lunedì 30 novembre 2020

Un’alternativa che rilanci l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità di Marino Bottà

Superando del 30/11/2020

«Dopo la pandemia – secondo Marino Bottà – il sistema del Collocamento Disabili farà fatica a ripartire e non sarà in grado di affrontare le nuove sfide occupazionali. È ora, quindi, di costruire un’alternativa, una strategia, un soggetto in grado di rilanciare la cultura inclusiva e l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità. Se ci facciamo sentire, troveremo anche chi ci ascolta. E la dimostrazione che è possibile osare sono gli undici emendamenti all’imminente Legge di Bilancio presentati da alcuni deputati, proprio sul tema del lavoro delle persone con disabilità».

Dopo la pandemia il sistema del Collocamento Disabili farà fatica a ripartire e non sarà in grado di affrontare le nuove sfide occupazionali. Alle persone con disabilità disoccupate si aggiungeranno infatti quelle che hanno perso il lavoro per la crisi conseguente al Covid, le quali avranno per legge il diritto di precedenza e saranno in possesso di un curriculum più appetibile per le aziende. Dal canto suo, la classe politica – pressata dai gravi problemi sociali ed economici di questo momento – non avrà la dovuta attenzione verso le persone con disabilità disoccupate e nei confronti delle aziende che hanno perso una quota di disabili assunti prima della crisi causata dal Covid. Quindi le speranze occupazionali di chi attende da anni un posto di lavoro e la riforma del collocamento disabili diventeranno ancora più flebili.

Al silenzio politico e istituzionale si accompagnerà, inoltre, il mutismo dei mass-media e di tutte le parti sociali che dovrebbero sostenere l’occupazione delle persone con disabilità, rilevando al tempo stesso che anche le proteste delle famiglie, delle persone con disabilità stesse e delle aziende si sono assopite. Nessuno sostiene e rivendica i propri diritti e i propri bisogni: le rivendicazioni collettive hanno lasciato spazio a un ribellismo sterile e a un’invettiva narcisistica sui social, creando così un vuoto sociale d’interesse e di partecipazione. Riprova evidente di questo atteggiamento sociale e politico è il declino del Collocamento Disabili pubblico, il calo occupazionale dei disabili, l’assenza di dati statistici e così via. Quindi tutto proseguirà in continuità e coerenza con il motto, non dichiarato, di molti uffici pubblici: «Non fare per non dover cambiare, non cambiate per non dover fare».

Visto pertanto il silenzio complice di tutti, sembra non esservi soluzione. Ma non è così! L’alternativa c’è, ed è quella di ricominciare a costruire dal basso e a non delegare. Rimboccarsi le maniche e colmare i vuoti lasciati in questi vent’anni. In altre parole, bisogna ripartire dalla conoscenza di cosa non ha funzionato nel sistema pubblico di collocamento e dalla consapevolezza di cosa è necessario fare.

La realtà evidenzia una serie di contraddizioni che hanno complicato il processo inclusivo delle persone con disabilità. Il personale degli Uffici Provinciali preposti è scarsamente preparato e aggiornato; infatti nell’anno 2.000 il personale del nuovo Collocamento Mirato fu scelto fra i dipendenti dell’ex Collocamento Obbligatorio del Ministero del Lavoro, personale che non era stato riqualificato e che di conseguenza portò i servizi provinciali verso un’eccessiva burocratizzazione degli uffici.

Anche il successivo turnover ha visto l’impiego di personale non formato adeguatamente cui è mancato pure l’aggiornamento. Pertanto la maggior parte del personale dedicato è privo di un’adeguata preparazione e non è al passo con i cambiamenti avvenuti nel mondo del lavoro e nel mercato del lavoro; a ciò si si aggiunga purtroppo la mancanza di un’adeguata conoscenza delle persone con disabilità. Per queste ragioni è stato vanificato il concetto di collocamento mirato che era alla base della riforma del collocamento obbligatorio.

E ancora, il sistema di collocamento disabili è privo di una gerarchia competente regionale e nazionale. Si sono quindi sviluppati servizi provinciali di tipo “feudale”, dove gli usi e i costumi locali prendono il sopravvento, fino ad operare in contrapposizione alle leggi e alle norme ministeriali. Si tratta infatti di procedure che variano da Regione a Regione e da Provincia a Provincia, all’insegna di un operare senza controlli superiori e senza possibilità di appello per il cittadino con disabilità e per gli imprenditori insoddisfatti.

Del resto, è facile dire che se i disabili non trovano un’ occupazione è per colpa della loro invalidità o per i pregiudizi delle aziende, dal momento che queste ultime vengono da sempre vissute, da parte degli uffici, come una controparte refrattaria a rispettare gli obblighi di legge. Gli uffici stessi, però, le aziende non le conoscono e sono incapaci di cogliere i problemi e le contraddizioni che vivono quotidianamente e che non riescono a controllare, visto l’alto tasso di evasione ed elusione delle norme, ritenuto superiore al 50%.

Gli Uffici Provinciali per il Collocamento, quindi, sono privi di uno spirito di servizio verso le persone con disabilità e le aziende, mentre verso le amministrazioni pubbliche che non rispettano gli obblighi è diffuso un atteggiamento reverenziale, alla luce delle possibili ripercussioni che implicano eventuali azioni impositive o sanzionatorie nei loro confronti.

Di tutto questo l’opinione pubblica non ha conoscenza e gli uffici interessati preferiscono tenere il sistema nella vischiosa nebbia della disattenzione politica. È anche per questo che non disponiamo ancora di una banca dati nazionale e di un aggiornamento statistico dell’operato del Collocamento Disabili (l’ultimo si rifà ai dati del 2015), né si hanno informazioni sulle risorse economiche disponibili rispetto al Fondo Nazionale Disabili della Legge 68/99 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili) e ai Fondi Regionali.

C’è voluta quindi una sollecitazione dal basso per avere un’Interrogazione Parlamentare, che ha fatto scoprire come gli avviamenti al lavoro siano mediamente pari al 3,4% (circa 20-30.000 persone) dei circa 800.000 iscritti, ovvero una percentuale a dir poco bassa, una delle più basse d’Europa. E ora, come detto inizialmente, la pandemia farà lievitare ulteriormente il numero degli iscritti.

Il mal funzionamento del Collocamento Disabili, unito alla crisi economica e alla pandemia, hanno penalizzato soprattutto le persone con disabilità più deboli, appartenenti alle categorie dei disabili con invalidità superiore al 79%, disabili psichici, intellettivi e malati rari e disabili sensoriali, stimati circa nel 70% (560.000), soltanto il 13 novembre scorso. In quella data, infatti, ad un’Interrogazione Parlamentare urgente del deputato Maurizio Lupi (seduta dell’Assemblea della Camera n. 427), rispetto al Fondo Nazionale della Legge 68/99, la risposta è stata che le domande delle aziende per accedere agli incentivi di cui all’articolo 13 della stessa Legge 68/99 sono state, per il 2019, 1.141 (di cui 259 riferite a persone con disabilità intellettiva e psichica) e per il 2020 1.231 (316 riguardanti persone con disabilità intellettiva e psichica).

Considerato che possono richiedere il contributo al Fondo Nazionale tutte le aziende che assumono persone con disabilità con riduzione della capacità lavorativa superiore al 79%, oppure con riduzione della capacità lavorativa compresa fra il 67% e il 79% o ancora persone con disabilità psichica e intellettiva e una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%, se ne ricava che i disabili con difficoltà di inserimento avviati al lavoro sono circa 1.100 all’anno, pari ad una percentuale dello 0,2%. Quindi un “disabile debole”, ossia una persona con disabilità psichica o intellettiva, che si iscrive alle liste del collocamento pubblico, ha lo 0,2% di possibilità di trovare un lavoro…

A complicare ulteriormente la situazione si aggiunge la questione della perequazione tra i Fondi Regionali (articolo 14 della Legge 68/99). Ci sono infatti macrodifferenze fra le risorse economiche di cui dispone ad esempio la Lombardia, rispetto a molte altre Regioni che non hanno le risorse sufficienti per realizzare qualsiasi politica attiva a favore delle persone con disabilità.

Se poi si aggiunge l’indubbio calo dell’attenzione sociale, facilmente riscontrabile dal numero di articoli apparsi negli ultimi cinque anni sulla stampa nazionale e di proteste e proposte giunte dalle parti sociali, da tutto ciò si deduce che il sistema del Collocamento Disabili pubblico funziona poco, male e in modo discriminatorio (i numeri assoluti lo testimoniano in modo incontestabile).

Ma dov’è l’opinione pubblica? Dove sono i mass media? Dove sono le parti sociali? Spetta a noi sollecitarli! È ora di costruire un’alternativa, una strategia, un soggetto in grado di rilanciare la cultura inclusiva e l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità.

Se ci facciamo sentire, troveremo anche chi ci ascolta. La dimostrazione che è possibile osare sono gli undici emendamenti all’imminente Legge di Bilancio presentati da alcuni deputati [se ne legga già anche sulle nostre pagine, N.d.R.]. Emendamenti che mirano a potenziare il ricorso alle convenzioni con le Cooperative Sociali, previste dal’articolo 14 del Decreto Legislativo 276/03, all’inserimento nelle Pubbliche Amministrazioni, al collocamento delle persone con disabilità psichica, sensoriale o con malattie rare, al sostegno alle politiche attive per i disabili ecc.

Spetta a noi cogliere, proprio nel pieno delle difficoltà, l’occasione favorevole e l’opportunità, come diceva Albert Einstein. La pandemia ci sta dando il tempo per riflettere, di decidere e di fare. Dobbiamo trovare quindi la creatività e il coraggio per creare un’alternativa.

