venerdì 25 febbraio 2022

Associazione Italiana per lo Studio del Glaucoma

La Repubblica del 25/02/2022

La parola al Professor Stefano Miglior.

COS'È? Il glaucoma è una malattia oculare, degenerativa e cronica, che consiste in una progressiva atrofia del nervo ottico, dovuta generalmente a un aumento della pressione all'interno dell'occhio. In Italia si stima che il glaucoma colpisca circa 1.200.000 persone, ma la metà di esse non ne sarebbe a conoscenza (perché non effettua visite oculistiche periodiche complete). La disabilità visiva provocata dal glaucoma si può prevenire, purché la malattia sia diagnosticata e curata tempestivamente.

COME SI PRODUCE IL DANNO ALLA VISTA? I neuroni che trasportano il segnale elettrico vengono progressivamente persi. Inizialmente il danno colpisce le fibre che trasportano le immagini relative alla periferia del campo visivo: chi è malato continua a vedere l'oggetto che fissa, ma non si accorge che l'area visiva periferica (visione laterale) si sta riducendo progressivamente. Da ultimo vengono lesi anche le fibre che provengono da quella zona della retina con cui si fissano gli oggetti e, se il glaucoma non viene trattato con successo, si riduce l'acuità visiva fino alla cecità completa.

SINTOMATOLOGIA. Il glaucoma si sviluppa lentamente e in genere non dà sintomi, per cui ci si può rendere conto di essere malati solo quando il danno al nervo ottico è già giunto a uno stadio avanzato.

FATTORI DI RISCHIO.

1. Età Avanzata - Oltre i quarant'anni, aumenta il rischio di glaucoma. Chi è di discendenza africana sviluppa questo rischio anche più precocemente;

2. Familiarità;

3. Pressione oculare alta;

4. Pressione arteriosa bassa;

5. Uso prolungato di colliri con corticosteroidi.

DIAGNOSI. La diagnosi di glaucoma si pone durante una visita oculistica. I parametri che devono essere controllati sono essenzialmente: la papilla ottica e la pressione oculare.

Nel caso di sospetto di glaucoma va fatto eseguire l'esame del campo visivo, che rappresenta il gold standard strumentale per fare diagnosi di malattia glaucomatosa.

Inoltre, esistono esami strumentali che consentono lo studio dettagliato della papilla ottica e, soprattutto, la misurazione dello spessore delle fibre nervose attorno ad essa, il cui assottigliamento è dovuto alla perdita di cellule retiniche ganglionari e dei loro assoni, tipico del glaucoma.

TRATTAMENTO. Il trattamento del glaucoma consiste nell'abbassare la pressione oculare. Ciò si ottiene grazie a colliri (da instillare una o più volte al giorno).

Qualora i colliri non fossero efficaci si esegue il trattamento con laser o si procede verso il trattamento chirurgico. Può essere utile, come supporto, il trattamento con molecole neuro-protettrici.

I glaucomatosi necessitano di controlli periodici.

La malattia, infatti, può peggiorare senza dare sintomi e, in tal caso, è necessario modificare il tipo di terapia. Nella maggioranza dei casi, un appropriata gestione del trattamento riesce ad impedire l'evoluzione della malattia, che potrebbe invece arrivare all'ipovisione o cecità, se la pressione oculare non venisse adeguatamente ridotta.

Stefano Miglior è Direttore della Clinica Oculistica Policlinico di Monza, Università Milano Bicocca, nonché Presidente dell'Associazione Italiana Studio Glaucoma

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AISG. ASSOCIAZIONE ITALIANA STUDIO DEL GLAUCOMA 5° CONGRESSO INTERNAZIONALE AISG.

Forte impatto della pandemia sulla patologia del glaucoma

Riflettori accesi sulla patologia del glaucoma con la " World Glaucoma Week che si celebra dal 6 al 12 marzo 2022. Tante le tante iniziative, il congresso internazionale, organizzato dall'Associazione italiana Studio Glaucoma, che avrà luogo a Roma dal 3 al 5 marzo presso l'Auditorium della Conciliazione.

I maggiori esperti nazionali e internazionali si riuniranno per confrontarsi sulle ultime novità di ricerca legate alla patologia del Glaucoma.

Tanti gli argomenti all'ordine del giorno: dalle conseguenze che ha avuto la pandemia sui pazienti che non si sono sottoposti a visite di controllo causa lock down alle nuove tecniche chirurgiche; dallo stato dell'arte sulla terapia medica alla qualità di vita del paziente glaucomatoso.

In Italia circa un milione e 200 mila persone sono affette da questa patologia spesso definita il killer silenzioso della vista. Una persona su due non sa di averla con il rischio di accorgersene quando è troppo tardi.

La pandemia ha avuto un forte impatto su questa patologia.

Il Covid 19 infatti ha reso impossibile almeno nei primi mesi di lock down di recarsi ai centri ambulatoriali rimandando i controlli e quindi non è stato possibile monitorare la malattia.

È stato dimostrato che occhi e Covid 19 sono strettamente legati: può causare un'infiammazione della congiuntiva provocando arrossamento e prurito agli occhi.

Un aspetto preoccupante ma non ancora del tutto esplorato emerge da un recente studio pubblicato sulla rivista Lancet in cui viene dimostrato un coinvolgimento della retina dell'occhio nei pazienti con COVID 19. ( Paula M. Marinho et al. Retinal findings in patients with Covid 19. Th e Lancet vol 395 May 23 2020.

L'Sos dei non vedenti «Troppe bici-trappola»

