lunedì 27 febbraio 2023

XVI Giornata Nazionale del Braille: Venezia, 28 febbraio 2023

UN TRIBUTO AL CODICE BRAILLE: STRUMENTO ATTUALE DI CONOSCENZA E INTEGRAZIONE

27 FEBBRAIO 2023

- ore 21:00 Concerto del pianista Danilo Rea presso il Teatro Corso di Mestre - Corso del Popolo, 30 (VE)

28 FEBBRAIO 2023

Seminario

"Un tributo al Codice Braille: Strumento attuale di conoscenza e integrazione"

Aula Baratto presso Università Ca’ Foscari, Dorsoduro 3246 Venezia

28 febbraio 2023 / ore 10:00 - 12:30 

Modera: Rodolfo Masto, Presidente Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi

Ore 10:00 Saluti istituzionali

- Alessandro Trovato, Presidente U.I.C.I. Venezia

- Roberto Callegaro, Presidente U.I.C.I. Veneto

- Mario Barbuto, Presidente Nazionale U.I.C.I.

- Nicola Stilla, Presidente Club Italiano del Braille

- Luisa Bienati, Prorettrice alla didattica – Università Ca’ Foscari Venezia

- Paola Mar, Assessore del Comune di Venezia con delega all’Università

- Michela La Pietra, Vice Direttrice Rai Pubblica Utilità

Interventi

- “Neuropedagogia del Codice Braille”

Valentina Borella, Educatore Professionale, Pedagogista Clinico, Psicomotricista Funzionale, specializzata in Neuroscienze Educative

- “Braille nella storia e nell’attualità”

Michele Borra, Vice Presidente Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi

- Testimonianza

“Cesare corre verso il Braille”

- Presentazione del progetto “La prova sul campo”

Dania Mondini, Giornalista Rai

- “Scrittura e lettura musicale Braille”

Manuele Maestri, Maestro di musica - esperto di Braille musicale

- Presentazione del progetto di “Storia della Musica per l’Inclusione”, da parte del Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia, Laura De Mariassevich

- Giulia Bencini, Delegata alle iniziative a supporto dell’assistenza, integrazione e benessere delle persone con disabilità - Università Ca’ Foscari Venezia

Conclusioni a cura di Mario Barbuto

domenica 26 febbraio 2023

Busto: è non vedente, gli negano di ritirare la raccomandata

La Prealpina del 26/02/2023

BUSTO ARSIZIO. Burocrazia cieca: lo sfogo di un 67enne e la spiegazione delle Poste. «In tanti anni non mi era mai successa una cosa del genere». È ancora scosso Ettore Bianchetti - 67enne non vedente bustese - per quello che gli è accaduto nei giorni scorsi all’Ufficio postale di piazza Volontari della Libertà. In sintesi: Bianchetti si è presentato alle Poste per ritirare una raccomandata del suocero ricoverato in ospedale. Pur essendo in possesso della delega del parente, il signor Bianchetti non ha potuto ritirare il documento. Il perché lo spiega lui stesso: «Gli addetti allo sportello, pur dicendo di comprendere la mia situazione, non mi hanno consegnato la missiva, dicendomi che, essendo non vedente, non avrei potuto firmare. E che sarei dovuto tornare con due testimoni al di fuori della famiglia per adempiere alla commissione».

Bianchetti è rimasto sbigottito: «Nel corso degli anni - ricorda - ho firmato e ritirato più volte raccomandate e altri documenti. Ho anche firmato per avere la procura su documenti bancari e finanziari, nonché per lo Spid regolarmente ottenuto».

Solo al terzo tentativo (effettuato in presenza di un testimone) il cittadino è riuscito a ritirare la raccomandata, ma Bianchetti ha comunque presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Busto Arsizio, denunciando la violazione della legge 18 del 3 febbraio 1975, che riconosce a tutti gli effetti la validità della firma dei non vedenti.

Per Poste Italiane, però, il problema non riguardava la firma. La società fa sapere che, in presenza di un impedimento fisico (ed è il caso della cecità) che renda impossibile all’utente riconoscere ciò che sta ritirando allo sportello, viene richiesta la presenza di due testimoni.

«Questo - puntualizza Poste Italiane - a esclusiva tutela dell’utente».

In sostanza, i testimoni servirebbero a garantire al non vedente che il documento consegnato (in questo caso la raccomandata) sia proprio quello richiesto dall’utente.

Stavolta il regolamento delle Poste è stato applicato in maniera particolarmente rigorosa, mentre evidentemente in altre circostanze era stata usata maggior flessibilità.

L’Unione Italiani Ciechi e Ipovedenti definisce l’episodio «increscioso e sconcertante». Osserva Giovanni Battista Flaccadori, presidente della sezione lombarda dell’UICI: «Gli sportellisti hanno giustificato il loro comportamento spiegando che devono attenersi a un loro regolamento interno. Ma queste regole non vengono applicate in tutti gli uffici postali, tant’è vero che il signor Bianchetti non ha mai avuto problemi di questo tipo. E comunque il regolamento andrebbe modificato, perché a nostro parere è in contrasto con le leggi vigenti. Provvederemo a fare una diffida ufficiale».