Già responsabile del Collocamento Disabili e Fasce Deboli della Provincia di Lecco (marino.botta@alice.it).

domenica 29 novembre 2020

Scienza da toccare al Museo Galileo

Il Quotidiano del Molise del 29/11/2020

Continua l’affascinante cammino della rubrica “Alesia ed i suoi compagni di viaggio” e questa volta ospitano il Dott. Andrea Gori, che di cuore ringraziano.

Il Museo Galileo conserva una delle raccolte di strumenti scientifici più importanti al mondo, in particolare i due cannocchiali originali del grande scienziato, che hanno rivoluzionato la storia e segnato la nascita e lo sviluppo della scienza. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di suscitare interesse e passione nei nostri visitatori per le materie scientifiche; riuscire a coinvolgere ogni tipo di pubblico è una sfida fondamentale, per questo abbiamo progettato un percorso tattile per agevolare l’accessibilità delle collezioni del museo alle persone con minorazione visiva e per stimolare una maggiore sensibilità alla diversità.

Per gli operatori didattici era difficile coinvolgere i ragazzi non vedenti che visitavano il museo insieme ai loro compagni; non riuscivano a spiegare esaustivamente gli strumenti delle nostre collezioni senza farli toccare. I visitatori con problemi visivi venivano involontariamente discriminati perché non gli era permesso di vedere con le mani. La fruizione dei beni culturali è una parte fondamentale per la crescita di ogni persona e la cecità non deve costituire un ostacolo o essere causa di esclusione; tutti, vedenti e disabili della vista, dovrebbero essere in grado di goderne pienamente.

Nel 2006 con la collaborazione dell’Unione Italiana Ciechi e ipovedenti, scegliemmo alcuni strumenti rappresentativi delle nostre collezioni e ne realizzammo alcune copie identiche agli originali da usare durante le visite guidate. L’iniziativa ebbe un enorme successo e ci accorgemmo che i non vedenti riuscivano ad acquisire maggiori informazioni, a capire l’uso degli strumenti e soprattutto si sentivano più integrati nella visita di gruppo. Ma anche i vedenti integrando il senso della vista con l’uso delle mani, spesso poco usato, avevano una fruizione più profonda degli oggetti e riuscivano ad apprezzare caratteristiche che altrimenti sarebbero state completamente trascurate. Un esempio è il notturnale , strumento per determinare l’ora con le stelle, dotato di profonde zigrinature e incisioni rilevabili solo con il tatto, che ne permettevano la regolazione al buio senza usare la vista. Spesso abbiamo sottovalutato il valore conoscitivo del tatto, anzi in alcuni casi lo abbiamo proprio inibito.

Nel corso degli anni sono state costruite molteplici repliche di strumenti scientifici, alcune anche di grandi dimensioni e nel 2016 abbiamo inaugurato il percorso tattile: un luogo per imparare divertendosi che ha come protagonista il tatto, dove vedenti e non vedenti possono sperimentare la forza centrifuga, la discesa di un pallina lungo un piano inclinato ma anche apprezzare la complessità dei modelli celesti e l’utilità di strumenti come l’astrolabio e il notturnale. Lungo il percorso il visitatore non vedente può accedere alle informazioni relative agli strumenti scientifici attraverso didascalie in braillee con caratteri per ipovedenti. Per l’occasione è stata realizzata in collaborazione con la Stamperia Braille della Regione Toscana una guida in Braille e una per ipovedenti in italiano e inglese con spiegazioni e illustrazioni in rilievo di alcune delle opere più importanti del Museo.

Le visite tattili progettate in collaborazione con l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, nate per rendere accessibili le collezioni scientifiche del Museo, sono diventate fondamentali anche per tutto il pubblico. Abbiamo tentato di abbattere le barriere percettive e sensoriali che incontrano costantemente i disabili della vista, e abbiamo creato percorsi utilissimi anche per i vedenti, scoprendo l’importanza della dimensione sensoriale tattile. In questo modo il Museo è diventato anche il luogo delle mani, lo spazio del fare dove si impara provando; non più luogo da visitare passivamente, ma palestra di scienza che permette di allenarsi con partecipazione e divertimento manipolando e imparando a usare copie di strumenti.

Il Museo propone durante l’anno attività didattiche per non vedenti ma aperte e fruibili anche ai vedenti per favorire la socializzazione tra i disabili visivi e l’intero pubblico; sono momenti di confronto per sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi della pari dignità e sulla necessità di abbattere ogni tipo di barriera. Proprio nell’ottica di far diventare i non vedenti attori e non solo comparse nell’organizzazione e fruizione delle esperienze educative del Museo è stato realizzato un laboratorio interattivo dedicato alla figura di Louis Braille, inventore della scrittura che porta il suo nome. Guidati da un operatore non vedente gli studenti hanno l’opportunità di avvicinarsi al codice Braille attraverso esperienze sensoriali e giochi didattici, e di scoprire con il tatto un modo diverso per conoscere la collezione di strumenti scientifici del Museo Galileo. Normalmente è il vedente che fa da guida al cieco all’interno dei musei, al Galileo i ruoli si invertono, è il non vedente che dirige il gruppo alla scoperta dei minuziosi dettagli degli strumenti scientifici che possono essere “visti” solo con le mani e spiega il codice che ha permesso ai ciechi di aver accesso alla cultura e li ha condotti all’uguaglianza e alla piena integrazione; tutti gli anni il Museo Galileo celebrala giornata del Braille, con teatralizzazioni, attività ludico-culturali rivolte ai non vedenti e con mostre sulle tecniche e strumenti per la scrittura Braille, esempi didattici tattili del primo Novecento che documentano l’attività della stamperia di Firenze.

La sezione didattica del Museo Galileo deve molto agli amici non vedenti, perché ci hanno stimolato e spinto a realizzare attività educative multisensoriali per tutti, dove sia il cieco che il vedente imparano la scienza divertendosi; ci hanno insegnato a considerare il tatto come un importante strumento di conoscenza, con il quale si possono reperire moltissime informazioni acquisibili esclusivamente con la sensibilità dei nostri polpastrelli.

Il museo quando accoglie la diversità, considerandola non un problema ma un’opportunità, diventa luogo di scambio e di apprendimento.

Andrea Gori,

Responsabile attività educative, Museo Galileo

“L’Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti di Firenze è lieta ed orgogliosa della pluriennale collaborazione instauratasi con il Museo Galileo in generale e con il Dottor Andrea Gori in particolare, che ha consentito ai disabili visivi di poter accedere ad un patrimonio culturale e scientifico di valore inestimabile. Grazie al Museo Galileo e alle sue continue proposte in tema di percorsi accessibili e tattili, le persone non vedenti hanno potuto godere di un vero e proprio viaggio in una proposta museale inclusiva.

Da molti anni la nostra associazione si è impegnata per promuovere il concetto di accessibilità negli istituti museali della nostra città per poter consentire una cittadinanza attiva ed integrata in ambito culturale. Ebbene, in questo ampio panorama, il Museo Galileo si è contraddistinto per lo spirito di collaborazione e di ascolto necessari per la realizzazione di un numero sempre maggiore di iniziative che hanno visto l’esperienza sensoriale posta come elemento centrale con particolare attenzione anche alla diffusione del Braille come valore aggiunto nelle esposizioni.

L’obiettivo è quello di poter rinnovare anche in futuro questa collaborazione che ha inorgoglito la nostra associazione in tutti questi anni”

Niccolò Zeppi,

Presidente dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Firenze

sabato 28 novembre 2020

«Il mio cane guida? È stata una rinascita»

Il Resto del Carlino del 28/11/2020

APECCHIO. «Se me lo avessero detto tre o quattro anni fa non avrei creduto che era possibile fare quello che faccio ora e questo grazie a Quasar, il suo arrivo è stata una rinascita». È la storia di Daniele Carnevali 46 anni, di Apecchio, cieco dall'età di 28 a causa di una malattia congenita (Glaucoma Malformativo Congenito). «Tra di noi - racconta Daniele del suo cane guida Quasar - si è instaurato un legame affettivo che va al di là della necessità e non potrei mai pensare di stare senza Quasar. Ho avuto altri cani da compagnia prima di lui e li ho amati tutti moltissimo, non riesco ad ammettere nessun tipo di maltrattamento verso queste creature meravigliose e verso qualsiasi tipo di animale. L'arrivo di Quasar mi ha dato la possibilità di muovermi autonomamente non solo nella quotidianità del mio paese ma anche al di fuori di esso. A giugno sono stato una settimana a Lecce da un mio amico e con esso un anno fa siamo stati in Svizzera una settimana, fermandoci poi al ritorno a Bergamo per tre giorni, sempre in autonomia». «Riesco tranquillamente a muovermi utilizzando treni e mezzi pubblici da solo, cosa che prima era impensabile- continua il racconto di Daniele- chiaramente Quasar è diventato un altro membro della famiglia, mia moglie e mia figlia si sono innamorate di lui a prima vista e viviamo tutti in simbiosi. Devo dire che è stato subito ben voluto anche dagli abitanti del paese e adesso quando andiamo a fare la spesa passa a fare un saluto a tutti i commercianti sperando di rimediare una coccola e magari anche un bocconcino». Daniele, come è nato l'interesse per il cane? «Dopo 13 anni di cecità nei quali la mia mobilità dipendeva dal bastone bianco o accompagnato da un vedente, ho conosciuto alcune persone che utilizzavano il cane guida per muoversi, incuriosito e spronato da mia moglie ho approfondito l'argomento. Dopo aver contattato la scuola cani guida Lions di Limbiate, ho compilato un modulo da loro inviatomi per la richiesta del cane. Circa due mesi dopo c'è stata la mia prima visita alla scuola, sono stato accolto in una struttura apposita, sono rimasto li per due giorni durante i quali ho avuto un colloquio con uno psicologo e con gli istruttori dei cani per verificare la mia idoneità psico-fisica. Ho avuto anche il piacere di fare una passeggiata di prova con un cane in addestramento accompagnato dall'istruttore. È stata un'esperienza davvero emozionante. Circa 15 giorni dopo è arrivata l'accettazione della mia domanda. Durante l'anno di attesa, ho intrapreso un corso di orientamento e mobilità per l'autonomia personale che è strutturato per l'apprendimento alla mobilità autonoma. Sono stato seguito dalla dottoressa Emanuela Storani, unica figura professionale riconosciuta in questo ambito per la Regione Marche. Dopo circa un anno e mezzo sono stato chiamato dall'istruttore Roberto Ciribelli che mi comunicava che c'era un cane disponibile idoneo per me. Carico di emozioni e tante aspettative sono partito di nuovo per Limbiate dove finalmente ho incontrato il mio amore pelosone Quasar, un bel esemplare di Flat Coated Retriever. Durante la settimana di permanenza presso il centro, io e Quasar abbiamo cominciato a muovere i primi passi insieme, da lì in poi siamo diventati inseparabili». Quali sono le competenze di un cane guida? «Il cane guida è istruito per accompagnare in sicurezza il non vedente, per ottenere questo risultato si impongono al cane 30 comandi in lingua tedesca. Alcune delle competenze sono: girare a destra o a sinistra, trovare le strisce pedonali, trovare le scale, trovare la porta per entrare e uscire da un luogo, camminare evitando gli ostacoli mobili e fissi, trovare un posto dove sedersi, il cestino dei rifiuti ecc. Quando si incontra un non vedente con il cane tenuto per il maniglione significa che il cane sta lavorando, sarebbe opportuno non distrarre il cane in nessun modo se si vuol prestare aiuto è sempre bene rivolgersi verbalmente al non vedente. Ringrazio la scuola Cani Guida di Limbiate e l'associazione Lions di Ancona per avermi donato Quasar, Roberto e Michele per averlo istruito, infine ma non ultima, ringrazio mia moglie che con il suo amore e la sua pazienza mi è stata vicina e mi ha accompagnato in tutte queste avventure».