Il Giornale di Vicenza del 25/02/2022

VICENZA. Mezzo ecologico o barriera architettonica? Per trasformare un gesto green - come quello di usare le due ruote per spostarsi - in un atto di mancanza di senso civico basta un attimo: è sufficiente abbandonare la bici in giro per la città fuori dai luoghi preposti, legarla lungo le ringhiere o ai pali della segnaletica stradale, parcheggiarla su un marciapiede. E non è tanto la questione del decoro a pesare, anche se l'effetto disordine può in effetti disturbare la sensibilità di qualcuno; quel che si crea, chiudendo i lucchetti delle bici senza troppo pensarci, è un vero percorso ad ostacoli per chi si muove in carrozzina, chi spinge un passeggino e, ancor più, per le persone non vedenti, che su quegli ostacoli rischiano di finirci addosso e farsi anche male. Una questione concreta che l'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti-sezione di Vicenza ha intenzione di affrontare con il Comune per capire se possa essere trovata una soluzione efficace e duratura. A condividere queste difficoltà è Matteo Marini, presidente dell'unione ciechi vicentina, proprio a margine della presentazione del nuovo percorso sensoriale inaugurato a palazzo Chiericati il 15 febbraio. Un'iniziativa che rappresenta un passo in avanti nell'ottica dell'inclusività e che mette ancor più in rilievo le criticità di contesti "meno protetti", con il passo indietro cui si assiste in giro per le strade e le vie del centro. «Il dialogo con l'amministrazione comunale è buono - precisa il presidente dell'associazione - e quando sono emerse delle situazioni critiche, il Comune ha sempre cercato di sistemarle, compatibilmente con i tempi burocratici e i vari bilanci. Anche perché in periodo di pandemia le problematiche non sono state solo legate ai percorsi, ma anche ad altre situazioni, come ad esempio l'utilizzo dei mezzi pubblici». Altre barriere, come detto, vengono create di giorno in giorno dagli stessi cittadini. E Marini non usa mezzi termini: «Le biciclette per noi sono un dramma - precisa - il bastone bianco si incastra su quelle parcheggiate. In passato l'amministrazione aveva provveduto ad eliminarle da viale Roma e anche a mettere la segnaletica per indicare il divieto di sosta. Ora stiamo tornando ad interfacciarci con il Comune perché la problematica sta crescendo in quelle zone. La stazione per noi è un punto centrale». L'apice del paradosso si raggiunge quando «troviamo bici agganciate al piedistallo con le indicazioni in braille».«Le rastrelliere le individuiamo e le evitiamo - spiega - perché sono riconoscibili. Il problema è quando ci orientiamo, sapendo ad esempio che in quel preciso punto si trova una ringhiera, oppure una pianta o un cartellone che ci indica il percorso podotattile, e non immaginiamo di trovarci una bici in mezzo». Una questione, appunto, di sensibilità civica. Il bilancio, nel complesso, è comunque buono. «Migliorare si può sempre - conclude il presidente - ma all'interno della città, al di là delle difficoltà legate appunto al senso civico, non abbiamo in ballo grosse problematiche. Siamo stati contattati per la creazione di un percorso podotattile in un quartiere, iniziativa sulla quale lavoreremo».

martedì 22 febbraio 2022

“Suona il tatto, non c’è nulla che sfugga al suo udito”

Superando del 22/02/2022

ROMA. «Suona il tatto, non c’è nulla che sfugga al suo udito»: non ci potrebbero essere parole migliori di quelle usate da Laura Anfuso per introdurre l’interessante mostra denominata Il tatto sente il silenzio, che verrà inaugurata nel pomeriggio del 25 febbraio (e resterà aperta fino al 4 marzo), presso il Museo Hendrik Christian Andersen di Roma, diretto da Maria Giuseppina Di Monte e afferente alla Direzione Musei Statali della città di Roma. Una struttura, il Museo Andersen, che conferma la propria attenzione per le attività rivolte al mondo della disabilità, proponendo questa volta una selezione di libri tattili illustrati, curata dalla stessa Anfuso, in collaborazione con Maria Poscolieri dell’Associazione di Volontariato Museum, oltreché con l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Roma.

«Il percorso – spiegano i promotori – si articolerà attraverso le sale a pianterreno del Museo Andersen, dove sarà possibile, grazie alla presenza di tavole tattili, lèggere e comprendere la collezione permanente del Museo, per proseguire con la lettura dei libri tattili al piano superiore. Concepita da Laura Anfuso, l’esposizione costituisce una “summa” della sua ricerca ventennale sull’educazione al tatto e i libri tattili illustrati, allo scopo soprattutto di proporre alcune tipologie di libri tattili illustrati (produzione tattile italiana ed estera della collezione privata di Anfuso), per fare emergere la complessità di questo genere, “sospeso tra la didattica el’arte”, forse tra le cose più difficili da ideare e realizzare».

Tra i titoli selezionati, saranno presentati i libri tattili d’artista nati dalla collaborazione tra Laura Anfuso e Marcella Basso, Daniela Piga e Andrea Delluomo, il tutto per dare vita a una mostra rivolta a ogni tipo di pubblico, dalle educatrici del nido agli insegnanti scuola, dai bibliotecari ai pedagogisti, dagli educatori museali ai responsabili dei servizi educativi, dagli operatori culturali agli esperti di editoria per ragazzi, dai librai agli storici dell’arte, dagli artisti ai creativi in genere.

L’occasione sarà inoltre propizia per conoscere il libro tattile Nel silenzio, progetto nato da un testo di Laura Anfuso e dalla realizzazione artistica di Lia Malfermoni, opera che sollecita varie riflessioni sul tatto e intende anche rappresentare un omaggio a tutte le persone con disabilità visiva, come conferma la stessa Anfuso: «Questo libro vuole essere un omaggio alle persone con disabilità visiva, alle potenzialità dell’udito di cui godono (l’udito consente la percezione a distanza, la comprensione della collocazione spaziale, la sensazione acustica dei pieni dei vuoti e la parziale individuazione di alcuni ostacoli). L’“arroganza” degli occhi di chi vede, infatti, non conosce il dialogo prezioso dei sensi in assenza della vista, come pure le ampie possibilità dei sensi nel silenzio».

Nella giornata dell’inaugurazione, la presentazione di Nel silenzio sarà accompagnata dalla proiezione di un video curato da Lia Malfermoni che vi spiegherà la sua interpretazione artistica del progetto di Anfuso. Saranno inoltre presenti la direttrice del Museo Andersen Maria Giuseppina Di Monte, l’assistente alla comunicazione Valentina Filamingo, l’assessora alle Politiche Sociali e alla Salute del Comune di Roma Barbara Funari.

Anfuso e Poscolieri, quindi, saranno presenti anche nel pomeriggio del 2 marzo (ore 15:30-18), per un incontro rivolto a un gruppo di persone con disabilità visiva. L’evento conclusivo, infine, si avrà nel pomeriggio del 4 marzo (ore 16), insieme a Maria Poscolieri, Daniela Piga e Andrea Delluomo. (S.B.)

Per ogni ulteriore informazione e approfondimento (e per prenotare la visita alla mostra): dms-rm.museoandersen@beniculturali.it (tel. 06 3219089); assmuseum@gmail.com.

Laura Anfuso

Già nota anche ai Lettori e alle Lettrici di «Superando.it», per le sue opere e le sue iniziative in àmbito tattile, Laura Anfuso da circa vent’anni ricerca e sperimenta libri tattili, oltre a progettare interventi di sviluppo e valorizzazione dell’educazione sensoriale. È stata membro della Giuria Senior in tutte le edizioni del Concorso Italiano di Editoria Tattile Illustrata Tocca a te!, organizzato dalla Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi in collaborazione con la Fondazione Robert Hollman, per sostenere e promuovere l’editoria tattile. Le sue ricerche le hanno permesso di allestire una sua speciale biblioteca tattile personale da cui attinge per la conduzione di corsi e laboratori di diversa tipologia, anche per svolgere attività di consulenza.

