giovedì 28 gennaio 2021

Lombardia e disabilità: la gestione dell’emergenza e i tanti temi ancora aperti

Superando del 28/01/2021

Innanzitutto la gestione dell’attuale fase emergenziale, con l’inserimento delle persone con disabilità e dei loro caregiver nell’accesso alla vaccinazione anti Covid 19, ma anche tutti gli altri temi ancora aperti, dal Fondo Unico per la Disabilità, a un utilizzo più razionale delle risorse disponibili, dal Progetto di Legge Regionale sulla vita indipendente, alla stesura di vari Piani Regionali e altro ancora: su questo le Federazioni lombarde LEDHA e FAND chiedono da subito di potersi confrontare con la nuova Assessora Regionale alla Disabilità Alessandra Locatelli.

«Avviare momenti specifici di confronto sulla gestione dell’attuale fase emergenziale, in merito all’inserimento delle persone con disabilità e dei loro caregiver nell’accesso alla vaccinazione anti Covid 19»: è questa la prima richiesta posta dalla LEDHA (la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità, che costituisce la componente lombarda della FISH-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e dalla FAND Lombardia (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità), alla nuova Assessora alla Famiglia, alla Solidarietà Sociale, alla Disabilità e alle Pari Opportunità della Regione Lombardia Alessandra Locatelli, in una lettera sottoscritta dai rispettivi Presidenti Alessandro Manfredi e Nicola Stilla.

«Riteniamo necessario – vi si aggiunge – uno specifico interessamento per consentire in sicurezza la vita di relazione delle persone con disabilità in tutti i servizi residenziali (visite di familiari e amici, lavoro e vita sociale), l’erogazione di tutti i sostegni assistenziali domiciliari e la massima estensione dei servizi diurni anche in forme differenti da quella della semplice frequenza al “Centro”».

L’occasione si è rivelata propizia per ricordare alla nuova Assessora Regionale i numerosi temi ancora aperti, su cui LEDHA e FAND Lombardia ritengono importante avviare sin da subito un rapporto di confronto e collaborazione proficuo. «A partire dal Fondo Unico per la Disabilità – si legge nella lettera – e in generale sulla necessità e possibilità di meglio orientare le risorse disponibili a sostegno del benessere e della salute delle persone con disabilità», senza dimenticare il tema della vita indipendente, che è al centro di un Progetto di Legge Regionale presentato dalla LEDHA al Consiglio Regionale nel novembre scorso, come avevamo ampiamente riferito anche sulle nostre pagine.

«Sono tutti temi e questioni – scrivono i Presidenti di LEDHA e FAND Lombardia – che auspichiamo possano trovare spazio nell’ormai prossima discussione sulla revisione della Legge Regionale 23/15 [“Evoluzione del sistema sociosanitario lombardo”, N.d.R.], ma anche nella stesura dei Piani Regionali, come ad esempio quello Sociosanitario, quello per la Salute Mentale e quello Contro la Violenza verso le Donne, nonché nell’implementazione della Legge Regionale sui PEBA (Piani per l’eliminazione delle Barriere Architettoniche) e delle politiche per il superamento delle barriere architettoniche e della comunicazione».

«Allo stesso modo – conclude la lettera – confidiamo che possa essere affrontato anche il tema del riconoscimento e sostegno delle organizzazioni maggiormente rappresentative delle persone con disabilità, così come previsto dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ma anche dalla Risoluzione votata all’unanimità dal Consiglio Regionale il 16 aprile 2019». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@ledha.it.

Riconosciuta la validità di un trattamento genetico per una distrofia retinica

Superando del 28/01/2021

Come informa l’APRI (Associazione Pro Retinopatici e Ipovedenti), per la prima volta è stata riconosciuta la validità di un trattamento genetico per una distrofia retinica e tale trattamento verrà sostenuto dal Servizio Sanitario Nazionale. Si tratta del farmaco “Luxturna”, terapia genica per chi ha una retinite pigmentosa con mutazione sul gene “RPE65”, rispetto al quale una recente Determina dell’Agenzia Italiana del Farmaco ha stanziato una somma cospicua, per rimborsare un certo numero di trattamenti.

Il 2021 si è aperto, per alcune persone con retinite pigmentosa, con un’importante notizia: la Gazzetta Ufficiale del 9 gennaio, infatti, ha pubblicato una Determina dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), che stanzia una somma di 21,6 milioni di euro per rimborsare un certo numero di trattamenti con il farmaco Luxturna, terapia genica per chi presenta una mutazione sul gene RPE65.

Il farmaco è stato inserito nella categoria “H” che contiene i medicamenti praticabili soltanto all’interno di ospedali e ogni intervento costerà allo Stato 360.000 euro (+IVA). Ovviamente i pazienti dovranno presentare requisiti ben precisi di idoneità e appropriatezza terapeutica, ovvero l’alterazione del gene RPE65 e un numero significativo di cellule retiniche ancora vitali. La terapia potrà essere praticata solo da centri di riferimento qualificati, che verranno prossimamente individuati dalle Regioni.

Per la prima volta, quindi, viene riconosciuta la validità di un trattamento genetico per una distrofia retinica e tale trattamento verrà inoltre sostenuto dal Servizio Sanitario Nazionale.

L’APRI (Associazione Pro Retinopatici e Ipovedenti), propone anche un’intervista (disponibile a questo link) rilasciata dallo specialista Mario Vanzetti nel gennaio dello scorso anno, che consente di conoscere meglio le caratteristiche del trattamento di cui si parla nella presente nota.

mercoledì 27 gennaio 2021

27 gennaio giornata della memoria: i ciechi e la Shoah di Anna Buccheri

Giornale UICI del 27/01/2021

Il 2020 è stato l’anno della memoria per l’UICI, del ricordo di una storia che ha compiuto 100 anni e include tanti episodi, battaglie e vittorie; una storia fatta di persone, di bambini e bambine, di ragazzi e ragazze, di uomini e donne con disabilità visiva che hanno lottato, fatto scelte, conosciuto l’amarezza dell’esclusione e conquistato spazi sempre più ampi in società, assumendosi il ruolo che competeva loro e preparando il terreno per coloro che sarebbero venuti dopo perché potessero contare su una rete di diritti consolidati e su un’Associazione capace di farsi portavoce di istanze e che si è conquistata nel tempo un potere interlocutorio sempre più autorevole.

Ogni anno però c’è una data che è sinonimo di memoria ed è il 27 gennaio, che ricorda la Shoah, trauma collettivo che non può essere superato, che ha segnato il destino di milioni di persone, persone senza colpa private delle loro vite, dei loro desideri, dei loro sogni, dei loro averi, dei loro affetti, di tutto ciò di cui una persona può essere privata. Tra queste persone ci sono anche i disabili.

Tutto è cominciato con le parole «Vite indegne di essere vissute». Le persone con disabilità sono le prime a sperimentare l’orrore, uccise con iniezioni e poi con il gas. Un peso sociale sono i disabili. Nel 1939, Hitler con una lettera autorizza i medici «a concedere la morte per grazia ai malati considerati incurabili secondo l’umano giudizio». È l’inizio dell’operazione Aktion T4, l’eutanasia forzata che parte da Berlino e ha sede in un villino espropriato a una famiglia ebrea. Medici e infermieri danno la morte e conducono esperimenti, giuristi e avvocati trovano le giustificazioni legali, inservienti e operai fanno la loro parte. Nelle scuole vengono assegnati problemi come questo: «Un malato di mente costa circa 4 marchi al giorno, un invalido 5,50 marchi, un delinquente 3,50 marchi. In molti casi un funzionario pubblico guadagna al giorno 4 marchi, un impiegato appena 3,50 marchi, un operaio non qualificato neanche 2 marchi per ciascun membro della famiglia. Rappresenta graficamente queste cifre. Secondo prudenti valutazioni in Germania ci sono 300 mila malati di mente, epilettici, ecc., in case di cura.Quanto costano annualmente costoro complessivamente se per ciascuno ci vogliono 4 marchi? Quanti prestiti matrimoniali dell’ammontare di 1000 marchi l’uno, con rinuncia a qualsiasi successiva restituzione, si potrebbero stanziare ogni anno con questi soldi?».

Tutti i programmi di sterminio sono preceduti e sostenuti da una pervasiva, martellante e capillare opera di propaganda nelle scuole e nelle organizzazioni giovanili del partito nazista, attraverso film, poster, libri e opuscoli che illustrano la necessità della selezione genetica e dell’eliminazione dei disabili per evitare loro altre sofferenze e risparmiare denaro a beneficio del resto della popolazione.

Tra i bambini, le vittime sono circa 5 mila dal 1938 al 1941. Gli ospedali devono segnalare i bambini di età inferiore ai 3 anni per i quali si sospetta una delle seguenti gravi malattie ereditarie così classificate: idiozia e sindrome di Down (specialmente se associata a cecità o a sordità), macrocefalia, idrocefalia, malformazioni di ogni genere soprattutto agli arti, alla testa e alla colonna vertebrale e paralisi, incluse le forme spastiche. I bambini vengono sottratti ai genitori per essere trasferiti in centri pediatrici speciali per ricevere cure migliori dove invece vengono uccisi, sezionati a scopo “scientifico” e poi cremati. Causa ufficiale della morte è: polmonite.