di Amedeo Pisciolini

venerdì 27 novembre 2020

GLO e approvazione del PEI: cosa succede se c’è discordanza tra docenti e genitori

Orizzontescuola del 27/11/2020

Lo scorso settembre il Ministero dell’Istruzione, ha diffuso una bozza del decreto relativa all’”Adozione del modello nazionale di piano educativo individualizzato e delle correlate linee guida, nonché modalità di assegnazione delle misure di sostegno agli alunni con disabilità, ai sensi dell’articolo 7, comma 2-ter del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66". Il fine è quello di assicurare il processo di integrazione degli alunni con disabilità attraverso una partecipazione attiva delle famiglie e degli stessi studenti.

Nella scuola secondaria di secondo grado infatti sarà creato uno specifico spazio dedicato alla descrizione di sé da parte dello studente, attraverso interviste o colloqui. L’intento del ministero è anche quello di adottare un modello PEI unico su tutto il territorio nazionale, diverso solo per ordine e grado di istruzione, soltanto che l’emergenza epidemiologica ha rallentato i tempi di attuazione delle nuove linee guida per l’inclusione degli alunni con disabilità.

Il nuovo modello PEI, unico a livello nazionale: il docente di sostegno non è più solo nella stesura.

Composizione del GLO

In ogni istituzione scolastica vengono costituiti i Gruppi di Lavoro Operativo (GLO) per l’inclusione degli alunni con disabilità e la loro funzione si esplica nella realizzazione di quanto disposto dall’art. 12, comma 5 della legge 104/92: “All’individuazione dell’alunno come persona handicappata ed all’acquisizione della documenta­zione risultante dalla diagnosi funzionale, fa seguito un profilo dinamico-funzionale ai fini della formula­zione di un piano educativo individualizzato, alla cui definizione provvedono congiuntamente, con la col­laborazione dei genitori della persona handicappata, gli operatori delle unità sanitarie locali e, per ciascun grado di scuola, personale insegnante specializzato della scuola, con la partecipazione dell’insegnante operatore psico-pedagogico individuato secondo criteri stabiliti dal Ministro della pubblica istruzione. Il profilo indica le caratteristiche fisiche, psichiche e sociali ed affettive dell’alunno e pone in rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti alla situazio­ne di handicap e le possibilità di recupero, sia le ca­pacità possedute che devono essere sostenute, sol­lecitate e progressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte culturali della persona handi­cappata”.

La definizione del Profilo Dinamico Funzionale (PDF) (ora chiamato Profilo di Funzionamento) e il Piano Educativo Individualizzato (PEI), rappresentano quindi il punto di partenza del processo di inclusione dell’alunno disabile.

Il GLO è un organo collegiale, ai sensi dell’articolo 37 del DLgs 297/1994; per la sua costituzione e la validità delle deliberazioni adottate si applicano le disposizioni ivi previste.

Il GLO è così composto:

- tutti i docenti della classe (team dei docenti contitolari nella scuola dell’Infanzia o nella scuola Primaria; dal consiglio di classe nella scuola Secondaria di Primo e di Secondo grado);

- genitori dell’alunno o dell’alunna con disabilità;

- figure professionali specifiche, interne ed esterne all’istituzione scolastica, che interagiscono con l’alunno o con l’alunna con disabilità;

- supporto dell’unità di valutazione multidisciplinare;

- supporto di un rappresentante designato dall’Ente Locale.

La composizione del GLO può essere integrata o modificata anche durante l’anno.

Il decreto legislativo del 13 aprile 2017, n. 66, all’art.7, comma 2, prevede due convocazioni del GLO annuali per la redazione del PEI, prima in versione provvisoria (entro giugno, per alunni e alunne di nuova iscrizione o certificazione) e poi definitiva (entro ottobre) e almeno una verifica periodica, da stabilire secondo le esigenze dei soggetti coinvolti, nel corso dell’anno.

Nel corso di un anno scolastico sono previste, pertanto, le seguenti convocazioni:

- un incontro del GLO all’inizio dell’anno scolastico per l’approvazione del PEI valido per l’anno in corso;

- incontri intermedi di verifica (almeno uno) per «accertare il raggiungimento degli obiettivi e apportare eventuali modifiche ed integrazioni» (comma 2, lettera h). Il numero di questi incontri dipendono dai bisogni emersi, e dalla conseguente necessità di apporre correttivi e integrazioni al testo precedentemente approvato. Gli incontri di verifica possono essere preventivamente calendarizzati, ma anche proposti dai membri del GLO, con richiesta motivata al Dirigente scolastico, per affrontare emergenze o problemi particolari;

- un incontro finale, da tenere entro il mese di giugno, che ha la duplice funzione di verifica conclusiva per l’anno scolastico in corso e di formalizzazione delle proposte di sostegno didattico e di altre risorse per quello successivo. L’approvazione del PEI da parte del GLO

Discordanze tra docenti e genitori per l’approvazione del PEI

In sede di convocazione del GLO per determinare l’approvazione del PEI, può accadere che ci siano delle discordanze tra docenti e genitori, in questi casi bisogna ricordare che il GLO è un organo collegiale, e delibera a maggioranza come in tutti gli organi collegiali anche sul PEI. Per cui nel caso in cui qualcuno dovesse essere contrario al voto della maggioranza, pur non firmando il PEI, dovrà ad ogni modo sottostare a quanto deliberato.

Del resto, la norma stabilisce che la stesura del PEI avvenga in maniera collegiale e sia affidata al Consiglio di classe, agli operatori dell’ASL che hanno in carico l’alunno con disabilità e ai genitori che lo condividono e lo sottoscrivono congiuntamente alle altre figure coinvolte (art. 5 DPR 24 febbraio 1994).

Esamina di profili di dubbia legittimità

Diversa è la condizione nel caso si dovessero verificare dei casi di controversie sull’interpretazione dei contenuti della certificazione dell’alunno. In tale circostanza, il Dirigente scolastico o chi presiede la seduta del GLO, può chiedere al rappresentante dell’Unità di Valutazione Multidisciplinare della ASL un’interpretazione del contenuto della stessa. Qualora gli elementi emergenti dalla stessa documentazione non chiariscano la motivazione che attribuisca all’alunno le misure di sostegno, il Dirigente scolastico, potrà chiedere chiarimenti al Presidente della Commissione INPS del territorio ove il certificato in questione è stato rilasciato. Soltanto in questa circostanza, sarà sufficiente che un solo componente o partecipante ai lavori del GLO, ravvisi eventuali incongruenze circa il contenuto della certificazione, per poter procedere all’esamina tramite l’ufficio dell’INPS preposto al controllo delle Commissioni di valutazione.

Resta inteso che nella definizione delle misure di sostegno, così come la correlata quantificazione del fabbisogno di risorse professionali per la didattica e l’assistenza, i componenti del GLO sono direttamente responsabili delle decisioni assunte, che comportano oneri di spesa.

di Linda Tramontano

Il sogno di Arianna: crea videogiochi per non vedenti

La Stampa del 27/11/2020

Blind nasce dall’idea di una studentessa di 24 anni. Al progetto si sono aggregati altri sei universitari. La sua consòle è stata progettata e testata con l’aiuto di psicologi specializzati in disabilità visive.

