giovedì 31 gennaio 2019

Un'accelerazione al percorso della Disability Card

Superando.it del 31-01-2019

Un'accelerazione al percorso della Disability Card

Un’accelerazione al percorso della Carta Europea della Disabilità è arrivata dalla Legge di Bilancio e a tal proposito la FISH – titolare in Italia del progetto, in partenariato con l’altra Federazione FAND – ha partecipato a un incontro al Ministero per la Famiglia e le Disabilità, per parlare delle fasi necessarie a concretizzare l’operazione. L’EU Disability Card, va ricordato, permetterà alle persone con disabilità di accedere a vari servizi gratuiti o a costo ridotto in materia di trasporti, cultura e tempo libero, in regime di reciprocità con i Paesi che hanno aderito all’iniziativa.

Trae origine dalla stessa Strategia dell’Unione Europea sulla Disabilità 2010-2020 l’idea di una EU Disability Card, quale strumento utile alle persone con disabilità dell’Unione. È un progetto, quindi, che nasce da lontano e segnatamente dalla constatazione di quanto siano difformi e frammentarie le condizioni per accedere ad agevolazioni tariffarie, sconti e servizi aggiuntivi presso musei e servizi culturali, sistemi di trasporto, eventi sportivi o musicali o di intrattenimento. Spesso, infatti, alle persone con disabilità vengono richiesti documenti, certificati, verbali con modalità differente da luogo a luogo e la responsabilità non si può addebitare ai singoli gestori, ma alle mancanza di standard e di uno strumento unico, questione, per altro, che travalica i confini nazionali, dal momento che le persone con disabilità, italiane e straniere, viaggiano, lavorano, studiano ben oltre la loro città.

Del problema si sono occupati anche il Parlamento e il Consiglio Europeo, approvando, nel dicembre del 2013, il Regolamento n. 1381/2013, che ha istituìto lo specifico Programma Diritti, uguaglianza e cittadinanza per il periodo 2014-2020.

Per garantirne l’attuazione, soprattutto per la parte della promozione dei diritti delle persone con disabilità, è stata prevista appunto la realizzazione di una EU Disability Card, coinvolgendo Associazioni e Istituzioni in tutta Europa.

Lo strumento – una Card unica appunto – dovrebbe essere uniforme in tutti i Paesi aderenti e rilasciata sulla base di criteri generali omogenei già individuati dall’Unione. Partecipano al progetto di avvio sperimentale i seguenti otto Paesi: Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Malta, Slovenia, Romania e, naturalmente, Italia e nel nostro Paese l’iniziativa è già stata presentata pubblicamente nel 2016.

Sin da quel momento, la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), in partenariato con la FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità), ha seguito da vicino le fasi preparatorie per l’attuazione del progetto, con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in veste di sponsor dell’iniziativa, quale Autorità Nazionale rilevante in materia di disabilità.

Nel 2017, quindi, sempre la FISH ha condotto una rilevazione propedeutica al progetto, per tentare da un lato di descrivere i benefit più diffusi e i percorsi adottati per riconoscerli, dall’altro per iniziare, assieme a tutti i partner, a delineare il funzionamento e le opportunità della Card, le ricadute pratiche, le necessità operative. Ed è stato anche realizzato uno specifico sito, che restituisce il quadro generale dell’avanzamento dei lavori.

Tale ricerca – alla quale la FISH ha dedicato uno specifico evento nel dicembre del 2017 (se ne legga anche sulle nostre pagine) – ha confermato, fra gli altri aspetti, la notevole difficoltà da parte dei gestori dei servizi ad orientarsi fra le diverse certificazioni di invalidità, tanto più complesse quanto più si moltiplicano i criteri d’accesso e ciò pone un problema di ricomposizione delle differenti situazioni la cui soluzione potrebbe essere proprio la Card unica, valida sia in Italia che all’Estero e valida nel nostro Paese anche se rilasciata dai partner dell’Unione.

Se questo, dunque, è il quadro generale, una sostanziale novità è arrivata dalla recente Legge di Bilancio per il 2019 (Legge 145/18, articolo 1, comma 563), che ha impresso un’accelerazione all’effettiva adozione anche Italia della Carta, prevedendo innanzitutto un Decreto Interministeriale per definirne i criteri e quindi le modalità per l’individuazione degli aventi diritto e per la realizzazione e la distribuzione della stessa a cura dell’INPS. Per tali attività è autorizzata la spesa di un milione e mezzo di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021.

Siamo quindi forse “all’ultimo miglio”, in cui giungere velocemente agli aspetti operativi, individuando i percorsi e i criteri di rilascio, le differenti responsabilità, l’informazione a chi ne potrebbe avere diritto. Sono coinvolti ovviamente diversi livelli, dal Ministero per la Famiglia e le Disabilità all’INPS e, ovviamente, le organizzazioni delle persone con disabilità, con le dovute relazioni con la Commissione Europea.

Ebbene, il primo passo l’ha fatto la FISH, proprio nei giorni scorsi, incontrando sia il ministro per la Famiglia e le Disabilità Lorenzo Fontana, sia il suo staff tecnico, per affrontare nel merito le diverse e successive fasi necessarie a dare concretezza all’intera operazione. (C.G. e S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@fishonlus.it.

Un successo per il convegno sull'inserimento lavorativo dei disabili visivi

Il Nazionale.it del 30-01-2019

TORINO. Circa 3.000 posti di lavoro per disabili vacanti nella sola provincia di Torino, dove gli iscritti al collocamento sono 36.000. Con le debite proporzioni, la situazione è la stessa in tutto il Piemonte, ma le aziende faticano ad assumere, spesso a causa di stereotipi o pregiudizi, e il lavoro da compiere in termini culturali e di sensibilizzazione è enorme. È quanto emerso in occasione del convegno dedicato all’inserimento lavorativo dei disabili visivi, organizzato dall’UICI (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti) del Piemonte nella prestigiosa cornice di Palazzo Lascaris, sede del Consiglio regionale. La mattinata ha avuto il merito di riunire personalità provenienti da ambiti diversi: al dibattito hanno preso parte i rappresentanti di istituzioni, università, agenzie, imprese e associazioni. “Tutti i relatori, ciascuno dal suo punto di vista - dice il presidente di UICI Piemonte, Adriano Gilberti, che ha aperto i lavori del convegno - hanno lanciato un messaggio chiaro: non è più il tempo delle logiche assistenzialiste. Le persone disabili non sono costi aziendali “a perdere”. Al contrario, se messi nelle giuste condizioni, possono diventare risorse preziose, come tanti inserimenti di successo dimostrano, sia in ambito pubblico che privato. Le tecnologie per l’inclusione ci sono, ma servono fiducia e impegno da parte di tutti. Le professioni “storiche” (quella del centralinista e del fisioterapista) hanno ancora valore, ma oggi più che mai bisogna esplorare strade alternative e puntare su una formazione di qualità. Ai disabili visivi le potenzialità e le possibilità non mancano”.

Dopo i saluti del presidente Gilberti, a fare gli “onori di casa” è stato il presidente del Consiglio regionale Nino Boeti, che ha portato i saluti dell’intera assemblea. Durante la mattinata è intervenuta anche l’assessore regionale al Lavoro, Gianna Pentenero, la quale ha sottolineato l’impegno della Regione per trovare alternative alle professioni di una volta, ampiamente soppiantate dalla tecnologia, sottolineando “l’importanza di riorganizzare servizi di inserimento delle persone disabili, partendo dalle potenzialità dei singoli da un’attenta analisi dei fabbisogni delle aziende per dare risposta alle migliaia di persone iscritte nelle liste speciali. Perché ciò avvenga occorre che tutti gli attori in campo siedano attorno a un tavolo e propongano soluzioni concrete in grado di ricostruire un modello che va ripensato”. La consigliera regionale Valentina Caputo ha ricordato l’impegno per una legge regionale che favorisca l’accessibilità in diversi ambiti, a cominciare dal lavoro (proprio in questi giorni è calendarizzata la discussione in aula) e ha ribadito l’importanza delle associazioni nel loro ruolo di “ponte” tra cittadini e istituzioni.

