodotto dall’ONU. 98, invece, sono i Paesi che hanno ratificato anche il Protocollo Opzionale. In calce proponiamo entrambi gli elenchi.

Resta da ricordare soltanto, in conclusione, che la ratifica di una Convenzione può avvenire con riserva, quest’ultima da ritenere come una dichiarazione unilaterale fatta da uno Stato, tramite la quale escludere o modificare l’effetto giuridico di alcune disposizioni della Convenzione stessa nella loro applicazione a tale Stato. Prossimamente dedicheremo un approfondimento ad alcune delle riserve più significative espresse da altrettanti Stati. (S.B.)

Al 15 luglio 2020 hanno ratificato la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (l’ordine cronologico è quello ufficiale, indicato dal portale delle Nazioni Unite):
Giamaica (30 marzo 2007) – Ungheria (20 luglio 2007) – Panama (7 agosto 2007) – Croazia (15 agosto 2007) – Cuba (6 settembre 2007) – Gabon (1° ottobre 2007) – India (1° ottobre 2007) – Bangladesh (30 novembre 2007) – Sudafrica (30 novembre 2007) – Spagna (3 dicembre 2007) – Namibia (4 dicembre 2007) – Nicaragua (7 dicembre 2007) – El Salvador (14 dicembre 2007) – Messico (17 dicembre 2007) – Perù (30 gennaio 2008) – Guinea (8 febbraio 2008) – San Marino (22 febbraio 2008) – Giordania (31 marzo 2008) – Tunisia (2 aprile 2008) – Ecuador (3 aprile 2008) – Mali (7 aprile 2008) – Egitto (14 aprile 2008) – Honduras (14 aprile 2008) – Filippine (15 aprile 2008) – Slovenia (24 aprile 2008) – Qatar (13 maggio 2008) – Kenya (19 maggio 2008) – Arabia Saudita (24 giugno 2008) – Niger (24 giugno 2008) – Australia (17 luglio 2008) – Thailandia (29 luglio 2008) – Cile (29 luglio 2008) – Brasile (1° agosto 2008) – Cina (1° agosto 2008) – Argentina (2 settembre 2008) – Paraguay (3 settembre 2008) – Turkmenistan (4 settembre 2008) – Nuova Zelanda (25 settembre 2008) – Uganda (25 settembre 2008) – Austria (26 settembre 2008) – Costarica (1° ottobre 2008) – Vanuatu (23 ottobre 2008) – Lesotho (2 dicembre 2008) – Corea del Sud (11 dicembre 2008) – Ruanda (15 dicembre 2008) – Svezia (15 dicembre 2008) – Oman (6 gennaio 2009) – Azerbaijan (28 gennaio 2009) – Uruguay (11 febbraio 2009) – Germania (24 febbraio 2009) – Yemen (26 marzo 2009) – Guatemala (7 aprile 2009) – Marocco (8 aprile 2009) – Sudan (24 aprile 2009) – Isole Cook (8 maggio 2009) – Mongolia (13 maggio 2009) – Italia (15 maggio 2009) – Gran Bretagna (8 giugno 2009) – Belgio (2 luglio 2009) – Siria (10 luglio 2009) – Haiti (23 luglio 2009) – Burkina Faso (23 luglio 2009) – Danimarca (24 luglio 2009) – Serbia (31 luglio 2009) – Repubblica Dominicana (18 agosto 2009) – Malawi (27 agosto 2009) – Portogallo (23 settembre 2009) – Laos (25 settembre 2009) – Repubblica Ceca (28 settembre 2009) – Turchia (28 settembre 2009) – Seychelles (2 ottobre 2009) – Iran (23 ottobre 2009) – Montenegro (2 novembre 2009) – Tanzania (10 novembre 2009) – Bolivia (16 novembre 2009) – Algeria (4 dicembre 2009) – Mauritius (8 gennaio 2010) – Zambia (1° febbraio 2010) – Ucraina (4 febbraio 2010) – Francia (18 