La storia di Otto Weidt invece è la storia di un uomo che ha salvato molti Ebrei, anche disabili, un Giusto con disabilità, essendo quasi completamente cieco a causa di una malattia degenerativa. Figlio di un tappezziere, da sempre oppositore del nazismo, in gioventù, appena arrivato a Berlino da Rostock, dove è nato nel 1883, fa parte dei circoli anarchici e pacifisti della città. Grazie a documenti falsi per i dipendenti ebrei della sua fabbrica di scope e di spazzole, nasconde un’intera famiglia in un locale segreto del suo magazzino, corrompe i guardiani polacchi del campo di concentramento in cui è prigioniera la sua segretaria per farle avere cibo e vestiario, dà lavoro a diversi Ebrei ciechi o sordi, fa di tutto per salvarli dallo sterminio. Lavora anche per la Wermacht. Questo gli permette di avere Ebrei come operai coatti, rimandando e cercando di evitare il momento della deportazione. Scambia al mercato nero scope e spazzole per aiutare a sfamare i suoi lavoratori. Manda pacchi ai centri di detenzione con cibo e aiuti. Dopo la guerra apre un orfanotrofio per i bambini e le bambine ebree, e una casa di riposo per anziani soli.

La sua storia è diventata un documentario, Otto Weidt – Uno tra i Giusti nel 2015, con musiche di Filippo Visentin. Nel Museo fatto aprire a Berlino nel 2004, con sede nell’edificio che ospitava la fabbrica, dalla segretaria Inge Deutschkron sopravvissuta alla Shoah, ci sono foto di gruppo di Weidt con i dipendenti, una ventina circa, la maggior parte con disabilità visiva. Altre immagini mostrano i macchinari presenti in fabbrica per permettere anche ai ciechi di produrre le scope. Tra il 1942 e il 1943 è l’unico a far ricoprire ruoli impiegatizi agli Ebrei che gli vengono affidati dalla Casa Ebraica per i ciechi. Le due segretarie ebree si mischiano agli operai nei laboratori quando arrivano i controlli. In mostra c’è anche la carta di identità della segretaria e una cartolina con la quale in codice una famiglia di ex-dipendenti riesce a far recapitare a Weidt una richiesta di cibo. Ci sono immagini del nascondiglio all’interno della fabbrica dove l’imprenditore fa nascondere un’intera famiglia. C’è anche la cartolina lanciata dalla segretaria dal treno che la porta ad Auschwitz, con cui chiede di imbucarla a chi la trovasse e che incredibilmente arriva al destinatario. Weidt muore di infarto nel 1947. Viene soprannominato lo «Schindler cieco». Nel 1971 lo Yad Vashem Memorial l’ha riconosciuto Giusto tra le nazioni.

Una voce che si levò contro lo sterminio delle persone con disabilità di Ilaria Sesana

Superando del 27/01/2021

«Se si ammette una volta che gli uomini hanno il diritto di uccidere i loro simili “improduttivi”, si dà il via libera all’omicidio dei malati incurabili, degli storpi incapaci di lavorare, delle persone rese invalide dal lavoro o dalla guerra, e infine all’omicidio di tutti noi, quando saremo vecchi, decrepiti e quindi “improduttivi”»: lo disse nel 1941 August von Galen, vescovo di Münster, pronunciando la cosiddetta “Omelia dell’Eutanasia”, una delle poche voci che condannarono pubblicamente il programma di sterminio di decine di migliaia di persone con disabilità durante il nazismo.

Emmi G., di soli 16 anni, fu una delle decine di migliaia di vittime con disabilità durante il nazismo. Giudicata “schizofrenica”, venne sterilizzata e successivamente inviata a Meseritz-Obrawalde, dove venne uccisa il 7 dicembre 1942 con un’overdose di tranquillanti.

La Giornata della Memoria di oggi, 27 gennaio [se ne legga già ampiamente sulle nostre pagine, N.d.R.], è anche l’occasione per ricordare le vittime del programma di eutanasia nazista Aktion T4 che, a partire dal biennio 1938-39, portò all’uccisione di persone affette da malattie genetiche incurabili, persone con disabilità fisica e mentale. Secondo le stime più attendibili, le cosiddette “vite indegne di essere vissute” cancellate dal programma Aktion T4 sarebbero state tra le 60.000 e le 100.000.

Adolf Hitler e i gerarchi nazisti furono sempre consapevoli che il progetto sarebbe stato impopolare in Germania e vennero messi in atto tutti gli sforzi possibili per evitare che la notizia circolasse troppo. Si temevano, in particolare, le proteste da parte delle comunità cattoliche. E tuttavia, visto l’enorme numero di persone coinvolte nel progetto, non fu possibile mantenere la segretezza sul programma Aktion T4: già nel 1940, infatti, iniziarono a trapelare informazioni su quello che stava succedendo negli ospedali, nei sanatori e negli istituti psichiatrici dov’erano ricoverati i malati più gravi. Molte famiglie decisero così di dimettere i propri parenti da queste strutture per curarli a casa.

Furono poche le voci che si levarono pubblicamente per condannare il programma di eugenetica nazista. Tra queste merita di essere ricordata quella di August von Galen, vescovo della Diocesi di Münster tra il 1933 e il 1946, che si oppose con forza alle teorie e alla prassi del regime nazional-socialista. Dopo essersi consultato con Papa Pio XII, nel corso del 1941 Galen pronunciò tre omelie apertamente antinaziste. Le prime due (il 13 e il 20 luglio) avevano come bersaglio l’occupazione e la confisca dei conventi, mentre la terza, pronunciata il 3 agosto di quell’anno, denunciava con forza proprio il programma segreto Aktion T4, visto come negazione del comandamento biblico Non uccidere.

Qui di seguito, quindi, diamo spazio alla traduzione* dei passaggi più significativi del testo di quell’omelia, ricordata anche come l’Omelia dell’Eutanasia.

«Fratelli cristiani! Nella lettera pastorale dei vescovi tedeschi del 26 giugno 1941 che è stata letta in tutte le chiese cattoliche in Germania il 6 luglio 1941, si legge tra l’altro: “Secondo la dottrina cattolica esistono senza dubbio comandamenti che non sono vincolanti quando l’obbedienza ad essi richiede un sacrificio troppo grande, ma esistono sacri obblighi di coscienza dai quali nessuno ci può liberare e a cui dobbiamo adempiere anche a prezzo della morte stessa. In nessuna occasione e in qualsiasi circostanza un uomo può – eccetto in guerra e per legittima difesa – prendere la vita di una persona innocente”.

Il 6 luglio ho già avuto occasione di aggiungere alla lettera pastorale la seguente spiegazione: da alcuni mesi ci giunge notizia che, per ordine di Berlino, i pazienti dei manicomi malati da molto tempo e che possono sembrare incurabili, vengono allontanati obbligatoriamente [dalle strutture in cui risiedono, N.d.R.]. Poco tempo dopo, i loro familiari vengono informati della morte del proprio congiunto e che il cadavere è stato cremato e che le ceneri possono essere consegnate alla famiglia.

C’è il sospetto diffuso che queste numerose morti inattese di malati mentali non avvengano naturalmente, ma siano deliberatamente provocate, che si segua la dottrina secondo la quale si può distruggere la cosiddetta “vita senza valore”, cioè uccidere persone innocenti se si considera che la loro vita non ha più valore per la nazione e lo Stato [grassetti nostri in tutte le parti della traduzione, N.d.R.].

Come ho appreso da fonti attendibili, anche nei manicomi e nei sanatori della provincia di Westfalia si stanno compilando liste di pazienti che devono essere portati via in quanto “persone improduttive” e che saranno presto uccisi. Il primo trasporto è partito dall’Ostituto Marienthal vicino a Münster questa settimana.

Uomini e donne tedeschi! La Sezione 211 del Codice Penale del Reich ha ancora valore di legge. E afferma che: “Chiunque uccida intenzionalmente un essere umano sarà punito con la morte se l’uccisione è premeditata”. I pazienti destinati ad essere uccisi vengono trasferiti lontano da casa, in un lontano manicomio, presumibilmente per proteggere da questa punizione legale coloro che uccidono deliberatamente quella povera gente, membri delle nostre famiglie.

Come causa del decesso viene poi indicata qualche malattia. Siccome il cadavere viene bruciato subito né i parenti né la polizia sono in grado di stabilire se la malattia c’è stata veramente e quale sia stata la causa del decesso. Tuttavia, mi è stato assicurato che il Ministro degli Interni del Reich e l’Ufficio del Capo dei Medici del Reich, il Dr. Conti, non fanno mistero del fatto che un gran numero di malati mentali in Germania sono stati deliberatamente uccisi e altri ne verranno uccisi in futuro.

Il Codice Penale stabilisce all’articolo 139: “Colui che riceve informazioni credibili sull’intenzione di commettere un crimine contro la vita e trascura di avvertire in tempo le autorità o la persona minacciata… sarà punito”.

Quando ho saputo dell’intenzione di trasportare i pazienti da Marienthal per ucciderli, ho presentato una denuncia formale al Tribunale di Stato di Münster e al Presidente della Polizia di Münster con una lettera raccomandata che diceva quanto segue: “Secondo le informazioni che ho ricevuto, nel corso di questa settimana un gran numero di pazienti del manicomio provinciale di Marienthal vicino a Münster saranno trasportati al manicomio di Eichberg in quanto considerati ‘persone improduttive’ e saranno poi uccisi, come generalmente si pensa sia successo ad altri trasporti simili provenienti dai manicomi. Poiché una tale azione non solo è contraria alle leggi morali di Dio e della natura, ma è anche punibile con la morte come omicidio ai sensi dell’articolo 211 del Codice Penale, io presento un’accusa secondo il mio dovere ai sensi dell’articolo 139 del Codice Penale, e vi chiedo di provvedere immediatamente alla protezione delle persone minacciate in questo modo, prendendo provvedimenti contro le agenzie che stanno progettando il loto trasferimento e uccisione. Vi chiedo inoltre di informarmi delle azioni che sono state intraprese”.

Non ho ricevuto nessuna notizia sull’intervento della Procura o della Polizia… Così dobbiamo supporre che i poveri pazienti indifesi saranno presto uccisi. Per quale motivo?