L’analisi dei libri tattili illustrati attuata da Anfuso è stata sempre collegata al rapporto e al confronto con le persone con disabilità visiva e alla sperimentazione di esperienze al buio in grado di sviluppare il tatto e di valorizzarne le potenzialità, soprattutto dal punto di vista della relazione. In tal senso l’artista conduce esperienze al buio con modalità diverse, ideate e sperimentate per appagare le esigenze del contesto, con l’obiettivo di promuovere il tatto, la conoscenza del corpo e sviluppare la consapevolezza delle possibilità della comunicazione e della relazione in àmbito educativo, universitario, sanitario e lavorativo.

Anfuso collabora anche con artisti ed esperti di editoria tattile (Marcella Basso, Daniela Piga, Lia Malfermoni e Andrea Delluomo) alla progettazione di originali libri tattili, che sviluppano un’ampia riflessione sulla complessità e le potenzialità che li contraddistinguono.

Lia Malfermoni

Artista che vive e lavora a Vicenza, inizia a dipingere giovanissima e, da decenni, si dedica alla sperimentazione nell’àmbito della pittura, del libro d’artista, della grafica.

Ha insegnato, condotto laboratori creativi per bambini e adulti e si è specializzata in Educazione alla Comunicazione Visiva con Roberto Pittarello. I suoi studi principali si sono svolti presso la Scuola Internazionale di Grafica di Venezia e in Germania.

Nel 2008 e nel 2009 è stata invitata a partecipare a due importanti progetti sul libro d’artista alla Stazione dell’Arte di Ulassai (Nuoro), con Maria Lai. Ha esposto in numerose personali e collettive di pittura e libro d’artista, in Italia, Stati Uniti, Germania, Francia, Spagna, Macedonia, Scozia e Cile, ottenendo più volte premi e segnalazioni.

Sue opere sono presenti in archivi, in collezioni di Comuni, Gallerie e Privati. Alla sesta edizione del Concorso di Editoria Tattile Nazionale, nel settermbre dello scorso anno al MAXXI di Roma (Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo), ha ottenuto la Menzione Speciale Plurihandicap per Sogni, libro tattile da lei ideato e realizzato.

Associazione di Volontariato Museum

Costituita nel 1994 a Roma da Giuseppina Simili, è impegnata sulla promozione umana e sociale delle persone con disabilità fisica e intellettiva, attraverso la Cultura e l’Arte. Collabora con numerose Associazioni di persone con disabilità, oltreché con le scuole di ogni ordine e grado in cui sono presenti ragazzi con disabilità. Ha promosso nel tempo corsi di formazione per volontari e dal 2015 al 2021 ha svolto la propria attività, con appuntamenti mensili, in convenzione con la Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma.

Laboratori e visite tattili presso i Musei di Roma e Provincia, teatro al buio, incontri con gli artisti, convegni sulla disabilità visiva, visite a mostre temporanee, sono alcune delle attività di Museum, la cui finalità principale è quella di garantire l’accessibilità all’arte quale diritto di ogni cittadino, sperimentando e utilizzando nuovi modi di comunicazione ad un pubblico vasto e inclusivo, con l’abbattimento delle barriere sensoriali.

Un’attenzione particolare viene rivolta da Museum alle persone con disabilità visiva di ogni tipo, per educarli a toccare, ove possibile, le opere d’arte, in modo che ogni sfumatura tattile ne arricchisca il bagaglio cognitivo ed estetico.

lunedì 21 febbraio 2022

L'Istituto dei Ciechi: "Scavuzzo sbaglia i conti"

La Repubblica del 21/02/2022

MILANO. L'Istituto dei ciechi non ci sta. «Oggi il Comune, per 2.500 metri quadrati, più parcheggi, cortili e l'uso delle sale Barozzi e Stoppani, paga un canone annuo di 547 mila euro, a cui si sommano 104 mila euro di spese vive, che sosterrebbe ovunque - precisa il presidente Rodolfo Masto dopo l'intervista Repubblica della vice-sindaca Scavuzzo -. Entrate per cui l'Istituto paga 130 mila euro di tasse, la metà al Comune come IMU». La replica arriva dopo che l'esponente della giunta Sala aveva ribadito i motivi per cui la storica scuola media con un alto numero di disabili non poteva rimanere più nell'Istituto e andava trasferita: spese eccessive. «Precisazioni necessarie - aggiunge Masto - per salvaguardare l'immagine della Fondazione verso i propri benefattori (Scavuzzo aveva parlato di circa 9 milioni pagati in 12 anni, ndr), che mal giudicherebbero l'Istituto come uno speculatore immobiliare», mentre «al di là dei servizi sanitari e socioassistenziali offerti, la Fondazione segue oltre 450 studenti». L'Istituto auspica «un ripensamento» del Comune: «Saremmo felici se uno sponsor favorisse la permanenza della scuola», ma «seguiremo gli studenti disabili visivi anche nella nuova sede». L'obiettivo è «avere una sede adatta al progetto educativo e quella individuata non sembra esserlo - spiega la vice-preside Maria Daniela Villa - . Se la decisione è definitiva si preveda almeno il tempo necessario per i lavori e il trasferimento. Non può essere settembre». E il tempo è centrale anche per l'Associazione Scuola Vivaio, contenta «che le visite istituzionali abbiano permesso di riportare l'attenzione sulle necessità della comunità fragile della Vivaio e che stiano maturando le condizioni per parlare del progetto educativo» . Le famiglie, però, non arretrano: chiedono «un incontro con il sindaco e le altre istituzioni» e auspicano «che il ministero favorisca l'apertura di un tavolo di co-progettazione con Comune, Regione, filantropia privata, scuola e famiglie».

di Sara Bernacchia

21 febbraio. Giornata Nazionale del Braille: a Mantova la cultura è “SOTTO LE DITA”!

L’Unione italiana ciechi e ipovedenti di Mantova celebra con un evento culturale la Giornata dell’alfabeto Braille.

Il 21 febbraio - in coincidenza con la Giornata mondiale della difesa dell'identità linguistica promossa dall'Unesco - è celebrata a livello nazionale la Giornata dell’alfabeto Braille. Il codice, ideato dal francese Luis Braille nel 1827, consente ogni giorno alle persone cieche e ipovedenti di tutto il mondo di leggere e scrivere, attraverso le punte delle dita.

Per celebrare la ricorrenza l’Unione italiana ciechi e ipovedenti (Uici) di Mantova ha organizzato l’iniziativa “La cultura sotto le dita”, che si svolgerà il 21 febbraio dalle 16 alle 18 alla biblioteca e mediateca Gino Baratta (nella sala delle Colonne). L’incontro, condotto dalla presidentessa Uici Mirella Gavioli e da alcuni soci, ha l’obiettivo di far conoscere e sperimentare anche ai vedenti l’alfabeto Braille. Verranno poi esposti materiali informativi e strumenti, dai più tradizionali ai più innovativi, per la lettoscrittura. Chi parteciperà avrà anche la possibilità di vedere e toccare con mano libri e riviste scritti in Braille, e di assistere alla lettura di testi da parte di soci Uici. Si potrà comprovare la straordinaria efficacia ed estrema versatilità del codice, che dopo quasi 200 anni dalla sua creazione, continua a essere attuale. All’incontro, aperto a tutti, parteciperanno anche Alessandra Riccadonna (assessora al sistema bibliotecario e politiche giovanili), Chiara Sortino (assessora alle politiche e servizi per la famiglia, infanzia e adolescenza), e Francesca Ferrari (direttrice della biblioteca).

