lunedì 29 ottobre 2018

Accessibilità a 360 gradi nei musei del Friuli Venezia Giulia

Il Gazzettino del 28-10-2018

SACILE. Accessibilità a 360 gradi nei musei del Friuli Venezia Giulia con un'impronta sacilese. L'iniziativa ha origine nell'Isontino grazie a Gorizia ConTatto. Nata nel 2017 con l'obiettivo di rielaborare alcuni monumenti del patrimonio artistico del territorio (e non) come sculture, edifici ed altri elementi strutturali usufruibili dai non vedenti e ipovedenti, questa attività si sta affermando sempre di più in regione e sta coinvolgendo diverse realtà friulane. Una parte di queste espressioni artistiche sono state rielaborate appositamente nel e dal laboratorio digitale liventino Loudlab. Le menti Mattia Gottardo e Ruben Camponogara giovani imprenditori di questa officina all'avanguardia di Sacile inaugurata nel 2016 - hanno lavorato per creare una scansione 3D di alcuni busti bronzei risalenti alla metà del diciottesimo secolo. In questo modo sono state realizzate delle copie identiche all'originale, fruibili all'analisi tattile delle persone non vedenti. Per la precisione, si tratta della riproduzione di due dei sei busti di metà Settecento creati dallo scultore tedesco Franz Xaver Messerschmidt. Non raffigurazioni normali, bensì smorfie ed espressioni al limite del grottesco create dall'autore stesso, fatte presumibilmente per ricreare quelle espressioni originate dai pizzicotti che il tedesco era solito dare al suo viso di fronte ad uno specchio. Elementi di grande impatto visivo ai quali Gottardo e Camponogara hanno saputo dare una nuova forma. Ossia, una serie di modelli di plastica biocompatibile (Pla) scansionati ed ora esposti al palazzo della Fondazione Coronini/Cronberg, onlus di Gorizia. Per rendere amichevole questi busti, nella parte sottostante compare un invito: Vietato non toccare. Una esortazione insolita che rovescia i soliti standard di guardare, ma non toccare che possono aleggiare in altri musei. «Questo lavoro è sicuramente uno dei più sentiti per noi» hanno detto Gottardo e Camponogara. Un'esperienza da non dimenticare, assieme a quella della premiazione dello scorso mese. A settembre infatti i due imprenditori si sono aggiudicati l'attestato per esempio di innovazione artigiana da parte della Confartigianato Imprese di Pordenone.

di Alessio Tellan

I presidi chiamano ma non trovano nessuno

Il Giorno del 28-10-2018

La coperta è corta. «Da gennaio cambia l'iter per l'assegnazione delle ore. Temiamo forti tagli».

MILANO. «I dirigenti scolastici vivono una situazione paradossale: chiedono più ore di sostegno, perché servono, ma hanno quasi paura di ottenerle perché sanno che poi non riescono a trovare gli insegnanti». Così Massimiliano Sambruna, segretario della Cisl Scuola, spiega il corto circuito. «È un cane che si morde la coda - continua - la situazione è più grave alle elementari. Mancano insegnanti abilitati, si continuano a chiamare supplenti, per i docenti su posto comune molte scuole sono già passate alle messe a disposizione». E siamo ormai a novembre. Per cercare di porre rimedio a un'emergenza cronica serve un piano. «Siamo riusciti ad aumentare il numero dei posti disponibili per la formazione specialistica degli insegnanti di sostegno - ha annunciato nei giorni scorsi il ministro all'Educazione ed ex provveditore milanese Marco Bussetti -. Erano previsti 10mila l'anno e siamo riusciti a raggiungere i 40mila per i prossimi tre anni. Si inizia con 14 mila». Nel frattempo però c'è un anno scolastico ancora da avviare. «Nella mia come in altre scuole la situazione è disperata - spiega Alessia Corsi, insegnante di sostegno all'istituto superiore Marignoni Polo e delegata Usb -. Non ci sono abbastanza insegnanti di sostegno per rispondere ai bisogni degli studenti». Al Marignoni ne mancano all'appello ancora sei, oltre a inglese e biologia; l'insegnante di italiano in una prima è arrivata questa settimana. COSA non funziona? «Le procedure di reclutamento prima di tutto, con concorsi a spot - continua Corsi - un percorso disincentivante, perché per due anni si lavora gratis. Tre quarti dell'organico di fatto viene chiamato a partire da ottobre e termina a giugno, le procedure sono in ritardo e visto che gli abilitati non sono sufficienti si prendono persone che, non per colpa loro, sono sprovviste di strumenti». L'anno prossimo ci sarà un'aggravante. «Già il fabbisogno di ore è al ribasso, dal primo di gennaio le ore saranno distribuite dai famigerati Git, gruppi per l'inclusione territoriale, un organismo amministrativo non pedagogico e verrà meno la possibilità di fare ricorso. Temiamo tagli con la mannaia». In tutto questo c'è chi è insegnante di sostegno per scelta, come la stessa Alessia Corsi, che ha lasciato la cattedra di Lettere per dedicarsi al sostegno dei ragazzi e della classe a tempo pieno. «Sono rimasta profondamente colpita da questa esperienza: quando entri in contatto con una realtà come quella della disabilità non puoi rimanere indifferente. Mi sento più utile qui e ho la possibilità di intervenire su tutta la classe, è un lavoro gratificante anche se faticoso, a livello emotivo e pratico. Con questi numeri si fanno i salti mortali». (Si.Ba.)

sabato 27 ottobre 2018

Un nuovo bastone innovativo e tecnologico per i non vedenti

La Gazzetta di Mantova del 27-10-2018

MANTOVA. «Un bastone speciale che garantisce più sicurezza e autonomia ai disabili visivi». Letismart "luce" e "voce" è stato presentato ieri ed è «un nuovo apparecchio che si compone di due elementi da inserire sul normale bastone bianco per non vedenti». 

La versione "luce" emette una fonte luminosa bianca e pulsante ogni qualvolta la persona sia in condizioni di scarsa luminosità esterna grazie all'utilizzo di un sistema di rilevamento della luce ambientale. Risultato: è più visibile per pedoni, ciclisti e automobilisti e garantisce maggior sicurezza nella mobilità.

Letismart "voce", contiene invece un sistema di segnalazioni decodificabili con tatto e udito, e informa il non vedente su quello che lo circonda, grazie a una rete di radiofari progettati per essere posizionati nei vari contesti dell'ambiente urbano come semafori, autobus, negozi, uffici pubblici e per dare indicazioni di vie, piazze o lavori in corso. «Fornisce le informazioni che una persona normo vedente legge o intercetta, molte più rispetto a un tradizionale sistema gps, senza bisogno di adeguamenti invasivi o particolarmente costosi sul bene pubblico» spiega l'ideatore Marino Attini illustrando il bastone assieme alla presidente "Unione ciechi e ipovedenti" di Mantova Mirella Gavioli e all'assessore ai lavori pubblici Nicola Martinelli. Al momento "Letismart luce" è operativo, mentre il "voce", è in una fase di sperimentazione e i dati sono in continuo aggiornamento. «L'auspicio è che non vedenti e ipovedenti possano riconoscere questi strumenti come supporti per sicurezza e autonomia, per poter vivere una vita sempre più inclusa in una città che sta compiendo passi avanti per sviluppare strategie a sostegno dell'accessibilità delle persone affette da questa disabilità» sottolinea la Gavioli.

di Luca Scattolin

Mostra Forma Mentis – Estetica del tatto al Museo Omero

Press-IN anno X / n. 2266

Vivere Ancona del 27-10-2018

Inaugura sabato 27 ottobre alle ore 18 la mostra "Forma Mentis - Estetica del tatto" e sarà al Museo Tattile Statale Omero fino al 25 novembre 2018. 