Flaccadori rimarca che, ancora nel 2023, nonostante si parli tanto di inclusione, la vita quotidiana di un disabile visivo è ancora irta di “barriere” di tutti i tipi (non solo architettoniche): «I problemi sono numerosi - osserva il presidente regionale dell’UICI -: dagli Uffici pubblici che non consentono l’ingresso dei cani accompagnatori, ai marciapiedi occupati da biciclette e monopattini, alla fruibilità dei mezzi pubblici; anche sui treni dotati di sistemi specifici per l’annuncio delle fermate, capita che il dispositivo venga lasciato spento. Sono cose che fanno rabbia».

venerdì 24 febbraio 2023

Al Museo Diocesano di Brescia un percorso permanente per non vedenti

Arte.go del 24/02/2023

BRESCIA. Da sabato 25 febbraio 2023, il primo piano del Museo Diocesano di Brescia accoglie un percorso permanente per non vedenti e una stanza multisensoriale al buio, dal titolo Nella bottega del Moretto.

L’iniziativa presenta due momenti principali di interazione, prevedendo un percorso guidato per non vedenti che si snoda lungo i corridoi delle collezioni del Museo, alla scoperta di opere e oggetti rappresentativi, come calici della fine del XIX secolo e pianete in velluto del primo ventennio del XX secolo, passando, in collegamento con la Via del Romanino, dal San Girolamo del XVI secolo rappresentato da una tavola tattile, fino a culminare in una sala multisensoriale fruibile da tutti, Nella bottega del Moretto, nella quale si racconta attraverso tutti i sensi, udito, olfatto, tatto, gusto e vista – quest’ultima in modo meno prevalente -, l’opera La Madonna col Bambino in gloria, San Giovanni Evangelista, il beato Lorenzo Giustiniani e l’allegoria della Sapienza Divina, la tela dipinta tra il 1520 e il 1545 da Alessandro Bonvicino, detto il Moretto, e presente nelle collezioni del Museo Diocesano di Brescia.

La sala al buio Nella bottega del Moretto si presenta come una capsula rivestita di velluto blu scuro, che isola il visitatore dal mondo esterno come in una bolla senza tempo. Lo spazio è suddiviso in tre zone: nella prima, s’incontrano tre box sensoriali, attraverso i quali, utilizzando solo il tatto, il visitatore potrà vivere la sensazione di essere nella bottega del maestro cinquecentesco bresciano, toccando i ‘suoì pennelli, la cornice con i suoi rilievi e la tela del quadro.

La seconda racconta l’opera d’arte stessa. In un totem centrale diviso in quattro spicchi, si può toccare il tessuto dell’abito della Divina sapienza, la tiara e la corteccia del corbezzolo, l’albero che compare sulla destra dell’impianto figurativo del quadro.

Nella terza, un totem posizionato vicino alla proiezione dell’opera del Moretto svela infine la tavola tattile con la riproduzione a rilievo del dipinto per permettere al pubblico di “vederla” anche col tatto. Anche l’olfatto diventa protagonista, grazie al profumo di essenza naturale di fico, pianta presente sullo sfondo della scena. Per tutto il percorso, il visitatore è accompagnato dalla voce dell’attore Luciano Bertoli che, impersonificando il Moretto stesso, lo conduce all’interno della bottega alla scoperta del suo lavoro.

Lungo il percorso, inquadrando un QR Code in prossimità dei volumi blu identificativi dei “punti di sosta” che accoglieranno oggetti e tavole tattili, sarà possibile, per i non vedenti accompagnati, ascoltare le descrizioni delle opere, seguendo la voce di Elisabetta Cattaneo.

Il Percorso al buio, realizzato in collaborazione con l’architetto Roberto Bertoli, con il supporto nella regia e concept di progetto di Alessandro Boccingher di A+B Studio, insieme a UICI Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti e Arte con Noi, permetterà di scoprire le opere delle collezioni attraverso una nuova modalità di fruizione esaltata dal tatto, una modalità ancora poco esplorata nei contesti museali ed è parte del Focus inclusività, promosso e studiato dal Museo Diocesano di Brescia, in collaborazione con l’UICI, che comprende la personale dello scultore non vedente, Felice Tagliaferri, in corso fino al 25 giugno 2023.

“Siamo orgogliosi che questo progetto nato pre-pandemia – racconta Nicoletta Bontempi, Presidente di Fondazione Museo Diocesano – prenda finalmente avvio nell’anno di Bergamo-Brescia Capitale Italiana della Cultura, dialogando con uno dei suoi temi cardine, la Città Illuminata. Un approfondimento che coglie l’intento del Museo di ampliare le proprie vedute, presentandosi aperto e inclusivo, in grado di considerare le differenze come una ricchezza da esplorare e valorizzare, illuminando tematiche sulle quali è sempre più necessario porre l’attenzione”.

“L’iniziativa – ricorda Mauro Salvatore, Direttore del Museo Diocesano – amplia il progetto artistico grazie al coinvolgimento di più discipline, dalla scultura, che vede protagonista al Museo Diocesano Felice Tagliaferri, con la sua personale “Sculture”, in corso fino al 25 giugno, in connessione con altri artisti nella primavera del 2023, a partire da Fabio Tavelli, fino alla musica, con un concerto al buio che inaugurerà la sezione nell’ex refettorio”.

“Siamo molto soddisfatti di questa iniziativa – continua Sandra Inverardi, Presidente della Sezione territoriale di Brescia dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli ipovedenti – per il fattivo coinvolgimento delle persone non vedenti nel progetto e per il risalto che l’operazione dà al tema della disabilità visiva, in particolare in questi giorni in cui l’UICI è impegnata nelle celebrazioni della XVI Giornata Nazionale del Braille, il codice di scrittura e lettura che è chiave di accesso al sapere per tutte le persone non vedenti.