A livello normativo, “l’Italia avrebbe ottime leggi, guardate con interesse anche a livello europeo. Il problema è che in molti casi i testi rimangono lettera morta”. Questo il pensiero dell’avvocato Marco Pronello, persona non vedente iscritta all’UICI, esperto in diritto e disabilità, uno tra i primi relatori a prendere la parola durante il convegno. Il riferimento è, in particolare, alla legge 68/1999, una sorta di pietra miliare nel percorso di integrazione. “Superando le vecchie ‘gabbie occupazionali’, il testo ha introdotto il principio del collocamento mirato”. L’inserimento lavorativo non è più visto semplicemente come un obbligo da parte delle aziende. Per la prima volta, viene riconosciuto il diritto della persona disabile a costruirsi, con libertà, una carriera professionale, in base alle sue risorse e alle sue inclinazioni (quindi anche al di fuori dei lavori “tradizionali” del centralinista e fisioterapista). Una conquista preziosa, “ma spesso ancora poco compresa e poco sfruttata. La legge 68/1999 avrà davvero dato i suoi frutti quando le persone con disabilità visiva occuperanno posizioni dirigenziali all’interno della pubblica amministrazione. E magari qualcuno sarà ai vertici di una grande azienda”.

Per un buon inserimento lavorativo servono, prima di tutto, basi solide. Bisogna investire sulla formazione. Fondamentale, quindi, il coinvolgimento delle università. L’ateneo torinese, in particolare, si è distinto per alcuni progetti inclusivi: “da tempo lavoriamo sull’accessibilità dei contenuti, sulla formazione di studenti e docenti, anche attraverso l’adozione di specifiche linee guida, e sulla creazione di percorsi che seguano i giovani anche dopo la laurea” ha sottolineato la professoressa Marisa Pavone, delegata del rettore per la disabilità. Particolarmente interessante l’esperienza maturata all’interno del dipartimento di matematica, dove, lavorando su software e altre tecnologie per l’inclusione, si sono raggiunti eccellenti risultati, consentendo anche a persone con disabilità visiva di accedere a testi contenenti formule, grafici e tabelle. Tutto questo - come ha raccontato la professoressa Anna Capietto, docente di matematica - rende più accessibili le discipline scientifiche (che fino a pochi anni fa parevano precluse alle persone con disabilità visiva), ma ha anche sviluppi molto interessanti sul piano occupazionale. Da qualche tempo questo prezioso lavoro ha trovato una “casa”, un luogo fisico in cui esprimersi: è il laboratorio “Sergio Polin”, che si trova all’interno del dipartimento di matematica e che opera per favorire il coinvolgimento degli studenti disabili.

La seconda parte della mattinata è stata dedicata alle esperienze di persone con disabilità visiva che hanno sperimentato percorsi innovativi e che grazie a questi hanno potuto inserirsi con successo in aziende pubbliche e private. Oggi esistono realtà che facilitano questo processo virtuoso. È il caso di Abile Job, società che lavora per far incontrare le risorse dei lavoratori disabili con le richieste delle aziende. “La sfida è proprio questa: mettere le aziende nella condizione di superare diffidenza e dubbi, dettati quasi sempre dalla scarsa conoscenza o consapevolezza delle necessità delle persone disabili e degli strumenti a loro disposizione. - ha spiegato l’amministratore delegato Renzo Marcato-. Superando i preconcetti da una parte e le vecchie logiche assistenzialiste dall’altra, cerchiamo di partire dalle richieste aziendali e proporre profili coerenti. E i casi di successo non mancano”. Tra i tanti, sono stati illustrati alcuni inserimenti di persone cieche e ipovedenti in grandi aziende come Unicredit e Reale Mutua Assicurazioni o in organismi pubblici come l’Agenzia delle Entrate. Storie diverse, accomunate però da alcune caratteristiche: una grande forza di volontà e un costante impegno da parte delle persone disabili, un atteggiamento di ascolto e disponibilità da parte delle aziende, l’uso sistematico della tecnologia come possibilità di integrazione.

Il convegno è stato moderato dal presidente di UICI Torino, l’avvocato Franco Lepore.

domenica 27 gennaio 2019

Il Meyer fa da scudo agli occhi dei bimbi. Con un collirio aiuta i piccoli allergici al sole

Il Giorno del 27-01-2019

FIRENZE. Allergici al sole. La cura della cherato-congiuntivite Vernal è un esempio di presa in carico davvero complessiva dei piccoli pazienti che si rivolgono all'ospedale pediatrico Meyer di Firenze. Ogni anno più di 800. A loro viene assicurata persino la fornitura gratuita dei farmaci prodotti "in casa", tramite l'associazione Occhio al Sole che li spedisce ai pazienti in tutto il Paese. Al Meyer la casistica è la più importante in Europa e tra le prime al mondo, e i ricercatori firmano sulle più autorevoli riviste internazionali. Un'esperienza significativa che fa del Meyer il punto di riferimento italiano per la ricerca, la diagnosi e la cura di una malattia di natura allergica dal grande impatto sulla qualità di vita. La cherato-congiuntivite di Vernal è una malattia che si manifesta con l'infiammazione della congiuntiva oculare e della cornea con rischi di pregiudicare la funzionalità visiva. Si tratta di una della più gravi patologie allergiche, che viene esacerbata dall'esposizione ai raggi ultravioletti del sole. Contrariamente alle allergie, la cherato-congiuntivite Vernal risponde poco alla classica terapia di antistaminici. Di prassi la terapia consiste nella protezione dai raggi ultravioletti con occhiali da sole e un trattamento locale con immunosoppressori. Fino a poco tempo fa il farmaco maggiormente utilizzato per la Vernal era il cortisone, ma i suoi effetti collaterali, quali l'insorgenza del glaucoma e di cataratta, ne hanno via a via sconsigliato l'impiego. «Per evitare queste complicanze - spiega Roberto Caputo, direttore Oftalmologia pediatrica del Meyer (nella foto) - utilizziamo la preparazione topica a base di ciclosporina o Tacrolimus. Si tratta di immunosoppressori a bassissime dosi che tengono a bada la malattia, riducendo il rischio di ulcere corneali, ed evitando l'insorgenza di glaucoma e cataratta, tipico effetto del cortisone. Per ogni bambino con Vernal che si presenta ai controlli assicuriamo sempre il controllo oftalmico e, grazie al supporto della oculista Cinzia De Libero e l'ortottista Gioia Danti, anche l'esecuzione delle 'mappe corneali’, metodo computerizzato di lettura della curvatura della cornea e strumento essenziale per la diagnosi e il controllo del cheratocono. Questa forma allergica in genere regredisce fino a scomparire attorno ai 15-20 anni. «Ricordo ancora quando con il dottor Neri Pucci provavamo il collirio nei nostri occhi - ricorda il professor Elio Novembre, direttore dell'Allergologia -. Volevamo trovare una terapia che non avesse le complicanze del cortisone. Si pensò allora al collirio con una piccola percentuale di ciclosporina, immunosoppressore impiegato nei trapianti. Alla fine, insieme agli oftalmologi e ai farmacisti ospedalieri, realizzammo due galenici da instillare negli occhi dei bambini. Quell'intuizione è stata giusta». Recentemente a quel collirio se ne è aggiunto un altro, a base di tacrolimus (immunosoppressore più potente della ciclosporina), segnando un nuovo primato internazionale. (i.u.)

sabato 26 gennaio 2019

A 14 anni inventa una cintura che aiuta i non vedenti a orientarsi: "L'ho fatto per la mia amica Debora"

La Repubblica del 25-01-2019

MILANO. Loris Esposito frequenta il primo anno di liceo a Leno, nel bresciano: la sua invenzione ha vinto un concorso del Politecnico dedicato agli studenti con la cintura che ha sensori e ultrasuoni per segnalare gli ostacoli.