In esposizione 24 lavori degli artisti Sandro Bartolacci, Toni Bellucci, Giancarlo Costanzo, Marjan Fahimi, Claudio Fazzini, Bruno Gripari, Chira, Massimo Palumbo, Claudio Pantana, Monica Rafaeli, Gualtiero Redivo, Fabio Zeppa. 

La mostra nasce da un’idea di Sandro Bartolacci e Claudio Fazzini dell’Associazione Culturale “Don Quijote” di Fermo che così raccontano il progetto: “L'arte moderna si confronta con la scrittura Braille, elevandola a modello estetico. In una sintesi di visione e tattilità le opere di 12 artisti vengono percorse da occhi e mani in una doppia lettura: materica e concettuale. Frasi storiche, motti, citazioni o personali aforismi divengono la poetica sottostante la materia utilizzata per esprimerla. L'opera invita al racconto, dialoga con il senso che ne da Forma e ne intercetta le intenzioni. L'occhio si tramuta in mano e la mano in occhio, entrambi strumenti dell'artista e del fruitore.”

Aldo Grassini, presidente del Museo Omero, parlando del Braille parte integrante delle opere esposte sottolinea come “Quei segni in rilievo, oltre che le parole, richiamano mani che leggono, teste che pensano, cuori che pulsano, occhi non più prigionieri dell'ombra. Quei segni sono il simbolo di una schiavitù che getta via le proprie catene e d'un'umanità che si redime da una colpa mai commessa, la colpa di esser diversa, debole, indifesa.”

E' previsto un catalogo con testo critico dello storico dell'arte Massimo Bignardi.
Il catalogo sarà disponibile nella versione vocale grazie a un QRcode di rimando al sito dell'Associazione Culturale "Don Quijote".

Patrocinio: Museo Tattile Statale Omero, Tactus - Centro per le Arti Contemporanee, la Multisensorialità e l'Interculturalità.
Sponsor: Terribili Raimondo nastri trasportatori - Vini Santa Liberata.

INFO
Mostra Forma Mentis – Estetica del tatto
Ingresso libero.
27 ottobre – 25 novembre 2018
Orario: dal martedì al sabato 16-19; domenica e festivi 10-13 e 16-19.
Ultimo ingresso 30 minuti prima della chiusura.
Museo Tattile Statale Omero Ancona.
Mole Vanvitelliana Tel. 0712811935 www.museomero.it - info@museoomero.it
Associazione culturale "Don Quijote" Via Tenna 18 - 63025 Rapagnano (FM)

venerdì 26 ottobre 2018

La fascinazione delle scuole e degli istituti speciali, di Salvatore Nocera*

Superando.it del 26-10-2018

«Di fronte ai disservizi vissuti dagli alunni con disabilità – scrive Salvatore Nocera – può arrivare il “canto delle sirene” delle scuole speciali, che convincono le famiglie ad iscrivere i figli presso tali istituzioni emarginanti, Per contrastare questa deriva, oltre che a una mobilitazione culturale basata sulle tante buone prassi di inclusione realizzate in Italia, occorre porre subito rimedio alle disfunzioni lamentate. In caso contrario, c’è il rischio che il marketing delle scuole e degli istituti speciali possa gravemente danneggiare quanto di positivo abbiamo finora realizzato»

Da qualche anno si sente sempre più spesso che i genitori di alunni con disabilità vengono invitati o chiedono di iscrivere i propri figli a scuole e istituti speciali.

Contrariamente a quello che si crede, le scuole e gli istituti speciali non sono mai stati aboliti in Italia; anzi, l’articolo 328 del Testo Unico della Legislazione Scolastica, approvato con il Decreto Legislativo 297/94, le ha consacrate normativamente addirittura sia come scuole statali che come private.

Di questi tempi, a causa anche della cattiva qualità dell’inclusione scolastica, purtroppo realizzata in un numero crescente di scuole statali, si è aperta una campagna pubblicitaria per stimolare l’iscrizione in scuole speciali, decantandone le meraviglie. E che spesso si tratti di bei locali, riccamente arredati, risponde alla pubblicità di marketing. E tuttavia, non si tiene conto dello scotto che queste ragazze e ragazzi pagano, entrando in locali ben reclamizzati, ma senza contatti normali con il mondo esterno. Sì, talora vengono organizzati incontri con volontari, per non far sentire troppo soli questi allievi, ma non sono i rapporti spontanei che si instaurano nelle classi comuni, dove ormai da cinquant’anni l’Italia cerca di inserire, integrare e includere gli alunni con disabilità.

Abbiamo tantissimi esempi di inclusione riuscita con giovani con disabilità che escono dalle scuole e trovano un lavoro o rimangono in contatto quotidiano con i compagni e le compagne di scuola. Però ci sono casi di cattiva inclusione e questo fa scadere nell’immaginario collettivo i vantaggi dell’inclusione. Anzi, questi casi, diffusi dalla stampa e dai social-media, spingono le famiglie a cominciare a pensare all’opportunità offerta dalle scuole e dagli istituti speciali.

Si pensi, ad esempio, ai casi di mancato funzionamento del servizio di trasporto gratuito alle scuole pubbliche, del ritardo nella nomina dei docenti per il sostegno o della loro girandola di anno in anno e talora durante lo stesso anno, o anche della mancata nomina di assistenti per l’autonomia e la comunicazione e della mancata assistenza igienica a scuola, per sopperire alla quale spesso le famiglie vengono invitate a recarsi in classe, per pulire i figli privi del controllo degli sfinteri.

Si pensi ancora alla quasi totale assenza di progetti individuali di vita delle persone con disabilità voluti dall’articolo 14 della Legge 328/00, Legge di riforma dei servizi sociali, richiamato dall’articolo 6 del Decreto Legislativo 66/17, attuativo della cosiddetta Buona Scuola.

Si pensi infine all’abbandono della buona prassi degli Accordi di Programma, che hanno permesso, specie al Nord Italia, di realizzare il coordinamento tra i diversi servizi territoriali che rendono praticabile il progetto di vita individuale.

A questo punto arriva il “canto delle sirene” delle scuole speciali, che convincono le famiglie ad iscrivere i loro figli con disabilità presso tali istituzioni emarginanti, scaricando però la famiglia di tutte le preoccupazioni e le cause legali che esse debbono affrontare per l’inclusione nelle scuole comuni.

Nelle scuole speciali, quali strutture totali, l’organizzazione pensa a tutto. La famiglia è sollevata da ogni preoccupazione: è una situazione assai allettante, quella prospettata dalle scuole speciali!

Per contrastare questa deriva, oltre che a una mobilitazione culturale basata sulle numerosissime buone prassi di inclusione realizzate in Italia, occorre porre immediatamente rimedio alle disfunzioni lamentate. Occorre far sì che i disservizi cessino e che le famiglie siano soddisfatte della qualità dell’inclusione realizzata. In caso contrario, c’è il rischio che il marketing delle scuole e degli istituti speciali possa gravemente danneggiare quanto di positivo abbiamo realizzato in Italia.