“Per il progetto della stanza multisensoriale – conclude l’architetto Roberto Bertoli, ideatore del concept dell’intero percorso – sono partito dall’idea di creare una capsula che andasse oltre la concezione del tempo e dello spazio. Una volta dentro lo spazio limitato, volutamente si perde il contatto con la realtà esterna. I sensi si annullano completamente e successivamente, uno alla volta, si riattivano grazie a diversi stimoli dati dall’utilizzo della tecnologia. Tra luci, profumi, suoni, odori da sentire e scoprire. Questo progetto permette di analizzare l’opera d’arte da un’altra prospettiva, quella del non vedente, dell’ipovedente, fruitore del museo”.

Propedeutiche al percorso, le tavole tattili realizzate grazie al contributo dei fondi raccolti da “Cose mai viste”, il market dell’handmade e della creatività, nel corso dell’edizione di novembre 2022.

Per l’allestimento, si ringrazia in modo particolare, insieme ai fornitori, il Pennellificio Zenit srl che ha omaggiato alcuni componenti della sala al buio.

martedì 21 febbraio 2023

Grazie Louis Braille, da parte di tutte le persone con disabilità visiva

Superando del 21/02/2023

Oggi, 21 febbraio, è la XVI Giornata Nazionale del Braille, evento istituito nel nostro Paese dalla Legge 126/07 come «momento di sensibilizzazione dell’opinione pubblica nei confronti delle persone non vedenti», in ricordo del geniale sistema inventato nell’Ottocento da Louis Braille. La data del 21 febbraio, va detto, venne scelta in quanto coincidente con la Giornata Mondiale della Difesa dell’Identità Linguistica promossa dall’Unesco.

Francese di Coupvray, località non lontana da Parigi, Louis Braille vi nacque il 4 gennaio 1809. Il padre era un modesto artigiano che viveva fabbricando finimenti per cavalli.

A 3 anni, giocando nel laboratorio paterno, il bimbo si ferì gravemente ad un occhio con una lesina e nonostante le premurose cure dei genitori, la conseguente infezione si estese rapidamente anche all’altro occhio, portandolo nel giro di un anno alla cecità assoluta.

A 10 anni, Louis fu accolto nell’Istituto Reale per i Giovani Ciechi di Parigi (INJA – Institut National des Jeunes Aveugles), fondato nel 1784 da Valentin Haüy. Lì manifestò molto presto le sue straordinarie qualità, suscitando lo stupore degli insegnanti, soprattutto per la capacità di concentrazione.

In quel momento si guardava con estrema attenzione all’invenzione di Charles Barbier de La Serre, ex ufficiale di artiglieria, che aveva ideato un sistema detto di “scrittura notturna”, costituito da punti in rilievo i quali, a suo dire, avrebbero consentito ai militari di leggere al buio, per non essere individuati dai nemici. Barbier pensò quindi di far testare la sua invenzione proprio agli allievi dell’Istituto per i Ciechi di Parigi. Quel sistema, però, risultava piuttosto complesso e poco pratico, perché fondato su due colonne parallele di sei puntini ciascuna. E tuttavia, l’esperimento fu accolto con entusiasmo dai giovani allievi, alcuni dei quali – tra cui Braille – iniziarono una corrispondenza con Barbier, utilizzando il suo laborioso metodo.

Rispetto ai numerosi tentativi precedenti per far leggere i ciechi, Barbier aveva introdotto una novità molto significativa per chi avrebbe dovuto leggere con le dita: aveva cioè sostituito i punti in rilievo al tratto continuo (ovviamente in rilievo), utilizzati da Valentin Haüy per stampare i primi volumi per i suoi alunni. A quel punto la speranza di poter trovare un modo per scrivere adatto ai ciechi e un’innata attitudine per la ricerca metodica condussero Braille, pur ancora adolescente, ad intuire il valore che avrebbe potuto assumere, per sé e per i suoi compagni, la disponibilità di un sistema di scrittura semplice e razionale.

Egli, dunque, riconobbe certamente il suo debito verso Barbier de La Serre, ma è esclusivamente a lui che va il merito di essere riuscito ad ottenere risultati definitivi, dopo alcuni anni di studio tenace e sistematico sulla posizione convenzionale di punti impressi su cartoncino. Era il 1825, Braille aveva 16 anni e il suo sistema poteva dirsi virtualmente compiuto.

Nel 1829 pubblicò l’opera Procedimento per scrivere le parole, la musica e il canto corale per mezzo di punti in rilievo ad uso dei ciechi ed ideato per loro, con la quale fece conoscere la scrittura da lui inventata, che è quella ancora oggi utilizzata dai ciechi di tutto il mondo (compresi i dialetti africani, la lingua araba e persino quella cinese).

Braille morì il 6 gennaio 1852 a soli 43 anni.

Sono passati quasi due secoli, ma «il metodo Braille – come ha scritto sulle nostre pagine Stefania Delendati, in un ampio approfondimento che suggeriamo senz’altro di consultare -, si è rivelato essere un’invenzione resiliente come poche altre. Ha attraversato infatti quasi duecento anni, modificandosi per seguire le mutate esigenze delle persone che ne usufruiscono e senza mai trovare validi sostituti. Si provò infatti ad aumentare il numero dei punti, a diminuire la dimensione dei caratteri, ma invano: l’originale alfabeto tattile del XIX secolo è rimasto il più pratico da utilizzare e si è dimostrato molto duttile. Man mano infatti che la tecnologia ha progredito, è stato impresso sulla carta con macchine da scrivere speciali, è uscito dalle stampanti, si è integrato in tastiere virtuali come mezzo di scrittura touch screen, è l’anima dei moderni screen-reader che leggono lo schermo del PC in tempo reale, filtrando i contenuti e restituendo all’utente le informazioni secondo una certa logica».