Non perché hanno commesso un crimine degno di morte. Non perché hanno aggredito gli infermieri o i custodi costringendoli a non avere altra scelta se non usare la forza legittima per difendere la propria vita. No, non è per questo motivo che questi sfortunati pazienti devono morire, ma piuttosto perché, secondo il parere di qualche dipartimento, su testimonianza di qualche commissione, sono diventati “vita inutile”, perché sono “improduttivi”.

L’argomento che viene usato è: non possono più produrre beni, sono come una vecchia macchina che non funziona più, sono come un vecchio cavallo che è diventato incurabilmente zoppo, sono come una mucca che non dà più latte. Cosa si fa con una macchina così vecchia? Viene rottamata. Cosa si fa con un cavallo zoppo, con un capo di bestiame improduttivo? No, non voglio portare il paragone fino in fondo, per quanto terribile sia la sua giustificazione e la sua chiarezza. Qui non si tratta di macchine, non si tratta di cavalli o mucche il cui unico scopo è quello di servire l’uomo, di produrre beni per l’uomo. Possono essere macellati non appena non soddisfano più questo scopo. No, questi sono esseri umani, nostri simili, nostri fratelli e sorelle. Persone povere e malate, possiamo anche dire improduttive se questo vi piace.

Ma hanno perso il diritto alla vita? Tu hai il diritto di vivere fino a quando sei produttivo? Io ho questo diritto? Vivere fino a quando siamo produttivi o fino a quando siamo riconosciuti come produttivi da altri?

Se stabiliamo e applichiamo il principio che è lecito uccidere le persone improduttive, allora guai a tutti noi quando saremo vecchi e decrepiti! Se è lecito uccidere gli improduttivi, allora guai agli invalidi che hanno sacrificato e perso la loro forza e le loro ossa sane nel processo di produzione! Se le persone improduttive possono essere eliminate con la forza, allora guai ai nostri bravi soldati che tornano dalla guerra con gravi ferite, storpi o invalidi.

Se si ammette una volta che gli uomini hanno il diritto di uccidere i loro simili improduttivi, e se ora questo riguarda all’inizio solo i poveri pazzi, allora in linea di principio si dà il via libera all’omicidio di tutti gli improduttivi. Cioè dei malati incurabili, degli storpi incapaci di lavorare, delle persone rese invalide dal lavoro in fabbrica o dalla guerra, e infine l’omicidio di tutti noi, quando diventiamo vecchi e decrepiti e quindi improduttivi.

Allora, è solo necessario che qualche editto segreto ordini che il metodo sviluppato per i malati di mente sia esteso ad altre persone “improduttive”, che sia applicato a coloro che soffrono di malattie polmonari incurabili, agli anziani fragili o invalidi, ai soldati gravemente invalidi. Allora nessuna delle nostre vite sarà più sicura. Qualche commissione potrà inserirci nella lista degli “improduttivi”, che secondo loro sono diventati una vita inutile. E nessuna forza di polizia ci proteggerà e nessun tribunale indagherà sul nostro omicidio e darà all’assassino la punizione che merita.

Chi potrà avere fiducia in un medico? Forse segnalerà il malato come improduttivo e riceverà l’ordine di ucciderlo? È inconcepibile quale barbarie morale, quale sfiducia reciproca generale sarà portata nelle famiglie, se questa terribile dottrina sarà tollerata, accettata e seguita. Guai al popolo, guai al nostro popolo tedesco, se il santo comandamento di Dio: “Non uccidere!”, che il Signore ha proclamato sotto il tuono e il lampo del Sinai, che Dio nostro Creatore ha scritto nella coscienza degli uomini fin dal principio, non solo viene trasgredito, ma se questa trasgressione viene addirittura tollerata e praticata impunemente!

Vi farò un esempio di ciò che sta accadendo ora. A Marienthal vive un uomo di circa 55 anni, un contadino di una parrocchia di campagna che da alcuni anni soffriva di disturbi mentali e quindi fu affidato a una struttura. Non era veramente malato di mente, poteva ricevere visite ed era sempre felice ogni volta che i suoi parenti andavano a trovarlo. Solo quindici giorni fa ha ricevuto la visita di sua moglie e di uno dei suoi figli, che è un soldato al fronte ed era in licenza a casa. Il figlio è molto affezionato al padre malato, quindi per lui è stato difficile degli addio. Chissà se il soldato tornerà e se rivedrà suo padre […]. Certamente il figlio non rivedrà suo padre su questa terra, perché dopo l’ultima visita con i suoi familiari l’uomo è stato inserito nella lista degli improduttivi.

Un parente che voleva fare visita all’uomo ricoverato, questa settimana è stato allontanato con la notizia che l’uomo era stato trasferito per ordine del Consiglio dei Ministri della Difesa Nazionale. Dove, non si può dire. I parenti sarebbero stati informati in pochi giorni.

Quale sarà il messaggio che verrà comunicato alla famiglia? Sarà lo stesso che in altri casi? Che l’uomo è morto, che il corpo è stato cremato? Che le ceneri possano essere consegnate dietro pagamento di una tassa? In questo caso il soldato che sta combattendo per il popolo tedesco non vedrà più suo padre qui sulla terra, perché altri tedeschi qui nella sua patria lo hanno ucciso. I fatti che ho esposto sono certi. Posso dare i nomi del malato, di sua moglie, di suo figlio e il luogo dove vivono.

“Non uccidere!”: Dio ha scritto questo comandamento nelle coscienze degli uomini molto prima che qualsiasi codice penale rendesse l’omicidio punibile, molto prima che procuratori e tribunali perseguissero e punissero l’omicidio. Caino, che uccise suo fratello Abele, era un assassino molto prima che ci fossero gli stati e i tribunali. E confessò, spinto dall’accusa della sua coscienza: “Più grande è la mia iniquità che io possa trovare perdono! Chiunque mi troverà mi ucciderà, l’assassino!”. (Gen. 4.13, 14)».

*Il testo è stato tradotto dal tedesco all’italiano con un software di traduzione automatica a partire dal testo integrale dell’omelia di August von Galen pubblicata nel sito dell’Università di Innsbruck. Dove è stato possibile, la traduzione dal tedesco è stata verificata tramite il confronto con stralci del testo già pubblicati in italiano o in inglese. Ogni errore è da imputare esclusivamente all’Autrice, che si scusa quindi in anticipo per ogni eventuale errore o imprecisione.

Il presente contributo è già apparso in “Persone con disabilità.it” e viedne qui ripreso, per gentile concessione, con minime variazioni rispetto all’originale.

Oltre al citato testo pubblicato in questi giorni da «Superando.it» (L’Olocausto della disabilità: memoria del passato, memoria per il futuro), suggeriamo anche ai Lettori: Stefania Delendati, Quel primo Olocausto (con l’elenco a fianco dei numerosi contributi da noi pubblicati sul medesimo tema); Domenico Massano, Olocausto e disabilità: ciò che non dovrà più essere.

martedì 26 gennaio 2021

Sviluppo di un modello di Retina Artificiale sensibile ai colori

Tecno Medicina del 26/01/2021

ROMA. Un modello di retina artificiale sensibile ai colori è stato realizzato utilizzando tre diversi polimeri organici semiconduttivi, processati come inchiostri, attraverso la stampa inkjet. La Retina Artificiale stampata risulta biocompatibile e, attraverso i suoi pixels polimerici che imitano la sensibilità ai colori dell’occhio, presenta una risoluzione spaziale di 11000 pixels/cmq. Inoltre, il processo di foto-trasduzione dai pixel ad un fluido biologico, studiato con un dispositivo innovativo a geometria chiusa, genera segnali elettrici compatibili con quelli delle retine. Questi risultati, frutto del lavoro di un team di ricercatori internazionale guidato dall’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, sono stati pubblicati in un articolo su “Scientific Reports”.

Sono circa 300 milioni nel mondo le persone con handicap visivi. La Retinite Pigmentosa e la Degenerazione Maculare legata all’età sono tra le maggiori cause di perdita, parziale o totale, della vista e comportano il deterioramento dei fotorecettori retinici.

Nell’occhio umano, la retina contiene diversi strati cellulari tra cui quello dei fotorecettori, coni e bastoncelli, che convertono la luce in segnali elettrici e sono responsabili della visione notturna e a colori. Negli ultimi decenni, le protesi retiniche per il recupero della sensibilità visiva, hanno fatto enormi progressi. Tuttavia, essendo principalmente costituite da tradizionali elettrodi metallici o comunque rigidi, sono poco flessibili e poco biocompatibili.

Più recentemente, materiali elettronici organici e fotosensibili si sono mostrati molto promettenti, anche impiantati in vivo, per la trasduzione di stimoli luminosi in retine degenerate. Tali materiali sono flessibili e possono essere depositati come comuni inchiostri. Finora, negli studi sulla Retina Artificiale, la sensibilità spettrale è stata considerata singolarmente, cioè un polimero per volta. Ma, essendo la visione dei colori un obiettivo auspicabile, è sembrato interessante cercare di riprodurre le caratteristiche dei fotorecettori usando pixels di diversi polimeri fotosensibili a differenti regioni dello spettro della luce visibile, quindi potenzialmente in grado di fornire sensibilità ai colori. In questo ambito ha lavorato un team internazionale di ricercatori, provenienti da quattro diversi istituti di ricerca che ha pubblicato i risultati del progetto in un articolo: “Colour-sensitive conjugated polymer inkjet-printed pixelated artificial retina model studied via a bio-hybrid photovoltaic device” apparso su “Scientific Reports”, il giornale open-access della Nature Publishing Group, evidenziando i progressi ottenuti.

I membri del team lavorano presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, l’University of Surrey, Cicci Research srl., e l’EMBL.