E in clima di populismo politico, i timori di una regressione sociale in questo campo, ampliati dai social-media, sono forti

di Salvatore Nocera,

Presidente nazionale del Comitato dei Garanti della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), della quale è stato vicepresidente nazionale.

giovedì 25 ottobre 2018

Il vento contro: la storia di Daniele Cassioli

Vita.it del 25-10-2018

ROMA. Romano di Garbatella, non vedente dalla nascita, Campione paralimpico di sci nautico, classe 1986, tre volte Campione del Mondo, fisioterapista laureato con lode, leader di una sua onlus che stimola i bambini non vedenti: è Daniele Cassioli, che ha raccontato la sua storia nel libro “Il vento contro” (De Agostini, 2018), presentato al Centro regionale Sant’Alessio di Roma. Un luogo del cuore, come lo definisce lui. «La tappa fissa nelle sue trasferte romane da quando con la famiglia si è trasferito a Gallarate, in Lombardia», come ricorda Antonio Organtini, Direttore Generale del Centro Regionale Sant’Alessio.

La presentazione del libro Per l’imbattuto campione di sci nautico paralimpico, il vento che ti soffia addosso è la sfida che bisogna raccogliere ogni giorno, nella disciplina sportiva come nella vita. Una storia normale di un ragazzo come tutti gli altri, che deve crescere e imparare ad accettarsi per quello che è, ad aprirsi e a farsi volere bene, a superare i momenti difficili e ad apprezzare la meraviglia di ogni giorno. E magari anche a scoprire che quel “vento contro” è proprio la condizione ideale che ti fa venir voglia di volare.

Vitalità, slancio, curiosità sono gli ingredienti della vita di Daniele: un racconto autobiografico che parla di sport, di sfide, di vittorie e di sconfitte, ma anche di amicizie, di studio, di amore e di musica. Un racconto normale, se vogliamo, se non fosse per quella paura che in ogni riga viene fuori prepotente. La paura di chi non vede. L’insicurezza. La fragilità. La diversità attraverso l’occhio funzionante degli altri.

«Secondo me», ha detto Daniele Cassioli durante la presentazione del libro, «nella vita è essenziale il contatto con la felicità. A volte ci dimentichiamo cosa sia, al di là di quello che ci può capitare. Il libro ha questo scopo: la felicità è sempre lì. Siamo noi spesso ad allontanarci da lei. Nel mio racconto c'è tanta ironia, ma imparare a volere bene a quello che non ci piace aiuta a non abbandonare il piacere vero di fare le cose».

«Questo libro», ha aggiunto Padre Giovanni La Manna, Rettore dell’Istituto Massimo di Roma, «è un regalo, che peraltro ho condiviso con i ragazzi in classe. Ho chiesto loro cosa poteva avermi colpito. Non il fatto che fosse una persona con disabilità, non il fatto che fosse un Campione, ma il fatto che uscisse fuori in ogni pagina la forza che c'è in ognuno di noi. Qualcosa di non scontato e che ha bisogno ogni giorno di consapevolezza. Daniele è testimone di questo. Abbiamo bisogno di più testimoni e di meno parole».

di Erica Battaglia

mercoledì 24 ottobre 2018

UICI Toscana: Settimana bianca: Dobbiaco, 02-09 febbraio 2019 (iscrizioni entro il 15 dicembre)

Con il comunicato n. 150/2018, la Sede Centrale UICI informa che il Consiglio Regionale UICI della Toscana organizzerà dal 02 al 09 febbraio 2019 la settimana bianca sulle nevi di Dobbiaco.

L’organizzazione prevede l’impiego di guide professioniste sia per accompagnare gli sciatori, sia, nei limiti del possibile, per uscite con escursioni. Sarà possibile noleggiare l’attrezzatura per praticare lo sci di fondo presso il “noleggio sci” situato di fronte all’Hotel.

Il soggiorno avverrà presso l’Hotel Union con trattamento di mezza pensione.

Il costo della settimana bianca è di 486,50 (68 a persona + 1,50 di tassa di soggiorno), escluso il premio della polizza assicurativa, obbligatoria per tutti i partecipanti.

Per ulteriori informazioni si rinvia alla consultazione del comunicato in oggetto, raggiungibile al seguente url:

lunedì 22 ottobre 2018

Diritto al Braille, diritto di avere un insegnante specializzato

Superando.it del 20-10-2018

«Finalmente siamo di fronte a un pronunciamento che riconosce l’importanza del Braille che, lo voglio ricordare, è un metodo di scrittura e lettura, non una lingua né un linguaggio! Soprattutto gli alunni delle scuole elementari devono poter avere un docente di sostegno che conosca e sappia insegnare loro questo metodo di lettura e scrittura, che resta fondamentale, sebbene oggi ci si serva massimamente delle nuove tecnologie. Il Braille, infatti, viene utilizzato anche da chi adopera i PC, mediante il display Braille, che riproduce riga per riga quanto appare sullo scherma. E il Braille è fondamentale per apprendere nel modo corretto la grafia delle parole, sia italiane che straniere. Ha infine la sua importanza anche per lo studio della matematica, della chimica, del greco e del latino. È insomma il solo strumento che ci consente di leggere in modo diretto, dettando pause, prosodia, insomma facendolo nostro».

A che cosa si riferiva Luisa Bartolucci, consigliera nazionale dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), con questo suo soddisfatto commento, pubblicato dall’Agenzia «Redattore Sociale»? A una Sentenza decisamente importante prodotta l’11 ottobre scorso dal Consiglio di Stato (n. 5851/18), che ha chiuso una lunga vertenza giudiziaria, passata per due precedenti Sentenze del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Calabria (880/14 e 208/16), nei fatti praticamente ignorate e che ha avuto come protagonista, suo malgrado, la famiglia di un’alunna con disabilità visiva della Calabria.

Per capire meglio il significato della Sentenza del Consiglio di Stato, riprendiamo quanto scrive in «DirittoScolastico.it» l’avvocato Giovanna Fronte, che ha rappresentato e difeso la famiglia coinvolta. «Innanzitutto – scrive -, con tale Sentenza si è accertato il diritto della minore ad avere un insegnante di sostegno specializzato nella lingua Braille». «Il docente di sostegno – prosegue -, per poter essere considerato valida (e non inutile) presenza, idonea a favorire l’integrazione e l’inserimento del disabile nel contesto scolastico, deve essere dotato delle conoscenze tecniche necessarie ad affrontare e gestire l’handicap di fronte al quale si trova ad operare. Quindi, dovendosi relazionare costantemente con l’alunno, deve avere: 1) conoscenza dei mezzi espressivi cui si serve l’anno per comunicare; 2) tecniche di insegnamento che consentano in modo ottimale l’attività di insegnamento a tali categorie di soggetti; 3) l’attività di sostegno per essere effettiva richiede che la “specializzazione” sia concretamente parametrata e definita in riferimento alla tipologia ed alla consistenza dell’handicap con cui il docente si rapporta e per cui deve svolgere l’attività di integrazione scolastica [corsivi e grassetti così nell’originale, sia in questa che nelle successive citazioni, N.d.R.]».