Tradizionalmente, nella giornata di oggi, 21 febbraio, l’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) propone una serie di iniziative, tra le quali segnaliamo ad esempio l’incontro Un tributo al Codice Braille: strumento attuale di conoscenza e integrazione, svoltosi presso la Sala Consiliare del Comune di Ferrara.

Qui ci piace concludere con le parole rintracciate nella pagina Facebook della Presidenza Nazionale UICI, ove si legge che «dalla definizione del metodo Braille, milioni di ciechi nel mondo hanno potuto studiare, lavorare, informarsi. Dal profondo del nostro cuore, noi, i ciechi, tutti i disabili della vista, diciamo “Grazie” a Louis Braille e al suo sistema di scrittura e lettura che ha aperto la via del nostro riscatto umano, civile e sociale». (S.B.)

venerdì 17 febbraio 2023

L’arte per chi non può vederla: a Corato nascono le opere tridimensionali

Corato Live del 17/02/2023

CORATO. Luigi si avvicina alla Gioconda e ne sfiora i contorni. Poi si addentra nei particolari, tocca i capelli e il profilo del viso. E, ancora, gli occhi, il naso e la bocca con il suo sorriso enigmatico. Fino ad arrivare alle mani che si intrecciano. «La mano destra passa sotto la mano sinistra» osserva.

È così che un non vedente o un ipovedente “guarda” per la prima volta il celebre dipinto di Leonardo da Vinci. La bellezza di un capolavoro così celebre si manifesta, tramite il tatto, grazie alle “opere tridimensionali” create dall’artista coratino Antonio D’Introno proprio far “vedere” l’arte a chi non può ammirarla con gli occhi.

«L’idea è quella di far toccare con mano ciò che noi vediamo» racconta il maestro D’Introno. «La lampadina si è accesa mentre era in corso la mia mostra sui presepi. Ho notato che i non vedenti “leggevano” le opere con le mani. Poi uno di loro, parlando proprio della Gioconda, mi ha detto che, pur avendone sentito sempre parlare, ovviamente non aveva mai potuto ammirarla. E allora, come evoluzione della mostra “I 30 volti dell’arte”, ho creato queste opere tridimensionali in argilla».

D’Introno non ha riprodotto solo la Gioconda: ci sono anche “L’urlo” di Munch con il volto devastato dalla disperazione, il “Bacco” di Caravaggio, il ritratto di Dante Alighieri con il suo naso aquilino e quello di Federico II di Svevia con in testa una corona a forma di Castel del Monte. Tutti con la loro etichetta in braille.

«Ogni opera rappresenta un periodo storico ed è realizzata con una tecnica artistica differente» prosegue l’artista coratino. «La Gioconda risale al 1500 ed è un quadro con molte sfumature. Diverso è “L’urlo”, che risale all’inizio del ‘900, caratterizzato da una tecnica materica con pennellate molto spesse che ho ricreato facendo dei solchi. Sullo sfondo del quadro, anche le onde del mare e il cielo sono realizzati con uno spessore per ricreare un effetto materico. Un’altra tecnica è utilizzata per il Bacco di Caravaggio, datato 1600, stile barocco, un quadro pieno, ricco di contenuti come frutta e foglie».

Oltre ai quadri più famosi, D’Introno ha guardato anche a ciò che offre la nostra città e sta quindi realizzando i modelli della statua di Matteo Renato Imbriani e della Montagnola. «Ho pensato di realizzare anche alcuni dei monumenti presenti nella nostra città perché un non vedente ci passa accanto, ma non sa bene come siano fatti» sottolinea Antonio D’Introno. «Per ora sono in fase di realizzazione solo la statua di Imbriani e la Montagnola, ma si potrebbero realizzare anche la statua di Garibaldi oppure le chiese della città, anche per dare l’idea della proporzione tra la grandezza di una chiesa e le dimensioni di una persona».

«È un piccolo assaggio dell’incontro con il mondo dell’arte» commenta Luigi D’Onofrio, responsabile della sede di Corato dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti. «L’iniziativa è stata positiva ed ha avuto un buon riscontro in città. Ora ci piacerebbe creare una mostra permanente con le opere e i monumenti del territorio che ci riguardano più da vicino. Nella nostra sede abbiamo già dei modelli 3D di Palazzo Gioia, del Comune e della Chiesa Matrice».

L’iniziativa è stata sperimentata anche a scuola. «Con i ragazzi del liceo artistico, con la collaborazione di Luigi D’Onofrio e delle docenti Minutilli, Galati e Regano, abbiamo realizzato una lezione al buio» ricorda D’Introno. «D’Onofrio ha parlato della sua esperienza, poi i ragazzi sono stati bendati e per un paio d’ore hanno lavorato al buio alcuni pezzi d’argilla. Hanno capito consistenza, densità e peso di ciò che avevano tra le mani e hanno creato delle forme realizzando fiori, alberi e oggetti anche con buone proporzioni. Sono stati bravi».