febbraio 2010) – Lettonia (1° marzo 2010) – Canada (11 marzo 2010) – Bosnia-Erzegovina (12 marzo 2010) – Emirati Arabi Uniti (19 marzo 2010) – Maldive (5 aprile 2010) – Nepal (7 maggio 2010) – Slovacchia (26 maggio 2010) – Etiopia (7 luglio 2010) – Malaysia (19 luglio 2010) – Lituania (18 agosto 2010) – Senegal (7 settembre 2010) – Moldavia (21 settembre 2010) – Armenia (22 settembre 2010) – Nigeria (24 settembre 2010) – Sierra Leone (4 ottobre 2010) – Saint Vincent e Grenadine (29 ottobre 2010) – Unione Europea (23 dicembre 2010) – Romania (31 gennaio 2011) – Togo (1° marzo 2011) – Colombia (10 maggio 2011) – Belize (2 giugno 2011) – Cipro (27 giugno 2011) – Pakistan (5 luglio 2011) – Bahrein (22 settembre 2011) – Lussemburgo (26 settembre 2011) – Capo Verde (10 ottobre 2011) – Indonesia (30 novembre 2011) – Myanmar (7 dicembre 2011) – Macedonia (29 dicembre 2011) – Bulgaria (22 marzo 2012) – Mozambico (30 gennaio 2012) – Mauritania (3 aprile 2012) – Estonia (30 maggio 2012) – Grecia (31 maggio 2012) – Gibuti (18 giugno 2012) – Nauru (27 giugno 2012) – Benin (5 luglio 2012) – Liberia (26 luglio 2012) – Ghana (31 luglio 2012) – Afghanistan (18 settembre 2012) – Swaziland (24 settembre 2012) – Polonia (25 settembre 2012) – Russia (25 settembre 2012) – Israele (28 settembre 2012) – Dominica (1° ottobre 2012) – Malta (10 ottobre 2012) – Cambogia (20 dicembre 2012) – Albania (11 febbraio 2013) – Barbados (27 febbraio 2013) – Iraq (20 marzo 2013) – Norvegia (3 giugno 2013) – Palau (11 giugno 2013) – Singapore (18 luglio 2013) – Kuwait (22 agosto 2013) – Zimbabwe (23 settembre 2013) – Venezuela (24 settembre 2013) – Papua Nuova Guinea (26 settembre 2013) – Kiribati (27 settembre 2013) – Tuvalu (18 dicembre 2013) – Costa d’Avorio (10 gennaio 2014) – Giappone (20 gennaio 2014) – Andorra (11 marzo 2014) – Georgia (13 marzo 2014) – Stato di Palestina (2 aprile 2014) – Svizzera (15 aprile 2014) – Angola (19 maggio 2014) – Burundi (22 maggio 2014) – Grenada (27 agosto 2014) – Repubblica Democratica del Congo (2 settembre 2014) – Guyana (10 settembre 2014) – Guinea Bissau (24 settembre 2014) – Vietnam (5 febbraio 2015) – Isole Marshall (17 marzo 2015) – Kazakistan (21 aprile 2015) – Madagascar (12 giugno 2015) – Trinidad e Tobago (25 giugno 2015) – Gambia (6 luglio 2015) –Bahamas (28 settembre 2015) – São Tomé e Príncipe (5 novembre 2015) – Antigua e Barbuda (7 gennaio 2016) – Sri Lanka (8 febbraio 2016) – Brunei (11 aprile 2016) – Finlandia (11 maggio 2016) – Comore (16 giugno 2016) – Paesi Bassi (13 luglio 2016) – Islanda (23 settembre 2016) – Repubblica Centrafricana (11 ottobre 2016) – Bielorussia (29 novembre 2016) – Samoa (2 dicembre 2016) – Corea del Sud (6 dicembre 2016) – Stati Federati di Micronesia (7 dicembre 2016) – Suriname (29 marzo 2017) – Isole Figi (7 giugno 2017) – Principato di Monaco (19 settembre 2017) – Libia (13 febbraio 2018) – Irlanda (20 marzo 2018) – Kirghizistan (16 maggio 2019) – Ciad (20 giugno 2019) – Somalia (6 agosto 2019) – Saint Kitts e Nevis (17 ottobre 2019) – Santa Lucia (11 giugno 2020) –