“Abbiamo progettato e realizzato un modello di Retina Artificiale stampata costituita da pixels di differenti polimeri organici. I tre polimeri utilizzati hanno spettri di assorbimento molto simili a quelli dei coni e dei bastoncelli che si trovano nella retina umana e che ci permettono di vedere i colori. Inoltre sono stati stampati seguendo un layout ad anelli concentrici, ideato per riprodurre, seppur in modo semplificato, lo schema anatomico della retina umana”, riporta Manuela Ciocca, primo autore del lavoro pubblicato, e vincitrice anche di una borsa di studio del programma Torno Subito della Regione Lazio, per la collaborazione con l’università di Surrey. “Abbiamo verificato che il processo di foto-trasduzione dalla retina artificiale alla soluzione elettrolitica utilizzata, e che imita i fluidi extracellulari che si trovano nei nostri tessuti, attraverso un innovativo dispositivo opto-elettronico a geometria chiusa, permetteva la generazione di segnali elettrici compatibili con quelli che si riscontrano nelle retine” continua Ciocca. “Questo dispositivo bio-ibrido è vantaggioso rispetto ai tradizionali sistemi d’indagine utilizzati in elettrofisiologia, perché è compatto, richiedendo piccole quantità di soluzione elettrolitica, facile da utilizzare, trasportabile e di dimensioni adattabili alle necessità di lavoro. Tutto ciò lo rende inoltre più facilmente utilizzabile nei laboratori di ingegneria elettronica, fisica o chimica, come strumento di indagine per interfacce bio-elettroniche” aggiunge il professor Thomas M. Brown, coordinatore del gruppo di ricerca, “inoltre il foto-rivelamento attraverso pixels polimerici di tre colori, permette di risolvere la luce spettralmente e spazialmente”. La prof.ssa Antonella Camaioni, che ha curato insieme alla dott.ssa Serena Marcozzi l’interfaccia biologica, afferma: “Abbiamo dimostrato che ogni singolo polimero organico utilizzato è del tutto biocompatibile”.

Il numero dei pixels del modello di Retina Artificiale con distinti spettri di assorbimento, che imitano la sensibilità cromatica dei fotorecettori dell’occhio, e che sono interfacciati con la soluzione elettrolitica, è di 42.100, la densità dei fotorecettori artificiali è di ∼11.000 pixels/cmq e la corrispondente risoluzione spaziale è di 267 dpi, con il diametro dei pixels di ∼95 micrometri.

Studi futuri verteranno sulla comparazione e l’interazione tra il modello di retina artificiale e quella reale. Le tecniche di stampa permettono il posizionamento di differenti materiali in posizioni prestabilite. In vista di un futuro basato sulla medicina personalizzata e con lo sviluppo di tecniche ad alta risoluzione, si potrebbe pensare di fare prima un imaging strutturale di una retina umana danneggiata e poi stampare i fotorecettori artificiali, i pixels polimerici, riproducendo esattamente la disposizione dei fotorecettori di cui si vuole recuperare la funzionalità. Inoltre, il nuovo dispositivo permetterà di affinare la conoscenza dei processi di trasduzione del segnale luminoso tra i diversi materiali fotosensibili e il bio-elettrolita liquido.

Inquinamento atmosferico, per la prima volta associato alla perdita progressiva e irreversibile della vista

Green Me del 26/01/2021

Che favorisse problemi respiratori e asma era noto ma per la prima volta l’inquinamento atmosferico è stato associato anche alla perdita progressiva e irreversibile della vista. A rivelarlo è un nuovo studio condotto in Gran Bretagna.

Secondo la ricerca portata coordinata dal prof. Paul Foster dell’University College of London (Institute of Ophthalmology), l’inquinamento atmosferico è legato a un rischio maggiore di perdita della vista progressiva e irreversibile, una malattia nota come degenerazione maculare legata all’età (AMD o DMLE). In un ampio studio a lungo termine, i ricercatori dell’UCL hanno scoperto che le persone che vivono nelle aree più inquinate presentano almeno l’8% di probabilità in più di essere colpiti da AMD.

Quest’ultima è la principale causa di cecità irreversibile tra le persone sopra i 50 anni nei paesi ad alto reddito. Si prevede che il numero di persone colpite raggiungerà 300 milioni entro il 2040. I fattori di rischio noti includono l’età avanzata, il fumo e fattori genetici ma adesso sappiamo che anche i veleni che riempiono l’aria danno il loro terribile contributo.

L’inquinamento atmosferico è stato implicato in condizioni cerebrali come il morbo di Alzheimer, il morbo di Parkinson e l’ictus. Uno studio del 2019 dello stesso gruppo di ricerca ha scoperto che l’inquinamento atmosferico era collegato a un elevato rischio di glaucoma. L’esposizione al particolato è uno dei più forti predittori di mortalità tra gli inquinanti atmosferici.

Adesso, per vedere se l’inquinamento atmosferico avesse a che fare con l’ AMD, i ricercatori hanno attinto ai dati di 115.954 partecipanti allo studio della biobanca britannica, riferiti a persone di età compresa tra 40 e 69 anni senza problemi agli occhi all’inizio dello studio, nel 2006. Ai partecipanti è stato chiesto di segnalare qualsiasi diagnosi formale di AMD da parte di un medico. Sono stati valutati anche i cambiamenti strutturali nello spessore e nel numero dei recettori della luce nella retina – indicativi di AMD – in 52.602 partecipanti, per i quali erano disponibili dati completi nel 2009 e nel 2012, utilizzando l’imaging retinico.

Le misurazioni dell’inquinamento atmosferico includevano invece il particolato (PM2,5), il biossido di azoto (NO2) e gli ossidi di azoto (NOx). Le stime sono state fornite dalla Small Area Health Statistics Unit nell’ambito del progetto BioSHaRE-EU Environmental Determinants of Health. Le informazioni ufficiali sul traffico, l’uso del suolo e la topografia sono state utilizzate per calcolare i livelli medi annuali di inquinamento atmosferico presso gli indirizzi di casa dei partecipanti.

Il team di ricerca ha scoperto che le persone in aree con livelli più elevati di inquinamento da particolato fine avevano maggiori probabilità di riferire di avere AMD. In particolare, hanno riscontrato una differenza dell’8% tra le persone che vivevano nel 25 ° e 75 ° percentile dei livelli di inquinamento. Tutti gli inquinanti erano associati a cambiamenti nella struttura della retina.

“Qui abbiamo identificato un altro rischio per la salute rappresentato dall’inquinamento atmosferico, rafforzando l’evidenza che il miglioramento dell’aria che respiriamo dovrebbe essere una priorità fondamentale per la salute pubblica. I nostri risultati suggeriscono che vivere in un’area con aria inquinata, particolato particolarmente fine o particelle legate alla combustione che provengono dal traffico stradale, potrebbe contribuire alle malattie degli occhi” ha detto il professor Paul Fosterò

Lo studio, pubblicato sul British Journal of Ophthalmology, ha rivelato inoltre che anche un’esposizione relativamente bassa all’inquinamento atmosferico sembra avere un impatto sul rischio di AMD. Di conseguenza, l’inquinamento atmosferico è un importante fattore di rischio che influenza le malattie degli occhi per un numero molto elevato di persone, in tutto il mondo.

Alla base potrebbe esserci o stress ossidativo o infiammazione. Un motivo in più per cercare di ridurre l’inquinamento atmosferico, pericoloso per la nostra salute a 360°

Fonti di riferimento: Eurekalert, British Journal of Ophthalmology

di Francesca Mancuso

L’Olocausto e la disabilità: memoria del passato, memoria per il futuro

Superando del 26/01/2021

Quando si parla dell’Olocausto, non ci sembra ancora di registrare sufficiente visibilità per il fatto che quella cosiddetta “soluzione finale” con cui il regime nazista portò alla morte milioni e milioni di persone, ebbe una prima “prova di laboratorio” proprio sulle persone con disabilità. Nel nostro giornale lo facciamo ormai da molti anni, e torniamo a farlo anche alla vigilia del Giorno della Memoria di domani, 27 gennaio, ricorrenza dedicata appunto a tutte le vittime dell’Olocausto, a 76 anni esatti dall’entrata dei soldati russi nel campo di sterminio di Auschwitz.

«C’è chi parla di 11 milioni di morti, alcuni si spingono fino a 17 milioni – aveva scritto ad esempio su queste pagine Stefania Delendati, in quella che riteniamo senz’altro una delle migliori ricognizione storiche su questo tema e della quale suggeriamo caldamente ai Lettori la consultazione (Quel primo Olocausto) -. Tanti furono gli ebrei, i dissidenti politici, i rom, gli omosessuali che perirono per la folle teoria della “razza pura”. Prima della “soluzione finale”, però, che portò alla morte milioni di persone, il regime nazista si “esercitò” sui disabili, ritenuti indegni di vivere, un peso economico per la società e un pericolo per la salvaguardia della popolazione “sana”. La cosiddetta Aktion T4, nome mutuato dall’indirizzo (Tiengarten Strasse, 4) della casa che ne fu la base, fu un accanimento organizzato, iniziato nel 1939, chiuso ufficialmente due anni dopo, ma in realtà proseguito fino al termine del conflitto, segretamente e – se possibile – in modo ancora più crudele. Vennero uccise tra le 200.000 e le 300.000 persone affette da malattie ereditarie, tra loro moltissimi bambini. Un Olocausto parallelo tenuto seminascosto per quasi mezzo secolo, che soltanto negli ultimi anni è venuto alla luce, grazie soprattutto alle iniziative promosse in occasione del Giorno della Memoria».