Alla fine, le opere tridimensionali hanno toccato corde ancora più profonde di quelle dell’arte. «Una persona non vedente mi ha chiesto un ritratto in 3D della sua nipotina di un anno e mezzo. Mi ha detto che chi vede può guardare quando vuole le foto dei nipotini, mentre lui può toccarla solo quando stanno insieme. Grazie a questo ritratto, ora può toccare il suo profilo quando vuole, quasi fosse una fotografia».

Le opere sono esposte fino a domenica 19 febbraio nell’atelier in via Roma, 117.

giovedì 9 febbraio 2023

XVI Giornata Nazionale del Braille: Ferrara, 21 febbraio 2023

Celebrazione della XVI Giornata Nazionale del Braille

UN TRIBUTO AL CODICE BRAILLE:

STRUMENTO ATTUALE DI CONOSCENZA E INTEGRAZIONE

FERRARA, 21 FEBBRAIO 2023

Sala Consiliare del Comune di Ferrara (Piazza del Municipio, Ferrara).

Ore 9.00 – 12.30

Seminario di approfondimento rivolto agli studenti dell’Università di Ferrara

Modera: Pietro Piscitelli – Presidente della Biblioteca Italiana per i Ciechi “Regina Margherita” di Monza

Ore 9:00: Saluti istituzionali:

• Alessandra Mambelli, Presidente U.I.C.I. Ferrara

• Marco Trombini, Presidente regionale U.I.C.I. Emilia Romagna

• Mario Barbuto, Presidente nazionale U.I.C.I.

• Cristina Coletti, Assessore alle Politiche Sociali - Comune di Ferrara

• Tamara Zappaterra, Prorettrice alla Diversità, Equità e Inclusione - Università di Ferrara

Ore 9:30: Lectio magistralis “Louis Braille e gli altri. Alla ricerca del metodo didattico efficace”

Intervengono:

• Tamara Zappaterra, Professoressa Associata di Didattica e Pedagogia Speciale - Università degli Studi di Ferrara

• Stefano Salmeri, Professore ordinario di Pedagogia Generale - Università degli Studi di Enna “Kore”

Ore 10:15: “Dal Braille alle nuove tecnologie”

• Nicola Stilla, Presidente del Club Italiano del Braille

Ore 10:30: “La musica e il Braille”

• Gianluca Casalino, Responsabile Polo Musicale della Biblioteca Italiana per i Ciechi “Regina Margherita”

Ore 10:45: “La rete dei Centri al servizio del Braille; il Braille al servizio dell'inclusione"

• Linda Legname, Direttrice Rete Nazionale Centri di Consulenza Tiflodidattica

Ore 11:00: dibattito e domande

Ore 11:20: Conclusioni a cura di Nicola Stilla, Presidente del Club Italiano del Braille

Ore 12:00: Inaugurazione busto di Louis Braille ad opera dello scultore Felice Tagliaferri, presso il Salone D’Onore del Comune.

Intervengono:

Alan Fabbri, Sindaco di Ferrara

Mario Barbuto, Presidente nazionale U.I.C.I.

Felice Tagliaferri, scultore

Il busto di Louis Braille rimarrà visitabile nel Salo D'Onore del Comune fino a venerdì 25 febbraio 2023. Su prenotazione è possibile effettuare una visita guidata, in particolare per le scuole.

Per prenotare la visita al busto di Louis Braille:

contattare la Sezione U.I.C.I. di Ferrara (tel. 0532/207630) nei seguenti giorni e orari:

• lunedì dalle 15,00 alle 17,30.

• martedì, mercoledì e giovedì dalle 9,30 alle 12,30.

• giovedì dalle 15,00 alle 17,30.

23 FEBBRAIO

Pranzo al Buio presso il Ristorante cucina Aldighieri (via Aldighieri, 3 – Ferrara)

Per prenotarsi inviare una e-mail a: inclusione@unife.it.

lunedì 6 febbraio 2023

Il c.t. Pugliese in Etiopia ha insegnato il calcio ai ragazzi non vedenti...

La Repubblica del 06/02/2023

"Forse non diventeranno campioni, ma hanno scalfito il loro isolamento".

Il barese Michele Pugliese è il commissario tecnico della nazionale italiana di calcio a 5 non vedenti. E nelle scorse settimane è stato tra i protagonisti di una missione speciale.

ETIOPIA. Lo sport può trasformare una persona e portarla dall’isolamento totale a essere protagonista della propria vita. Ancora di più se si tratta di giovani non vedenti, in un istituto in Etiopia, in un Paese con il più alto tasso di persone cieche al mondo. “La gente sapeva che lì c’era una scuola per non vedenti, ma li ha sempre guardati con l’occhio del pietismo. Quando invece si è sparsa la voce che ci sarebbe stata una partita di calcio, il villaggio era stracolmo. Sono queste trasformazioni il motivo che ci porta a impegnarci e a dare una mano, soprattutto con lo sport”.

Il barese Michele Pugliese è il commissario tecnico della nazionale italiana di calcio a 5 non vedenti. E nelle scorse settimane è stato tra i protagonisti di una missione speciale, insieme ai colleghi degli altri sport della Fispic (Federazione italiana sport paralimpici per ipovedenti e ciechi): insegnare quelle discipline a duecento ragazze e ragazzi in Etiopia. L'idea è nata dalla sollecitazione del presidente federale Sandro Di Girolamo che a novembre scorso ha visitato un istituto nella città di Soddo, nello Stato del Wolaita, e siglato un accordo con l’Unione ciechi etiope. E a gennaio è partita la spedizione di Pugliese insieme a Michele Carrino e Antonio Di Giovine (tecnici di goalball e torball), Nicola Santagata (showdown) e Renato Tomei (responsabile attività internazionali).