A dare poi ulteriore interesse a quanto deciso dal Consiglio di Stato vi è ciò che viene ulteriormente sottolineato da Fronte: «A ben vedere non si tratta di competenze che riguardano solo la mera conoscenza del codice Braille o l’uso di qualche strumento tiflologico, bensì riguardano la conoscenza delle modalità di approccio dell’alunno all’uso degli strumenti didattici; la conoscenza delle modalità di progettazione degli spazi e dell’organizzazione in classe; la conoscenza di tutte le fasi riguardanti l’autonomia personale, l’educazione senso-percettiva, l’uso del linguaggio appropriato per evitare l’eccessivo verbalismo tipico dei non vedenti ecc. Solo così può essere assicurata la piena realizzazione degli obiettivi educativi e di formazione che deve garantire l’istituzione scolastica. La Sentenza in commento, inoltre, si spinge avanti fino a ritenere che il diritto del disabile all’istruzione ed all’integrazione scolastica è preminente al punto da obbligare l’istituzione scolastica a ricorrere anche a canali diversi dal mero attingimento delle graduatorie per reperire un insegnante di sostegno specializzato. Inoltre, il Consiglio di Stato non manca di puntualizzare che l’esistenza di un obbligo per gli enti locali di fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap non esclude affatto che l’attività di sostegno debba svolgersi con docenti muniti di specifica specializzazione. Il dettato normativo in tal senso è chiaro allorquando dispone che nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando l’obbligo degli enti locali di fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante l’assegnazione di docenti specializzati».

«In altre parole – conclude Fronte -, la presenza di un esperto incaricato dall’ente locale, con le competenze specifiche per la disabilità dell’alunno, non esclude la presenza del docente di sostegno e che lo stesso sia parimenti specializzato». (S.B.)

venerdì 19 ottobre 2018

Beni Culturali – Il Senso dell’Arte: ciclo di visite sensoriali alla Galleria Spada

GIORNALE UICI

Sabato 10 e 24 novembre e sabato 1 e 15 dicembre 2018
Galleria Spada (Roma)

Nell’ambito del progetto Il Senso dell’Arte, dedicato all’accessibilità museale e sviluppato nel corso delle attività di Alternanza Scuola Lavoro 2018, la Galleria Spada promuove quattro appuntamenti di visite dedicate alle persone non vedenti e ipovedenti.

Il progetto, portato avanti in collaborazione con l’Associazione Culturale Sinopie, ha consentito la creazione di un percorso sensoriale dedicato alle persone con disabilità visiva che permette un’altra forma di ”esperienza” della Galleria barocca creata dai Cardinali Bernardino e Fabrizio Spada. Attraverso lo studio della Galleria e delle sue collezioni sono, infatti, stati realizzati ausili finalizzati alla fruizione del museo e dei principali capolavori che in esso si conservano, nonché alla percezione dell’atmosfera di una delle più affascinanti collezioni del Seicento.

Le visite guidate in Galleria per visitatori non vedenti e per i loro accompagnatori, si svolgeranno in quattro appuntamenti, nelle mattine di sabato 10 novembre, 24 novembre, 1 dicembre e 15 dicembre dalle ore 10.00 per una durata della visita di 1 ora e 30 minuti.
I professionisti dell’Associazione Sinopie accompagneranno i piccoli gruppi attraverso le sale della Galleria e, attraverso supporti tattili realizzati a partire dalle principali opere, guideranno i visitatori alla scoperta dei capolavori. La finalità è quella di creare una vera “immagine” della Galleria in una modalità immersiva e multisensoriale.

Questa iniziativa fa proprie le indicazioni dell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale 2018, che ha posto tra i suoi obiettivi prioritari quello di “promuovere soluzioni che rendano il patrimonio culturale accessibile a tutti “attraverso l’eliminazione delle barriere sociali, culturali e fisiche, tenendo conto delle persone con particolari esigenze” (art 2.2.d – Decisione (UE) 2017/864 del Parlamento europeo e del Consiglio).

Galleria Spada
Piazza Capo di Ferro 13
00186 Roma

Prenotazioni
Biglietteria Galleria Spada 06 6832409 (escluso il martedì)

mercoledì 17 ottobre 2018

Se l'alunno è non vedente, l'insegnante di sostegno deve conoscere il Braille

Redattore Sociale del 17-10-2018

Sentenza storica del Consiglio di Stato, che conferma le due precedenti sentenze del Tar di Catanzaro, chiamando il Miur ad assegnare un docente specializzato a una studentessa cieca. Rigettato il ricorso in appello del ministero, che denunciava l'impossibilità di reperire docenti che conoscano il Braille.

ROMA. L'insegnante di sostegno deve essere in grado di comunicare con l'alunno: per affermare questo principio è dovuto intervenire addirittura il Consiglio di Stato, a contraddire il ministero dell'Istruzione, che provava ad affermare il contrario. Sembra un paradosso, ma è la realtà messa in luce dalla vicenda di un'alunna cieca, che oggi frequenta un istituto superiore a Vibo Valentia, ma da oltre 10 anni si vede assegnare insegnanti di sostegno che non conoscono il Braille. Ricorsi al Tar, appello del Miur e ora la sentenza “storica” del Consiglio di Stato, che riconosce definitivamente questo diritto.

La storia. Il “lieto fine” arriva dopo anni di mancanze e di battaglie della famiglia, intraprese fin da quando la figlia frequentava la prima media, quando dovette intervenire il Tar per obbligare la Regione a trascrivere i libri di testo in Braille. Sempre il Tar stabilì, con due sentenze nel 2014, l'assegnazione di un docente di sostegno esperto in Braille, che però non era mai arrivato: al suo posto, sempre insegnanti “polivalenti”, che non sono tenuti ad avere questa competenza. “Mia figlia ama la matematica, le lingue e la letteratura – raccontava nel 2015 il padre -. Nonostante le difficoltà che deve affrontare ogni giorno per sopperire alla cecità, il suo rendimento scolastico è eccellente, anche se non le sono mai stati fatti sconti. Ma questa situazione non può più andare avanti. Mia figlia - ha aggiunto il genitore - ha bisogno dell'aiuto di un insegnante di sostegno che conosca il Braille. Ne ha pieno diritto e a sancirlo è la legge”. Raccontava all'Agi la mamma, alla fine dello scorso anno scolastico: “Mia figlia si sente umiliata e presa in giro, lei va a scuola con un entusiasmo incredibile, le piace studiare e imparare. Non ha bisogno di una baby-sitter ma di un supporto specifico a livello didattico. Un’insegnante che non ha le competenze non solo non è utile ma è di impedimento per tutta la classe e mi stupisco che la accettino gli altri docenti, che sanno benissimo di che cosa avrebbe bisogno mia figlia. Chiedo solo che venga applicata la legge”.

La sentenza del Consiglio di Stato. Ora, dopo il ricorso in appello del ministero dell'Istruzione, arriva la sentenza del Consiglio di Stato, a porre definitivamente fine alla questione, stabilendo che “il docente di sostegno deve possedere le conoscenze specifiche che consentano l’efficace ed ottimale espletamento della sua funzione, proprio con riferimento all’handicap di fronte al quale egli si trova ad operare. Dovendosi costantemente relazionare con l’alunno, risulta evidente – per il Consiglio di Stato - che lo stesso insegnante deve avere conoscenza dei mezzi espressivi di cui questi si serve a cagione della sua disabilità”.