Le grandi idee partono da lontano. Quella di Arianna sboccia durante l’adolescenza, nei pomeriggi trascorsi in compagnia dei videogame sportivi della Wii, comandati dai movimenti del corpo del giocatore. In quei momenti Arianna pensa quanto sarebbe bello fare lo stesso all’aria aperta, senza nemmeno uno schermo. Utilizzare come indicatori solo suoni e vibrazioni, per poter sfidare qualcuno che non è lì con te, magari connesso dall’altra parte del mondo. Le sembrerebbe un’invenzione rivoluzionaria. Ancora non sa che quella console futuribile un giorno esisterà davvero. Soprattutto, non immagina che a realizzarla sarà proprio lei. Oggi Arianna Ortelli ha 24 anni e si è laureata in business administration all’Università di Torino.

L’idea di quell’“audiogame” ha continuato a inseguirla fino a due anni fa. Fino all’evento formativo della SEI, la scuola per l’impresa e l’innovazione sponsorizzata dalla Fondazione Agnelli. Lì trova altri sei compagni che decidono di credere in quell’idea. «Eravamo persone con competenze molto diverse» rievoca con entusiasmo. «C’era chi veniva da economia, chi da ingegneria elettronica, c’erano un informatico, un designer, un architetto. Abbiamo iniziato a immaginarci come poter concretizzare quell’intuizione e a chi potesse servire. Uno di noi sette aveva in famiglia una persona disabile visiva e questo ci ha fatto scoccare la scintilla».

Così nasce Blind Consòle, la prima piattaforma di videogiochi dedicata ai non vedenti. A produrla è Novis, la società fondata nell’aprile dell’anno scorso da Arianna (che ne è anche amministratrice delegata), guidata dal direttore tecnico Dario Codispoti. Tutto in questa operazione è ancora in divenire, a partire dal nome, ma la startup ha già suscitato attenzioni e interessi. La scorsa estate la terza demo si è guadagnata la menzione speciale per la categoria Digital all’Unicredit Start Lab, rivolto ai progetti innovativi delle piccole e medie imprese. La console è ancora in fase di test e tra coloro che ne stanno sperimentando la giocabilità c’è anche Denis, un ragazzo non vedente che si è appena iscritto all’università. «Se il prodotto non viene progettato dall’inizio e testato in modo accessibile, farlo dopo diventa uno spreco di risorse. Per questo collaboriamo anche con una psicologa specializzata in disabilità visive, che opera all’interno di varie associazioni. Insieme a lei stiamo lavorando a uno sviluppo del sistema non solo ludico ma anche educativo e – perché no – riabilitativo. Mi ha colpito molto sapere che per riuscire a mangiare un bambino non vedente a sette-otto anni deve imparare tecniche specifiche. Sarebbe bellissimo se potesse farlo attraverso la nostra piattaforma, giocando».

Per giocare sono sufficienti un telefono, la consolle e un paio di cuffie

Blind Consòle non prevede un display ma solo una manopola, pensata per produrre vibrazioni in risposta ai movimenti dei giocatori. Sarà collegata via bluetooth al cellulare, il quale a sua volta genererà un campo sonoro tridimensionale, in cui immergersi attraverso gli auricolari. Al momento sono stati creati tre giochi in versione dimostrativa (tra cui il ping pong), ma altre discipline virtuali sono in rampa di lancio. «Contiamo di uscire sul mercato il prossimo anno, vendendo a non più di 150 euro il controller, le cuffie e il pacchetto di giochi, che andrà via via arricchendosi. Ci stanno lavorando diverse software house e tra qualche mese saranno pronti nuovi titoli. Non vogliamo giochi troppo semplici, stiamo creando qualcosa di sfidante. In questo momento i generi più interessanti sono gli sport, perché possono essere giocati con altri e all’aperto. Però in tantissimi ci hanno chiesto sparatutto e giochi di zombie. Ci dispiace per le mamme, ma fra le nostre proposte ci saranno sicuramente anche quelli».

di Fabrizio Accatino

giovedì 26 novembre 2020

Guardare al futuro, anche senza la vista

Lucemagazine del 26/11/2020

Tra mille difficoltà e cambiamenti dovuti all’emergenza covid, continua il corso di formazione professionale per la figura di Addetto al Customer Care avviato ormai un anno fa dall’Istituto dei Ciechi. Con una novità: le lezioni a distanza hanno fatto emergere la grande voglia di farcela dei nostri ragazzi.

«Nel mezzo delle difficoltà nascono le opportunità». Uso questo celebre aforisma di Albert Einstein per introdurre una storia di fatica e incertezza, vissuta da nove ragazzi con disabilità visiva, impegnati nella conquista dell’autonomia lavorativa ai tempi del covid 19.

Inizia esattamente un anno fa, il 27 novembre 2019, quando il direttore scientifico dell’Istituto Franco Lisi accoglie nell’aula informatica i partecipanti al corso di formazione professionale per la figura di “Addetto al Customer Care”. Il direttore, con il suo consueto entusiasmo, introduce ai corsisti non vedenti e ipovedenti le materie del corso e gli obiettivi da raggiungere: imparare le regole della comunicazione, padroneggiare le tecnologie informatiche, sostenere una conversazione in inglese, sapere come è organizzata un’azienda, insomma essere formati e aggiornati in un mondo del lavoro che cambia velocemente e che non fa sconti a nessuno. Possiamo immaginare quanti pensieri ed emozioni si affaccino nella mente dei ragazzi durante il discorso: la preoccupazione di non farcela e la voglia di provarci, la paura e il desiderio di mettersi in gioco, sperando di trovare spazio nel mondo del lavoro.

È insomma un avvio di corso normale e speciale al tempo stesso, perché il desiderio di formarsi per trovare lavoro, un lavoro che a molti appare come un sogno quasi irraggiungibile (sottolineiamo il quasi), deve essere sorretto da una buona dose di coraggio e forza di volontà. Eppure bisogna provarci, bisogna crederci. Perché questa è la straordinaria normalità di un ragazzo o di una ragazza che alla mattina si alza, esce di casa, si muove col bastone sfiorando ostacoli e automobili, senza arrendersi ai limiti imposti dalla mancanza della vista, per vivere la propria vita e inseguire i propri sogni.

Nessuno però immaginava quello che sarebbe successo nei mesi seguenti: lo scoppio della pandemia, il lockdown, l’interruzione di tutti i corsi. La speranza di esserne usciti con la pausa estiva, il tentativo di ripresa delle lezioni in presenza a ottobre e poi, ai primi di novembre, l’arrivo della seconda ondata, peggiore della prima, che ha costretto tutti di nuovo a fermarsi.

In accordo con Regione Lombardia, che ha finanziato il corso, l’Istituto decide così di provare a continuare con le lezioni a distanza, consapevole delle difficoltà che questa modalità comporta per chi utilizza il computer con le tecnologie assistive (display braille, sintesi vocale o schermo a caratteri ingranditi per chi è ipovedente).

E qui accade qualcosa di inaspettato: i ragazzi da casa seguono le lezioni con più motivazione e interesse, alcuni scoprono una vera passione per le materie che prima risultavano ostiche. Così è acaduto a Perla di Mauro, ventiduenne di origini siciliane, trasferitasi a Milano per trovare «quella libertà e quella autonomia che da ipovedente puoi trovare solo in una grande città».

Desiderosa di inserirsi nel mondo del lavoro, Perla si iscrive al corso professionale dell’Istituto, affrontando di buon grado le difficili esercitazioni di informatica. Quando iniziano le lezioni da casa trova una nuova motivazione, scoprendo che ci si può appassionare nell’utilizzo del computer, pur avendo coltivato studi umanistici alla facoltà di Scienze dei beni culturali. «Mi sono iscritta qui motivata dalla voglia di trovare lavoro, quindi cerco di impegnarmi, ma non avrei mai detto di potermi appassionare ad usare i fogli di excel!».

Francesco Cusati, docente informatico dell’Istituto e referente del corso, conferma il cambiamento che sta avvenendo. «Stare a casa ti permette di gestire al meglio il tempo, eliminando le difficoltà del tragitto - spiega il docente - certo, manca la socialità e il confronto collettivo che sono aspetti importanti, ma abbiamo constatato che la didattica a distanza si rivela più produttiva per insegnare materie come informatica, inglese e comunicazione. Gli studenti hanno i loro computer che conoscono bene e hanno personalizzato. Pensavamo che fuori dall’aula potessero distrarsi di più e invece li vediamo più attenti e partecipativi».

I docenti dell’Istituto stanno esplorando un campo nuovo nella formazione delle persone non vedenti, aprendo una strada che potrà rivelarsi utile anche in futuro. È stato necessario testare l’accessibilità delle piattaforme digitali, sono state sperimentate le modalità di interazione più idonee per facilitare l’apprendimento, sono state messe a punto modalità di verifica di quanto fanno gli allievi grazie alla condivisione dello schermo e dell’audio in remoto, intervenendo in caso di necessità.

Il corsista Fabrizio Palumbo mi fa notare che il fatto di dover accendere il microfono quando si vuole intervenire costringe a elaborare meglio il proprio pensiero «evitando di fare interventi inutili e innalzando la qualità delle interazioni». Certo, occorre ricordare che la mancanza della socialità in classe e l’isolamento si possono fare sentire in maniera particolarmente negativa verso le persone non vedenti. Proprio per questo, la didattica a distanza non può e non deve sostituire le tradizionali lezioni in presenza.

«Mi manca molto l’aspetto della socialità - confida Fabrizio - mi mancano il clima familiare che si era creato con i compagni, la routine di alzarsi e di prendere la metro. Stare chiusi tutto il giorno fra quattro mura è davvero faticoso».