“La Federazione ha avuto un contatto con un’associazione che si chiama Ipo - racconta Pugliese - che ha portato alla loro attenzione l’esistenza di questa scuola per non vedenti in cui non si praticava sport. Ci hanno chiesto un po’ di spirito di adattamento e in effetti il viaggio verso Soddo è stato impegnativo. Abbiamo trovato questo mini villaggio per non vedenti, tra baracche e lamiere: il tavolo da showdown per cui avevamo inviato le misure non era proprio perfetto, la palestra per goalball e torball era in una baracca e il campo di calcio in terra battuta. Ma l’importante era esserci e provarci. E l’esperienza è stata straordinaria”.

Una settimana di camp intensivo, con una sorpresa dietro l’altra. Basti pensare, per esempio, all’effetto che può avere una palla sonora come quella usata nel calcio non vedenti su bambini e ragazzi che non avevano la minima idea che esistesse qualcosa del genere. “La nostra intenzione era quella di non fare la classica figura dell’uomo bianco che va in quei posti, mostra la sua forza e va via. - spiega Pugliese - Quindi il presidente ha chiesto di formare per ogni sport un arbitro e un tecnico. Hanno fatto tradurre i nostri manuali in amarico, la mattina facevamo formazione e il pomeriggio la parte pratica. Al terzo giorno erano già gasati facendo una partita bellissima. E anche ora che siamo tornati continuiamo a ricevere foto e video degli allenamenti”.

Palloni, palline, divise e protezioni sono già arrivate grazie alla Fispic e ora il progetto continua. “Per noi è stata un’esperienza umana forte, come ciò che facciamo nelle nostre città. Abbiamo ricevuto un’accoglienza caldissima, ma ti rendi conto solo lì quanto lavoro ci sia da fare. E occorre farlo in maniera accorta, non da dominatore ma in punta di piedi. L’obiettivo resta sempre quello di tirarli fuori dalla loro condizione di isolamento: non devono diventare necessariamente campioni del mondo, ma perché restare chiusi nel villaggio senza che nessuno si avvicini? I vedenti della città si sono approcciati forse per la prima volta ai ragazzi grazie allo sport. Il giorno delle esibizioni erano tutti insieme ed è stato troppo emozionante”.

di Gianvito Rutigliano

giovedì 2 febbraio 2023

I dolcissimi cuccioli di labrador che cercano casa in Brianza

Monza Today del 02/02/2023

Il Servizio Cani Guida dei Lions di Limbiate cerca famiglie affidatarie per cuccioli che un domani diventeranno cani-guida. Ci sono tre cucciolate in attesa di trovare una sistemazione.

Domani saranno angeli a quattro zampe, al fianco di persone non vedenti. Oggi sono cuccioli in cerca di casa e di amore.

LIMBIATE. "Abbiamo urgente bisogno di nuove famiglie Puppy Walker": l'appello arriva da Limbiate, in Brianza, dal Servizio Cani Guida Dei Lions che alleva e addestra cani guida che vengono assegnati gratuitamente per aumentare l’autonomia dei non vedenti. "Cerchiamo famiglie affidatarie che ospiteranno per circa nove mesi un cucciolo di labrador con lo scopo di farlo socializzare ed educare prima di intraprendere il percorso per diventare cane guida" spiegano.

"Nella nursery del Servizio Cani Guida dei Lions di Limbiate abbiamo due cucciolate ed una terza in arrivo di cuccioli di Labrador selezionati per caratteristiche di purezza morfologica e caratteriale affinché possano, un domani, diventare angeli a quattro zampe". Dopo lo svezzamento è però indispensabile che i cuccioli vengano affidati ai puppy walker che sono persone o famiglie che li accompagnino nel primo anno di vita fornendo quell’imprinting tanto importante per la socializzazione e formazione del carattere. "Abbiamo tanto bisogno di Puppy Walker a cui affidare i nuovi cuccioli per portare avanti il percorso che ci permetta di donare un cane guida a un non vedente".

Cosa fa un puppy walker

"L’allevamento di un cucciolo è un atto di grande responsabilità: agli affidatari è riconosciuto un ruolo determinante nell’educare il cane in modo corretto, ma tutto questo è diverso dal possedere un cane proprio" spiegano dal Servizio Cani Guida Dei Lions. "La decisione di allevare un cucciolo deve essere condivisa da tutta la famiglia poiché ogni componente dovrà dare al cane affetto, tenerezza, momenti di gioco e una buona dose di “amore per la disciplina”. Il cane dovrà essere abituato a diventare un membro della famiglia. Questo comporta anche l’essere educato a mangiare esclusivamente dalla propria ciotola e a non aspettarsi “bocconcini extra” alla prima occasione".

"Il cucciolo dovrà praticare il maggior numero di esperienze possibili inerenti la vita quotidiana: in casa dovrà abituarsi ai rumori degli elettrodomestici (aspirapolvere, asciugacapelli), fuori casa dovrà familiarizzare con il traffico, le stazioni ferroviarie, i rumori forti ed improvvisi al bar, nei negozi, la presenza di altri animali e dei bambini. Il cucciolo dovrà essere portato a passeggio con il guinzaglio almeno tre/quattro volte al giorno, abituato, gradualmente e senza costrizioni, alle situazioni descritte ed è importante che venga portato anche in auto tutte le volte che sarà possibile. Far vivere e provare tutto ciò in modo progressivo fin dall’inizio sarà indispensabile per fare in modo che nulla possa cogliere di sorpresa il futuro cane guida".