Il Giorno della Memoria, dunque, è una data di particolare importanza anche per tutte le persone con disabilità, e non soltanto per non dimenticare “ciò che è stato”, ma per far sì che “non si ripeta mai più”. A questo proposito, ci sembra significativo riprendere le parole scritte da Domenico Massano in un’altra ottima analisi storico-filosofica, da noi pubblicata qualche anno fa (Olocausto e disabilità: ciò che non dovrà più essere): «L’avere identificato e classificato le persone esclusivamente in base al loro patrimonio genetico e alle loro caratteristiche fisiche, l’avere trasformato i bisogni in colpe, il non avere voluto riconoscere i diversi percorsi di vita, portarono a una progressiva espropriazione della vita stessa alle persone con disabilità. Espropriazione che incominciò dal negare loro la possibilità di parlare e, quand’anche lo avessero fatto, nel non ascoltarle e prenderle in considerazione […]. Questa spirale di violenza e di screditamento, che si autoalimentava e trovava le proprie giustificazioni in se stessa, era condotta in nome del bene non solo della società, ma anche delle sue vittime. Questa caratteristica perversa rende unico e, per certi aspetti, più facilmente ripetibile lo sterminio delle persone con disabilità. Ancora oggi, infatti, si tende a ridurle a quanto nei nostri limiti riusciamo a cogliere di esse, dimenticandoci che ogni uomo nella sua unicità e con la sua storia, è sempre in divenire, è sempre “eccedente” rispetto a dati fisici, biologici e a conoscenze scientifiche. Il “loro bene” diventa, quindi, un inganno frutto di ignoranza, dietro cui si cela il grimaldello morale per scardinarne, sempre “nel loro interesse”, i diritti e per privarle della dignità».

Giorno della Memoria, dunque, memoria certamente del passato, ma anche “viva memoria per il futuro”. (S.B.)

Ricordiamo ancora i testi citati in questa nostra nota: Stefania Delendati, Quel primo Olocausto, (con l’elenco a fianco dei numerosi contributi da noi pubblicati sul medesimo tema). Di Delendati segnaliamo anche il più recente L’Olocausto delle donne “non conformi” o “inutili”. Domenico Massano, Olocausto e disabilità: ciò che non dovrà più essere.

lunedì 25 gennaio 2021

L’indennità di accompagnamento non fa reddito. Consiglio di Stato, sentenza n. 07850, pubblicata il 10/12/2020

Comunicato della Sede Centrale UICI n. 9/2021

Si richiama l’attenzione sull’ultima sentenza del Consiglio di Stato in materia di disabilità, la n. 07850 del 10 dicembre 2020, che ribadisce il principio secondo cui la pensione d’invalidità e l’indennità di accompagnamento cat. INVCIV esulano dalla nozione di “reddito”, in quanto non costituiscono incrementi di ricchezza, ma vanno considerati come emolumenti riconosciuti a titolo meramente compensativo o risarcitorio delle situazioni di disabilità.

In particolare, i magistrati del Consiglio di Stato hanno sostenuto che l’indennità di accompagnamento, al pari delle altre indennità con la medesima finalità, non può essere valutata come un reddito, in quanto essa “unitamente alle altre forme risarcitorie serve non a remunerare alcunché, nè certo all'accumulo del patrimonio personale, bensì a compensare un'oggettiva ed ontologica.... situazione d'inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale”. “Tali indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova già così com'è in uno svantaggio.... non determinano infatti una migliore situazione economica del disabile rispetto al non disabile, al più mirando a colmare tale situazione di svantaggio subìta da chi richiede la prestazione assistenziale e possiede i requisiti per accedervi”.

Segue un breve riassunto dei fatti di causa.

Veniva proposto ricorso contro il Comune di Parma, per l’illegittimità del Regolamento comunale n. 72/2018, che imponeva costi in compartecipazione, a carico dell’utente con disabilità, per la fruizione di interventi sociali e socio-sanitari. L’Amministrazione comunale, quindi, non si limitava a valutare la compartecipazione al “budget di progetto” in proporzione all’ISEE, ma - ai fini dell’ammissione alle prestazioni sociali e socio-sanitarie e della misura della loro corresponsabilità – applicava a carico dell’utente con disabilità un criterio economico aggiuntivo, che veniva individuato sulla base delle “entrate effettivamente disponibili”; in tal modo, addiveniva all’estensione in malam partem del concetto di “reddito”, considerando anche la pensione di invalidità cat. INVCIV e l’indennità di accompagnamento.

Il ricorso veniva accolto, con l’ordine al Comune di Parma di annullare il Regolamento in questione. Per il Consiglio di Stato, infatti, l’ISEE resta l’unico parametro di valutazione della condizione economica del richiedente quale criterio selettivo per la fruizione di progetti sociali e socio-sanitari. Pertanto, l’ISEE rappresenta il “livello essenziale delle prestazioni”, con la conseguenza che le leggi regionali e i regolamenti comunali devono considerare vincolanti le sue prescrizioni, ai fini di progettualità di carattere sociale e socio-sanitario rivolte a persone con disabilità, escludendo le ulteriori entrate non calcolate ai fini dell’ISEE, come, ad esempio, la pensione di invalidità e l’accompagnamento.

Al riguardo, ricordiamo che già nel 2016 il Consiglio di Stato aveva ampiamente argomentato la questione, pronunciandosi per ben tre volte in tali termini: “l’indennità di accompagnamento e tutte le forme risarcitorie servono non a remunerare alcunché, né certo all’accumulo del patrimonio personale, bensì a compensare un’oggettiva e ontologica, cioè indipendente da ogni eventuale o ulteriore prestazione assistenziale attiva, situazione d’inabilità che provoca in sé e per sé disagi e diminuzione di capacità reddituale. Tali indennità o il risarcimento sono accordati a chi si trova già così com’è in uno svantaggio, al fine di pervenire in una posizione uguale rispetto a chi non soffre di quest’ultimo e a ristabilire una parità morale e competitiva. Essi non determinano infatti una “migliore” situazione economica del disabile rispetto al non disabile, al più mirando a colmare tale situazione di svantaggio subita da chi richiede la prestazione assistenziale, prima o anche in assenza di essa. Pertanto, la «capacità selettiva» dell’ISEE, se deve scriminare correttamente le posizioni diverse e trattare egualmente quelle uguali, allora non può compiere l’artificio di definire reddito un’indennità o un risarcimento, ma deve considerarli per ciò che essi sono, perché posti a fronte di una condizione di disabilità grave e in sé non altrimenti rimediabile.” (sentenze n. 838, 841 e 842 del 2016).

Del resto, in virtù di tale principio, ispirato ai criteri di proporzionalità di cui agli artt. 3, 38 e 53 Cost., il legislatore aveva riformato il DPCM n. 159/2013 (legge n. 89 del 26 maggio 2016, art. 2 sexies; cfr. circolare INPS n. 13/2016), escludendo dal reddito disponibile di cui all’art. 5 D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, comprese le carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche in ragione della condizione di disabilità, laddove non rientranti nel reddito complessivo ai fini dell’IRPEF (Cons. Stato, Sez. III, n. 6371/2018).

In conclusione, la sentenza del Consiglio di Stato n. 07850/2020 dichiara illegittima l’inclusione della pensione di invalidità cat. INVCIV e dell’indennità di accompagnamento tra i redditi utili, ai fini della valutazione di spettanza o meno degli interventi sociali e sociosanitari.

Resta inteso, però, che – fuori dalle ipotesi espressamente contemplate - mentre l’indennità di accompagnamento non rileva mai ai fini reddituali, la pensione di invalidità potrebbe avere rilevanza, quale forma di reddito da valutare, per alcune specifiche prestazioni previste dalla legge. Due esempi, tra tutti, sono il cd “incremento al milione” delle prestazioni cat. INVCIV e il reddito di cittadinanza (cfr. le casistiche riportate all’interno del comunicato UICI n. 147/2020). In tali fattispecie, infatti, l’inclusione della pensione d’invalidità civile – e non anche dell’accompagnamento - tra i redditi rilevanti è dovuta al fatto che l’“incremento al milione”, il reddito di cittadinanza e la pensione di cittadinanza sono, a loro volta, dei trattamenti di natura assistenziale.

Il testo della sentenza viene allegato al presente comunicato.

Il file .zip contenente il presente comunicato e l’allegata sentenza è scaricabile al seguente url:

http://www.uiciechi.it/archivio/circolari/2021/01/COMUNICATO%209.zip

L’Unione Ciechi di Torino scommette sulla formazione a distanza

Torino Oggi del 25/01/2021

TORINO. Questa volta il passaparola digitale ha superato ogni aspettativa. Giovedì 14 gennaio erano infatti più di 150 le persone collegate via Zoom da tutta Italia. Sì, perché, quando è usata con intelligenza, la tecnologia si allea con l’inclusione. Sarà per questo che gli incontri gratuiti di formazione organizzati dall’UICI (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti) di Torino stanno ottenendo un successo notevole, inatteso anche per gli organizzatori.

In pochi mesi c’è stato un continuo crescendo di adesioni, fino al boom dell’appuntamento di metà gennaio. Così l’associazione ha saputo trasformare le restrizioni imposte dalla pandemia in occasione per crescere e raggiungere una più ampia platea di interlocutori.

"Tutto è iniziato la scorsa primavera, durante il primo lockdown – racconta Alessio Lenzi, responsabile del Comitato Informatico UICI Torino – L’improvviso esplodere dell’emergenza Covid-19 stava stravolgendo le vite di tutti e le persone con disabilità visiva erano quanto mai disorientate. Così abbiamo pensato a un incontro a distanza per offrire qualche spunto utile nel quotidiano. Poiché nessuno poteva uscire di casa, abbiamo descritto alcune piattaforme per acquistare cibi pronti e per fare la spesa on-line (JustEat, Glovo, Supermercato24). Con i dovuti accorgimenti, queste soluzioni sono pienamente alla portata delle persone con disabilità visiva, ma chi si trova a usarle per la prima volta può aver bisogno di qualche suggerimento pratico». Quel primo esperimento ha dato risultati incoraggianti. La riunione infatti è stata seguita da diverse decine di persone, a Torino e non solo. C’era perfino una signora collegata dal Perù. «Anche la decisione di usare Zoom, piattaforma facilmente accessibile a chi non vede, si è rivelata efficace", spiega ancora Lenzi. Da allora il Comitato Informatico UICI Torino non si è più fermato.