Fatiche più che comprensibili, eppure siamo convinti che Fabrizio, Perla e gli altri compagni di corso sapranno guardare avanti anche senza la vista, per trovare in questo particolare momento opportunità preziose per il loro futuro.

di Marco Rolando

Mai più scordare i diritti umani delle donne con disabilità

Superando del 26/11/2020

«Questo 2020 – hanno scritto dal Forum Europeo sulla Disabilità, in un appello lanciato in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, celebrata ieri, 25 novembre – è stato segnato da uno stato di emergenza non solo sanitario, ma anche politico e sociale di dimensioni imprevedibili. La pandemia, tra l’altro, ha portato alla luce l’estrema vulnerabilità di migliaia di donne e ragazze con disabilità europee, nonché di madri e di donne che si prendono cura di familiari con disabilità, le quali hanno visto violare i loro fondamentali diritti umani».

di EDF *

In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, celebrata ieri, 25 novembre, vogliamo ricordare che:

- La Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, in vigore nell’Unione Europea dal 22 gennaio 2011, riconosce nel proprio Preambolo che le donne e le ragazze con disabilità sono spesso più a rischio, sia all’interno che all’esterno della loro abitazione, di violenza, lesioni o abusi, incuria o trattamento negligente, maltrattamenti o sfruttamento.

- L’Agenda ONU 2030, attraverso il proprio Obiettivo di Sviluppo Sostenibile n. 5, intende porre fine a tutte le forme di discriminazione contro le donne e le ragazze ed eliminare ogni forma di violenza contro le donne e le ragazze nella sfera pubblica e privata, compresi la tratta e lo sfruttamento sessuale.

- La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, meglio conosciuta come Convenzione di Istanbul, è stata ratificata da trentaquattro Paesi europei, tra cui ventuno Stati Membri dell’Unione Europea.

- La Direttiva 2012/29/UE del Parlamento e del Consiglio Europeo, prodotta il 25 ottobre 2012, ha istituito norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, richiedendo un sostegno mirato e integrato per le vittime con esigenze specifiche, come le vittime di violenza sessuale e le vittime di violenza di genere, oltre a chiedere di tenere in debita considerazione le esigenze specifiche delle vittime con disabilità nelle comunicazioni e nelle valutazioni delle esigenze di protezione specifiche.

- La Strategia Europea 2020-2025 per la parità di genere (Una Unione dell’uguaglianza) riconosce che le donne con problemi di salute e con disabilità hanno maggiori probabilità di subire varie forme di violenza e impegna la Commissione Europea a sviluppare e finanziare misure per affrontare gli abusi, la violenza, la sterilizzazione forzata e l’aborto forzato.

- Il nostro Forum [EDF - European Disability Forum, N.d.R.] vuole intervenire per condannare la situazione in cui migliaia di donne e ragazze con disabilità in Europa si trovano ad essere vittime o a grave rischio di cadere vittime di violenza sessista, in tutte le sue forme e forme, senza eccezioni, evidenziando l’invisibilità di tale situazione nelle politiche pubbliche in questo settore.

Questo 2020 è stato segnato dall’inaspettato contagio di un virus finora sconosciuto che ha causato uno stato di emergenza non solo sanitario, ma anche politico e sociale di dimensioni imprevedibili. È ancora impossibile valutare l’impatto globale della pandemia e tuttavia, essa ha portato alla luce l’estrema vulnerabilità di migliaia di donne e ragazze con disabilità, nonché di madri e donne che si prendono cura di familiari con disabilità, le quali hanno visto violare i loro fondamentali diritti umani, durante lo stato di isolamento introdotto in molti Paesi dell’area europea, come misura necessaria per fermare la diffusione del Covid-19.

Questa realtà ha messo in luce le carenze di una società che ancora oggi considera superflue alcune risorse e servizi essenziali per le donne con disabilità nella loro vita quotidiana, con conseguenti violazioni dei loro diritti fondamentali in queste circostanze eccezionali.

L’aspetto più preoccupante è stato e continua ad essere l’aumento delle richieste di informazioni e di aiuto registrate dai servizi specializzati in materia di violenza di genere e l’impatto negativo delle restrizioni su molte donne, che sono state costrette a vivere con i loro maltrattanti in quanto non avevano alternative. Molte donne con disabilità, inoltre, hanno dovuto sperimentare ancor più come le risorse e i servizi disponibili siano diventati di fatto ancor più lontani e inaccessibili durante i mesi dell’isolamento.

Numerose donne con disabilità, e in particolare quelle anziane con disabilità, rimangono ricoverate in luoghi nei quali vige un regime di isolamento, con gravi conseguenze durante la pandemia. La maggior parte di questi istituti rimane chiusa, nonostante il resto della popolazione non lo sia più.

Inoltre, le donne con disabilità si vedono negare l’accesso alla giustizia in modo concreto, non solo a causa della mancanza di accessibilità e di accomodamenti procedurali nei sistemi giuridici e del fatto che la consulenza legale è per loro inaccessibile, ma anche – e questo è particolarmente preoccupante – a causa degli ostacoli mentali che giudici, procuratori, avvocati e funzionari delle forze dell’ordine dimostrano quando hanno a che fare con le poche donne con disabilità che tentano di accedere alla giustizia. Il personale della giustizia, infatti, spesso non dà credito alle testimonianze delle donne con disabilità e sovente non apre casi di atti violenti contro di loro, in quanto può richiedere risorse aggiuntive per la necessità di accertare la capacità della vittima di dare il proprio consenso e di testimoniare. Le poche Sentenze emesse dai tribunali che coinvolgono donne disabili, lungi dal proteggerle, non rispettano pienamente i loro diritti umani.

Pertanto, di fronte a una realtà che è quasi una regola di vita per le donne con disabilità, è essenziale mettere in atto politiche adeguate che prendano in considerazione le loro specifiche richieste e che non trattino queste evidenti violazioni dei nostri diritti umani come eccezioni isolate.

Infatti, malgrado l’esistenza di leggi nazionali sulla violenza contro le donne, i dati offerti dalle statistiche ufficiali sono ancora estremamente poco chiari per quanto riguarda la violenza sessista nei confronti delle donne con disabilità. Inoltre, i servizi per le donne vittime di violenza continuano a soffrire di gravi carenze in termini di accessibilità, non permettendo loro avvalersene senza superare ulteriori ostacoli.

E ancora, bisogna aggiungere che gli operatori in questo campo continuano a dimostrare nella loro formazione gravi lacune sulla violenza nei confronti delle donne con una qualche forma di disabilità, mentre allo stesso tempo i sistemi mancano di protocolli efficaci per consentire un adeguato coordinamento inter-istituzionale, quando la donna vittima di violenza ha una disabilità.

In occasione, dunque, del 25 novembre, sono letteralmente “una miriade” le questioni che ci portano a presentare una serie di istanze, che enumeriamo qui di seguito.

1. L’EIGE (Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere), in collaborazione con la Commissione Europea e gli Stati Membri dell’Unione, si è impegnato a realizzare uno studio speciale sulla violenza contro le donne e le ragazze con disabilità e sulla violenza contro le madri e le donne che si occupano di familiari con disabilità. Questo studio dovrebbe facilitare una valutazione delle attuali misure legali, amministrative e politiche generali e specifiche per la loro protezione e reintegrazione e dovrebbe prendere in debita considerazione i rischi concreti e i fattori aggravanti, quali l’incapacità legale, l’istituzionalizzazione, la povertà, la condizione di chi vive fuori dai grandi centri, l’età e il tipo di disabilità.

2. Dev’essere garantita l’accessibilità universale nei rifugi e nei programmi di sostegno alle vittime per le donne vittime di violenza, nei tribunali e nelle campagne di sensibilizzazione e nel materiale informativo, in linea con la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e con la Convenzione di Istanbul.

3. Dev’essere garantito l’accesso alla giustizia per le donne e le ragazze con disabilità, assicurando la piena accessibilità in tutte le misure di garanzia procedurali, anche attraverso l’accomodamento ragionevole nelle procedure e tenendo conto dell’età, dell’accesso alle informazioni e alle comunicazioni, oltreché del supporto umano e tecnologico scelto dalle donne con disabilità per i loro rapporti con il sistema giudiziario.

4. Serve una volta per tutte un controllo efficace di tutti gli istituti residenziali, dei centri di salute mentale, dei centri diurni e simili, da parte di autorità indipendenti, al fine di prevenire casi di negligenza, maltrattamenti, abusi e violenza.

5. Sono necessari sforzi per promuovere, nel campo della violenza contro le donne e della violenza di genere, l’assistenza personale come strumento per fornire un sostegno su misura a quelle donne con disabilità che ne abbiano bisogno.

6. Vanno intensificati programmi di formazione sulla violenza contro le donne e le ragazze con disabilità per le forze dell’ordine, per il personale della giustizia, per gli operatori che lavorano nei servizi di supporto rivolti alle vittime di violenza di genere, per il personale sanitario e per quello dei servizi sociali. Questa formazione dovrebbe abbattere gli ostacoli basati su stereotipi patriarcali e abilisti contro le donne e le ragazze con disabilità.

7. Serve lo sviluppo di protocolli di coordinamento che coinvolgano i principali attori coinvolti nell’affrontare la violenza sessista, cioè le forze dell’ordine, i servizi sociali, i servizi sanitari e le organizzazioni sociali specializzate. Il movimento organizzato per la disabilità, e in particolare le organizzazioni di donne con disabilità, possono svolgere un ruolo essenziale di supporto a questo lavoro.

Se c’è una lezione da trarre da questa pandemia globale, è che i diritti umani delle donne e delle altre persone con disabilità devono rimanere vigenti in ogni momento e che queste circostanze eccezionali non devono indurre i poteri pubblici a tentare di distinguere tra “cittadini di prima e di seconda classe”.

Ringraziamo Luisella Bosisio Fazzi per la collaborazione.

* L’EDF è l’European Disability Forum (Forum Europeo sulla Disabilità).