L'idea gli è venuta in seconda media, quando la mattina vedeva passare nei corridoi una sua compagna, Debora, che si aiutava con il bastone per camminare. Ha lavorato sodo per tre mesi pensando a lei, mettendo in pratica i segreti della programmazione che aveva imparato proprio a scuola . È così che Loris Esposito, 14 anni, ha dato vita a una cintura che aiuta i non vedenti a orientarsi nel movimento grazie a un sistema di sensori a ultrasuoni. Un'intuizione gli ha fatto vincere il primo premio del "Coolest project" ospitato dal Politecnico di Milano e che a maggio lo farà volare a Dublino per presentare il suo prototipo.

"In classe c'era un'insegnante di sostegno che ci ha fatto capire molte cose - racconta Loris - faceva sentire noi ragazzi come persone con una missione: aiutare chi è più sfortunato di noi. Una cosa che mi è rimasta dentro". Loris oggi è iscritto al primo anno del liceo scientifico Vincenzo Capirola di Leno, nella bassa bresciana. Ma fino all'anno scorso frequentava le medie a Ghedi, dove vive, anche se le sue origini portano in Puglia, in provincia di Taranto. "Insieme ai compagni abbiamo deciso di creare un libro tattile per Debora". Ma ecco un corso pomeridiano di coding a fare appassionare Loris alla programmazione. E un obiettivo più ambizioso: aiutare Debora a muoversi con più agilità, senza quel bastone così ingombrante per lei.

Accanto al ragazzo, che sogna un futuro da ingegnere aerospaziale, c'è il suo professore di tecnologia, Giuseppe Natale: è lui a seguirlo e a spingerlo a partecipare al concorso organizzato alla Bovisa (un format irlandese dedicato ai giovani programmatori) quando il prototipo della sua cintura prende forma. "Grazie a dei sensori rileva gli oggetti che ha intorno: produce un suono diverso se si trovano a destra, a sinistra oppure davanti alla persona che la indossa". L'ha portato agli esami di terza media, quando ha parlato della mancanza della vista come argomento centrale ed è uscito con 10 e lode. E ora che è pronto per volare in Irlanda per presentare il suo lavoro, ha già in mente di migliorarlo: "Vorrei riuscire a rendere la cintura più piccola. E sto pensando a una vibrazione per chi è sordo e una cavigliera che rilevi i gradini".

La prima a provare l'invenzione di Loris, quando la cintura non sarà più solo un prototipo, non potrà che essere Debora. "Il destino vuole che siano di nuovo entrambi nella stessa scuola - sorride Ermellina Ravelli, preside storica dell'istituto superiore Capirola - lei è al linguistico, lui allo scientifico. L'aiuto che Loris potrà dare fuori, ad altre persone non vedenti, in questa scuola di provincia lo condividiamo già. E la trovo una storia bellissima".

di Tiziana De Giorgio

Apple offre ai disabili visivi nuovi strumenti per sviluppare su iOS

Macitynet del 25-01-2019

La Casa di Cupertino migliora l’accessibilità del programma "Everyone Can Code" e in collaborazione con il Royal National Institute of Blind People, ha predisposto libri in braille e nuovi strumenti per allargare le capacità di sviluppo per gli ipovedenti.

Tra le peculiarità che rendono unici dispositivi come iPad e iPhone, le funzioni dedicate all’accessibilità. I dispositivi di Apple sono progettati perché tutti possano usarli tenendo conto di capacità fisiche e motorie ridotte, con opzioni dedicati a vista, udito, ma anche interruttori che è possibile attivare per interagire con i dispositivi senza neanche toccarli, collegando accessori dedicati a chi ha disabilità fisiche e motorie, e molo altro.

Apple è stata più volte premiata per il suo impegno nell’accessibilità e ha anche lavorato su un progetto il cui obiettivo è consentire a chiunque di imparare a sviluppare, anche chi ha sempre pensato che la creazione del codice fosse complicata da legare all’accessibilità.

La Mela offre già un’app gratuita denominata Swift Playgrounds e disponibile in 15 lingue (italiano compreso), un modo divertente per adulti e bambini che consente di scoprire i segreti della programmazione in Swift utilizzano codice reale per risolvere rompicapo e per controllare dei personaggi con un tocco. L’app di Apple integra già funzionalità che tengono conto dell’accessibilità come ad esempio il supporto a VoiceOver (un lettore di schermo che descrive cosa succede su iPhone o iPad anche se l’utente non può vedere il display), ma pone dei problemi per i bambini con disabilità visive che potrebbero riscontrare difficoltà nel proseguire.

Apple ha ora annunciato di aver lavorato con il Royal National Institute of Blind People (RNIB) – la principale associazione inglese che si interessa di ipovedenti e persone affette da cecità – predisponendo risorse affinché il programma di studi “Everyone Can Code” sia realmente accessibile a chiunque, con nuovi strumenti per studenti non vedenti o ipovedenti.

Nel completo programma progettato da Apple per aiutare tutti a imparare a sviluppare app pensate per il mobile, sono disponibili libri tattili con grafica a rilievo dei livelli di Swift Playgrounds, scritti in braille – il metodo tradizionale di scrittura e lettura per i non vedenti – e disponibili anche nelle varianti stampati in caratteri senza grazie, a elevato contrasto su carta non riflettente. Nei libri in questione si trovano i livelli di gioco di Swift Playgrounds, semplificando l’accesso alle sfide presentate dall’app da parte di studenti non vedenti o ipovedenti.

RNIB spiega di avere supportato il progetto per garantire che le risorse per i vari studenti siano disponibili anche per giovani con disabilità visive. “Ogni bambino, inclusi i minori con alterazioni della vista, dovrebbe avere l’opportunità di imparare la programmazione e sviluppare competenze nel coding come parte delle materie scolastiche”, spiega David Clarke, a capo dei servizi presso RNIB. “Questo è particolarmente importante per la futura partecipazione nel mondo dell’economia digitale in rapida espansione”. “Molti strumenti e metodi usati nelle scuole per introdurre i bambini alla programmazione non sono per niente accessibili”. “Siamo lieti di avere lavorato con Apple su questo progetto per rendere la loro app dedicata all’istruzione e al coding, Swift Playgrounds, più accessibile per bambini e giovani con impedimenti visivi, consentendo loro di accedere alle stesse risorse e informazioni dei loro compagni ed esprimere il loro potenziale nell’era digitale”.

Abbreviazioni per l’accessibilità su iPhone

A novembre dello scorso anno Apple ha ricevuto il Premio per i diritti umanitari intitolato a Eleanor Roosevelt per i suoi sforzi nella creazione di prodotti accessibili e lo sviluppo di tecnologie dedicate a persone con disabilità. Sarah Herrlinger, Senior Director di Cupertino responsabile Global Accessibility Policy and Initiatives, ha ribadito l’impegno di Apple e spiegato che a Cupertino l’accessibilità è vista come un diritto e non una caratteristica da spuntare in un elenco di conformità.

Come abbiamo evidenziato varie volte, Apple è sempre molto attenta su questi temi e ha ricevuto vari premi. Nel 2015, ad esempio, ha ricevuto un riconoscimento dall’American Foundation of the Blind (AFB). La multinazionale della Mela aveva già ottenuto un premio da AFB nel 2009 per aver aperto nuove strade nell’accessibilità dei prodotti e gli sforzi compiuti nel rendere i prodotti accessibili.

Nel 2017 Apple ha rinnovato l’home page di tutti i suoi siti web nel mondo, Italia inclusa, per evidenziare le numerose funzioni di accessibilità incluse di serie in iPhone, iPad, Mac e Watch che semplificano l’uso e la vita di tutti i giorni per le persone diversamente abili.

di Mauro Notarianni

venerdì 25 gennaio 2019

FAND – FISH – Osservatorio Nazionale Disabilità: Giampiero Griffo nuovo coordinatore, di Franco Bettoni e Vincenzo Falabella

Giornale UICI del 24-01-2019

È Giampiero Griffo il nuovo coordinatore del Comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità.

La nomina di competenza del Ministro per la famiglia e le disabilità è stata ufficializzata questa mattina durante un incontro presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri alla presenza dei membri dell’Osservatorio stesso, delle rappresentanze delle Federazioni FAND e FISH e del sottosegretario Vincenzo Zoccano.