I seguenti Stati hanno ratificato anche il Protocollo Opzionale alla Convenzione:
Ungheria (20 luglio 2007) – Panama (7 agosto 2007) – Croazia (15 agosto 2007) – Sudafrica (30 novembre 2007) – Spagna (3 dicembre 2007) – Namibia (4 dicembre 2007) – El Salvador (14 dicembre 2007) – Messico (17 dicembre 2007) – Perù (30 gennaio 2008) – Guinea (8 febbraio 2008) – San Marino (22 febbraio 2008) – Tunisia (2 aprile 2008) – Ecuador (3 aprile 2008) – Mali (7 aprile 2008) – Slovenia (24 aprile 2008) – Bangladesh (12 maggio 2008) – Arabia Saudita (24 giugno 2008) – Niger (24 giugno 2008) – Cile (29 luglio 2008) – Brasile (1° agosto 2008) – Argentina (2 settembre 2008) – Paraguay (3 settembre 2008) – Uganda (25 settembre 2008) – Austria (26 settembre 2008) – Costarica (1° ottobre 2008) – Ruanda (15 dicembre 2008) – Svezia (15 dicembre 2008) – Azerbaijan (28 gennaio 2009) – Germania (24 febbraio 2009) – Yemen (26 marzo 2009) – Guatemala (7 aprile 2009) – Marocco (8 aprile 2009) – Sudan (24 aprile 2009) – Isole Cook (8 maggio 2009) – Mongolia (13 maggio 2009) – Italia (15 maggio 2009) – Belgio (2 luglio 2009) – Siria (10 luglio 2009) – Haiti (23 luglio 2009) – Burkina Faso (23 luglio 2009) – Serbia (31 luglio 2009) – Gran Bretagna (7 agosto 2009) – Repubblica Dominicana (18 agosto 2009) – Australia (21 agosto 2009) – Portogallo (23 settembre 2009) – Turchia (28 settembre 2009) – Montenegro (2 novembre 2009) – Tanzania (10 novembre 2009) – Bolivia (16 novembre 2009) – Nicaragua (2 febbraio 2010) – Ucraina (4 febbraio 2010) – Francia (18 febbraio 2010) – Bosnia-Erzegovina (12 marzo 2010) – Nepal (7 maggio 2010) – Slovacchia (26 maggio 2010) – Honduras (16 agosto 2010) – Lituania (18 agosto 2010) – Lettonia (31 agosto 2010) – Nigeria (24 settembre 2010) – Saint Vincent e Grenadine (29 ottobre 2010) – Turkmenistan (10 novembre 2010) – Togo (1° marzo 2011) – Cipro (27 giugno 2011) – Lussemburgo (26 settembre 2011) – Uruguay (28 ottobre 2011) – Macedonia (29 dicembre 2011) – Mozambico (30 gennaio 2012) – Mauritania (3 aprile 2012) – Estonia (30 maggio 2012) – Grecia (31 maggio 2012) – Gibuti (18 giugno 2012) – Benin (5 luglio 2012) – Ghana (31 luglio 2012) – Afghanistan (18 settembre 2012) – Swaziland (24 settembre 2012) – Dominica (1° ottobre 2012) – Malta (10 ottobre 2012) – Palau (11 giugno 2013) – Zimbabwe (23 settembre 2013) – Andorra (11 marzo 2014) – Angola (19 maggio 2014) – Burundi (22 maggio 2014) – Gabon (26 giugno 2014) – Repubblica Democratica del Congo (2 settembre 2014) – Danimarca (23 settembre 2014) – Turchia (26 marzo 2015) – Gambia (6 luglio 2015) – Finlandia (11 maggio 2016) – Comore (17 giugno 2016) – Thailandia (2 settembre 2016) – Nuova Zelanda (4 ottobre 2016) – Repubblica Centrafricana (11 ottobre 2016) – Guinea-Bissau (22 ottobre 2018) – Canada (3 dicembre 2018) – Stato di Palestina (10 aprile 2019) – Monaco (27 giugno 2019) – Santa Lucia (11 giugno 2020)

Per ulteriori approfondimenti: https://www.un.org/development/desa/disabilities.