Per approfondire ulteriormente il tema della violenza nei confronti delle donne con disabilità, accedere al sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), alla Sezione intitolata La violenza nei confronti delle donne con disabilità. Più in generale, sul tema Donne e disabilità, oltre a fare riferimento al lungo elenco di testi da noi pubblicati, ricordiamo anche la Sezione Donne con disabilità, sempre nel sito di Informare un’h.

Torino – Persona cieca inciampa su monopattino in strada. Ennesimo incidente: urge intervenire

Giornale UICI del 26/11/2020

L’Unione Ciechi: “Situazione insostenibile. Grave pericolo per chi non vede”.

Quando lo racconta, gli tremano la voce e le gambe. Giovanni Spataro, 63 anni, non vedente, è ancora sospeso tra incredulità e rabbia. Poche sere fa stava camminando lungo via Salbertrand (quartiere Parella). È la sua zona: lì vive da tempo, si muove sicuro, ha punti di riferimento e persone che lo conoscono. Una situazione quotidiana, dunque: nulla di inconsueto, né, tanto meno, di pericoloso. All’improvviso, però, proprio a metà del marciapiede, il fedele bastone bianco ha urtato “qualcosa”: un oggetto grosso e pesante. Nemmeno il tempo di reagire e Giovanni si è ritrovato per terra, mentre l’oggetto gli cadeva addosso. Era un monopattino a noleggio, abbandonato in mezzo alla strada da qualche utente incivile, incurante dei gravi danni che la sua leggerezza avrebbe potuto causare. Soccorso da una passante, Giovanni è riuscito, con fatica, a rimettersi in piedi e, recuperato l’orientamento, è rientrato a casa. Nulla di rotto, fortunatamente. L’accaduto, però, ha lasciato uno strascico spiacevole nella quotidianità di Giovanni, che ora non si sente più sicuro e ha paura a uscire di casa da solo.

Da quando sono entrati in servizio biciclette e monopattini “a flusso libero” (che, cioè, possono essere lasciati ovunque, terminato il tempo di noleggio) a Torino gli incidenti ai danni di persone con disabilità visiva sono divenuti frequenti. A giugno – e non era certo il primo episodio – l’UICI (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti) del capoluogo piemontese aveva denunciato il caso di una ragazza ricoverata in ospedale per una frattura al polso, dopo essere caduta su un monopattino abbandonato in malo modo, in mezzo alla strada. Ora il copione si ripete. Dall’inizio del 2018 l’associazione ha lanciato l’allarme in tutti i modi possibili: sui giornali e in tv, attraverso i canali social, negli incontri con l’amministrazione comunale (dalla quale però, sono arrivate risposte evasive, o, comunque, non pienamente soddisfacenti).

Solo pochi giorni fa, in una lettera aperta ai quotidiani, il presidente di UICI Torino, Giovanni Laiolo, tornava a sollevare il tema: «Non siamo contrari ai mezzi ecologici – scriveva – ma serve una disciplina, che rispetti le esigenze di tutti. I marciapiedi sono diventati una giungla e, per chi non vede, il rischio di incidenti è alto». Parole, purtroppo, che trovano conferma nell’ultimo episodio. «Evidentemente gli appelli al senso civico non bastano» fanno notare dall’associazione. «L’unico modo per risolvere il problema sarebbe prevedere degli spazi fissi e obbligatori in cui lasciare i veicoli. A questo punto, che cosa aspetta la politica a intervenire? Che qualcuno si faccia male “seriamente”?».

Fondazione LIA – Sarà tradotto e distribuito in Germania il paper “E-books for all. Towards an accessible digital publishing ecosystem”

Giornale UICI del 26/11/2020

Sarà tradotto e distribuito in Germania il paper “E-books for all. Towards an accessible digital publishing ecosystem” di Fondazione LIA – Libri Italiani Accessibili. L’iniziativa nasce da un accordo tra Fondazione LIA, no profit creata da AIE – Associazione Italiana Editori con UICI – Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, e l’associazione degli editori e dei librai tedeschi Börsenverein e il German Centre for Accessible Reading (dzb lesen), centro per la promozione della lettura per persone con disabilità.

La collaborazione si inserisce all’interno di un progetto più ampio portato avanti da Börsenverein e dzb lesen per aumentare la consapevolezza dell’industria editoriale tedesca sul tema dell’accessibilità: nel 2025, infatti, entrerà in vigore l’European Accessibility Act che richiederà che tutta la filiera editoriale digitale sia accessibile.

Il documento nasce dall’esperienza internazionale che Fondazione LIA ha maturato negli anni nel suo lavoro a fianco di 76 case editrici italiane che ha portato alla creazione del catalogo libriitalianiaccessibili.it, che ora conta più di 26 mila titoli e nei tavoli di lavoro e gruppi di studio sugli standard di formato, soluzioni di lettura e metadati per l’accessibilità.

«La collaborazione di LIA con Börsenverein e dzb lesen è segno di come in Europa si stia creando una sensibilità nuova attorno al tema dell’accessibilità e del diritto alla lettura da parte di tutti. Per fare realmente la differenza sono necessarie collaborazioni e sinergie di questo tipo tra realtà di diversi Paesi» ha dichiarato Mario Barbuto, Presidente di Fondazione LIA.

Alexander Skipis, Managing Director di Börsenverein ha commentato: «Rendere i nostri prodotti accessibili è un compito che il settore editoriale tedesco affronterà con entusiasmo e impegno. Il nostro obiettivo è quello di rendere fruibili i contenuti per tutti, in modo da raggiungere più lettori, e ciò significherà renderli più a misura di utente. Siamo lieti di intraprendere questo percorso con partner così esperti come Fondazione LIA e dbz lesen. Questa collaborazione mette le basi per poter fare dei passi importanti e sostenibili nei prossimi cinque anni».

«Siamo davvero lieti di poter usufruire dell’esperienza di LIA nell’andare a creare una collaborazione tra gli editori tedeschi e dzb lesen, con l’obiettivo di pubblicare in Germania e-book accessibili per persone con disabilità visive o alla carta stampata» ha dichiarato Thomas Kahlisch, Direttore del German Centre for Accessible Reading (dzb lesen).

“E-books for all”, pubblicato in inglese a novembre del 2020, fornisce indicazioni utili a tutte le realtà interessate a far parte dell’ecosistema editoriale digitale accessibile in linea con quanto richiesto dalla nuova direttiva. Approfondisce inoltre i ruoli e le responsabilità dei produttori di contenuti, distributori, librerie online e sviluppatori di soluzioni di lettura: «L’esperienza italiana di LIA può costituire un esempio veramente utile per gli altri Paesi in tema di accessibilità – ha sottolineato il presidente di AIE, Ricardo Franco Levi -. Lo dimostra questo paper, grazie al quale gli editori tedeschi e tutti gli attori della filiera potranno avere fin d’ora un panorama completo delle nuove normative internazionali ed europee e dell’impatto che queste avranno sul settore editoriale».

mercoledì 25 novembre 2020

Didattica museale e pandemia. Il Museo Tattile Omero alla sfida della digitalizzazione

Artribune del 25/11/2020

Con la chiusura legata all’emergenza sanitaria molti musei hanno sviluppato strategie online. Come la affronta un’istituzione che fin dai suoi esordi ha fatto della tattilità uno strumento di educazione per il proprio pubblico? Ne abbiamo parlato con Aldo Grassini, ideatore e attuale presidente del Museo Tattile Statale Omero.

ANCONA. Aldo Grassini è l’ideatore e presidente di un museo che fin dai suoi esordi ha intuito che la multi-sensorialità potesse essere un’opportunità di educazione alle emozioni attraverso l’arte per un pubblico ben più vasto di chi è affetto da disabilità visiva, trasformando quindi uno svantaggio in un’opportunità per tutti. Ora però che molti contenuti culturali passano attraverso uno schermo, la sfida si è fatta più dura. Grassini ci ha spiegato come la stanno affrontando in questa intervista ricca di riflessioni, che vanno dalla creazione di percorsi tattili in tutti i musei alla natura non solo visiva delle immagini. E intanto è pronto anche il nuovo sito.

Cosa vuole dire essere il presidente di un museo praticamente unico al mondo? Qual è stata la lunga strada per realizzare questo sogno?

Si tratta di una condizione che oggi produce negli interlocutori un certo interesse o almeno un po’ di curiosità. Spesso vengo trattato come un superesperto in un settore nuovissimo. Ricordo quando, non molto tempo fa, parlando di un museo tattile mi sentivo simile a Cristoforo Colombo quando con un uovo in mano girava per le corti europee per dimostrare la possibilità del suo “folle volo”, per dirla con l’Ulisse dantesco. E le difficoltà per realizzarlo credo che non siano state inferiori a quelle incontrate da Colombo, a causa dei meandri della burocrazia e della precarietà della politica!

In un mondo e una società sempre più basati sulle immagini e sul virtuale, lei porta avanti la ricerca e la valorizzazione dell’estetica della tattilità. Lei ama ripetere che non esistono solo le immagini visive ma anche quelle tattili, uditive etc.

La parola “immagine” è spesso associata esclusivamente alla percezione visiva. Anche nella scuola esiste “l’educazione all’immagine” senza aggettivi e si intende l’educazione del vedere. Ma si tratta di un pregiudizio linguistico. In realtà l’immagine è l’impressione di una percezione sensoriale che portiamo nella memoria e quasi sempre si tratta di un’esperienza di per sé multisensoriale in quanto coinvolge la totalità della persona e del campo percettivo.