L’Osservatorio è organismo consultivo e di supporto tecnico-scientifico per l’elaborazione delle politiche nazionali in materia di disabilità. Durante l’incontro il Ministro Fontana ne ha ribadito da un lato l’estrema utilità per l’assunzione delle decisioni e per il monitoraggio delle politiche e, al contempo, l’indipendenza.

L’Osservatorio è ora in grado di riprendere le sue attività.

Dagli anni settanta attento animatore del movimento delle persone con disabilità a livello nazionale e internazionale, Giampiero Griffo è uno dei componenti del Consiglio Mondiale di DPI (Disabled Peoples’ International), organizzazione della quale ha promosso la nascita della sezione italiana. Dal 2004 al 2006 ha fatto parte della delegazione italiana che ha portato alla definizione e alla successiva approvazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, affiancando nel 2007 l’allora ministro della Solidarietà Sociale Paolo Ferrero, all’atto della sottoscrizione del Trattato. Oggi, oltre a rappresentare in vari appuntamenti europei il Forum Europeo sulla Disabilità (EDF), presiede la RIDS (Rete Italiana Disabilità e Sviluppo), alleanza strategica composta da organizzazioni non governative e da organizzazioni di persone con disabilità che si occupa di cooperazione allo sviluppo delle persone con disabilità in ambito internazionale.

Franco Bettoni e Vincenzo Falabella, presidenti rispettivamente di FAND e FISH, hanno espresso soddisfazione per la ripresa delle attività dell’Osservatorio e per la nomina di Giampiero Griffo a cui rivolgono un augurio per il nuovo impegno e piena disponibilità alla collaborazione.

martedì 22 gennaio 2019

Italgas e SAP hanno a cuore lo sviluppo delle persone

TopTrade.it del 22-01-2019

Italgas ha avviato con SAP un progetto per favorire la accessibilità al software da parte di utenti non vedenti e ipovedenti.

Oggi, in Italia, sono circa 1 milione e 400 mila le persone tra non vedenti e ipovedenti. Il loro tasso di disoccupazione è del 70% (contro il 10,5 della media nazionale, dati ISTAT novembre 2018).

A prestarci più attenzione di altri è stata, di recente, Italgas, che ha avviato un progetto per favorire l’accessibilità al software da parte di utenti non vedenti e ipovedenti. Sul mercato da oltre 180 anni, la società è la principale società che distribuisce gas in Italia e la terza in Europa e conta oltre 4000 dipendenti.

Impegna a offrire loro percorsi di carriera uguali per tutti, Italgas si è impegnata con SAP per realizzare un progetto che si pone l’obiettivo di rendere i propri sistemi informatici accessibili a tutti.

Da qui la scelta di partire dalla piattaforma SAP per offrire nuove opportunità professionali a due dipendenti non vedenti di Italgas traducendo in italiano degli script reader utilizzati dai non vedenti per utilizzare i pc.

Italgas si è quindi messa al lavoro con il team SAP Premium Engagement, per portare a compimento la localizzazione degli script per SAP ERP ECC. Il progetto è durato un anno perché sono state rilasciate tutte le funzionalità e SAP ha certificato la bontà della localizzazione. Dopo un anno l’interfaccia SAP di SAP ERP ECC, chiamata SAP GUI, permette l’interfacciamento su pc dell’utente ipovedente e non vedente con Jaws.

Da un’esigenza specifica all’intero mercato

Questo è vero sia per le soluzioni SAP che per le eventuali soluzioni custom che Italgas vorrà sviluppare. Infine, ora gli script sono disponibili anche per altre aziende che hanno bisogno della versione italiana per i propri utenti ipovedenti e non vedenti.

Partendo da un’esigenza di due dipendenti di Italgas ora si è arrivati a un beneficio per l’intero mercato.

Jaws, infatti, è uno screen reader ed è lo standard di settore sia per uso professionale che privato. Permette a utenti ipovedenti e non vedenti l’accesso al pc attraverso una sintesi vocale, migliorando accessibilità e utilizzabilità grazie a un feedback audio, alla possibilità di accedere rapidamente all’informazione e al campo da compilare.

Jaws, inoltre, permette alle persone non vedenti di essere più efficaci ed efficienti, ad esempio nella gestione delle mail e nella navigazione web.

L’impegno di SAP per l’accessibilità al software

Oggi c’è più consapevolezza da parte delle aziende che l’accessibilità al software non ha solo una ricaduta sociale, ma anche economica. Rendere accessibili le soluzioni SAP permette alle persone con disabilità di essere più produttive e di generare vero valore per le proprie organizzazioni.

Ma cosa significa rendere accessibile il software per SAP?

Innanzitutto avere un approccio sostenibile anche nello sviluppo del software, offrire un’elevata qualità dello stesso, rispettare le normative dei Paesi in cui opera ed essere compliant e garantire che le stesse aziende clienti lo siano a loro volta.

Come sottolineato in una nota ufficiale da Paola Palleschi, Business Architect Public Services, SAP Italia: «Per raggiungere questi obiettivi SAP si è strutturata con un centro di R&D competente su questi temi a Walldorf che, oltre a supportare l’accessibilità per le precedenti interfacce utente, sta lavorando per massimizzare l’accessibilità di SAP S/4HANA, il gestionale di nuova generazione, che conta nel mondo oltre 9.500 aziende clienti. I nostri sforzi sono focalizzati sulle applicazioni SAP Fiori che rappresentano la nuova interfaccia utente di SAP S/4HANA. La maggior parte delle applicazioni di SAP Fiori nella versione corrente della soluzione sono già accessibili».

Interventi abilitativi per persone con disabilità visive e disabilità plurime

Superando.it del 22-01-2019

Con il progetto denominato Net.IN Campus – NETwork Innovativi per interventi abilitativi per persone con disabilità visiva – avevamo scritto nella primavera dello scorso anno, in sede di presentazione – ci si propone di rielaborare una metodologia operativa condivisa e standardizzata, per la realizzazione di interventi abilitativi dedicati appunto alle persone con disabilità visiva e con disabilità plurime. Il tutto da sperimentare in 25 campi estivi, promossi in 18 Regioni italiane, con il coinvolgimento di oltre 640 utenti di cui 180 non vedenti, 131 ipovedenti e 330 pluri-disabili, per un totale di circa 113.000 ore di attività.

Ebbene, quell’iniziativa di rilevanza nazionale condotta dall’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti), con il sostegno del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, è entrata ora nella fase di elaborazione dei dati raccolti, da parte di un gruppo di esperti, ciò che porterà all’elaborazione di un manuale da presentare pubblicamente a Roma nel prossimo mese di maggio.

«Supervisori, osservatori e operatori esperti dei vari campus – spiegano dall’UICI Nazionale – hanno attuato e monitorato interventi attraverso tecniche e strumenti che tenevano conto delle specifiche caratteristiche degli utenti. Gli operatori hanno così lavorato su ciascun ospite dei campus con modalità differenti, in relazione ai singoli livelli adattivi all’ambiente circostante, alle attività quotidiane richieste, al modo di comunicare e di relazionarsi con gli altri, osservando il raggiungimento degli obiettivi in termini di autonomia, motilità e così via».

«Uno degli elementi innovativi del progetto – sottolinea Linda Legname, responsabile dell’Ufficio Fundraising e Progettazione dell’UICI, nella quale fa anche parte della Direzione Nazionale – è che esso ha riguardato il coinvolgimento di venticinque volontari ciechi e ipovedenti, che in passato avevano partecipato ai campi come utenti. In questa occasione hanno affiancato il gruppo di lavoro, aiutando, sperimentando e mettendo a disposizione le loro capacità e la loro esperienza. La loro presenza è stata un valore aggiunto per tutti: per gli ospiti dei campus, per se stessi e per gli operatori».

«Durante lo svolgimento dei campus – raccontano ancora dall’UICI – gli operatori hanno sperimentato l’applicazione degli interventi metodologici, osservandone le differenti dinamiche e raccogliendo dati utili attraverso questionari e confronti diretti con gli utenti e gli operatori stessi. I feedback raccolti in questa prima fase di sperimentazione sono stati positivi da parte di tutte le figure professionali coinvolte: il progetto, infatti, non ha invaso le dinamiche dei singoli campi, ma, al contrario, ha permesso di raccogliere in modo metodico dati ed esperienze, approfondendo conoscenze e aspetti del percorso di abilitazione delle persone con disabilità visive e pluridisabilità».