Oltre alla formazione su acquisti on-line e applicazioni per il delivery (già più volte replicata, sempre con successo) sono state messe in campo proposte nuove. Nel mese di novembre si è tenuto un incontro sullo SPID, il Sistema Pubblico di Identità Digitale, ormai obbligatorio per accedere a molti servizi della Pubblica Amministrazione. A gennaio, invece, si è parlato di firma digitale, equivalente informatico di una firma autografa. Gli incontri hanno un taglio molto pratico e sono particolarmente attenti al tema dell’accessibilità: grazie a simulazioni ed esempi, viene mostrato come accedere ai vari servizi usando le tecnologie specifiche per la disabilità visiva (ad esempio la sintesi vocale o la barra braille), come superare problemi o aggirare ostacoli. Molto spazio viene dato alle domande dei partecipanti. Gli incontri sono ideati e condotti da Alessio Lenzi, cui talvolta si affiancano altri relatori: all’ultimo appuntamento, ad esempio, è intervenuto l’avvocato Franco Lepore (presidente UICI Piemonte e disability manager della Città di Torino), che ha illustrato la valenza legale della firma digitale.

"Senza un’adeguata conoscenza delle nuove tecnologie, oggi si rischia di rimanere tagliati fuori dalla società - commenta Giovanni Laiolo, presidente UICI Torino – Ecco perché siamo felici di poter condividere alcune conoscenze specifiche non solo con i nostri soci e amici, ma anche con persone di altre parti d’Italia. Riteniamo che queste iniziative siano uno stimolo alla crescita personale e un contributo nel cammino della piena inclusione".

sabato 23 gennaio 2021

Salute al tempo del Covid. Visite oculistiche: è allarme

La Prealpina del 23/01/2021

«In Italia, durante la pandemia da Covid 19, le visite oculistiche si sono dimezzate rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, sia perché non tutti gli ospedali sono disponibili per le prestazioni necessarie, sia perché i pazienti rimandano queste visite per timore di contagiarsi»: è il grido d’allarme lanciato da Matteo Piovella, presidente della Società olftalmologica italiana (Soi), all’ultimo Congresso degli oculisti.

«È un grave errore - fa presente il dottor Piovella - rimandare un controllo della vista perché disponendo oggi dei tamponi rapidi antigenici (se n’è parlato in sede congressuale) si è in grado di sapere in breve tempo se una persona non è potenzialmente contagiata dal virus e se può stare insieme a una persona sana, senza che nessuna delle due rischi di infettarsi».

«Quando tutti i reparti di oculistica riapriranno - conclude Piovella - la ripresa sarà lenta. Sono preoccupato soprattutto per la riduzione della chirurgia per rimuovere la cataratta e per le terapie intravitreali, interventi “salvavista” che non si riescono a fare con la frequenza di un tempo».

In molti ospedali le liste d’attesa per una chirurgia della cataratta arrivano a due anni. Anche per le terapie intravitreali i numeri sono preoccupanti, se si tiene conto che una persona su tre sopra i 75 anni, se non curata adeguatamente, non riesce più a leggere il giornale. Nel 2020 in tutta Europa c’è stata una diminuzione del numero di iniezioni intravitreali del 70 per cento. In Italia, dove ogni anno se ne facevano 300mila, ora se ne fanno 100mila. Questi pazienti, se non vengono curati, richiano di perdere la vista.

All’ultimo Congresso web degli oculisti è stato anche presentato un aggiornamento delle Linee Guida in tema di cataratta, un intervento ormai sicuro, avendo cinquant’anni di vita. Un tempo ci si operava di cataratta quando non si vedeva più nulla, oggi invece si operano i pazienti quando la loro vista è ancora sufficiente, utilizzando cristallini artificiali che correggono i difetti dell’occhio ed eliminano l’uso degli occhiali.

Una parte del Congresso è stata dedicata all’oculistica pediatrica, oggi di grande attualità per la didattica a distanza (Dad) a cui sono costretti molti nostri ragazzi. Quando si sta per ore davanti al computer, lo sguardo è fisso, quindi l’ammiccamento (chiusura rapida e frequente delle palpebre per distribuire il liquido lacrimale sul bulbo) si riduce di tre volte.

Gli insegnanti e i genitori dovrebbero invitare i ragazzi ad interrompere, ogni venti minuti, la messa a fuoco da vicino sullo schermo del computer e guardare per un minuto in lontananza, prima di riprendere. Ricordiamo che la miopia si sviluppa dagli 8 ai 13 anni: nei paesi asiatici (Cina, Giappone) il 97% dei ragazzi presenta questo difetto della vista, mentre in Europa è il 65%.

È anche importante che i ragazzi passino dalle due alle tre ore ogni giorno all’aria aperta, perché la luce del sole rispetto a quella artificiale fa bene ai nostri occhi.

Ultimo consiglio: insegniamo ai bambini di non tenere troppo vicino agli occhi le diverse tecnologie digitali in loro possesso, così come le nostre mamme ci chiedevano di stare distanti dal televisore.

Giancarlo Sansoni

venerdì 22 gennaio 2021

Premio Campiello – Partecipazione alla giuria popolare (domande entro lunedì 8 febbraio 2021)

Comunicato della Sede Centrale UICI n. 7/2021

Nell’ambito della collaborazione con il Comitato di Gestione del Premio Campiello, la nostra Unione ha facoltà di proporre nominativi di componenti della Giuria dei Trecento Lettori alla quale compete scegliere l’Opera “Premio Campiello”, tra le cinque opere finaliste selezionate dalla “Giuria dei Letterati”.

Chi fosse interessato a partecipare alla Giuria, è invitato a far pervenire domanda di ammissione entro il prossimo 8 febbraio.

La Giuria dei Trecento è costituita da classi di lettori diverse per genere, età, zona di residenza e condizione professionale. Pertanto, la lista di candidati Giurati che presenteremo, non verrà utilizzata dal Comitato in unica soluzione, ma da essa si attingerà di anno in anno, fino al suo esaurimento.

Le domande di inserimento nella lista vanno formulate indicando:

• Nome

• Cognome

• Residenza (indirizzo, numero civico, codice di avviamento postale, comune, provincia)

• Recapito telefonico

• Indirizzo di posta elettronica

• Professione

• Sezione UICI di appartenenza e numero di tessera associativa.

Nella domanda, inoltre, occorrerà dichiarare di:

• Essere di cittadinanza italiana

• Essere maggiorenne

• Non aver mai fatto parte della Giuria dei Trecento.

Alla domanda va allegato il Consenso al trattamento dei dati, da fornire compilando e sottoscrivendo l’unita Nota Informativa (presente, in forma generica, alla pagina: https://www.uiciechi.it/Privacy/privacy.asp).

La domanda va inviata, via email, a:

archivio@uiciechi.it

Il Comitato di Gestione del Premio Campiello provvederà alla selezione e all’istruzione dei Giurati.

La registrazione audio delle cinque Opere Finaliste sarà curata dal nostro Centro Nazionale del Libro Parlato che provvederà a recapitare i relativi files ai giurati prescelti.

Il presente comunicato ed il modulo da allegare alla domanda sono scaricabili da qui

L’impegno di tutti, per rendere effettivi i diritti delle persone con disabilità di Helena Dalli

Superando del 22/01/2020

«Vivere in modo indipendente – scrive la Commissaria Europea Helena Dalli, in occasione del decennale dall’entrata in vigore nell’Unione Europea della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità -, studiare in un ambiente inclusivo e avere le giuste condizioni in cui lavorare sono necessità assolute: i milioni di persone con disabilità dell’Unione Europea hanno diritto di essere liberi da discriminazioni e stereotipi negativi. Per conseguire però questi ambiziosi obiettivi, occorrerà l’impegno di tutti e le persone con disabilità dovranno partecipare attivamente».

Dieci anni fa l’Unione Europea ha ratificato la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, la prima Convenzione sui diritti umani di cui l’Unione Europea è diventata parte, dando così l’avvio a una nuova era in cui il rispetto e la responsabilità nei confronti dei diritti delle persone con disabilità costituisse un dovere al tempo stesso morale e giuridico.

Nell’ultimo decennio l’Unione e i suoi Stati Membri si sono adoperati per adempiere agli obblighi previsti dalla Convenzione, ciò che per l’Unione stessa significa garantire che le proprie norme, le politiche e i programmi siano inclusivi delle persone con disabilità, rispettino in pieno la Convenzione e promuovano appunto un’Europa inclusiva.

Tutti i Paesi dell’Unione Europea sono vincolati dalla Convenzione, nonché dalle norme comunitarie in materia di non discriminazione e accessibilità. Ciò significa che gli Stati Membri devono garantire sistemi di istruzione inclusivi per le persone con disabilità e disporre di una legislazione che vieti la discriminazione sul posto di lavoro. Essi, inoltre, devono adoperarsi per far sì che i trasporti e gli edifici pubblici siano accessibili.

La Strategia sulla Disabilità 2010-2020 ha guidato l’azione dell’Unione Europea negli ultimi dieci anni, ponendo la disabilità tra le priorità dell’agenda elaborata dall’Unione stessa e apportando miglioramenti tangibili.

La Legge Europea sull’Accessibilità (European Accessibility Act), imprescindibile punto di riferimento nel proprio àmbito, prevede, ad esempio, che i prodotti e i servizi fondamentali come i telefoni, i computer, gli e-book, i servizi bancari e le comunicazioni elettroniche siano resi accessibili, in modo tale da poter essere utilizzati da tutte le persone con disabilità.

Le norme dell’Unione in materia di diritti dei passeggeri garantiscono alle persone con disabilità l’accesso al trasporto aereo, navale e su strada.

E ancora, l’Unione ha svolto un ruolo fondamentale nella promozione dell’inclusione delle persone con disabilità su scala mondiale grazie alle proprie politiche umanitarie e di sviluppo.