Il commento di Uici. Plaude alla sentenza Luisa Bartolucci, della direzione centrale di Uici, per la quale dirige l'emittente online “Slash radio web” e coordina la Commissione nazionale pari opportunità. “Finalmente siamo di fronte a un pronunciamento che riconosce l'importanza del Braille che, lo voglio ricordare, è un metodo di scrittura e lettura, non lingua né un linguaggio! - precisa - Soprattutto gli alunni delle scuole elementari devono poter avere un docente di sostegno che conosca e sappia insegnare loro questo metodo di lettura e scrittura, che resta fondamentale, sebbene oggi ci si serva massivamente delle nuove tecnologie – continua - Il Braille viene utilizzato anche da chi adopera i pc, mediante il display Braille, che riproduce riga per riga quanto appare sullo schermo. Il Braille è fondamentale per apprendere nel modo corretto la grafia delle parole, sia italiane che straniere – aggiunge - E ha la sua importanza anche per lo studio della matematica, della chimica, del Greco e del Latino. Il Braille è il solo strumento che ci consente di leggere un libro in modo diretto – conclude - dettando pause, prosodia, insomma facendolo nostro”. (cl)

Istruzione - Binomio professionale tra l’educatore tiflologico e il docente per il sostegno didattico, di Marco Condidorio

Giornale UICI del 16-10-2018

Per continuare il nostro percorso informativo/formativo, attraverso questi brevi istanti di riflessione su quelle che sono le risorse strumentali, professionali, umane ed economiche, utilizzabili per la progettazione e realizzazione dei percorsi di inclusione scolastica in favore dei nostri alunni/studenti in situazione di cecità assoluta, di ipovisione lieve o grave/o con minorazione aggiuntiva, oggi mi occuperò in questo articolo del binomio educatore-docente per il sostegno didattico.

Non tralasciando mai, però che, il nucleo d’ogni azione didattica ed educativa, di servizio tiflologico, abilitativo riabilitativo, è il fanciullo, l’alunno e lo studente, con la pienezza della personalità, della dignità e del diritto ad essere trattato e di sentirsi prima d’ogni cosa, prima di qualunque azione, anzitutto persona con diritti di cui, dai genitori alle figure professionali della scuola, degli operatori di qualsiasi istituzione, educativa, formativa, riabilitativa, sanitaria, professionale, politica tutti debbono assumere personalmente l’esercizio e la garanzia, a tutela dell’alunno o studente in primis, poi per la famiglia e la scuola.

L’esercizio del diritto, d’ogni diritto, come per il dovere, risulta impossibile nel suo compimento se chi lo esige non sia debitamente dotto in ciò per cui chiede e lotta. Un fanciullo va istruito in tal senso, sino all’età matura in cui giungerà consapevole solo se e soltanto qualora abbia avuto adulti responsabili e dotti.

Qual è il ruolo dell’educatore tiflologico in aula?

Quale la sua origine e in quale documento ne viene previsto l’intervento in favore dell’alunno/studente?

È sempre utile la sua azione educativa?

Quali sono i compiti dell’educatore tiflologico?

Egli può sostituirsi all’azione didattica del docente per il sostegno?

Può svolgere azioni afferenti interventi di assistenza di base?

Queste e molte altre domande di cui ci occupiamo in questo spazio dedicato all’analisi degli interventi educativi in aula e rispetto alla continuità educativa presso il domicilio dell’alunno/studente.

Iniziamo col dire che il docente e l’educatore hanno contratti diversi e, per usare un termine conosciuto ai più, hanno un datore di lavoro differente: il docente è assegnato dall’ufficio scolastico regionale ed è a tutti gli effetti dipendente del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca; il docente per il sostegno didattico, inoltre ha la contitolarità della classe con i colleghi di materia o con le maestre.

Partecipa alla valutazione pari ai colleghi del consiglio di classe.

L’educatore tiflologico o assistente alla comunicazione e per l’autonomia, previsto dall’art.13 com.3 della legge 104/92 è contrattualizzato dall’ente locale, comune, provincia o città metropolitana, dipende dal grado di scuola in cui ci troviamo, non dall’ordine.

Non ha alcun ruolo sulla classe ma, per contratto è affidato esclusivamente all’alunno/studente; il suo datore di lavoro è l’ente locale, Comune, Provincia, l’ambito territoriale o ATS; diversamente dal docente per il sostegno didattico.

Entrambe le figure debbono essere richieste dalla scuola in tempi e con modalità differenti ma, questo sì, con la medesima finalità: contribuire al successo formativo dell’alunno/studente consentendogli cioè di poter esercitare il proprio diritto allo studio usufruendo delle conoscenze, delle competenze e della professionalità di entrambe.

Chi dialoga con la famiglia dell’alunno/studente?

Entrambe le figure professionali ma, e su ciò ci fermiamo un istante, alla luce di un piano condiviso col consiglio di classe e in particolare col docente per il sostegno didattico assegnato all’alunno/studente.

Il dialogo con i genitori è delicato e strategico anche per le finalità didattiche ed educative che ci si è prefissati, riportate proprio nel PEI. La sovrapposizione o peggio la contraddizione di quanto svolto col nostro alunno/studente dall’una piuttosto che dall’altra figura, rischia confusione e determina un certo discredito dannoso, sia per il discente che per l’una o l’altra parte quale componente dinamica del percorso inclusivo.

La relazione professionale tra le due figure è auspicabile in ogni fase di costruzione del percorso scolastico inclusivo in quanto lo stesso viene pensato e progettato in favore del discente e non quale piattaforma sindacale per la rivendicazione di spazi e competenze.

Vi sono docenti sul sostegno didattico che per curriculo e formazione professionale nascono come educatori o assistenti alla comunicazione; viceversa, vi sono educatori tiflologici o assistenti alla comunicazione che per curricolo e formazione professionale avrebbero dovuto essere docenti per il sostegno didattico ma, per ragioni legate al mondo del lavoro, non lo sono.

Quali sono i compiti dell’assistente alla comunicazione e per l’autonomia o dell’educatore tiflologico nel caso di alunni non vedenti, ipovedenti lievi o gravi?

L’educatore, diversamente dal docente assegnato sul sostegno didattico, esercita il compito educativo volto all’acquisizione dell’autonomia da parte del discente in relazione alla conoscenza e all’uso di strumenti, materiali e tecnologie, che gli consentano d’essere, per l’appunto autonomo, indipendente nello studio.

L’autonomia che persegue il docente sul sostegno didattico è invece quella afferente all’acquisizione di un metodo da parte del discente, che lo renda appunto capace di sviluppare una didattica autonoma nello studio fuori dalla classe.

Lo studio autonomo, privilegio oggi per pochi studenti, rappresenta l’esercizio della capacità acquisita di sviluppare un percorso di apprendimento in modo autonomo svincolato da qualsiasi sostegno ma in linea con quanto ha appreso grazie al sostegno didattico; e, autonomo nell’uso dei materiali e delle tecnologie per aver avuto un buon percorso educativo in riferimento agli strumenti per lo studio o l’esercizio.

L’assistente o l’educatore tiflologico possono sostituirsi all’azione didattica del docente curricolare o a quella del docente per il sostegno didattico?

Assolutamente no!

Le competenze debbono essere esercitate dalle singole figure in relazione ai compiti e ruoli per i quali sono titolati a stare in aula, con gli alunni o accanto all’alunno/studente.