Da tali esperienze, come detto, scaturirà il manuale che verrà presentato tra qualche mese. (S.B.)

lunedì 21 gennaio 2019

Torino – La disabilità visiva spiegata ai ragazzi: Progetto “A prima vista” nelle scuole

Giornale UICI del 21-01-2019

La cultura dell’inclusione dovrebbe essere patrimonio di tutti, cominciando dalla scuola. Molto più che le parole, contano gli esempi e le testimonianze. Nasce da questa idea il progetto “A prima vista”, realizzato dall’UICI (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti) di Torino nell’ambito di un bando indetto dal Consiglio Regionale del Piemonte, che sostiene l’iniziativa. L’obiettivo è far conoscere la vita delle persone cieche e ipovedenti agli allievi delle scuole primarie e secondarie. La proposta è rivolta agli istituti della provincia di Torino, con una particolare attenzione per le scuole superiori. I metodi sono innovativi: lezioni interattive, incontri con le persone disabili, laboratori ed esperienze pratiche che consentono di mettersi, per qualche istante, nei panni di chi non vede o vede poco. Centinaia gli studenti coinvolti. Il primo appuntamento è in programma il 21 gennaio a Carmagnola (Torino).

Quelli che l’associazione propone sono dei percorsi “brevi”, della durata di 4, 5 ore ciascuno. Ovviamente l’obiettivo non è quello di trattare in modo esauriente tutti i temi legati alla disabilità visiva, ma piuttosto di abbattere un primo muro, aiutare gli studenti ad aprire gli occhi su una realtà poco conosciuta e, proprio per questo, spesso guardata con diffidenza o filtrata da vecchi stereotipi.

La mattinata di sensibilizzazione si struttura in diversi momenti. Si parte dalla definizione di disabilità visiva, nei suoi vari aspetti. I ragazzi scoprono, ad esempio, che le parole “cieco” e “ipovedente” non sono sinonimi: la prima si riferisce a chi è completamente privato della vista, la seconda a chi ha un grave deficit visivo. Si prosegue con la testimonianza di uno o più disabili visivi, che mettono a disposizione degli studenti la loro esperienza di vita, a partire dagli aspetti più pratici e quotidiani. C’è anche il tempo per un po’ di formazione sulle tecniche più efficaci per accompagnare una persona non vedente, ad esempio quando la si incontra per strada.

Viene poi il momento di imparare “sul campo”, attraverso i laboratori. I vari gradi della disabilità visiva vengono simulati indossando bende o occhialini che limitano l’acuità e il campo visivo. Così gli studenti provano a muoversi nello spazio usando gli ausili delle persone cieche e ipovedenti, come il bastone bianco. Un capitolo a parte è dedicato ai cani guida, sempre presenti agli incontri: è importante che i cittadini, fin da giovanissimi, conoscano e rispettino questi animali, insostituibili compagni di vita per chi non vede, e siano informati sulle normative di riferimento, che consentono ai cani guida l’accesso in qualsiasi luogo pubblico. Si prosegue poi con una panoramica sugli strumenti informatici a sostegno della disabilità visiva (che hanno dischiuso possibilità di integrazione inimmaginabili fino a pochi anni fa) e su alcuni sport accessibili a chi non vede. L’esperienza si conclude con le domande degli studenti e con una breve riflessione finale.

«Da tempo proponiamo nelle scuole progetti di questo genere e i risultati sono sempre apprezzabili – spiega l’avvocato Franco Lepore, presidente UICI Torino – I ragazzi rispondono con curiosità e interesse, ponendo domande talvolta inaspettate e sempre stimolanti. Siamo convinti che questi percorsi siano utili per gli studenti, poiché li rendono fin d’ora più disponibili e meno diffidenti verso i loro compagni con disabilità visiva e offrono loro un bagaglio di esperienza che li aiuterà anche nel futuro».

"Ecco come abbiamo sdoganato gli audiolibri"

Esquire Italia del 21-01-2019

Sergio Polimene e Flavia Gentili di Emons ci raccontano come lavora un vero e proprio editore di audiolibri.

Da Torino a Milano in auto e ritorno. Sul sedile del passeggero Giuseppe Battiston, seduto dietro David Foster Wallace. Una cosa divertente che non farò mai più. Anzi, l'ho rifatto. Correndo con Elena Ferrante e Anna Bonaiuto, ma la Ferrante non s'è vista. Poi ho nuotato con Stefano Benni e Alessandro Baricco. Portavamo cuffie subacquee. È accaduto nel Novecento.

Come è stato possibile? Ascoltando - o forse meglio sarebbe dire leggendo - un audiolibro . Ma cos'è, in definitiva, un audiolibro ? Lo spiega (poeticamente) Flavia Gentili, direttore di produzione della casa editrice Emons: "Audiolibro è là dove la voce incontra il testo". Un incontro figlio di un lavoro consistente, che nel backstage vede da una parte vere e proprie operazioni redazionali, come quelle di qualunque altra casa editrice, dall'altra un intenso e scrupoloso lavoro di regia, cesello, montaggio, post-produzione; come si stesse lavorando a una produzione cinematografica.

Parlando del prodotto audiolibro , bisogna tenere conto che "il mercato è cambiato", dice Sergio Polimene, direttore editoriale Emons, che continua: "Il nostro sdoganamento definitivo risale al 2014, quando siamo usciti con l'Artusi letto da Paolo Poli. Ha avuto un grosso impatto sui media ed è aumentata l'attenzione nei nostri confronti, cambiando in parte quella che era la percezione generale delle produzioni audio, prima considerate come prodotti di Serie B. Ora invece hanno trovato una loro dimensione, una dignità, e sono riconosciute come uno dei diversi modi di leggere un libro".

L'altro grande step è stato l'arrivo di Audible in Italia nel 2016, che ha rivoluzionato il mercato proseguendo sulla scia già di Spotify (prima) e Netflix (poi), con abbonamenti mensili per ascoltare tutti gli audiolibri presenti sulla piattaforma, targata Amazon. Lì è nato un nuovo modo di leggere, di ascoltare. E da giugno 2018 in Italia c'è anche Storytel, azienda svedese nata nel 2005, che propone abbonamenti streaming sempre per l'ascolto di audiolibri , con un catalogo di 80mila titoli, di cui circa 1.500 in italiano.

L'ultimo step che ha cambiato il mondo Emons, nato nel 2007? "Il passaggio dal supporto cd audio a mp3. È stata una decisione sofferta, ma facendo testi integrali è stato uno scatto quasi necessario - spiega Gentili, che continua - Quando abbiamo iniziato, era tutto un po’ nuovo. Da ex libraia per 30 anni ho visto più volte il tentativo di imporre l'audiolibro sul mercato, anche con prodotti di qualità, ma il pubblico non era ancora pronto. Noi abbiamo avuto intuizione e fortuna, i tempi stavano cambiando con l'avvento del digitale e non abbiamo inventato qualcosa di nuovo, siamo solo stati coraggiosi, guardando al mercato e cercando lettori famosi che in qualche modo rassicurassero, incuriosissero, seguendo il nostro cuore e soprattutto il nostro gusto, anche con scelte più complesse, raffinate, ricercate (vedi Gadda), cercando di mantenere sempre alta la qualità. Il punto all'inizio era scegliere le cose che ci piacevano, di cui ci sentivamo sicuri come gusto, poi nel corso degli anni abbiamo perfezionato la nostra definizione di pubblico, ma andando avanti ci facciamo sempre domande su chi sono i nostri lettori e cosa vogliono ascoltare; un editore non deve mai smettere di farsi questa domanda, perché intorno tutto cambia vorticosamente".