“Risulta di fondamentale importanza che i nostri bambini con disabilità visiva possano imparare il Braille fin dal primo giorno di scuola con modalità e strumenti adatti a renderli autonomi e inclusi, sostenuti dalle competenze specifiche di docenti ed educatori - dichiara la presidentessa Mirella Gavioli -. Per chi diventa cieco in età adulta, l’apprendimento e l’uso del Braille sono certamente più difficili, ma non improponibili. Un buon grado di consapevolezza e un buon esercizio, consentono a tutti di sperimentarne l'efficacia e la semplicità quotidiana, a portata di dita. La nostra associazione e il Club Italiano del Braille intendono proseguire nel dovere di mantenerne viva l'essenza, oltre che la memoria”.

L’alfabeto Braille è costituito dalla combinazione di un massimo di sei punti in rilievo, 8 per l’informatica, disposti in singole caselle dalla grandezza di un polpastrello. La collocazione dei punti, creati forando fogli di diversi materiali, consente di distinguere lettere, numeri e simboli, in modo universale. Per mezzo di questo codice le persone affette da cecità possono approcciarsi a qualsiasi tipo di sapere o arte. Questo sistema è molto più di un semplice alfabeto: il Braille è inclusione, è pari opportunità, è diritto, è cultura. È a tutti gli effetti simbolo di avvenuta emancipazione e della conquistata autonomia di chi non vede, e per questo ha tutto il diritto di essere conosciuto e tutelato.

sabato 19 febbraio 2022

Musei: all'Archeologico di Napoli "Braille e non solo"

Agenzia ANSA del 19/02/2022

NAPOLI. In occasione della XV Giornata nazionale del Braille (21 febbraio) si è aperta al Museo Archeologico Nazionale di Napoli la mostra "Braille e non solo", promossa dall'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti con i Servizi Educativi del MANN (fino al 28 febbraio).

L'esposizione risponde all'impegno che il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, si sottolinea, dedica all'interazione con diversi tipi di pubblico: laboratori e attività didattiche con soggetti affetti da disabilità visiva hanno portato a fare rete con diverse realtà, anche non campane, come il Museo Omero, Museo tattile statale. Dispositivi tattili, per comunicare i tesori del MANN, sono presenti nelle sale accanto alla sezione Preistoria e in collezione Magna Grecia.

L'allestimento della mostra presenta ventiquattro scatti realizzati durante il corso triennale "Bambini fotografi": gli educatori, nel team condotto da Marzia Bertelli, hanno guidato bambini e ragazzi dai 7 ai 15 anni, con disabilità visiva, a scoprire una disciplina che più di altre, si basa sulla forza dell'immagine.

La mostra, enfatizza il valore della didattica, dello spirito di squadra e degli strumenti di supporto ai piccoli discenti: le fotografie, infatti, sono accompagnate da didascalie in formato audio e, naturalmente, da trascrizioni in Braille (ANSA).

venerdì 18 febbraio 2022

Braille, storia di una rivoluzione: il 22 febbraio a Roma per ricordare l'alfabeto universale

La Repubblica del 18/02/2022

Iniziative sul territorio e un evento ad hoc per raccontare come questo strumento abbia creato opportunità di inclusione dei ciechi nel lavoro, nella cultura, nelle arti e nella società ma anche lanciare un allarme sul fenomeno della povertà educativa.

ROMA. L''Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti (UICI), l'organizzazione nazionale che rappresenta le istanze di circa 2 milioni di ciechi assoluti e ipovedenti, insieme al Club Italiano del Braille riaccendono anche quest'anno i riflettori sul Braille, straordinario sistema di lettura e scrittura che da quasi 200 anni a questa parte garantisce ai ciechi autonomia, inclusione, cittadinanza.

L'occasione è data dalla XV Giornata nazionale del Braille istituita dal Parlamento nel 2007 e che coincide il 21 febbraio con la giornata mondiale della difesa dell'identità linguistica dei popoli e delle minoranze. Una giornata speciale promossa proprio per ribadire l'importanza di questo strumento e le molteplici applicazioni pratiche di un alfabeto universalmente conosciuto e riconosciuto in tutto il mondo per scrivere, leggere e comunicare. Per ribadire la necessità di continuare a far conoscere il Braille, accrescere la formazione e il numero degli operatori che lo insegnano e sensibilizzare le istituzioni sulle opportunità di integrazione e dialogo anche con le nuove tecnologie assistive, l'UICI promuove attraverso le sue strutture decine di iniziative sul territorio che culmineranno in un evento di carattere istituzionale organizzato con il Club Italiano Braille martedi 22 febbraio a Roma (ore 16, Camera di Commercio di Roma, Sala Tempio di Adriano).

"Il Braille è ancora oggi il pilastro su cui deve poggiare il sistema educativo rivolto ai non vedenti perché garantisce loro di poter leggere e scrivere compiutamente e in autonomia, come la grammatica o la sintassi sono le basi della lingua italiana - ha dichiarato il Presidente dell'UICI Mario Barbuto - oggi esistono le tecnologie assistive , gli ausili e i dispositivi audio, ma non si deve prescindere mai dal conoscere e praticare il sistema universale come il Braille, perché esso si integra perfettamente. Chiediamo con forza di accrescere la conoscenza del Braille presso gli operatori della scuola e la diffusione di questo metodo - prosegue Barbuto - per non condannare i ciechi a restare indietro pregiudicando il loro futuro nella vita lavorativa e sociale. Stiamo peraltro registrando una crescita diffusa del fenomeno della povertà educativa nei minori con disabilità visiva e plurima a cui abbiamo dedicato un progetto specifico, dal titolo "bloom again. Tutti i sensi hanno colore".

L'obiettivo è arginare i rischi di questo analfabetismo strisciante e favorire l'integrazione scolastica ed extra scolastica delle persone con disabilità anche attraverso il potenziamento delle professionalità degli operatori che quotidianamente sono in contatto coi minori".

"In occasione di questa ricorrenza annuale ci tengo a sottolineare come il Braille sia l'esempio più vivido di come un buon sistema, anche se passano gli anni, non viene mai abbandonata se contribuisce all'evoluzione di una società. - ha commentato il Ministro per le disabilità Erika Stefani, in occasione della Giornata nazionale del Braille e attesa all'evento di UICI -L'abbattimento delle barriere fisiche, culturali e alla comunicazione è uno degli obiettivi a lungo termine che istituzioni e associazioni condividono e sul quale si opera su più tavoli e in maniera sinergica. Negli ultimi mesi, il contributo dell'UICI e del Presidente Barbuto è stato come sempre preziosissimo nel nostro lavoro di definizione di politiche inclusive, efficaci e incisive in favore delle persone con disabilità".

