giovedì 29 ottobre 2009

USA, terapia genica ridà la vista a 12 pazienti: cinque sono italiani

Un gruppo di ricercatori della Pennsylvania ha ottenuto tramite l'iniezione di materiale genetico, miglioramenti significativi nelle capacità visive di 12 pazienti sofferenti di un raro difetto ereditario. Cinque di questi pazienti sono italiani. Il risultato fa sperare, scrive il Los Angeles Times, che sia possibile ottenere simili miglioramenti anche presso pazienti che soffrono di retinite pigmentosa e degenerazione maculare, due patologie degenerative della retina piuttosto comuni.

Secondo la ricerca pubblicata sul prestigioso quotidiano The Lancet, l'anno scorso, i ricercatori avevano avuto successo con tre pazienti adulti sofferenti di amaurosi congenita di Leber, una rara malattia che colpisce circa 130mila persone nel mondo. Adesso ne hanno curati altri nove fra cui 5 bambini, uno dei quali era quasi completamente cieco. Più giovane il paziente, migliori le capacità di reazione delle sue cellule retinali e migliori i risultati. Il bambino, nove anni, veniva accompagnato ovunque. Oggi con una singola iniezione in un occhio, va in giro in bicicletta nel quartiere.

I risultati sono "incredibili" secondo Stephen Rose, ricercatore della statunitense Foundation Fighting Blindness (Fondazione contro la cecità) che ha sostenuto il lavoro ma non è direttamente coinvolto. "Tutti gli individui del gruppo hanno mostrato miglioramenti e senza effetti collaterali". L'amaurosi congenita porta progressivamente alla cecità ma gli occhi sono inizialmente sani. Si sa che è provocata da errori in 13 geni differenti. Ma tutti i 12 pazienti avevano un difetto nel gene RPE65, che produce vitamina A necessaria per vedere la luce.

Il Children's Hospital di Filadelfia e l'University of Pennsylvania avevano clonato il gene. La copia "buona" del RPE65 è stata inserita in una versione di un adenovirus umano, che poi è stato introdotto nelle cellule retinali e ha portato il gene mancante nel loro Dna. I ricercatori hanno usato un ago sottile per inserire il preparato nell'occhio peggiore di ogni paziente; in un paio di settimane si sono constatati miglioramenti nella percezione della luce, poi nella visione generale. Proprio come era successo nei cani e nei topi in laboratorio.

da Tiscali Notizie

martedì 1 settembre 2009

Terapia genica per ridare la vista ai malati di amaurosi di Leber

Sanità news malattie rare - "Insieme per non essere rari!"

La terapia genica ha "ridato un po' di luce" a tre pazienti non vedenti affetti da una grave malattia retinica che porta alla cecità nei primi mesi di vita, l'amaurosi congenita di Leber.

Infatti, è spiegato sulla rivista The New England Journal of Medicine, a un anno dal ciclo di terapia genica, due dei tre pazienti dicono di riuscire a percepire luce, la terza addirittura riesce a vedere l'ora sull'orologio del cruscotto della macchina dei genitori.

Lo studio è doppiamente un successo perché dimostra che anche se si nasce con pochissima vista, "curando" il difetto visivo in età' adulta, si riesce comunque a "riattivare" i centri della visione nel cervello, e quindi a ripristinare in parte la visione, a dimostrazione che il cervello anche in età adulta è sufficientemente plastico da riorganizzarsi e riattivarsi laddove riceva nuovi stimoli.

L'amaurosi congenita di Leber è una malattia genetica, si tratta di una retinopatia caratterizzata da cecità o grave deficit visivo ad esordio nei primi 6 mesi di vita.

Secondo i dati disponibili sul sito dell'Associazione Italiana Amaurosi Congenita di Leber, si tratta di una patologia rara: l'incidenza è di 3 malati su 100.000 nati vivi e la sindrome rappresenta il 10-18% di tutte le distrofie retiniche congenite.

Eseguita un anno fa in un solo occhio dei tre giovani pazienti non vedenti (tutti adulti tra 22 e 24 anni), la terapia genica è consistita nell'inserimento di una copia sana del gene RPE65, responsabile della malattia, nelle cellule della retina.

I pazienti hanno mostrato un aumento della visione diurna di mille volte, e di ben 63.000 volte di quella notturna, ha spiegato William Hauswirth, uno degli autori del lavoro.

Sebbene preliminari, si tratta di risultati incoraggianti anche perché dimostrano la duttilità' del cervello adulto a 'risvegliarsi' se l'occhio ricomincia dopo anni a mandargli segnali.

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sabato 29 agosto 2009

Ricostruire la retina? Ci pensa NOGGIN

Un gruppo di ricerca dell'Università di Pisa mette in luce un meccanismo importante per lo sviluppo dei fotorecettori dell'occhio.