"La differenza tra Emons e aziende come Audible o Storytel - spiega ancora Gentili - è che noi siamo editori. Realizziamo un prodotto fisico. Loro lavorano su numeri più grandi, noi di fatto procediamo come una piccola bottega artigianale. Ci tengo anche a dire che, comunque, prima di tutto crediamo nel libro cartaceo, pur essendo altrettanto convinti che l'audiolibro sia un altro modo di leggere, diverso da quello a cui siamo abituati. E attraverso la voce si crea un altro genere di contatto. La voce è uno strumento potentissimo. In fondo quando leggiamo, una voce risuona nella nostra testa e il libro prende corpo, crea una sorta di fisicità".

Il mercato audiolibro in Italia è indietro rispetto a quello degli Stati Uniti e al resto d'Europa, ma dopo undici anni di attività e più di trecento titoli, Emons ha piano piano iniziato a raccogliere i frutti del lavoro, con un progressivo aumento di fatturato, che Polimene analizza così: "Se il lettore di audiolibro è un lettore nuovo, anche un testo di qualche anno fa sarà una novità, per cui oltre a continuare ad aggiornarci, spesso riusciamo anche a rinfrescare produzioni più antiche".

Secondo un rapporto pubblicato da Audio Publishers Association, organizzazione commerciale statunitense senza scopo di lucro in ambito audiolibri , le vendite totali del prodotto sono aumentate del 22,7% nel 2017, per un valore di oltre due miliardi di dollari. Il target è e resta quello dei lettori forti, le casalinghe, chi viaggia in auto, oppure chi fa attività manuali che non richiedano grande attenzione e per cui sia impossibilitato a tenere in mano un libro, con un'età media che si sta abbassando dalla fascia 45-60 anni a quella 30-45, soprattutto in virtù del fatto che molte delle piattaforme di ascolto sono pensate per smartphone, quindi per essere sempre a portata di tasca.

C'è poi da aprire una parentesi, con due dati in evidenza, uno positivo e l'altro no: nel Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia del 2017, prodotto dall'Associazione Italiana Editori, emergono numeri incoraggianti per quanto riguarda il mercato del libro più in generale, che sta finalmente uscendo da una crisi durata alcuni anni, con una crescita nel 2016 dell'1,2% rispetto all’anno precedente. Prosegue tuttavia il calo dei lettori, con la più bassa percentuale italiana rispetto a Spagna, Germania, Stati Uniti, Francia, Canada e Norvegia.

I dati incoraggianti hanno portato concorrenza, poiché dove il mercato è più fertile nascono nuovi attori, ma ciò ha spinto Emons a reinvestire, per continuare a crescere pensando in grande, come spiega ancora Polimene: "Finalmente c'è concorrenza, è un arricchimento. Vuol dire più titoli e più persone che si affacciano a questo mondo. L'ostacolo più grande quando abbiamo iniziato è stato far conoscere alle persone questa nuova possibilità, ma adesso puntiamo a un mercato più ampio. In passato abbiamo provato con la saggistica, da Vito Mancuso a Carlo Rovelli, passando per Kapuściński e Papa Francesco. Il filone dei saggi proseguirà con le grandi biografie e le battaglie del passato. Abbiamo stretto un accordo con Laterza, oltre a quelli già esistenti con molti editori di qualità come NN oppure E/O, che proseguiranno. Il primo di questi nuovi saggi è Caporetto di Alessandro Barbero, letto da Marco Baliani, con introduzione inedita dello stesso Barbero. E poi puntiamo su podcast e contenuti originali, scritti direttamente per l'audio, con testi d'autore, anche serializzati, come quelli di Netflix. Un po’ come i vecchi radiodrammi, ma più cool".

Alla base di tutto c'è l'incontro. Tra testo e voce, ma anche tra persone. In fondo la lettura ad alta voce è una forma antichissima, così l'oralità, e come racconta ancora Flavia Gentili: "Se a leggere è l'autore, conosce benissimo il suo testo, ma rivelerà senz'altro qualcosa di nuovo quasi inavvertitamente, senza rendersi conto che se avesse letto prima il testo ad alta voce quella frase l'avrebbe messa in maniera diversa. È una forma di autocoscienza leggersi ad alta voce, alcuni autori dopo aver provato mi hanno detto che non consegneranno più i loro libri agli editor se non dopo averli letti ad alta voce, perché è una sorta di prova del nove. La lettura ad alta voce è miseria e nobiltà, rivela il nascosto. Per questo è importante che l'attore faccia suo il testo, perché si entra in un mondo variegato e dal libro escono la trama, l'autore e appunto l'attore. Non importa la dizione, né la sporcizia nella voce, o il bagaglio regionale che un attore o un autore si portano dietro leggendo, perché se l'incontro funziona e scatta qualcosa, il lettore si adatterà, si metterà in sintonia, tutto diventerà una cosa sola. Anche per questa ragione abbiamo scelto di non mettere la musica nei nostri audiolibri , perché la vera musica è la voce; se una lettura è una bella lettura, è sufficiente".

La lettura ad alta voce è la prova estrema per un attore. Lui e la voce. Nessuno sguardo, nessuna luce, nessun accompagnamento o spalla. Solo la voce e il testo, in una caverna profonda, cercando di non tradire le parole, né le intenzioni di chi quelle parole le ha pensate, scritte, pubblicate nero su bianco. Una complicità che viene fuori spontanea da una cassa. E riempie la stanza. Parte un pensiero, una voce, una presenza, talvolta poetica. Non a caso per i tipi di Emons è uscita il 20 settembre scorso la raccolta Millennium Poetry - Viaggio sentimentale nella poesia italiana , curata da Valerio Magrelli, poeta e narratore, guida lieve e sicura, rivolta "a chi voglia ascoltare mille anni di versi in un pomeriggio". Nel dubbio lasciarsi andare, fidarsi e seguire la voce. Da qualche parte porterà.

di Eugenio Giannetta

Taxi calmierati per i ciechi

Il Giorno del 20-01-2019

GALLARATE. Importante iniziativa a favore dei cittadini non vedenti. A promuoverla l'amministrazione comunale di Gallarate che l'altro giorno a Palazzo Broletto ha sottoscritto l'accordo con l'Unione italiana ciechi e Atg Radiotaxi per agevolare la mobilità in città di persone cieche e ipovedenti. L'iniziativa era stata annunciata la scorsa settimana dal sindaco Andrea Cassani nel corso della conferenza stampa dedicata al bilancio di metà mandato, ora il nuovo servizio è a disposizione degli utenti interessati.| Il comune ha messo a disposizione 10 mila euro consentendo con l'accordo sottoscritto l'altra mattina di utilizzare le corse con i taxi a un costo calmierato. Soddisfatto l'assessore ai Servizi Sociali Paolo Bonicalzi che dichiara: «Si tratta di un'iniziativa che conferma l'attenzione della nostra amministrazione nei confronti delle fasce deboli, in questo caso abbiamo deciso di intervenire per agevolare la mobilità dei cittadini non vedenti favorendo l'utilizzo del servizio taxi». Per le persone con questa disabilità, continua Bonicalzi «Abbiamo predisposto percorsi pedonali speciali, inoltre stiamo dotando i semafori delle apposite segnalazioni acustiche, come ad esempio in via Sciesa dove sarà realizzato un attraversamento di ultima generazione, ora garantiamo anche il contributo per il trasporto in auto». I ciechi totali o parziali avranno a disposizione dei buoni (valore 6 euro a corsa) emessi dall'Unione italiana ciechi per conto del comune di Gallarate per utilizzare il servizio taxi con qualsiasi compagnia all'interno della città. «Verificheremo periodicamente la sperimentazione del servizio - fa rilevare l'assessore ai Servizi sociali - vogliamo che funzioni al meglio e soprattutto che gli utenti a cui ci rivolgiamo utilizzino questa opportunità». L'iniziativa è valida per tutto il 2019.

di Rosella Formenti

Un albergo per amico: il design per i viaggiatori con disabilità

Il Corriere della Sera del 19-01-2019

MILANO. Piastrelle-scultura «escono» dal muro e diventano appigli. Pannelli decorativi che celano dei maniglioni. Ripiani movibili da gestire a piacere come comodini. Sono oggetti di design, per cui con una forma assolvono a una funzione. Sembrerebbe niente di nuovo. Invece la novità c'è, perché questi arredi nascono tutti per un'ulteriore necessità: rendere una camera di hotel pratica e piacevole anche ai viaggiatori con disabilità. L'idea si gioca proprio sulla parola «anche», perché l'avvio del progetto Hoteling for All, diventato l'anno scorso la tesi finale di tre corsi di design dello IED di Milano, è aggiungere agli arredi funzionalità dedicate ma senza invadenza. Anzi, arricchendole di un valore pratico ed estetico, che tutti i viaggiatori possano apprezzare pariteticamente.