L'evento, moderato dal Presidente del Club Italiano Braille, Nicola Stilla, e a cui parteciperanno il Ministro per le disabilità Erika Stefani e il sottosegretario al Ministero dell'istruzione Rossano Sasso, prenderà il via con una lettura di un brano tratto dal libro "Diversi - la lunga battaglia dei disabili per cambiare la Storia" condotta a due voci tra l'autore giornalista Gian Antonio Stella e il Presidente dell'UICI, Mario Barbuto. A seguire alcune storie simbolo di sfida e vittoria, da quella del direttore d'orchestra e pianista Luigi Mariani che spiegherà l'importanza del Braille anche nello studio della musica, a quella raccolta da Francesca Piccardi responsabile del Centro di consulenza tiflodidattica dell'Umbria su come il Braille abbia consentito percorsi efficaci di apprendimento anche a fronte di pluri-disabilità, fino alle applicazioni nello studio delle lingue straniere, come testimonierà la lettura speciale di testi di alcune poesie a cura di Alessandra giovane donna di Foggia non vedente iscritta alla facoltà di lingue orientali all'Università di Napoli.

Ma parlare del ruolo del Braille e accesso all'istruzione non può prescindere da una riflessione sull'importanza più complessiva di percorsi formativi di qualità e dei rischi connessi alla povertà educativa, a cominciare da quella dei bambini, tematiche affrontate da un importante Progetto di UICI "Bloom Again. Tutti i sensi hanno colore" che sarà illustrato da Linda Legname, vice presidente dell'Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti e responsabile del Progetto insieme al Tiflologo Nando Sutera. Tra gli altri contributi, la testimonianza di Pietro Piscitelli, Presidente della Biblioteca Italiana per i ciechi di Monza, tra le principali strutture nazionali al servizio dei non vedenti, l'intervento del Presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap (FISH), Vincenzo Falabella, Pedro Zurita, Presidente onorario del Club Italiano del Braille che approfondirà il tema del Braille nel mondo e Rodolfo Masto, presidente della Federazione Nazionale delle Istituzioni pro Ciechi. Concluderà i lavori il Presidente dell'UICI Mario Barbuto. A tutti gli ospiti sarà distribuita una maglietta commemorativa con la scritta anche in Braille "Insieme, leggiamo il mondo".

"Il Braille è lo strumento fondamentale per l'accesso alla cultura e alla formazione da parte dei non vedenti non solo in Italia ma in tutti i Paesi del mondo, dove è universalmente riconosciuto e fortemente tutelato - ha ribadito Nicola Stilla, Presidente del Club Italiano Braille - La sua importanza risiede anche nel fatto che ad oggi è l'unico strumento di lettura e scrittura diretto a disposizione del cieco e che per questo offre le migliori prerogative di autonomia e indipendenza, oltre ad essere particolarmente adatto ed efficace nell'apprendimento delle materie tecnico-scientifiche, matematiche e linguistiche. È necessario un impegno condiviso tra scuola, istituzioni e associazioni del settore affinché, da un lato, chi è preposto a insegnare questo sistema lo sappia fare con le competenze giuste e dall'altro che il non vedente sia stimolato ad imparare questo metodo come risorsa di cui potrà fare tesoro per tutta la vita."

"A distanza di due secoli, la straordinaria intuizione di Louis Braille si presenta a noi in tutta la sua intatta vitalità e resta un simbolo universale di emancipazione, indipendenza e inclusione delle persone con disabilità. - ha commentato il sottosegretario al Ministero dell'istruzione Rossano Sasso - Celebrarla degnamente significa non limitarsi alle dichiarazioni di principio, ma impegnarsi ogni giorno affinché la società, nelle sue varie articolazioni, garantisca effettivamente pari condizioni di accesso a tutti i cittadini. A cominciare dal mondo della scuola, che sarà chiamato a utilizzare al meglio gli ingenti fondi del PNRR: va azzerata la disomogeneità nell'offerta didattica e di servizi di supporto alle famiglie tra le varie Regioni del Paese; bisogna costruire nuove scuole totalmente inclusive e adeguare quelle esistenti; si dovrà lavorare a fondo anche sul fronte degli insegnanti, sia per incrementare il numero e la qualità dei docenti di sostegno sia per formare al meglio i docenti ordinari in materia di modelli inclusivi. Non possiamo fallire". Il Braille è il sistema di comunicazione di riferimento per il mondo dei non vedenti. Basato su 6 punti in rilievo che possono combinarsi per rappresentare lettere dell'alfabeto, numeri, segni di punteggiatura, simboli matematici, informatici, musicali e chimici venne inventato nel 1829 da Louis Braille.

giovedì 17 febbraio 2022

"Ridaremo la vista". L'esperto e le sfide del futuro della medicina

Il Giornale del 17/02/2022

Stanislao Rizzo, oculista di fama internazionale, è considerato una eccellenza italiana per i suoi studi e interventi innovativi nel campo medico-scientifico.

Le nuove forme di cecità, la miopia, la cura della retina, il Covid19 e la sanità post-pandemia. Intervista a Stanislao Rizzo, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oculistica del Policlinico Gemelli e docente presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore. Nel 2013 ha ricevuto a Los Angeles il premio come chirurgo innovativo dell’anno dalla Alfred Mann Foundation Award for Scientific Achievement.

Professor Rizzo quali sono ad oggi le principali cause di cecità?

“Per quanto riguarda il mondo occidentale abbiamo risolto il problema della cataratta, l’opacizzazione del cristallino, che invece caratterizza molto i paesi meno avanzati. Intervenire sul cristallino opaco, estraendolo e sostituendolo con una protesi trasparente, diciamo è la chirurgia più frequente che noi eseguiamo in oculistica. È un’evenienza molto frequente che dopo i 60/70 anni il cristallino vada ad opacizzarsi. E quindi, considerando l’invecchiamento generale della popolazione è sicuramente l’intervento più diffuso. Diciamo che nel mondo occidentale, quello più sviluppato, se vogliamo chiamarlo così tra le cause più frequenti di cecità al primo posto c’è la degenerazione maculare senile, ovvero maculopatia senile. La macula è la parte centrale della retina (il tessuto più nobile che abbiamo nel nostro organismo) deputata alla visione distinta. Noi vediamo il viso dei nostri cari, leggiamo il giornale, vediamo il distinto attraverso questo millimetro e mezzo che costituisce il centro della retina dove le immagini vengono viste perfettamente a fuoco. Anche in questo caso in età più avanzata la macula subisce delle alterazioni che portano a cecità centrale. Quindi una malattia molto invalidante perché il paziente non riesce più a vedere l’ambiente che lo circonda in maniera distinta, ma con notevole distorsione o con una macchia centrale”.