La pandemia di Covid-19 ha messo in luce nuove disuguaglianze cui le persone con disabilità si trovano a dover far fronte e un impatto maggiore, rispetto alle altre persone, anche a causa di tali diseguaglianze. Con le scuole chiuse e le lezioni online, il materiale didattico e le attrezzature non sono sempre accessibili agli studenti e alle studentesse con disabilità.

Inoltre, le teleconferenze, il telelavoro e gli acquisti online possono costituire un ostacolo per alcuni. Persino l’accesso alle informazioni sullo stesso virus si è rivelato problematico. Pertanto, nella strategia di risposta alla crisi, l’Unione Europea intende fare dell’uguaglianza un aspetto prioritario del proprio programma d’azione, adottando il pacchetto di incentivi più ambizioso della propria storia al fine di promuovere la ripresa.

La nostra bussola per una ripresa giusta dopo il Covid punta sull’inclusione delle persone con disabilità affinché possano vivere con dignità e autonomia e avere accesso a servizi che permettano loro di partecipare a pieno al mercato del lavoro e alla società.

Nel prossimo mese di aprile, la Presidenza portoghese dell’Unione riunirà la Commissione e gli Stati Membri per un dialogo politico di alto livello sui diritti delle persone con disabilità al fine di tracciare il cammino da seguire per il futuro.

In tal senso stiamo intensificando i nostri sforzi per evitare che gli effetti del Covid blocchino i progressi realizzati per quanto riguarda le persone con disabilità: per garantire una ripresa realmente resiliente ed equa, le politiche dovrebbero essere concepite in modo inclusivo per tutti.

Dopo una serie di ampie consultazioni presenterò una nuova Strategia dell’Unione rafforzata sui diritti delle persone con disabilità per il periodo 2021-2030, che si baserà sui risultati conseguiti negli ultimi dieci anni e offrirà soluzioni per affrontare i problemi futuri.

Tale Strategia riguarderà tutti gli aspetti della Convenzione ONU, dando attuazione ai diritti sanciti dalla stessa e fornendo un quadro solido per i prossimi anni, al fine di garantire che nessuno sia lasciato indietro.

Vivere in modo indipendente, studiare in un ambiente inclusivo e avere le giuste condizioni in cui lavorare e prosperare sono necessità assolute: i milioni di persone con disabilità dell’Unione Europea hanno diritto di essere liberi da discriminazioni e da stereotipi negativi.

Per conseguire, però, questi ambiziosi obiettivi, occorrerà l’impegno di tutti. La citata Strategia, infatti, dovrà costituire il punto di riferimento per l’Unione Europea, per tutti i governi, per le parti sociali, per la società civile e per il settore privato. Essa renderà più facile lavorare insieme per realizzare i nostri impegni, anche nel quadro del dialogo e del partenariato con le persone con disabilità. Garantirà che queste ultime possano partecipare in modo paritario a tutti gli aspetti della vita.

Il nostro impegno e la nostra azione in questo settore politico rappresenteranno un altro passo avanti verso un’Unione dell’Uguaglianza. Pertanto collaborerò strettamente con gli Stati Membri per rendere l’Unione Europea un modello in àmbito di inclusione, accessibilità e diritti umani. Le persone con disabilità parteciperanno attivamente a tale dialogo e processo: niente di quanto le riguarda, infatti, dovrebbe essere deciso senza la loro partecipazione. Ed è proprio questo il significato autentico del motto Uniti nella diversità.

Commissaria Europea per l’Uguaglianza e la Parità di Genere.

La Convenzione ONU dieci anni dopo la ratifica da parte dell’Unione Europea

Superando del 22/01/2021

«Dieci anni sono un traguardo importante – scrivono dal Forum Europeo sulla Disabilità, a proposito del decennale dalla ratifica della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità da parte dell’Unione Europea – ma come possono testimoniare cento milioni di persone con disabilità in Europa, ratificare una Convenzione non basta: infatti, fino a quando le persone con disabilità non avranno concretamente gli stessi diritti degli altri in tutti i settori della vita, la Convenzione va ancora considerata come un “cantiere aperto” e su questo si dovrà lavorare a fondo negli anni a venire».

Oggi, 22 gennaio, coincide con il decennale della ratifica da parte dell’Unione Europea della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.

L’Unione Europea è stata l’unica organizzazione di integrazione regionale ad avere ratificato la Convenzione, un fatto rivoluzionario, un segno di leadership globale, che ha portato a grandi cambiamenti nel modo in cui i diritti delle persone con disabilità vengono trattati a livello internazionale, sia in àmbito dell’Unione Europea che dei singoli Stati Membri.

Dieci anni sono un traguardo importante, ma come possono testimoniare cento milioni di persone con disabilità in Europa, ratificare una Convenzione non basta: infatti, fino a quando le persone con disabilità non avranno gli stessi diritti degli altri, il medesimo livello di occupazione, di istruzione, di inclusione sociale, il diritto di viaggiare, lavorare e studiare all’interno dell’Unione Europea come tutti gli altri, la possibilità di vivere in modo indipendente e di far parte a pieno titolo della propria comunità, la Convenzione dev’essere ancora considerata come un “cantiere aperto”.

La prossima Strategia Europea sulla Disabilità, che sarà l’Agenda Europea sui Diritti delle Persone con Disabilità 2020-2030 (European Disability Rights Agenda), dovrà essere un’opportunità per gettare le basi di una piena attuazione della Convenzione a livello continentale.

«L’impatto del Covid-19 sulle persone con disabilità ha cambiato tutto – sottolinea in tal senso il nostro Presidente Yannis Vardakastanis [Presidente dell’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, N.d.R.] -: la discriminazione, l’esclusione e l’impoverimento delle persone con disabilità in Europa sono stati messi al centro dell’attenzione. Tutte le persone con disabilità che hanno perso la vita, i loro familiari, i loro mezzi di sussistenza, i contatti con gli amici, la famiglia e la loro rete di sostegno richiedono da noi e dalle Istituzioni dell’Unione Europea di trasformare completamente il nostro lavoro, includendo le persone con disabilità. Non ci dovranno essere più scuse. La Convenzione è in vigore da dieci anni: è tempo dunque di assicurarsi che le leggi vengano applicate e che vengano investiti fondi adeguati. L’imminente Strategia sui Diritti delle Persone con Disabilità dovrà porre le basi per una vera uguaglianza, trasformando i diritti in realtà».

Ma ecco quelli che riteniamo una serie di motivi per cui abbiamo ancora e sempre bisogno della Convenzione ONU.

1. Niente di Noi senza di Noi: la Convenzione ha obbligato i Governi a coinvolgere in modo significativo le persone con disabilità attraverso le loro organizzazioni rappresentative in tutte le questioni che le riguardano. E tuttavia, nonostante ciò, manca ancora un dialogo significativo e la maggior parte delle organizzazioni di persone con disabilità non dispone di risorse adeguate per svolgere il proprio ruolo. L’articolo 4 (Obblighi generali), comma 3 della Convenzione e il Commento Generale n. 7 sono fondamentali per richiedere la consultazione e il coinvolgimento delle organizzazioni di persone con disabilità.

2. Accessibilità: l’accessibilità sta diventando sempre più un aspetto centrale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, grazie a iniziative dell’Unione Europea come la Legge Europea sull’Accessibilità (European Accessibility Act) o la Direttiva sull’Accessibilità del Web (Web Accessibility Directive). Le persone con disabilità possono trovare più facilmente dispositivi accessibili, come computer o smartphone, ma devono comunque ancora affrontare grandi ostacoli nell’ambiente costruito, nei servizi di trasporto o nei prodotti di uso quotidiano, quali, ad esempio, gli elettrodomestici. Inoltre, le persone con disabilità sono ancora a maggior rischio rispetto agli altri, durante le situazioni di emergenza, poiché le informazioni pubbliche e la comunicazione con numeri di contatto dedicati spesso sono ancora inaccessibili. L’articolo 9 (Accessibilità) e l’articolo 21 (Libertà di espressione e opinione e accesso all’informazione) della Convenzione e il Commento Generale n. 2 impongono all’Unione Europea di intensificare la propria azione in questi àmbiti.

3. Parità di trattamento: le persone con disabilità sono protette contro la discriminazione nel campo dell’occupazione e della formazione professionale attraverso la legislazione dell’Unione Europea contro la discriminazione. Ad oggi, però, l’Unione non vieta esplicitamente la discriminazione basata sulla disabilità nell’accesso all’istruzione, alla salute e all’accesso a beni e servizi. Vi è dunque bisogno che si proibisca la discriminazione basata sulla disabilità in tutti i settori della vita. L’articolo 5 (Uguaglianza e non discriminazione) della Convenzione e il Commento Generale n. 6 stabiliscono obblighi fondamentali per garantire l’uguaglianza e la non discriminazione di tutte le persone con disabilità.

4. Diritti delle donne: le donne e le ragazze con disabilità continuano ad affrontare rischi di subire violenza più elevati rispetto alle altre donne, più discriminazione rispetto agli uomini con disabilità nell’accesso al lavoro, all’istruzione e alla salute e sono esposte a violazioni dei diritti umani come la sterilizzazione forzata. L’articolo 6 (Donne con disabilità) della Convenzione e il Commento Generale n. 3 obbligano l’Unione Europea a fare di più anche su tali questioni.

5. Vita indipendente: si stima che circa un milione e mezzo di persone nell’Unione Europea vivano ancora in istituti. Nonostante il fatto che i regolamenti dell’Unione vietino gli investimenti nell’assistenza istituzionale, non vi sono regole per impedire l’investimento di fondi nella ristrutturazione delle istituzioni esistenti per migliorarne l’efficienza energetica, o per la costruzione di nuove strutture di assistenza che rimangano di natura istituzionale. Il Covid-19 ha fornito un cupo promemoria dei pericoli che corrono le persone con disabilità in quelle strutture e dovrebbe diventare una sorta di catalizzatore per l’azione. L’articolo 19 (Vita indipendente ed inclusione nella società) della Convenzione e il Commento Generale n. 5 descrivono nel dettaglio ciò che gli Stati dovrebbero mettere in atto per rendere la vita indipendente una realtà.