«Tutto è nato da una riflessione nel dopo Expo, condivisa con il Comune di Milano e con Federlegno, sulla constatazione dell'alto numero dei viaggiatori con disabilità. A cui si aggiunge una presenza sempre più ampia di anziani negli hotel. Da qui l'idea di sviluppare degli arredi di supporto ben integrabili in questo contesto. Rendendoli semplici e belli, per far capire come il "design for all" possa rappresentare anche un'opportunità», racconta Attila Veress, docente dei corsi di interior e product design, uno dei due relatori del progetto.

L'indagine preliminare avviene sul campo: «Presso lo sportello di turismo accessibile dell'ospedale di Niguarda di Milano, all'Istituto dei Ciechi, in varie associazioni, mettendo a confronto esperienze di persone di più fasce d'età e verificandole negli hotel: serviva capire quali fossero i bisogni e come vengono presi in considerazione». Nove mesi di lavoro e il risultato è una serie di prototipi di arredi, trasversali nell'uso, facili da installare senza alcuna ristrutturazione: «La camera per esempio si può ripensare attraverso pannelli imbottiti e rivestiti in tessuto attrezzati con mensole e grucce, al posto dell'armadio. Mentre nella testiera del letto sono integrabili due piani di appoggio-comodino reclinabili, da usare se e quando serve», spiega Veress. Stessa logica nel bagno, con oggetti di servizio «nascosti»: «Maniglie di sicurezza invisibili dietro pannelli personalizzabili, sgabelli da doccia pieghevoli e fissabili a ventosa. Ma anche maniglie a gancio che diventano rivestimento delle pareti».

Una riflessione va anche alla tecnologia «amica», con una app informativa («Di supporto nelle prenotazioni, per conoscere gli ausili dedicati presenti in hotel») e a una serie di comandi vocali e tattili che accolgono in camera e permettono di governarla.

Successo tra gli studenti e all'esterno, alcuni progetti già allo studio di fattibilità presso aziende, e quest'anno si replica: «Ci concentreremo solo sul bagno: rubinetti, complementi e accessori», dice Veress, con il volano di una mostra in aprile al Fuori Salone: «Per mostrare quanto a un mobile serva poco di più per diventare davvero per tutti».

di Silvia Nani

"I to Eye": in tandem da Roma a Pechino per raccontare la cecità

SuperAbile.it del 18-01-2019

Il progetto porterà Davide Valacchi, non vedente dall’età di 9 anni, a pedalare per otto mesi attraverso 13 Paesi e due continenti insieme a una coppia di amici che si alterneranno alla guida della bici. “Speriamo di riuscire a smuovere gli animi rispetto alle possibilità che un disabile può avere nella vita”.

ROMA. Un viaggio in tandem lungo otto mesi, da Roma a Pechino, pedalando attraverso 13 Paesi e due continenti, per “portare un messaggio di integrazione e raccontare la cecità in diverse parti del mondo”. Davide Valacchi ha 28 anni e fortissime motivazioni. Non vedente dall’età di 9 anni, venerdì 8 marzo lascerà la sua Bologna, dove vive e studia, salirà su una bicicletta due posti e partirà dalla capitale insieme al suo amico, Michele, per raggiungere la Cina, in autunno.

“Il nostro progetto – racconta Davide - si chiama ‘I to EYE’ e prevede un viaggio di otto mesi tra città, pianure, vallate e catene montuose. Con Michele attraverseremo l’Italia, l’Europa dell’Est e la Turchia, per arrivare a Teheran verso la metà di giugno. Lì ci sarà ad attenderci Samuele che prenderà il posto di Michele alla guida del tandem, pedalando con me attraverso l’Asia centrale e tutta la Cina”. L’arrivo a Pechino è previsto tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre e per riuscire a coprire tutte le spese, tra manutenzione del tandem, visti d’ingresso, imprevisti e spese mediche, i ragazzi hanno avviato una piccola raccolta fondi, attraverso la piattaforma di crowfunding Eppela, che in pochi giorni ha già coperto la metà del budget.

“Un tandem – spiega Davide - può cambiare la vita di un non vedente e noi vogliamo dimostrarlo. È l’unico mezzo di trasporto che permette di avere un ruolo attivo nel movimento su lunghe distanze e di godere delle infinite sfumature sensoriali di un viaggio. Per questo può essere un potente fattore di inclusione sociale per chi ha problemi alla vista, contribuendo ad abbattere una parte delle barriere imposte dalla disabilità”.

Non solo bici: il progetto prevede anche incontri e relazioni. “Negli otto mesi che ci attendono entreremo in contatto con associazioni e federazioni che in ogni paese gravitano attorno al mondo dei non vedenti, cercheremo di capire come la disabilità visiva possa inserirsi nei diversi contesti sociali e culturali che incontreremo. Raccontare e farci raccontare sono i nostri obiettivi: lo scambio di idee ed esperienze è la prima motivazione che ci spinge a intraprendere questo viaggio, con la speranza di smuovere gli animi rispetto alle possibilità che un disabile può avere nella vita”.

Il viaggio sarà raccontato e documentato ogni giorno con foto, video, interviste e racconti nella pagina Facebook del progetto (@itoeyeproject) e sul profilo Instagram che sarà attivo da febbraio, oltre che attraverso collegamenti radiofonici.

I protagonisti del progetto: Davide Valacchi, l’ideatore, è originario di Ascoli Piceno e vive da anni a Bologna, dove sta per sostenere l’esame di abilitazione come psicologo clinico. “A Bologna – racconta - ho conosciuto Michele in un bar ed è stata subito amicizia. L’incontro con Samuele è avvenuto invece in un campeggio durante un viaggio sul Gargano”.

Michele Giuliano, 37 anni, sardo di origine ma cresciuto in un piccolo paese dell’Appennino bolognese, è cuoco di professione e da 6 anni ha scelto di abbandonare l’automobile per spostarsi unicamente in bicicletta. Cerca in questo viaggio delle risposte e un arricchimento personale.

Samuele Spriano, 25 anni, è nato e cresciuto a Gorla Maggiore (Va). Amante dello sport e della natura, studia e si dedica da anni a numerose discipline delle arti marziali, delle quali condivide profondamente stile di vita e valori. “La partenza è vicina – conclude Davide –, in queste settimane siamo alle prese con gli ultimi, intensi preparativi. La strada ci aspetta, viaggiate con noi!”.

di Teresa Valiani

Autonomia personale e mondo del lavoro: un binomio imprescindibile, di Valeria Tranfa

Giornale UICI del 17-01-2019

Quale ruolo per il tiflologo nell’acquisizione delle competenze relative alla sfera delle autonomie?

Quando pensiamo ad un giovane non vedente che si affaccia al mondo del lavoro, quali sono i requisiti che deve possedere? È sicuramente importante che sia preparato, ma le competenze relazionali e sociali che gli vengono richieste sono forse meno importanti? Tra le altre riflessioni ci siamo soffermati a parlare di questo durante il Convegno “Istruzione, Formazione e Lavoro” svoltosi presso l’Istituto dei Ciechi di Milano, il 30 novembre scorso.

Cosa significa quindi diventare persone autonome? Nel percorso di istruzione e di formazione di un ipovedente o di un non vedente, quanto è importante dedicare tempo e risorse al raggiungimento di buoni livelli di autonomia?

La risposta, solo apparentemente ovvia, è che nessuno può arrivare preparato ad affrontare il mondo del lavoro se non viene formato ed educato fin da piccolo a raggiungere buoni livelli di indipendenza.

Questo principio vale per tutti i bambini e i ragazzi, vale in tutti gli ordini di scuola, in proporzione all’età e alla propria condizione, a maggior ragione vale, ed è importante, per chi ha una disabilità visiva e quindi accede alla realtà in modo differente.