Una scorpacciata di NOGGIN e il destino delle cellule staminali embrionali è segnato: diventeranno retina, il tessuto nervoso che ci permette di vedere. È quanto ha scoperto, grazie a un finanziamento Telethon, il gruppo di ricerca di Giuseppina Barsacchi, dell'Università di Pisa: i risultati del lavoro sono stati pubblicati sulla rivista Stem Cells*.

Come racconta Simona Casarosa, coautrice dello studio, "è la prima volta che una sostanza si dimostra in grado - da sola - di indirizzare il differenziamento delle cellule staminali verso un destino retinico. Per ora i nostri esperimenti sono stati condotti su cellule di Xenopus, un anfibio che ha fatto da modello per tantissime scoperte nella biologia dello sviluppo". Durante il differenziamento - quella delicatissima fase dello sviluppo di un organismo in cui si decide il destino, e quindi il ruolo finale, delle sue cellule - l'embrione è sottoposto a innumerevoli stimoli da parte delle più svariate sostanze. Una di queste è NOGGIN, che "indirizza" alcune delle cellule staminali di cui è costituito l'embrione a diventare sistema nervoso. Fino ad oggi non si sapeva però che NOGGIN fosse in grado di indirizzare le cellule staminali verso un tessuto nervoso specifico, la retina appunto.

"Questo risultato dimostra che le cellule staminali embrionali di Xenopus possono essere utilizzate per studiare i meccanismi con cui si forma la retina durante lo sviluppo degli organismi animali", continua la ricercatrice. "Il prossimo passo sarà infatti capire quale sia il ruolo di questa sostanza nel differenziamento delle cellule staminali di mammiferi. In futuro, infatti, queste conoscenze potrebbero rivelarsi molto utili per la messa a punto di terapie di sostituzione cellulare, attualmente in studio per varie malattie degenerative della retina, come per esempio la retinite pigmentosa, l'amaurosi congenita di Leber e le varie distrofie retiniche". L'obiettivo è quello di sostituire le cellule malate con cellule di retina ottenute a partire da cellule staminali, fatte differenziare opportunamente in laboratorio.

"Naturalmente, data la complessità del sistema nervoso umano, siamo ancora molto lontani. D'altra parte, riuscire a far differenziare le cellule staminali embrionali in laboratorio fino allo stadio appropriato - la retina nel nostro caso - è ancora uno dei punti più critici e richiede di individuare metodi sempre più efficienti: l'utilizzo di NOGGIN potrebbe essere uno di questi", conclude Simona Casarosa, che si appresta a proseguire in questi studi in un laboratorio tutto suo: da qualche mese si è infatti trasferita presso il Centro Interdipartimentale di biologia integrata (Cibio) dell'Università di Trento.

* Lei Lan, Antonio Vitobello, Michele Bertacchi, Federico Cremisi, Robert Vignali, Massimiliano Andreazzoli, Gian Carlo Demontis, Giuseppina Barsacchi, Simona Casarosa, "Noggin Elicits Retinal Fate In Xenopus Animal Cap Embryonic Stem Cells". Stem Cells, 2009.

sabato 20 giugno 2009

Progetto "Amaurosi Congenita di Leber: ieri, oggi e domani. Stato della ricerca e prospettive future"

Il progetto "AMAUROSI CONGENITA DI LEBER: IERI, OGGI E DOMANI. STATO DELLA RICERCA E PROSPETTIVE FUTURE", finanziato dalla Regione Lombardia (L.R. 1/2008 - Bando 2008-2009), dalla Sezione Italiana dell'Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità - I.A.P.B. onlus e dalla stessa I.A.L.C.A., prevedeva la costruzione di una rete tra le famiglie dei soggetti affetti da amaurosi congenita di Leber attraverso l'Associazione che li rappresenta (I.A.L.C.A.) ed i Centri di ricerca esistenti sul territorio nazionale.

Il progetto mirava, dunque, a ridurre le distanze e abbattere le barriere che isolavano le famiglie, costituendo una fitta rete di collegamento tra le stesse e le strutture preposte alla ricerca e alla terapia e favorendo l'istituzione di una corsia preferenziale di comunicazione tra l'Associazione ed i Centri di ricerca, terapia e riabilitazione attraverso cui veicolare in tempo reale le richieste di aiuto delle famiglie e dei pazienti.

Lo scopo era e rimane quello di mantenere contatti frequenti tra la base associativa, le strutture specializzate e gli addetti ai lavori, in modo tale che i familiari e le persone affette da amaurosi congenita di Leber possano interagire con gli esperti per affrontare problemi specifici ed essere aggiornati costantemente circa l'attività di ricerca su questa rara patologia.

Al fine di ridurre queste distanze, sono stati siglati specifici accordi con i Centri di ricerca e terapia della malattia, affinché i pazienti affetti da amaurosi possano trovare informazioni aggiornate circa lo stato dell'arte nel campo della ricerca, prevenzione e terapia dell'amaurosi.