6. L’assistenza sanitaria è principalmente di competenza dei Governi Nazionali, con l’Unione Europea che svolge un ruolo di sostegno. E tuttavia, nelle azioni intraprese anche durante la pandemia da Covid-19, è stata data poca o nessuna considerazione alle persone con disabilità. L’articolo 11 (Situazioni di rischio ed emergenze umanitarie) e l’articolo 25 (Salute) della Convenzione richiedono che l’Unione Europea garantisca una risposta alle emergenze che sia inclusiva della disabilità, nonché l’accesso all’assistenza sanitaria per tutte le persone con disabilità.

7. Libertà di movimento e programma di scambio europeo: in questo àmbito si sono fatti molti progressi tramite la legislazione sui diritti dei passeggeri nell’Unione Europea. Quest’ultima, però, non garantisce viaggi liberi e indipendenti, non copre i trasporti urbani o gli autobus a breve distanza e consente ancora, in alcune circostanze, il divieto di imbarco alle persone con disabilità. La Disability Card dell’Unione Europea è stata creata, ma è disponibile e riconosciuta solo in nove Stati Membri, non consentendo quindi alle persone di far riconoscere la propria disabilità in diversi altri Stati. L’articolo 20 (Mobilità personale) della Convenzione richiede che le persone con disabilità possano avere il diritto di muoversi con la massima indipendenza possibile.

8. I giovani con disabilità sono sottorappresentati nei programmi dell’Unione Europea per i giovani, quali l’Erasmus +, dove meno del 2,5% sono persone con disabilità. Il sostegno finanziario insufficiente, l’impossibilità di trasferire i servizi, l’inaccessibilità e la mancanza di informazioni sulle misure disponibili per le persone con disabilità sono ostacoli per i giovani con disabilità. L’Unione Europea, quindi, dovrebbe garantire l’accessibilità delle informazioni e un sostegno finanziario sufficiente per consentire alle persone con disabilità di partecipare su base di parità come gli altri giovani ai programmi di cui si è detto. E questo è fondamentale ai sensi dell’articolo 20 (Mobilità personale) e dell’articolo 24 (Educazione) della Convenzione.

9. Attuazione della Convenzione: i diritti delle persone con disabilità sono ora inclusi in molti nuovi àmbiti della politica e le istituzioni dell’Unione Europea hanno prestato maggiore attenzione alla Convenzione. Nel 2019, ad esempio, si è potuto assistere, per la prima volta, alla nomina di un Commissario per la Parità. E tuttavia, è molto importante che l’Unione istituisca un’Unità specificamente dedicata alla Convenzione e un piano globale per coordinare l’attuazione della stessa. Si tratta di un meccanismo richiesto dall’articolo 33 (Applicazione a livello nazionale e monitoraggio) della Convenzione.

10. Oltre l’Unione Europea: l’Unione deve garantire coerenza tra le proprie politiche interne sulle persone con disabilità e tutto quello che svolge nelle azioni verso l’esterno. Ad esempio, nessun finanziamento dell’Unione dovrebbe essere utilizzato per costruire infrastrutture che non siano accessibili o sovvenzionare Istituzioni in Paesi al di fuori dell’Unione stessa. Quest’ultima deve collaborare con organizzazioni di persone con disabilità nei Paesi in cui sviluppa propri progetti e garantire che tutti i propri programmi siano accessibili e inclusivi. Questo è un aspetto chiave dell’articolo 32 (Cooperazione internazionale) della Convenzione.

11. Responsabilità e rendicontazione: l’Unione Europea e tutti i suoi Stati Membri si sono impegnati a favore della Convenzione e questo può essere considerato come un risultato storico. A tutt’oggi, però, né l’Unione né sei Stati Membri hanno ancora ratificato il Protocollo Opzionale alla Convenzione, il che significa che le persone con disabilità non possono presentare reclami al Comitato ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. Inoltre, alcuni Paesi non presentano nei tempi richiesti il proprio rapporto sull’applicazione della Convenzione, evitando in tal modo di modificare ciò che lo richiederebbe. L’articolo 35 (I rapporti degli Stati Parti) della Convenzione prescrive una tempestiva comunicazione al Comitato ONU, da parte di tutti gli Stati che hanno ratificato il Trattato.

di EDF, European Disability Forum.

Over the View, quando la tecnologia supera le disabilità sensoriali

Vita del 22/01/2021

Un progetto di Sardegna Ricerche e CRS4 rende accessibile e piacevole per tutti l’esperienza di una visita di un’esposizione museale. Esperti di diversi settori si sono confrontati con un corretto approccio alla progettazione universale, per trovare nuove soluzioni nell'ottica di una reale integrazione sociale e culturale. Le esperienze di Cagliari e Villanovaforru.

Negli ultimi anni il settore turistico ha conosciuto una serie di trasformazioni nei suoi paradigmi tradizionali: in particolare, dal turismo basato sul “vedere” si è passati prima al turismo del “fare” e poi del “sentire”. Oggi il turista desidera entrare in contatto con la destinazione e stabilire con essa un rapporto autentico e sincero. I ricercatori che operano nel campo dell’interazione naturale hanno sperimentato nuove modalità di interazione uomo-computer (gestuali, tattili, vocali) riuscendo così a sfruttare tutta la ricchezza dell’espressività umana. "Over the View" è una di queste modalità innovative. Si tratta di un progetto finanziato da Sardegna Ricerche attraverso il programma ‘Azioni cluster top-down’, nell’ambito del POR FESR Sardegna 2014-2020. I progetti cluster sono attività di trasferimento tecnologico condotte da organismi di ricerca pubblici con l’attiva collaborazione di gruppi di piccole e medie imprese del settore, per risolvere problemi condivisi e portare sul mercato le innovazioni sviluppate nei laboratori. "Over the View", che avra` una complessiva durata di 36 mesi, salvo proroghe scadrà a marzo 2021, dunque è già tempo di bilanci.

«Questo progetto – sottolinea Giacomo Cao, amministratore unico del CRS4 – si inserisce nelle numerose attività che il Centro pone in essere nei confronti di tutte le disabilità, attraverso l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia che fanno capo alle competenze acquisite in altri settori. Over the View ha lo scopo di valutare le tecnologie e la loro integrazione, per individuare tutte le soluzioni che rendono interessante, piacevole e educativa l’esperienza di una visita di un’esposizione museale anche per le persone con disabilità sensoriali. Abbiamo inoltre condiviso le recenti raccomandazioni per l’accessibilità al patrimonio culturale emanate dal Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo, nell’ottica dell’integrazione degli aspetti tecnologici con un’analisi sulle metodologie da adottare nelle progettazioni di esposizioni e nelle forme di comunicazione».

Il progetto è coordinato da Gavino Paddeu, responsabile per il CRS4 del programma Tecnologie per l’interazione naturale e la gestione della conoscenza. «Partecipano a Over the View – spiega Paddeu – imprese che provengono dal mondo ICT e dal turismo, associazioni di disabili e imprese che si occupano di integrazione dei disabili nella società. Tutti hanno approfondito le rispettive conoscenze in tema di esposizioni museali accessibili con un approccio alla progettazione universale, in modo tale da poter gestire in autonomia o in collaborazione tra loro la progettazione e la realizzazione di allestimenti accessibili, con particolare riguardo verso le disabilità sensoriali».

Tutto è passato per un confronto serrato con i curatori museali e gli operatori che gestiscono i luoghi della cultura, le amministrazioni locali o gli enti di competenza che conoscono tutte le difficoltà nella realizzazione degli spazi accessibili, gli operatori turistici che desiderano proporre vacanze esperienziali per tutti, e le imprese tecnologiche che si candidano a fornire nuove soluzioni. «Nella nostra prospettiva di progettazione universale – spiega Andrea Ferrero, tecnologo del CRS4 e non vedente – è necessario confrontarsi con chi opera per l’integrazione sociale e culturale delle altre disabilità, comprese quelle non sensoriali, ma anche anziani, bambini e donne con un passeggino. Occorre coinvolgere la pubblica amministrazione, soprattutto i Comuni che coordinano le iniziative sul territorio, però la progettazione universale implica pure il superamento delle barriere culturali. In estrema sintesi, tutti devono poter vedere da un altro punto di vista. L’accessibilità in fondo è soprattutto un problema culturale»

Le installazioni nate dal progetto attualmente sono tre e si trovano al Museo archeologico di Villanovaforru, al Museo archeologico di Cagliari e alla Pinacoteca nazionale di Cagliari. Nei due musei ci sono i plastici interattivi: quello di Villanovaforru rappresenta l’area archeologica di Genna Maria, mentre quello di Cagliari propone l’area archeologica di Santa Vittoria di Serri. In entrambi i siti è possibile toccare il plastico che, grazie ad una serie di sensori, interagisce con il visitatore indicando l’area interessata e rispondendo ad eventuali domande sulla zona archeologica. Alla Pinacoteca di Cagliari, presso la Cittadella dei musei, c’è Aptica: un dispositivo interattivo che permette di interagire per voce e tatto con le copie 2D e 3D di alcuni retabli custoditi nella Pinacoteca. Posizionando le diverse tavole tattili all’interno di Aptica è possibile esplorarle visivamente e in modalità tattile: il sistema è in grado di dire cosa si sta toccando e prevede una sintesi vocale che interagisce con l’utente (sia esso vedente o disabile visivo) oltre a un display che rende visibile la descrizione tramite testo, utile per gli utenti sordi.

di Luigi Alfonso