L’utilizzo sempre più frequente di strumenti tecnologici come pc, ipad, cellulari, ebook posso portare ad un danneggiamento della vista?

“Quello che noi osserviamo e soprattutto lo abbiamo visto in questi due anni di didattica a distanza, conferenze via computer, è un aumento della miopia. L’applicazione da vicino fa sì che i nostri ragazzi stiano diventando miopi. Ormai la miopia interessa più del 50% degli italiani. Anzi, ci sono delle popolazioni, come quella ebraica o giapponese in cui la miopia è molto molto diffusa e questo è un carattere genetico. Mentre ci sono delle popolazioni come gli australiani dove la miopia è meno diffusa. Forse anche perché gli australiani vivono più all’aria aperta, hanno più luce, sole… Quindi la miopia sicuramente è una causa che può essere peggiorata o indotta da un’applicazione continua da vicino”.

Lei è specializzato nella cura della retina, a che punto sono gli studi sull’utilizzo delle cellule staminali?

“Siamo ancora lontani dal rigenerare un tessuto così sofisticato, nobile (la retina è fatta da nove strati, con numerosi tipi di cellule ognuna con una funzione diversa dall’altra). Noi possiamo per esempio far ricrescere la cute, il muscolo cardiaco con le cellule staminali, ma far ricrescere un tessuto come la retina è molto difficile. È un traguardo ancora molto lontano”.

Lo scorso anno al Gemelli è stato protagonista di un intervento fondamentale per combattere la cecità, l’impianto su un paziente di 70 anni di una retina artificiale.

“Quello che abbiamo utilizzato è un impianto tecnologicamente avanzatissimo, frutto di una collaborazione fra un’azienda israeliana e una grande azienda tedesca, quindi a dimostrazione anche di come la scienza non ha confini. Ma per non dare false illusioni ai pazienti, questo sistema è deputato a una particolare forma di cecità molto rara che si chiama retinite pigmentosa. Una malattia ereditaria, trasmessa attraverso il nostro patrimonio genetico e che colpisce persone anche in età giovanile. Ma è solo e soltanto in questo tipo di malattia che noi applichiamo questo microcomputer sulla superficie della retina”.

Per il resto dei casi di cecità?

“Per tutto il resto delle cause di cecità ancora questo tipo di applicazione non è possibile, ma abbiamo aperto una grande porta per una patologia molto di confine”.

Lei pensa che in futuro, fra quaranta/cinquant’anni, ci possa essere la possibilità di ridare completamente la vista?

“Io penso prima di cinquant’anni. Ci sono tre grandi branche di ricerca almeno nel campo della rigenerazione: le cellule staminali, la retina artificiale, la terapia genica. Quest’ultima è un altro grandissimo capitolo, ossia modificare mediante un virus buono che porti un’informazione corretta quello che purtroppo è stato geneticamente trasmesso al paziente in maniera errata”.

Dal punto di vista professionale come si è sentito dopo il successo dell’intervento?

“Ridare la vista è il sogno di qualunque oculista. Il fatto che il paziente dopo solo qualche giorno abbia rivisto la luce, la figura della moglie è stata un’enorme soddisfazione”.

Il Covid19 attacca anche l’occhio, in che modo può essere contratto?

“Come tutti i virus può penetrare nell’occhio attraverso la congiuntiva. La congiuntiva è una membrana che ricopre l’occhio altamente vascolarizzata e l’eventuale congiuntivite si manifesta come tutte le forme virali, con occhio rosso, lacrimazione, sensazione di corpo estraneo… ma non lascia conseguenze”.

Quest’anno a Roma si è tenuta Floretina, la biennale dell’oculistica mondiale che Lei organizza.

“Floretina è un congresso internazionale in cui numerosissimi ricercatori provenienti da tutte le parti del mondo scambiano le proprie esperienze. Il bello di questa edizione è che finalmente siamo tornati diciamo in presenza, (1600 partecipanti), dopo due anni di isolamento. I temi su cui abbiamo discusso si sono concentrati su cellule staminali, visione artificiale, terapia genica”.

Come pensa che uscirà la sanità italiana dopo il Covid19?

“Spero più preparata. Quello che ha evidenziato questo evento è l’assoluta mancanza del territorio. Tutti i grandi ospedali sono andati in sofferenza nel momento acuto perché tutti i pazienti arrivavano all’ospedale centrale e molte volte non venivano curati a casa come in molti casi avrebbe potuto essere. Sicuramente è stata una grande lezione, speriamo di poter trarne vantaggio ed esperienza”.

di Federico Bini

giovedì 10 febbraio 2022

Al via la campagna social per usare bene i monopattini

Gazzetta di Reggio del 10/02/2022

Si chiama #SicuroSuDott e sfrutterà foto e video per raggiungere anche i giovani. Nasce dalla collaborazione di Comune, Iren, Dott e Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti (UICI).

REGGIO EMILIA. Si chiama #SicuroSuDott ed è la nuova campagna lanciata da Dott -società leader della micro-mobilità condivisa- insieme all'Unione italiana ciechi e ipovedenti e Iren con lo scopo di informare ed educare i cittadini di Reggio Emilia al corretto utilizzo dei monopattini, nel rispetto di tutti gli utenti della strada.

L'iniziativa dedica particolare attenzione ai pedoni ipo e non vedenti per promuovere una città senza barriere e una mobilità inclusiva e accessibile, tematiche da sempre care all'amministrazione comunale reggiana.

«È veramente apprezzabile la sensibilità dimostrata dalla società Dott, che si concretizza in una campagna in collaborazione con UICI e Iren, partner abituali dell'amministrazione comunale in iniziative di civismo e sostenibilità - commenta Carlotta Bonvicini, assessore alla Mobilità del Comune di Reggio - L'iniziativa unisce e concilia diritti molto importanti nel nostro tempo, quali la sicurezza, la sostenibilità e l'inclusione sociale, partendo dai presupposti che la strada, come ogni spazio pubblico, appartiene e deve essere fruibile da tutti e che il problema non è mai il mezzo ma l'uso che se ne fa. La sfida si vince con l'educazione degli utenti e una buona educazione si può ottenere lavorando insieme, come in questo caso, sulla comunicazione e la prevenzione».

La campagna verrà realizzata prevalentemente sui canali social di Dott, Unione italiana ciechi e ipovedenti e Iren: attraverso foto e video su Instagram verranno mostrati gli errori più comuni degli utenti e come, invece, bisognerebbe comportarsi. La scelta di questi metodi e canali molto giovanili ha l'obiettivo di diffondere messaggi corretti nel modo più efficace possibile, responsabilizzando e coinvolgendo tutta la comunità digitale direttamente con attività divertenti quali quiz, sondaggi e domande.

I contenuti della campagna sono stati realizzati su particolare spunto di Uici, che ha posto l'attenzione sulle problematiche che impattano maggiormente la mobilità dei pedoni, come ad esempio parcheggiare il monopattino in modo scorretto intralciando il cammino di persone ipo o non vedenti, ma anche di anziani, disabili e bambini trasportati sul passeggino.