I Centri con cui sono stati siglati specifici accordi sono i seguenti: 
  • il Centro di Neuroftalmologia dell'età evolutiva dell'Università di Pavia - IRCCS "C. Mondino", 
  • la Clinica Oculistica - Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Rianimatorie-Riabilitative e dei Trapianti D'organo dell'Università degli Studi di Pavia - Fondazione IRCCS Policlinico "San Matteo", 
  • il Consiglio Regionale Lombardo dell'Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, 
  • la Sezione Italiana dell'Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità (I.A.P.B.), 
  • il Dipartimento di Oftalmologia della Seconda Università degli Studi di Napoli - Telethon Institute of Genetics and Medicine (TIGEM) di Napoli, 
  • l'Istituto CSS Mendel, 
  • la Fondazione Robert Hollman 
  • l'IRCCS "E. Medea".

Questi accordi d'intesa sono stati presentati e, per così dire, "celebrati" il 20 giugno 2009 al Collegio Universitario S. Caterina da Siena di Pavia, dove l'Associazione ha organizzato un Convegno in cui sono stati illustrati i più recenti risultati in campo medico-scientifico da ciascun rappresentante di ogni struttura facente parte della rete.

La giornata ha costituito l'occasione per i familiari e le persone affette da amaurosi di incontrarsi e conoscersi e di incontrare e conoscere i propri interlocutori medici - ricercatori.

Il programma del Convegno era articolato in due sessioni: nella prima, sono state esposte relazioni sulla diagnosi e sulla terapia dell'amaurosi congenita di Leber; nella seconda, si è parlato prevalentemente degli aspetti riabilitativi (vedi atti convegno).

In occasione di tale evento, è stata, inoltre, presentata una pubblicazione sull'amaurosi congenita di Leber che può essere utile ai pazienti, alle famiglie e al personale sanitario. Il lavoro è frutto di una ricerca scientifica appurata e mette in luce le tecniche diagnostiche e le prospettive terapeutiche.

La pubblicazione è disponibile anche in versione cartacea in nero e in braille. Chiunque fosse interessato può farne richiesta a questa Segreteria (tel.: 02/76.01.18.93 - fax: 02/76.00.15.28 - e-mail: segreteria@ialca.org) che provvederà alla relativa spedizione.

lunedì 1 giugno 2009

Pubblicazioni scientifiche


  • L'Amaurosi Congenita di Leber 2003
    Testo a cura di: E. Fazzi, B. Scelsa, S. Signorini, A. Pagani, A. Luparia
    Dipartimento di Clinica Neurologica e Psichiatrica dell'Età Evolutiva - IRCCS C. Mondino - Università di Pavia
  • Fazzi E, Rossi M, Signorini S, Rossi G, Bianchi PE, Lanzi G. Leber's congenital amaurosis: is there an autistic component?, Dev Med Child Neurol. 49(7): 503-7. 2007
  • Simonelli F, Ziviello C, Testa F, Rossi S, Fazzi E, Bianchi PE, Fossarello M, Signorini S, Bertone C, Galantuomo S, Brancati F, Valente EM, Ciccodicola A, Rinaldi E, Auricchio A, Banfi S. Clinical and molecular genetics of Leber's congenital amaurosis: a multicenter study of Italian patients, Invest Ophthalmol Vis Sci. 48(9): 4284-90. 2007
  • Fazzi E, Signorini SG, Uggetti C, Bianchi PE, Lanners J, Lanzi G. Towards Improved Clinical Characterization of Leber Congenital Amaurosis: neurological and systemic fundings" , American Journal of Medical Genetics. 132A: 13-19, 2005
  • Fazzi E, Signorini SG, Scelsa B, Bova SM, Lanzi G: Leber's congenital amaurosis: an update. Eur J Paediatr. Neurol. 2003; 7(1): 13-22
  • Fazzi E, Signorini SG, Bova SM, Luparia A, Goergen E, Pagani A, Bianchi PE, Lanzi G. Leber's congenital amaurosis: an overview, Functional Neurology, 17(3): 157, 2002
  • Uggetti C, Fazzi E, Signorini SG, Egitto MG, Pichiecchio A, Zappoli F, Lanzi G. Brain MR study of thirty-five children affected by Leber's congenital amaurosis. Functional Neurology, 17(3): 163, 2002
  • Fazzi E, Bova SM, Signorini SG, Lanners J, Lanzi G. Leber's congenital amaurosis: neurological and systemic findings, Brain & Development, 24(6): 571: 2002
  • Maumenee I. Recenti Studi e ricerche sull'Amaurosi Congenita di Leber. Seminario - Università di Pavia - gennaio 2001
  • Fazzi E, Scelsa B, Bianchi PE et al. Leber's congenital amaurosis: neurodevelopmental aspects, Eur J Paediatr. Neurol. 4(5): 32, 2000