Mi si consenta un esempio che trovo, da appassionato melomane, in una delle più famose arie pucciniane. Mario Cavaradossi sta per essere giustiziato e ricorda l’ultimo incontro con la sua amata Tosca. Le note del clarinetto creano l’atmosfera emotiva e lui ricorda: “E lucean le stelle (immagine visiva) e olezzava la terra (immagine olfattiva). Stridea l’uscio dell’orto (immagine uditiva) e un passo sfiorava l’arena (altra immagine uditiva e anche visiva). Entrava ella fragrante (immagine visiva e immagine olfattiva). Mi cadea fra le braccia (immagine tattile)”. L’immagine è il vivido ricordo che in questo caso coinvolge ben quattro sensi che affondano nel mare delle emozioni e dei sentimenti di un’ora suprema. Ridurre tutto soltanto alla visione significa non poter capire l’entusiasmo che da 120 anni quest’aria scatena in tutti i teatri del mondo!

UN MUSEO MULTISENSORIALE

Ritornando al Museo Tattile di Ancona, nato per abbattere una barriera e colmare una mancanza culturale per i non vedenti, ora lei preferisce parlare di “museo multisensoriale”, la differenza quindi la si fa nella progettazione per tutti sin da subito? A questo proposito qual è la situazione legislativa italiana e la formazione dei tecnici e degli operatori museali?

In questo periodo in Italia si stanno muovendo passi interessanti. Nel 2018 una commissione della Direzione Musei del MiBACT ha espresso delle linee guida per l’accessibilità multi-sensoriale dei musei e dei luoghi della cultura statali. La consapevolezza che molti architetti, ingegneri, allestitori non hanno ancora le competenze, l’esperienza e, diciamolo pure, la mentalità necessarie, ha spinto il Ministero e il CNR a produrre un manuale, che sta per vedere la luce, per la progettazione di allestimenti accessibili e, quindi, multisensoriali, la formazione dei tecnici e degli operatori museali.

La chiusura a causa della pandemia COVID è stata per tanti musei una sfida per la digitalizzazione. Come l’ha affrontata un museo che ha fatto della tattilità la sua ragione di essere, un valore per tutto il suo pubblico? Siete stati penalizzati di più rispetto ad altre istituzioni o ci sono dei vantaggi?

La pandemia ha soffocato le attività di tutti i musei, ma per il Museo Tattile è stata una vera iattura. Abbiamo impiegato anni nel tentativo di convincere il mondo che toccare non è peccato e ora siamo costretti a vietarlo anche ai nostri visitatori! Ma abbiamo lavorato di fantasia: abbiamo organizzato le nostre visite utilizzando guanti speciali da noi forniti che consentano comunque di toccare le opere esposte, nell’assoluto rispetto dei protocolli della sicurezza. Si tratta di un palliativo, è vero, ma noi non ci arrendiamo! Abbiamo poi cercato di valorizzare tutti gli strumenti della comunicazione in grado di renderla accessibile anche a chi non vede: pubblicizzare le tecniche della descrizione delle immagini visive, integrare il messaggio con altri effetti sensoriali, utilizzare intrattenimenti musicali, esaltare la parola con conferenze di alto livello e con una rivista scientifica scritta e parlata. In tutto ciò la rete, che spesso deraglia dai suoi percorsi e si impadronisce di spazi alternativi, si è rivelata in questa occasione una risorsa preziosissima e ci siamo “regalati” un sito nuovo di zecca, modello di accessibilità.

IL CONFRONTO TRA ITALIA ED ESTERO

La sua esperienza è particolarmente ricca sul fronte estero sia come turista, sia come relatore in conferenze per il Museo Omero o la Federazione Esperantista Italiana, che ha anche presieduto per molti anni. Quali sono le grandi differenze tra l’Italia e le altre culture? Ci faccia alcuni esempi sia in positivo che in negativo.

Io sostengo che lo strumento fondamentale per consentire a un cieco la fruizione dell’arte sia l’esplorazione tattile. Tutto il resto può essere utilissimo e a volte indispensabile, ma non sufficiente. Da questo punto di vista il Paese dei sogni è l’India. Il loro principale strumento di espressione nella religione e nell’arte è la scultura e in India si può toccare tutto nei musei e nei templi a eccezione, ovviamente, del sancta sanctorum. In Giappone non esiste la cultura del toccare, ma c’è tanto interesse per la nostra esperienza. Nei Paesi anglosassoni, compresi i grandi musei di New York, si curano moltissimo l’accoglienza e la descrizione, ma è difficile toccare. In Francia l’accessibilità è importante, ma non si toccano gli originali. In Germania, come ovvio, c’è molto rigore, ma anche molta attenzione. Nei Paesi scandinavi si possono fare esperienze interessanti. La Spagna è molto più libera e disponibile. L’Italia ha il mantello del leopardo: ci sono ancora luoghi molto rigidi, ma molti altri in cui il muro dell’intransigenza comincia a sgretolarsi. Comunque, una volta tanto possiamo dire che il nostro Paese non marcia certo nelle ultime file.

La lasciamo con un’ultima domanda: sogni nel cassetto ancora da realizzare?

Per il Museo Omero io sogno che il personale possa essere stabilizzato. Ma parliamo del regno della burocrazia in cui sognare è peggio che toccare! Se vogliamo però librarci nel cielo della fantasia, il sogno più bello è che un giorno non ci sia più bisogno del Museo Omero perché tutti i musei e i luoghi della cultura saranno resi accessibili!

di Annalisa Filonzi

in collaborazione con Annalisa Trasatti

Regalati un dolce Natale con dell’ottimo cioccolato e, perché no? Sfida la fortuna con il cubo Gusta e vinci! 🎁🎄

A causa dell’emergenza sanitaria legata al Covid-19, quest’anno non ci sarà la consueta Giornata Regionale per la Prevenzione della Cecità e la Riabilitazione Visiva, organizzata dal Consiglio Regionale Lombardo dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ONLUS-APS.

Non mancheranno però i consueti astucci di cioccolata, che potranno essere acquistati con un contributo minimo di € 9.00.

Ogni astuccio contiene 4 tavolette di cioccolata da 100 grammi ciascuna (fondente biologico, al latte senza zucchero, fondente senza zucchero e bianco biologico, tutte senza glutine).

Vi sarà anche una divertente e piacevole novità: il cubo “Gusta e vinci”!. Realizzato appositamente per celebrare i 100 anni dell’UICI, il cubo in plexiglass delle dimensioni 10x10 cm contiene al proprio interno delle caramelle gelatine e sul fondo è posto un biglietto che, se assistiti dalla dea bendata, annuncerà la vincita di simpatici premi come trattamenti di bellezza, voli, libri, buoni acquisto e molto altro! I cubi saranno offerti dietro versamento di un contributo minimo di € 10,00 euro.

I proventi saranno utilizzati per sostenere le attività riabilitative delle Sezioni territoriali UICI della Lombardia.

Gli interessati possono prenotare sia gli astucci di cioccolata che i cubi “Gusta e Vinci” rivolgendosi alla propria Sezione UICI di appartenenza.

Per ulteriori informazioni contattare la Segreteria regionale al numero: 02/76.01.18.93

Grazie di cuore a chi vorrà dare il proprio contributo!  🎅

martedì 24 novembre 2020

Studenti disabili in classe, ma con i compagni: il ministero monitora. "Chi ha problemi, ci contatti"

Redattore Sociale del 24/11/2020

La circolare del 5 novembre ha fatto chiarezza, a supporto delle scuole: lo studente con disabilità deve stare in classe con un gruppo di compagni. Così ribadisce il ministero, a cui abbiamo chiesto di fare il punto sulla difficile, ma non impossibile, "inclusione ai tempi del Covid".

ROMA. L'inclusione si fa in gruppo, anche quando la didattica è a distanza: lo studente con disabilità a scuola da solo, con l'insegnante di sostegno, è un errore da non commettere. O meglio, una criticità da risolvere. Così il ministero dell'Istruzione chiarisce una situazione ancora confusa, nonostante la circolare che il 5 novembre avrebbe dovuto fugare ogni dubbio. Eppure, ancora in molte scuole (soprattutto superiori, dove la didattica è a distanza in tutta Italia), gli unici fisicamente presenti sono gli studenti con disabilità e i loro insegnanti di sostegno e gli assistenti: tutti gli altri, compagni e docenti curricolari, rispondo all'appello online.

Ma il ministero dell'Istruzione assicura e ribadisce che, dopo la nota del 5 novembre, sono stati definiti i termini dell'inclusione e non c'è più spazio per la discrezionalità: laddove ci siano criticità, il ministero invita dirigenti, docenti e genitori a segnalarle tramite l'help desk dedicato, in modo che si possa al più presto intervenire.

Di seguito le domande che Redattore Sociale ha rivolto al ministero e le risposte che ci sono pervenute.

Esiste un monitoraggio, tramite gli Usr, che verifichi se e come i Ds stiano applicando quanto disposto in materia di inclusione? Quale vi risulta che sia la situazione attuale?

Esiste un monitoraggio, attivato dopo la nota del 5 novembre 2020, indirizzato a tutte le istituzioni scolastiche statali e paritarie, al fine di poter avere un quadro completo della situazione.

Esistono difficoltà operative, per i dirigenti scolastici, nel rendere operative le indicazioni fornite nella nota del 5 novembre?

"Le scuole italiane hanno tutte lavorato al fine di garantire la frequenza in presenza degli studenti, applicando regole rigide di sicurezza", spiegano i tecnici del ministero. Riguardo in particolare l'inclusione scolastica attraverso il gruppo in presenza, alcune difficoltà operative per i dirigenti scolastici potrebbero sorgere quando i docenti di sostegno siano positivi al Covid-19 o in quarantena, pertanto loro stessi impossibilitati alla presenza fisica a scuola. Altre difficoltà potrebbero essere legate all'espressa volontà di alcune famiglie di tenere i figli con disabilità a casa, oppure, ove sia previsto un servizio di trasporto, ai problemi legati al funzionamento di questo servizio.