"Al cucciolo dovrete insegnare a rimanere tranquillo da solo, a fare i bisogni fisiologici all’esterno, a stare composto durante i viaggi in auto, a non salire sul letto e sui divani e a rispettare gli oggetti dell’ambiente in cui vive". Dopo un anno il cucciolo dovrà essere salutato e diventerà un prezioso ausilio per chi ha bisogno di lui grazie alle esperienze che ha condiviso con la sua famiglia affidataria.

Per aderire al programma Puppy Walker bisogna compilare un form con la richiesta che sarà poi presa in carico dal servizio Cani Guida Lions.

mercoledì 1 febbraio 2023

Una cura per la cecità?

Lega Nerd del 01/02/2023

USA. La prova dell’esistenza di sinapsi che collegano coppie di cellule retiniche derivate da cellule staminali pluripotenti umane: la colorazione rossa dell’infezione da parte di un virus della rabbia modificato, passato da una cellula con nucleo giallo, attraverso la sinapsi, ad una cellula che si illumina solo di rosso.

Purtroppo, la medicina moderna offre poche opzioni terapeutiche quando la cecità si manifesta. Tuttavia, i ricercatori dell’Università del Wisconsin-Madison hanno fatto un passo avanti con le cellule staminali che potrebbe finalmente portare a una cura per i disturbi degenerativi dell’occhio. Gli scienziati hanno dimostrato, con successo, che le cellule retiniche coltivate da cellule staminali sono in grado di “raggiungere e connettersi” con le cellule vicine. Questa stretta di mano cellulare, se così si può dire, suggerisce che le cellule sono pronte per essere sperimentate in esseri umani affetti da perdita della vista, aggiungono gli autori dello studio. Più di dieci anni fa, i ricercatori dell’UWM hanno sviluppato un metodo per far crescere in laboratorio ammassi organizzati di cellule (organoidi), somiglianti alle cellule della retina- i fotorecettori – che costituiscono il tessuto sensibile alla luce nella parte posteriore dell’occhio. Gli scienziati hanno quindi indotto cellule della pelle umana, riprogrammate per agire come cellule staminali, a svilupparsi in strati di numerosi tipi di cellule retiniche che percepiscono la luce, trasmettendo ciò che vediamo al nostro cervello. “Volevamo utilizzare le cellule di questi organoidi come parti di ricambio per gli stessi tipi di cellule che sono stati persi nel corso delle malattie della retina”, spiega David Gamm, professore di oftalmologia dell’UW-Madison e direttore del McPherson Eye Research Institute, il cui laboratorio ha sviluppato gli organoidi, in un comunicato dell’università. “Ma dopo essere state coltivate in laboratorio per mesi come ammassi compatti, la domanda rimaneva: le cellule si comporteranno in modo appropriato dopo averle separate? Perché questa è la chiave per introdurle nell’occhio di un paziente”.

Le sinapsi sono la chiave del puzzle

L’anno scorso, il Prof. Gamm e altri collaboratori dell’UW-Madison hanno pubblicato diversi studi che dimostrano che le cellule retiniche coltivate, rispondono come quelle di una retina sana a diverse lunghezze d’onda e intensità luminose. Quando vengono separate dalle cellule adiacenti nel loro organoide, possono raggiungere nuovi punti con i caratteristici cordoni biologici noti come assoni.

“L’ultimo pezzo del puzzle era vedere se questi cordoni avessero la capacità di collegarsi, o stringere la mano, ad altri tipi di cellule retiniche per comunicare”, aggiunge il Prof. Gamm. Le cellule della retina e del cervello comunicano attraverso le sinapsi, o piccoli spazi all’estremità dei loro assoni. Per confermare che le cellule retiniche coltivate in laboratorio possono sostituire le cellule malate e trasportare informazioni sensoriali proprio come quelle sane, gli autori dello studio dovevano dimostrare che erano in grado di creare sinapsi.

La sperimentazione sull’uomo è il prossimo passo

Xinyu Zhao, professore di neuroscienze dell’UW-Madison e coautore dello studio, ha quindi lavorato con le cellule del laboratorio per studiare la loro capacità di formare connessioni sinaptiche. Zhao ha ottenuto questo risultato utilizzando un virus della rabbia modificato che identifica le coppie di cellule in grado di formare i mezzi necessari per comunicare. Poi il team di ricerca ha smembrato gli organoidi retinici in singole cellule e ha aspettato una settimana per vedere se avrebbero esteso i loro assoni e creato nuove connessioni, li ha esposti al virus e ha infine osservato i risultati. Hanno visto molte cellule retiniche contrassegnate da un colore fluorescente, a indicare che il virus della rabbia ha raggiunto l’infezione attraverso una sinapsi formatasi con successo tra i punti vicini.

“Abbiamo lavorato in laboratorio su questa storia, un pezzo alla volta, per avere la certezza di essere nella giusta direzione”, spiega il Prof. Gamm, che ha brevettato gli organoidi e ha co-fondato la Opsis Therapeutics, con sede a Madison, che sta adattando la tecnologia per trattare i disturbi oculari umani sulla base delle scoperte dell’UW-Madison. “Tutto questo porta, in ultima analisi, a sperimentazioni cliniche sull’uomo, che sono il chiaro passo successivo”.