Da sempre infatti l’Istituto dei Ciechi di Milano si è occupato, e si preoccupa anche oggi, di formare i ragazzi minorati della vista non solo offrendo loro gli strumenti di studio più adatti, ma soprattutto curando la dimensione dell’autonomia personale, suggerendo strategie opportune per superare le difficoltà che la mancanza della vista pone, offrendo al mondo della scuola e alle famiglie un punto di vista attento a non cedere alla tentazione di sostituirsi a…, di fare al posto di.

Spesso insegnanti e genitori cadono in questo errore senza neppure accorgersi, perché “il ragazzo è in difficoltà”, “ci mette tanto tempo…”, “non ci vede, quindi è impossibile che ci riesca da solo…”

Con la vita di Istituto e con la scuola speciale prima, e con il servizio di Consulenza Tiflopedagogica poi, nelle scuole di ogni ordine e grado, i Tiflologi dell’Istituto dei Ciechi di Milano, secondo un modello di intervento che è diventato oggi esempio per tutta la Regione Lombardia, affiancano insegnanti di sostegno, assistenti alla comunicazione e operatori, che lavorano nella scuola, affinché ad ogni singolo bambino e ragazzo ipovedente e non vedente si insegni quanto sia importante imparare non soltanto discipline e contenuti scolastici, ma anche e soprattutto abilità di autonomia personale e sociale per poter affrontare la vita con le giuste competenze.

Oggi indubbiamente il mondo del lavoro è cambiato, richiede capacità di adattamento, richiede flessibilità, autostima e ottime capacità di relazione.

Il mercato del lavoro è in continua evoluzione, esistono occupazioni che solo 20 anni fa non esistevano e, si dice, che tra altri 20 esisteranno mestieri che ancora non sono stati inventati. Trovare lavoro è difficile e la ricerca è molto selettiva.

Dall’altra parte la società tende a iperproteggere i giovani, vengono chiamati ancora “ragazzi” i trentenni e i trentacinquenni che, soltanto qualche anno fa erano già padri di famiglia, vivevano fuori casa ed erano completamente indipendenti sul piano economico di fronte alla collettività. A maggior ragione perché non rimandare l’emancipazione dei ragazzi che non vedono? Non è forse giusto scoraggiare la loro indipendenza e procrastinare il distacco dalla famiglia? Farli sentire sicuri soltanto a casa, proteggerli dal mondo cattivo, evitando loro qualche frustrazione in più, rispetto a quelle che incontrano già tutti i giorni?

È anche in questo senso che prende significato la proposta dell’intervento tiflologico.

Fin dalla primissima infanzia, infatti, è preziosa la figura del Tiflologo che insiste nel sottolineare quanto sia importante conquistare mano a mano la propria autonomia.

È il tiflologo quindi che, prendendo in carico un bambino o un ragazzo, attraverso una periodica osservazione a scuola, attraverso il dialogo con la famiglia, attraverso i momenti di scambio con gli insegnanti, partecipando alla programmazione degli obiettivi didattici e non, e confrontandosi con gli altri specialisti, ha la preziosa opportunità di offrire un nuovo punto di vista, non si stanca di sottolineare come non sia la minorazione visiva a rendere un cieco poco autonomo, ma la difficoltà, conscia o inconscia, ad investire di più sul raggiungimento anche di altre competenze…

Fin dalla scuola dell’infanzia, e per tutti i successivi ordini di scuola, oltre che occuparsi di fornire indicazioni sui percorsi didattici e sui materiali specifici per stimolare il bambino ad apprendere e a sviluppare le proprie capacità cognitive, il tiflologo sottolinea come sia importante che la scuola verifichi prima, ed incentivi poi, competenze rivolte ad avere cura di sé. Imparare a vestirsi e svestirsi da solo quando si è piccoli, lavarsi ed asciugarsi le mani ed il viso significheranno da grandi saper curare il proprio aspetto, vestirsi con cura, saper abbinare i colori con gusto, imparare a truccarsi…

È sempre il tiflologo che fornisce indicazioni specifiche affinché il bambino impari a muoversi con sicurezza negli ambienti scolastici, perché diventi capace di raggiungere da solo il proprio banco, conosca il percorso per andare in bagno, sia in grado di riporre il materiale utilizzato al posto giusto. Una volta divenuto adulto, quel ragazzo potrà quindi essere in grado di uscire da solo senza paura, potrà imparare la strada per andare in ufficio, saprà tenere in ordine la sua scrivania, e si muoverà con disinvoltura negli spazi della quotidianità.

Il tiflologo poi si preoccupa di verificare le capacità di ogni bambino di mangiare da solo, di usare le posate in modo corretto, suggerisce il momento opportuno per insegnargli a versare l’acqua, invita gli insegnanti a richiedergli di mantenere una buona postura a tavola. Queste competenze, acquisite in modo adeguato all’età cronologica di ciascuno, e man mano fatte proprie, permettono un domani di andare a mangiare con i colleghi, di recarsi al ristorante con amici e parenti senza dipendere da nessuno, senza paura di doversi vergognare. Sentirsi adeguati in mezzo agli altri significa aumentare il proprio livello di autostima, prerequisito fondamentale, tra gli altri, per inserirsi positivamente anche nel mondo del lavoro.

Imparare a studiare in autonomia da ragazzini, padroneggiare una postazione informatica personalizzata, usare software specifici, approcciarsi ad internet, utilizzare al meglio le opportunità che il mondo dell’informatica mette a disposizione, significa da adulti accedere ad una gamma sempre più vasta di opportunità lavorative, diventare più competitivi sul mercato del lavoro. Anche di questo si cura il tiflologo, affiancato, a partire più o meno dal terzo anno della scuola primaria, dal tifloinformatico.

Diventare capaci di progettare la propria giornata e la propria settimana, decidere in piena coscienza quali attività e quali amici frequentare nel tempo libero, sentirsi davvero padroni di sé perché si è consapevoli dei propri limiti ma anche delle proprie risorse sono bagaglio indispensabile per affrontare a testa alta la vita.

Essere autonomi nelle relazioni con gli altri da piccolo significa imparare a controllare un’eventuale stereotipia, vuole dire tenere la testa alta e diritta, voltarsi sempre in direzione di chi sta parlando, non interrompere l’altro, mantenere un adeguato tono di voce.

Da grande queste competenze si tradurranno nell’apparire sicuri di sé, nel possedere buone capacità di autocontrollo, nel poter imparare a parlare in pubblico senza vergognarsi, e così via.

Tutte queste capacità vengono acquisite con gradualità, giorno dopo giorno, passo dopo passo, con l’aiuto di chi, certo del risultato, con molta dolcezza ma con altrettanta fermezza, indica la strada giusta, accompagna fisicamente il gesto di chi ancora non possiede la tecnica, fornisce indicazioni verbali fino a che i risultati non sono stati raggiunti.

L’importante è poter cominciare questo percorso fin dall’infanzia per evitare che, affacciandosi alla vita adulta e poi anche al mondo del lavoro, si rischi di non avere abbastanza tempo per colmare le lacune, per evitare che di quel ragazzo o di quella ragazza si debba dire “è intelligente, è capace, impara in fretta però…”

È auspicabile quindi che ogni scuola, dove è inserito un ragazzo con difficoltà visiva, così come prevede la nostra normativa regionale, possa usufruire del Servizio di Consulenza Tiflopedagogica. Servirsi della Consulenza significa proprio potersi confrontare con un tiflologo che aiuti gli insegnanti e tutto il personale scolastico a porre l’accento, tra gli altri aspetti, anche sulle problematiche relative all’autonomia, significa venire incoraggiati a mettersi in gioco sempre, nonostante le difficoltà e i limiti, accanto alle famiglie, per crescere ragazzi preparati sul piano degli apprendimenti, ma anche e soprattutto, su quello personale, perché davvero persone capaci di diventare autonome, protagoniste appieno della propria vita e non fruitori passivi di un’esistenza determinata da altri.

Valeria Tranfa

Tiflologa dell’Istituto dei Ciechi di Milano