Ciò non significa che non vi possa essere un assistente o educatore con competenze didattiche disciplinari o specifiche, afferenti cioè al tipo di disabilità propria del discente; ma, per la serenità dello stesso alunno/studente e di quella della famiglia, al fine di mantenere vivo un dialogo tra professionisti dell’educazione, l’esercizio dei compiti affidati deve essere rispettoso anzitutto degli apprendimenti e dei bisogni educativi propri dell’alunno/studente.

Comportamenti o atteggiamenti troppo rigidi, contrastanti e contraddittori rischiano d’essere lesivi del medesimo diritto all’istruzione e dell’educazione.

Chi dà consulenza circa gli ausili, strumenti o materiali e tecnologie da utilizzare?

Solitamente la consulenza tiflologica riguardo agli strumenti didattici è definita dall’educatore tiflologico o assistente alla comunicazione e per l’autonomia. Ecco perché nel suo curriculo formativo, dunque anche in quello professionale, debbono essere acquisite e specificate le conoscenze e competenze nel campo delle scienze tiflologiche: tiflo-tecnica, tiflo-didattica e tiflo-informatica.

Le figure educative, comprendendo fra queste anche quella dell’assistente alla comunicazione, infelicemente definita così, almeno riguardo agli alunni/studenti ciechi assoluti, ipovedenti lievi o gravi e magari in situazione di ulteriore minorazione aggiuntiva, hanno la possibilità d’essere utilizzati per percorsi educativi extra scolastici, per esempio a casa il pomeriggio; l’importante, non mi stancherò mai di evidenziarlo, sempre e soltanto in linea col programma scolastico in condivisione col docente curricolare e di quello per il sostegno didattico.

La presenza di troppe figure in aula, sul medesimo alunno/studente e nel medesimo istante educativo, determina confusione per tutti, in particolare per il discente; oltre ad un dispendio di risorse umane e professionali che, attorno all’alunno svaniscono.

Diversamente dal docente per il sostegno didattico, il quale si deve relazionare con tutti i colleghi di classe e non, l’educatore tiflologico, o assistente alla comunicazione, deve rapportarsi con il docente per il sostegno, al massimo anche con quello curriculare e lavora esclusivamente con l’alunno per il quale è stato chiamato dalla scuola e per effetto di una programmazione individualizzata riguardante l’alunno o studente.

Qualche volta i genitori confondono le due figure?

Purtroppo sì, la scuola stessa crea confusione e trasmette la stessa alle famiglie dei bambini, alunni e studenti ciechi assoluti, ipovedenti gravi e lievi e/o con minorazioni aggiuntive.

La confusione genera anche l’interpretazione secondo cui le ore di sostegno didattico possono essere distribuite a piacimento, pur di coprire l’intero monte ore di lezione settimanale previsto per quell’anno scolastico.

I bisogni educativi, dei nostri alunni o studenti, spesso lasciamo che vengano trasformati da aule scolastiche in aule di tribunale a danno tutto dei nostri figli, della loro crescita e maturità. Ed invece, quei bisogni educativi, che sono d’ogni alunno o studente, dovrebbero essere l’aula quale habitat naturale per la loro crescita, il loro sviluppo umano e sociale.

In conclusione, l’educatore tiflologico o anche l’assistente alla comunicazione e per l’autonomia, ha compiti di affiancamento alla struttura scolastica durante l’anno di permanenza dell’alunno o studente in situazione di cecità o ipovisione grave o lieve per sostenerlo nei processi educativi di conoscenza e esercizio all’uso dei materiali, degli strumenti e tecnologie utili allo studio.

Questo significa che entrambi possono essere presenti, in quanto l’una non sostituisce l’altra funzione educativa, l’una per la didattica, l’altra per la conoscenza dei materiali e strumenti.

Per esempio l’assistente o educatore, non può avere la responsabilità della classe e conseguentemente non può in alcun momento sostituire il maestro o docente in quanto è a questi ultimi che gli alunni sono affidati. In altri termini, non solo le due figure professionali possono essere compresenti ma il loro impegno deve essere ben definito e devono essere altrettanto chiari i confini dell’intervento didattico da quello specificatamente educativo esercitato dall’educatore tiflologico o assistente alla comunicazione.

Ricordo come l’azione didattica si avvale e integra necessariamente, completandola con quella educativa.

Qual è la sede per pianificare la presenza e l’intervento delle figure quali l’educatore o l’assistente alla comunicazione?

Gli addetti ai lavori conoscono bene il luogo di discussione: è il GLHO, gruppo di lavoro handicap operativo.

Di norma, per utilizzare il lessico caro alla normativa, si riunisce due volte l’anno. L’assistente educativo è previsto dall’articolo 13 della legge 104/92. Il reclutamento, la formazione e la gestione dell’assistente sono, generalmente oggi, compito dell’ente locale: comune, provincia o città metropolitana, ATS.

Tuttavia, corre l’obbligo ricordare che il Dirigente scolastico, oggi più che mai, ha la responsabilità dell’utilizzo dell’educatore nell’ambito dell’organizzazione e della gestione dell’inclusione scolastica, in particolar modo il personale educativo-assistenziale è tenuto ad agire, in momenti collegati e distinti, ma non separati rispetto a momenti specifici del personale docente generalmente può operare sia in presenza che in assenza del personale docente.

Chi redige il programma educativo, diremo tecnico-strumentale e afferente ai materiali didattici per la conoscenza e l’uso da parte del discente?

L’educatore tiflologico o, qualora vi sia, anche l’assistente alla comunicazione e per l’autonomia. Infatti è l’educatore a costruire in accordo con i docenti in classe, un proprio piano di lavoro all’interno del Piano Educativo Individualizzato per l’alunno in situazione di cecità assoluta, ipovedente grave o lieve; deve evitare una gestione puramente assistenziale, per quella c’è il personale dedicato, quello per l’assistenza di base, se prevista perché richiesta dalle condizioni specifiche del discente;

E, qualora il dirigente Scolastico lo ritenga opportuno, l’educatore partecipa attivamente ai lavori di messa a punto del profilo dinamico funzionale e del piano educativo individualizzato;

ovvio che lo stesso debba garantire il massimo di segretezza professionale per tutto quanto si riferisce alle informazioni sull’alunno in situazione di cecità assoluta, di ipovisione lieve o grave e magari con minorazione aggiuntiva.

Con chi deve rapportarsi l’educatore o assistente alla comunicazione?

L’educatore/assistente alla comunicazione deve interagire con le altre figure professionali presenti nell’ambito scolastico: anzitutto, qualora sia presente per esigenze dell’alunno/studente, deve confrontarsi e operare in accordo con l’assistente di base, poi con i docenti curriculari, con il docente per il sostegno didattico, col personale ATA. Tale dialogo inter-professionale e umano va stabilito poi col personale dei servizi del territorio.

In un confronto sano e rispettoso delle parti, con la cooperazione anche dei genitori dell’alunno/studente, deve proporre quanto ritenga utile, opportuno e vantaggioso per l’alunno in situazione di disabilità visiva afferente il percorso inclusivo.

Il suo ruolo gli impone un atteggiamento etico-professionale per cui dovrà mantenere sempre attivo il dialogo e collaborare con la struttura scolastica per ciò che afferisce l’ambito delle attività progettate dalla scuola in cui opera.

Ogni figura dovrebbe poterlo fare ma, certamente l’educatore ha il dovere di formarsi e aggiornare le proprie conoscenze per fortificarle sino a renderle competenze.