Per rendere ancora più chiare le regole di utilizzo agli utenti, non appena terminerà la situazione di emergenza pandemica verranno inoltre organizzati momenti di formazione in presenza sul territorio.

«Siamo molto fieri di aver collaborato con il Comune, UICI e Iren alla realizzazione di questa campagna volta a responsabilizzare maggiormente i nostri utenti al rispetto di semplici regole con cui non essere di intralcio o pericolo - commenta Andrea Giaretta, regional manager southern Europe di Dott - I nostri mezzi, tanto ecologici quanto moderni, hanno infatti cambiato e migliorato le abitudini di mobilità dei reggiani, ed è per questo che ci dobbiamo impegnare affinché vengano usati nel modo più corretto e sicuro possibile».

I ringraziamenti a Dott arrivano dall'Unione italiana ciechi e ipovedenti, «per l'attenzione dimostrata e per aver voluto coinvolgere la nostra associazione nella campagna di comunicazione rivolta agli utenti dei monopattini - sottolinea Giovanni Laiolo di UICI - Siamo convinti che un serio lavoro di sensibilizzazione sia lo strumento migliore per perseguire una mobilità veramente sostenibile, in grado, cioè, di contemperare cura dell'ambiente, comodità per i cittadini, ma anche attenzione per le persone più vulnerabili. Un uso responsabile dei monopattini e, in particolare, il rispetto delle corrette modalità di parcheggio può davvero fare la differenza, incidendo sulle possibilità di spostamento, e quindi, in definitiva, sulla vita quotidiana delle persone con disabilità visiva».

Anche Iren si unisce al coro: «Siamo lieti di integrare la collaborazione già in essere con Dott a Reggio Emilia con questo progetto di valore - dichiara Gianluca Bufo, amministratore delegato di Iren Mercato - Una collaborazione coerente con il nostro posizionamento e con gli obiettivi strategici del Gruppo Iren in tema di transizione ecologica, elettrificazione dei consumi, ma anche di sostegno alle progettualità nei territori in cui operiamo. La campagna #SicuroSuDott rappresenta in questo senso un'iniziativa virtuosa, capace di incentivare una mobilità rispettosa dell'ambiente e, allo stesso tempo, della sicurezza di tutti».

mercoledì 9 febbraio 2022

«Per la cataratta attesa di nove mesi. O paghi 2 mila euro»

La Provincia di Sondrio del 09/02/2022

L'esperienza di una cittadina sondriese «Molte persone vanno dai privati, ma servono i soldi» Asst: «Situazione nazionale così, occorre pazienza».

«Nove mesi per una cataratta, ma sono certa che se accettassi di spendere duemila euro privatamente, duemilacento euro a occhio per l'esattezza come mi è stato detto, allora riuscirei ad avere una data prima. E pure in ospedale». Arriva dalla signora Vanda, residente in città, la segnalazione, l'ultima in ordine di tempo della lunga attesa necessaria per poter accedere alle cure del servizio pubblico.

La vicenda

Il problema all'occhio è quello del marito, già affetto da altre patologie. «Dopo aver fatto tutte le visite specialistiche privatamente speravamo di potergli far fare l'intervento rivolgendoci alla sanità pubblica - spiega Vanda -, quando però ho saputo che bisogna attendere nove mesi sono trasecolata». Il marito non rientra nelle categorie per cui, da protocollo, è prevista priorità (monocoli piuttosto che lavoratori, ad esempio). «Non lo trovo corretto. Ci sono anche persone che hanno altre patologie, altri problemi di salute e dovrebbero rientrare nelle priorità» protesta la donna a cui però, proprio per andare incontro alle esigenze di salute del marito, l'Asst ha proposto di andare a Milano, al centro oftalmologico per una valutazione, martedì prossimo. «Ma come si fa? - dice lei -. Io non guido, mio marito con quell'occhio e gli altri problemi, neppure. Andare a Milano a farsi operare significherebbe doversi fermare a dormire in albergo. Non credo che sia corretto che da Sondrio si debba sempre spostarsi altrove per potere avere accesso alla sanità pubblica. O, altrimenti, accettare di affidarsi al privato». « Credo che sia ora di ribellarsi a questa situazione - afferma - . In Valtellina paghiamo la sanità come tutti e invece ci ritroviamo ad avere liste d'attesa lunghissime, reparti che non funzionano o addirittura chiusi, medici inesistenti. So di gente che proprio per la cataratta alla fine ha ceduto e ha deciso di farsi operare privatamente, solo che anziché fare l'intervento su entrambi gli occhi si è limitato a uno perché non poteva permettersi di spendere quattromila euro. Questo non è giusto. Chi deve vivere con la pensione minima come fa? Sembra che ormai sia diventata la norma». Come dimostra, fa notare, il proliferare di centri privati per le visite specialistiche e gli esami diagnostici. Ed è proprio contro questo, al di là del caso particolare del marito, che la signora sondriese si ribella.

Non un'eccezione

Un caso noto alla direzione generale dell'Asst, così come ben conosciute sono le difficoltà di accesso ai servizi e le liste d'attesa. «È una situazione che riguarda l'intera Lombardia, l'intero Paese - dicono dall'Asst -. Bisogna avere pazienza. Stiamo facendo il possibile e l'impossibile, ma questi due anni di pandemia hanno creato disagi e difficoltà a tutti coloro che hanno patologie diverse dal Covid. Abbiamo dovuto riorganizzare l'attività, spostare i medici nei reparti Covid, impiegarli per somministrare le vaccinazioni, ed è evidente che in tutto questo a risentirne siano stati i malati non Covid». Nel caso specifico del reparto di oculistica mancano tre specialisti che hanno impedito di effettuare gli interventi come in passato «e poi comunque ci sono protocolli e priorità da rispettare». «I problemi ci sono e lo sappiamo bene - concludono dalla direzione generale -. Le indicazioni che arrivano anche dalla Regione sono quelle di recuperare le liste d'attesa, lo faremo, ma ci vorrà un po’ di tempo perché, tra l'altro, pur con numeri di contagio in calo, il Covid non è passato. La pandemia non è finita. Piano piano cercheremo di recuperare, ma la situazione è quella che è. Serve pazienza».

martedì 8 febbraio 2022

Alunni con disabilità: la centralità di una progettazione didattica inclusiva

Disabili.com del 08/02/2022

L’inclusione scolastica è un processo complesso con azioni sinergiche: nel lavoro del docente è centrale la progettazione didattica.

Il lavoro del docente è diventato nel tempo sempre più complesso, perché nel tempo più complessa è diventata l’organizzazione del sistema scolastico, perché complessi ed eterogenei sono apparsi nel tempo i bisogni formativi degli alunni. La letteratura scientifica di riferimento ha fornito innumerevoli contributi in merito alle diverse intelligenze, agli stili di apprendimento e cognitivi, all’intelligenza emotiva, al valore dell’empatia.