Dopo aver confermato la presenza di connessioni sinaptiche, il team ha analizzato le cellule coinvolte e ha scoperto che i tipi di cellule retiniche più comuni che formano sinapsi sono i fotorecettori (bastoncelli e coni). Questo dato è degno di nota perché i fotorecettori vengono solitamente persi in malattie come la retinite pigmentosa, la degenerazione maculare senile e persino in seguito ad alcune lesioni oculari. “È stata una rivelazione importante per noi”, conclude il Prof. Gamm. “Mostra davvero l’impatto potenzialmente ampio che questi organoidi retinici potrebbero avere”.

di Cristina Rapagnà

Silvia, la luce oltre il buio del pregiudizio

La Provincia di Como del 01/02/2023

COMO. «Siamo pionieri e stiamo lottando per continuare ad essere pionieri». Si esprime al plurale Silvia Gianferrari, docente di greco antico al liceo "Alessandro Volta", ma dietro quel "noi" ci sono la tenacia, la passione e la perseveranza di una studiosa non vedente innamorata delle lingue classiche che, a Como, ha dato vita al laboratorio di accessibilità digitale, un'esperienza praticamente unica in Italia che ha le potenzialità per diventare un vero e proprio modello di integrazione per chi ha handicap visivi. Il laboratorio è una semplice postazione con computer al primo piano del "Volta". Fuori, nei corridoi, gli studenti sciamano per l'intervallo mentre Silvia ripercorre le tappe della sua incredibile storia. «Sono diventata cieca a 12 anni, il neurochirurgo disse a mia madre "vedrà che potrà guidare con una patente speciale", invece sono arrivate gravi complicanze, interventi chirurgici con sofferenze cerebrali pesanti. Mi ritengo una sopravvissuta. Non ho imparato il braille perché la cecità era un problema secondario. Io però volevo studiare, leggevo tantissimo quando ci vedevo. Ricordo mio padre che entrava in camera sbottando "La vuoi spegnere quella luce?" Io ero nata per leggere. Poi il calvario medico, e non potevo più farlo. Mia madre divenne la mia lettrice, mia zia insegnante insistette perché mi facessero studiare al liceo classico di San Benedetto del Tronto. Era il 1983 e il preside non mi voleva, "perché non la mandate in una scuola speciale?", che era storicamente il contesto di alfabetizzazione degli studenti ciechi, lo sbocco era quasi sempre una scuola professionale per attività manuali-meccaniche. Mia zia, figlia di un percorso culturale che favoriva l'integrazione, capì che non andava affatto bene per me».

Un incontro importante

Ha una voce calorosa Silvia Gianferrari, è un piacere ascoltarla, il tono che si accende quando l'argomento è il suo amato greco antico: «È una materia dolce, ricca, generosa... Il greco cambia la prospettiva di accesso al reale, è una filosofia non una disciplina». Dopo il diploma, conseguito brillantemente, e superato un altro, pesante, ricovero in ospedale, il passo naturale è Lettere classiche all'Università di Perugia. Lì il destino le fa incontrare il professor Angelo Tittarelli: «Una persona meravigliosa, fu il mio lettore tutti i giorni per due ore al giorno. Con lui ho capito che il vero docente è creativo, sa intuire, usare elasticità didattica. Di ogni parola mi descriveva il sistema etimologico, l'amore per la lingua mi faceva assorbire tutto come una spugna. È stato un laboratorio, ho imparato a manipolare dal vivo gli oggetti che uso, i lemmi dei dizionari e, ora, il computer. Io e il laboratorio siamo la stessa cosa». Dottore di ricerca all'Università di Bologna, assegnista all'Università di Perugia, master in tecnologia didattica al Politecnico di Milano, coordinatrice del progetto ministeriale "Nuove tecnologie e disabilità del greco antico" scritto, curato e coordinato per il liceo Volta, dove è docente dal 2005, da lei stessa: queste le magnifiche tappe di Silvia Gianferrari nella sua battaglia per l'integrazione professionale. Con il sostegno del Volta produce la prima sintesi vocale del greco antico. Si chiude il cerchio dell'amore per la fonetica che ha segnato la sua formazione.

Si lavora agli "Accessibility days"

«È attraverso la conoscenza dei fenomeni fonetici che si può ricostruire tutto il sistema etimologico che permette poi di memorizzare i significati». Un sistema vocale che può coprire tutta la produzione editoriale per i non vedenti, i dislessici, per chi soffre di handicap visivi e non vuole rinunciare a imparare o insegnare. «Il professor Camillo Neri dell'Università di Bologna ha adottato il mio progetto di sintesi vocale che poi ho perfezionato con il professor Montanari, curatore del primo vocabolario digitale di greco antico bilingue». Ora Silvia sta lavorando agli "Accessibility days" che si terranno a maggio: «L'ultima frontiera dell'accessibilità per non vedenti è il touchpad, sto imparando a muovere il mouse, sperimento con i colleghi mentre con i volontari del Csv esploro le interfacce dello schermo». Gli studenti rientrano in classe, torna il silenzio. Ha un desiderio Silvia: «Mi piacerebbe avere un assistente d'aula per velocizzare la ricerca, se uno studente potesse affiancarmi imparerebbe tantissimo». E non solo. Conoscerebbe la vera passione di una pioniera.