Tra i doveri dell’assistente alla comunicazione o educatore tiflologico, per il fatto di trovarsi in una struttura educante con funzioni amministrative, deve sottoscrivere quella che si chiama dichiarazione di responsabilità con la quale si impegna a ufficializzare la sua presenza a scuola, quando entra ed esce.

Qualsiasi diatriba tra lui e il docente curriculare piuttosto che con quello per il sostegno didattico, andrebbero risolte di fronte al dirigente scolastico o alla figura strumentale che segue specificatamente l’area, per l’esecuzione del PTOF, piano triennale dell’offerta formativa, il PAI, Piano Annuale per l’Inclusione.

Il bambino, l’alunno o lo studente non sono un puzzle per cui possiamo permetterci di incastrare le tesserine attraverso tutti i tentativi immaginabili e impossibili ma, persone che a pari di tutti gli altri alunni e studenti hanno il diritto di partecipare alla vita scolastica avendo pari opportunità didattiche, educative ed emotive, oltre che affettive.

martedì 16 ottobre 2018

Quei quadri dipinti vedendo solo ombre

Superando.it del 16-10-2018

Intervista di Stefania Leone ad Andrea Ferrero*

Lavora in àmbito di accessibilità dell’arte, trasmette sulle onde di una “storica” emittente locale di Cagliari, ha recitato in una docufiction, pratica sci nautico e da qualche tempo non riesce più a smettere di dipingere. Ma come si potrà dipingere vedendo solo ombre, visto che a causa della retinite pigmentosa Andrea Ferrero conserva ormai solo un lievissimo residuo visivo? Ce lo racconta lui stesso, in questa bella intervista curata da Stefania Leone.

CAGLIARI. Ciao Andrea, ben ritrovato, ci siamo conosciuti durante un Convegno a Cagliari nel 2015 e mi intervistasti per il tuo programma radiofonico, Oltre le barriere, che va in onda su Radio X, un’emittente locale che trasmette nell’area metropolitana del capoluogo sardo. Parleremo anche di questo progetto, ma ora vorrei chiederti di presentarti brevemente e di dirci qualcosa sul tuo lavoro e sul tuo nuovo talento artistico.

«Sono affetto da retinite pigmentosa, ho un lievissimo residuo visivo e lavoro nel Gruppo Comunicazione del CRS4, il Centro Ricerca Sviluppo Studi Superiori in Sardegna, in cui ultimamente mi occupo di accessibilità in campo artistico».

Artistico in che senso?

«Prima di tutto nel senso di accessibilità museale: il Museo Archeologico di Cagliari aveva vinto un premio per un progetto di museo accessibile e fui coinvolto per delle consulenze in campo di accessibilità dell’arte; non ne sapevo molto e non volevo improvvisarmi. Mi capitò di vedere… – a proposito, io uso il termine “vedere” in sostituzione di ascoltare, non facciamoci problemi stupidi sui termini… – dicevo che ho visto un’intervista al presidente del Museo Tattile Statale Omero di Ancona, Aldo Grassini, museo in cui è vietato non toccare! Obbligai mia moglie ad accompagnarmi per andare a visitarlo – mi dicono che lei annuisce con il capo, rassegnata -; è un museo aperto a tutti, l’esperienza tattile è di tutti, sia di chi vede, sia di chi non vede. Ho potuto toccare copie di varie opere scultoree dell’arte classica e opere originali contemporanee e ho colto ciò che è bello per me. Ho capito che il bello è legato alla nostra sensibilità, alla nostra cultura, alla nostra esperienza, e che il senso del tatto ci dà indicazioni che la vista non può dare: ciò che è caldo, freddo, liscio o rugoso. I bambini, quando nascono, toccano, oggi non si può toccare nulla nei musei ed è un vero peccato, ecco perché quello di Ancona è un museo fantastico che consiglio a tutti, anche se qualcosa sta davvero cambiando in diversi musei italiani».

Questo aspetto è diventato preponderante anche nel tuo lavoro attuale?

«Sì, sono coinvolto a diversi livelli nei progetti di ricerca del CRS4, che hanno a vario titolo a che fare con la disabilità. Attualmente mi occupo di fornire consulenze e di fare da tester nel campo museale artistico per ciò che riguarda l’accessibilità delle persone con disabilità sensoriale nei musei e nei luoghi d’interesse artistico, culturale e storico; partecipo a incontri, convegni e seminari sul tema Design for all [progettazione universale, N.d.R.] e arte».

L’arte non è di interesse di tutti i ciechi, che ne pensi?

«È normale, ogni cieco è diverso dall’altro, c’è chi è più interessato e chi lo è meno, c’è chi lo prende solo come una gita e chi invece è realmente interessato all’arte, dopotutto come i vedenti. Ho quindi capito che non basta essere ciechi per fornire le consulenze, non si deve improvvisare. E così ho deciso di fare un corso di formazione sull’accessibilità museale per le persone con disabilità sensoriale organizzato dal Museo Omero e se oggi faccio consulenze, non è perché sono non vedente, ma perché mi sono formato. Tra l’altro, è successa un’altra cosa, il parlare di arte mi ha forse trasmesso la voglia di fare arte. Infatti dall’estate del 2017 ho iniziato a dipingere. Certo, può sembrare strano che una persona cieca scelga proprio un linguaggio così visivo per esprimere ciò che ha dentro…».

Ah sì, dunque dipingi, e perché hai pensato proprio all’arte figurativa?

«Semplicemente perché è capitato! L’ultima volta che avevo avuto in mano un pennello era stato in terza media, poi più nulla fino all’anno scorso, quando ho incontrato la maestra Annalisa Carta che mi ha proposto di dipingere. La mia prima reazione è stata negativa: io sono un ex vedente e perciò ho ragionato da vedente. Mi sono chiesto: come fa un cieco a dipingere? Poi ho lasciato da parte i miei pregiudizi e ho iniziato… adesso non riesco più a smettere!».

Che genere di quadri dipingi?

«Non ho un genere in particolare, nei miei quadri c’è tutto Andrea e perciò uso tutti i generi per rappresentarlo; ho dipinto quadri astratti, informali e perfino figurativi. Nei quadri ci sono i miei ricordi visivi, ci sono simboli e idee, c’è anche la mia patologia retinica, perché credo sia importante “educare” le persone anche attraverso l’arte! Ecco perché ho dipinto Ipovisione e Visione tattile».

Come dipingi e cosa provi nel dipingere?

«Durante le prime lezioni usavo il pennello, ma non percepivo il controllo di ciò che stavo dipingendo, il pennello mi allontanava dalla tela, e così, quasi istintivamente, sono passato ad usare le mani e mi si è aperto un mondo! È bellissimo sentire nelle mani il colore, sentire come lasci la traccia sulla tela, percepire il carattere, l’odore e l’anima che ha ogni colore, sentire il quadro attraverso le mani mentre lo stai dipingendo, è un’emozione unica. Tra l’altro per me dipingere ha anche un valore terapeutico. Infatti, sto man mano perdendo i colori, soprattutto le varie sfumature di colore, e così attraverso la pittura riesco a recuperarli, perché la maestra associa il colore che mi prepara alla realtà».

Come nasce un quadro?