È possibile che le indicazioni fornite nella nota siano state mal interpretate? E che questo sia il motivo per cui, ancora oggi, la maggior parte degli studenti con disabilità siano in classe da soli?

La nota del 5 novembre, indirizzata a tutte le scuole, ha stabilito in maniera inequivocabile che, nel garantire la frequenza in presenza per gli alunni con disabilità, si rispetti la necessità che tali attività realizzino un'inclusione scolastica "effettiva" e non solo formale, volta a "mantenere una relazione educativa che realizzi effettiva inclusione scolastica". Dove segnalato, il ministero stesso riferisce di aver avviato contatti diretti con le istituzioni scolastiche interessate, al fine di supportarle nell'organizzazione dei contesti inclusivi, così come richiesti dalla nota citata. In alcuni rari casi relativi a scuole in zone rosse, poi positivamente risolti, il dirigente scolastico si è trovato nella difficoltà di garantire la presenza a scuola di altri alunni per favorire il contesto inclusivo, a causa della indisponibilità delle famiglie di questi a farli frequentare, poiché allarmate dall'incidenza contestuale dei contagi nel territorio di riferimento. Il ministero ribadisce e assicura di mettere in campo ogni misura di competenza per favorire la piena conoscenza delle norme e una chiara e positiva interpretazione di queste, a vantaggio delle famiglie e delle scuole stesse, aggiornando settimanalmente l'elenco delle FAQ presenti nel sito. Inoltre è sempre attivo l'help desk dedicato agli istituti per dubbi e quesiti.

Risultano altre buone prassi, come quella messa in campo dal liceo Saffo in Abruzzo, da poter indicare come "modello" di corretta interpretazione e attuazione delle disposizioni?

A tal proposito il ministero ricorda che è stata di recente riattivata la task force "Inclusione via web", cui partecipano esperti da tutta Italia e, in particolare, referenti degli "Sportelli autismo" e dei Centri territoriali di supporto. Si tratta di gruppi di lavoro che operano con la modalità peer teaching: sono insegnanti che supportano altri insegnanti, sulla base della loro esperienza e competenza specifica. Oltre a raccogliere diverse richieste, anche dalle famiglie, in qualche caso la task force è stata contattata per segnalazioni, da parte delle stesse famiglie, di buone prassi di inclusione. In generale, la buona inclusione vede una stretta collaborazione tra insegnanti curricolari e insegnanti per il sostegno che - ricorda il ministero - sono insegnanti della classe, non del singolo alunno.

Cosa va detto ai dirigenti scolastici che tuttora assicurano la presenza ai soli studenti con disabilità?

Quando si parla di "situazione di reale inclusione" o "effettiva inclusione scolastica" si fa riferimento alla presenza dei compagni che accettino di esserci e dei docenti che devono esserci. I docenti invitati dai dirigenti a prestare didattica a distanza per gli alunni senza disabilità, nel caso in cui vi siano alunni con disabilità che chiedano la didattica in presenza, sono tenuti a svolgere le attività didattiche a scuola, realizzandole contemporaneamente anche a distanza per il resto degli alunni della classe. Solo se tali docenti siano in situazione di fragilità certificata o siano positivi o in quarantena, non sono tenuti a tale obbligo. In tutti gli altri casi devono prestare le lezioni a scuola.

In prospettiva, come potrà realizzarsi quella "effettiva inclusione", se il ricorso alla didattica a distanza dovesse perdurare ed eventualmente estendersi ad altri ordini?

L'auspicio del ministero è che si possa quanto prima tornare ad una didattica in presenza, nella convinzione che l'apertura delle scuole sia questione fondamentale per studentesse e studenti, sulla quale converge l'impegno del ministero e del governo.

di Chiara Ludovisi

lunedì 23 novembre 2020

L'occhio bionico dell'Università Monash è pronto per i primi test sull'uomo

DDay del 23/11/2020

Arriva dall'Università di Melbourne un impianto ottico bionico che potrebbe consentire a pazienti affetti da cecità di recuperare la vista. Il sistema bypassa i nervi ottici compromessi trasmettendo immagini direttamente al cervello.

MELBOURNE. La Monash University di Melbourne ha sviluppato un occhio artificiale che potrebbe consentire il recupero parziale della vista a pazienti non vedenti. Il sistema bionico prende il nome di Gennaris Bionic Vision System ed è pronto, dopo dieci anni di studio, a essere testato sull’uomo.

Questo nuovo occhio bionico è composto da una sorta di visore, personalizzato in base alla struttura fisica del paziente, all’interno del quale sono integrati una videocamera e un trasmettitore wireless.

Una serie di chip da 9 x 9 mm sono successivamente impiantati nell’area del cervello adibita alla vista, al fine di consentire la comunicazione tra i due organi. Il dispositivo - coadiuvato da un elaboratore grande quanto uno smartphone - traduce le immagini in impulsi che vengono infine trasmessi dalla retina direttamente alla corteccia visiva primaria, bypassando i nervi ottici compromessi.

Gli ottimi risultati raggiunti con alcune cavie da laboratorio hanno spinto il team di scienziati a saltare allo step successivo, programmando i primi test su pazienti umani entro il 2021.

La stimolazione, afferma il gruppo di studio, genera un modello visivo combinando fino a 473 punti di luce (fosfeni) in grado di fornire informazioni sufficienti per consentire all'utente di muoversi in ambienti interni ed esterni e riconoscere la presenza di persone e oggetti attorno a sé. La speranza è dunque che il metodo Gennaris possa portare dei risultati convincenti nel trattamento di molte condizioni per le quali altre tecnologie hanno un beneficio limitato.

di Gaetano Mero

Rilevamento persone e non solo: ora l’iPhone racconta ai non vedenti tutto ciò che gli sta intorno

Corriere della Sera del 23/11/2020

Con l’aggiornamento iOS 14.2 l’app Lente d’Ingrandimento si arricchisce di nuove funzionalità, grazie anche al sensore LiDAR sui modelli Pro. Arriva il Rilevamento Persone, ora il Voice Over racconta tutto ciò che ci sta intorno

di Michela Rovelli

Tra le tante novità che il nuovo iPhone 12 ha portato ce n’è una che potrebbe farci scoprire - questa volta per davvero - le potenzialità della realtà aumentata. Il sensore LiDAR, installato sui modelli Pro e Pro Max, permette allo smartphone di «vedere» ciò che succede attorno a lui. Quali oggetti ci sono e a quale distanza si trovano da noi. Un sensore che dunque porterà a nuove scoperte nel campo dell’AR, facendo davvero interagire il digitale con il reale, ma non solo. Anche le fotocamere lo sfruttano per migliorare le nostre foto. Ancora, non è finita. Perché tra le tante (prime) applicazioni a cui Apple ha pensato per questo sensore ce n’è una che risulterà utile a tutti noi - in periodo di pandemia - e molto utile a chi è affetto da problemi di vista.

Il Rilevamento Persone

Apple ha fatto dell’accessibilità uno dei suoi cavalli di battaglia. Prima in ordine di tempo a pensare di rendere il nostro compagno di attività quotidiane - lo smartphone - anche uno strumento per aiutare chi soffre di disabilità. Ed ecco che il sensore LiDAR può migliorare ancora di più le funzionalità che già i non vedenti, in questo caso, hanno a disposizione. Con l’aggiornamento al sistema operativo iOS 14.2, Apple ha introdotto una novità all’interno della sua app Lente d’Ingrandimento. Chiamata “Rilevamento Persone”, è un’icona che si trova nella schermata una volta attivata l’app, in basso a destra. Cosa fa? Ci dice se ci sono delle persone vicine a noi, e quanto sono vicine a noi. Acronimo di Light Detection and Ranging, il sensore LiDAR viene utilizzato anche sulle auto a guida autonoma perché è in grado di mappare lo spazio circostante utilizzando un impulso laser. La distanza dell'oggetto viene data dal tempo trascorso fra l'emissione dell'impulso e la ricezione del segnale da parte del dispositivo. Ed ecco che si può sfruttare non solo per le auto o gli oggetti, ma anche per gli esseri umani. Utile, dicevamo, per chi ha problemi di vista che può così sapere chi ha intorno. Utile anche a tutti noi in questo periodo storico, per sapere se ci stiamo avvicinando troppo ad altre persone. Si può decidere di impostare un suono, un avviso vocale o un feedback aptico quando un altro uomo o donna entra nel raggio di una distanza pre-impostata. Due metri quella corretta secondo le disposizioni sanitarie internazionali. Se la provate su un animale domestico, l’iPhone 12 è in grado di distinguerlo e non viene inviato nessun avviso.

L'iPhone ora racconta tutto ciò che ci circonda

Tornando a chi, la Lente d’Ingrandimento, la usa per svolgere attività quotidiane, questa diventa davvero utile se si sfrutta in contemporanea un’altra funzionalità chiamata VoiceOver, che raccontava già tutto ciò che appare sullo schermo ma ora è in grado di dire anche ciò che viene ripreso dalla fotocamera. Per azionare la descrizione, è necessario inquadrare ciò che ci interessa con la fotocamera - con Lente d’Ingrandimento attivata - e poi premere sullo schermo. Abbiamo provato ad ascoltare le descrizioni fornite dall’iPhone: difficile per il dispositivo riconoscere una scena “estesa”. La televisione diventa una finestra, il pianoforte diventa un tavolo. Ma se utilizzato su oggetti ben definiti, VoiceOver ce li racconta in modo molto preciso. Per esempio una cesta di frutta è stata analizzata come: “Banane, cesta, delle mele”. Oppure questo computer dove stiamo scrivendo: “Computer portatile, un tavolo e una sedia”. E infine il nostro animale domestico, sdraiato sul letto, che il VoiceOver racconta così: “Gatto adulto, tessuto”.