«I miei quadri nascono in vario modo, a volte parto dal titolo o dal concetto che voglio esprimere e pian piano arrivo all’immagine da dipingere, come ad esempio il quadro Amicizia che rappresenta una mano. Ho realizzato con un pennarello 3D i contorni della mia mano, utilizzando colori caldi per la mano, freddi per lo sfondo; ho pensato che la mano potesse essere il simbolo dell’amicizia, infatti ad un amico dai la mano e gliela stringi, ma anche la scelta dei colori non è stata casuale. Invece, per altri quadri che realizzo non ho un tema, non ne ho già l’idea, ma mi faccio trasportare dall’ispirazione più pura».

Quando ti viene solitamente l’ispirazione?

«In autobus! Impiego tutti i giorni due ore di viaggio per andare al lavoro e dunque ho tutto il tempo per staccarmi da ogni cosa e aspettare l’ispirazione che arrivi come nuvole trasportate dal vento! Quando l’idea mi sembra valida, allora la registro sul telefono nelle note vocali che riascolto prima di andare alla lezione dalla maestra Carta. Devo ringraziare anche mia moglie perché mi aiuta molto, soprattutto nella fase di preparazione».

Ma quando e come fai a renderti conto che il quadro è finito?

«Beh, lo sai e basta! E poi c’è sempre l’insegnante che paradossalmente aiuta più i suoi allievi vedenti rispetto a me, quando invece tutti penserebbero il contrario. Ci dobbiamo interrogare su cosa sia l’opera d’arte, l’idea, la sua realizzazione o entrambe le cose».

Oltre al lavoro e all’impegno nell’arte, fai anche qualche sport?

«Pratico sci nautico, prevalentemente da Jeff Onorato, già campione del mondo, che dirige un centro specializzato all’Isola della Maddalena. Vado in palestra e in piscina, anche se quest’anno ho un po’ rallentato con l’attività fisica.

La retinite, poi, mi ha fatto poi scoprire il mio lato comunicativo, e per questo devo dire grazie a Salvatore Bandinu che intuì per primo questo mio talento allorché mi coinvolse nei corsi della FIN (Federazione Italiana Nuoto), in cui insegnava agli aspiranti istruttori di nuoto una materia che trattava di “disabilità e piscina”».

Ho ascoltato diverse tue interviste, lezioni su YouTube, complimenti sei un vero comunicatore!

«Grazie, fu in quelle lezioni sportive che compresi che si parla poco e male di disabilità e che spesso le persone con disabilità non sono coinvolte, che le prime barriere da abbattere sono quelle psicologiche; pertanto è molto importante che noi disabili visivi parliamo della vita che conduciamo, per far comprendere ai non addetti ai lavori ciò di cui siamo capaci».

Qualche esempio?

Ad esempio, se utilizzo lo smartphone, indosso gli auricolari e non si sente che ho un vocalizzatore. Allora posso essere preso per un “falso invalido”, come anche quando mi muovo con disinvoltura perché ho una buona capacità di orientamento. Questo può appunto indurre gli altri a pensare che io, o tanti come me, siamo dei “falsi invalidi”.

Serve ancora tanto fare educazione e comunicazione ed io cerco di raccontarmi e raccontare la mia vita tutte le volte che ne ho l’occasione».

Hai tenuto alcune lezioni ai ragazzi di una scuola professionale di Cagliari, com’è andata?

«Benissimo. I ragazzi dell’Istituto professionale Pertini di Cagliari si sono divertiti con il racconto di me, della mia storia e ho anche parlato loro del mio nuovo lato artistico».

All’inizio di questa chiacchierata dicevo che qualche anno fa mi avevi intervistato per una trasmissione radiofonica che conduci. Ce ne vuoi parlare?

«Dal 2014 ho iniziato insieme al collega e amico Andrea Mameli Oltre le barriere, un programma di racconti di storie, di interviste, di disabilità personali in cui le persone si raccontano e raccontano la propria vita con normalità, non con rabbia. Credo che queste chiacchierate possano essere utili sia alle persone normali che le ascoltano, per capire certe situazioni, sia a chi ha delle disabilità, affinché sia incoraggiato. Recentemente ho iniziato a condurre una trasmissione radiofonica dal titolo Gnam Gnam, insieme all’amico Fabio Bettio sulla storia e sulle curiosità della cucina».

Fai tante cose, dipingi, fai sci nautico, hai anche fatto un’esperienza come attore, vero?

«Sì, ho recitato in una docufiction. Io non avevo mai recitato, però quando mi è stata offerta questa opportunità mi sono buttato. È stata un’esperienza bella, significativa e impegnativa, perché dovevo interpretare il ruolo di una persona vedente e in primo momento ho avuto un attimo di panico. Temevo infatti di non esserne all’altezza, ma ringrazio tutti coloro che hanno creduto in me e mi hanno messo nelle condizioni migliori per dare il massimo per me possibile».

Come ti hanno scelto?

«Avevo già collaborato con la produttrice della docufiction, Angelica La Sala, perché ero stato coinvolto in qualità di consulente per un cortometraggio nel quale la protagonista era diventata cieca a seguito di un incidente d’auto e serviva un cieco vero che l’aiutasse a calarsi, in modo credibile, nella parte di una persona che diventa cieca. Il regista mi aveva notato e così me lo propose perché avevo le caratteristiche fisiche per il ruolo, somigliavo molto alla persona che avrei dovuto interpretare, era una storia vera. Come molte cose che faccio, lì per lì mi entusiasmai e accettai subito, poi man mano che si avvicinava il momento in cui si doveva iniziare a girare, mi arrivava una certa ansia, e spesso pensavo: “Ma chi me lo ha fatto fare!». Poi, fortunatamente, una volta iniziato, non ho più avuto ansia e paura ma solo divertimento».

Come si sono comportati gli altri attori?

«Con me sono stati fantastici, sia loro che il regista e tutta la troupe mi hanno aiutato tantissimo e dicono di essere stati contenti dell’esperienza con me; lo stesso regista dice che è andata benissimo».

Lo rifaresti?

«Certo! Ho già un progetto e all’inizio di luglio ho partecipato a un altro casting per un film che verrà girato a Cagliari in autunno».

Posso farti qualche domanda della tua vita privata? Hai una vita di coppia?

«Ma certo, sono felicemente sposato dal 2011 con Annalisa, una donna vedente».

Avete figli?

«No, due gatte: Mulinella e Ninetta».

Secondo te tua moglie ha avuto coraggio a sposare una persona cieca?

«Ah ah, mia moglie ha avuto molto più coraggio nello sposare me come persona con tutti i miei difetti, piuttosto che come disabile visivo…».

Mi dicono, e lo sai, che sei un bel ragazzo…

«Hai un caffè pagato, grazie».

Il fatto di non avere figli è stata una scelta condizionata dalla retinite pigmentosa?

«Ma no, le cose sono andate così; sarei stato molto contento di diventare genitore, ma ci siamo conosciuti già grandi e finora i figli semplicemente non sono arrivati».

Oltre all’entusiasmo che si respira standoti vicino, che messaggio vuoi che arrivi a chi ti leggerà?

«Domanda difficile… diciamo che tutto ciò che ci capita è neutro, è la nostra reazione ciò che lo fa diventare bianco o nero; io faccio tante cose, mia moglie dice che mi faccio coinvolgere troppo e provo tutto…».

Se riacquistassi la vista cosa vorresti vedere come prima cosa?

«Mia moglie!».

Stefania Leone è Socia dell’ADV (Associazione Disabili Visivi) e responsabile per la stessa sulle tematiche ICT (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione). Il sito di Andrea Ferrero è www.andreaferrero.eu.