Negli studi più recenti emerge con forza l’inalienabilità della specificità di ogni singolo individuo, che deve trovare nei contesti possibilità di cittadinanza e di espressione, di riconoscimento precipuo. Appare chiaro che la progettazione didattica non può non tener conto di tutto questo e che in essa il concetto di inclusione deve essere centrale, per consentire a ciascun alunno di raggiungere il più suo più alto livello di successo formativo possibile.

La progettazione inclusiva, pertanto, non è e non dev’essere una mera esigenza in presenza di alunni con disabilità o di altri bisogni educativi speciali. Si tratta invece di un’esigenza costante, di un impegno proprio di ogni docente, che riguarda la progettazione di tutte le classi in cui opera.

Ai fini di tale approccio progettuale diventa allora centrale un’attenta osservazione che accompagni ogni momento della vita scolastica, dal momento diagnostico alla progettazione didattica, alla verifica, alla valutazione, nonché alla documentazione. È proprio grazie all’osservazione sistematica e non improvvisata, infatti, che è possibile individuare con precisione i bisogni educativi e didattici, in ultimo formativi, degli alunni.

Nella predisposizione di una progettazione inclusiva è fondamentale creare un ambiente di apprendimento accogliente e favorevole al successo formativo di ciascun alunno, nel pieno rispetto dei differenti stili di apprendimento, valorizzando le diversità e le potenzialità di ciascuno e ponendo importante attenzione alle fragilità di tutti.

È anche importante avere piena consapevolezza che nella progettazione didattico-educativa gli elementi di individualizzazione e personalizzazione non sono e non devono essere meramente riferiti agli alunni con disabilità, con DSA o con altri bisogni educativi speciali, ma devono riguardare tutti gli alunni, in relazione ai bisogni di ciascuno. In assenza di una specifica certificazione, infatti, è possibile comunque prevedere percorsi di individualizzazione e personalizzazione grazie al DPR n. 275/99 e alla L. n. 53/03.

Nelle classi inclusive ogni alunno è risorsa significativa all’interno del gruppo classe e le sue competenze possono divenire importante strumento di tutoraggio nelle pratiche del lavoro scolastico. In tale ottica è importante individuare gli alunni con disabilità come risorse rilevanti, sia per il contributo che essi portano, come gli altri alunni, in relazione alle specifiche potenzialità, all’interno dei gruppi classe, sia perché consentono di occasionare importanti momenti di crescita personale ed umana per tutti gli alunni, chiamati a percorrere insieme un itinerario di accettazione e valorizzazione delle diversità.

Progettare le attività didattiche inclusivamente significa proporre attività flessibili e ricche, con metodologie eterogenee e attente ai bisogni di ciascuno, con strumenti, materiali e mediatori funzionali e necessari alle peculiari necessità. Significa entrare in classe con una cassetta degli attrezzi piena di opulenze, con cui imbandire un abbondante banchetto di apprendimento, che possa rispondere alla fame di sapere di ciascun alunno, in base alle specifiche esigenze, ai puntuali appetiti, ai modi e alla possibilità di nutrirsi in direzione della vita adulta.

di Tina Naccarato

Sanremo 2022, la disabilità narrata da un palco

InVisibili Blog del 08/02/2022

Il primo febbraio abbiamo festeggiato il compleanno: dieci anni di InVisibili, che nel mondo in frenetica evoluzione della comunicazione e della società sono moltissimi. Festeggio parlando di Sanremo per considerazioni differenziate dalle critiche che hanno sommerso Maria Chiara Giannetta, co-conduttrice della terza serata.

Maria Chiara Giannetta c’entra con la disabilità come me con la pasta all’amatriciana: non sono un cuoco, ma se imparo posso sembrare d’esserlo. La Giannetta è stata protagonista della serie su Rai 1 Blanca, dove ha interpretato una consulente cieca della polizia dal pensiero divergente, cioè capace di intercettare segnali che sfuggono ai punti di vista comuni.

Se da una parte questo ruolo trascina nel luogo comune delle persone che non vedono che però vedono oltre (lo stesso Omero era identificato cieco e per questo capace di vedere oltre), dall’altra rimanda alla considerazione che le persone con disabilità sono talora dotate della capacità di vedere diversamente il mondo proprio perché lo affrontano in maniera disassata rispetto alla massa, da cui e per cui è orientato. Cito Daniele Regolo: «Chi vive una condizione di disabilità deve trovare quotidianamente soluzioni differenti (rispetto alla popolazione senza disabilità) per raggiungere un determinato obiettivo. Ciò comporta il dotarsi di una modalità di pensiero e di ragionamento diversi dal pensiero dominante».

I luoghi comuni non sempre sono solo luoghi comuni.

Il suo è uno degli interventi che intervallano la rassegna canora. È un po’ intrattenimento, un po’ servizio pubblico, un po’ autopromozione. Per i più ingenui: nessuno in tv parla da solo, quindi lei ha parlato di disabilità visiva perché Rai, organizzazione e Amadeus lo hanno voluto.

Sul palcoscenico più fiorito d’Italia l’attrice ha raccontato di come si è preparata a interpretare il suo personaggio cieco. Per farlo ha invitato sul palco le persone con deficit visivo che l’hanno aiutata a comprendere il mondo della cecità.

La televisione oltre ai suoi riti, ha i suoi codici e il suo linguaggio. È un teatro, nessuna luce è puntata a caso e dietro le quinte c’è una macchina inimmaginabile. La televisione non parla al pubblico ma ai telespettatori, assolvendo la funzione di far salire lo share, anche sacrificando la qualità dei contenuti. La confezione convoglia la scelta, il contenuto è ausiliario.

La capace Giannetta, introdotta da Amadeus, inizia a raccontare la sua esperienza portandoci sul suo sorriso e sulla sua disinvoltura. Ci deve catturare perché la platea prima si seduce e poi si incanta.

Catalizzando con magistrale abilità scenica, introduce nel suo racconto con il padre di tutti gli errori della comunicazione della disabilità: cambia atteggiamento, si fa deferente, struggente. Persino quando sorride usa la mimica dell’oratore prostrato. È una scelta, non un errore.

La Giannetta via via cambia tono di voce, si fa sempre più vibrante, emozionata e rapita. Patetica per chi conosce la disabilità. Quello che con la voce di prima sarebbe stato cronaca diventa melodramma. È il linguaggio della tv. Di una certa tv.

L’attrice chiama le quattro persone che l’hanno aiutata guardiani e questo le è valsa la critica di trasmettere che le persone con disabilità abbiano bisogno di guardiani. I guardiani non ci fanno male e ognuno chiama i suoi assistenti come vuole. Sono la prossemica e il tono di voce a presentare quei guardiani quali angeli irrinunciabili delle persone con disabilità, togliendo loro facoltà di autonomia.

I guardiani non parlano da sé, parla lei per loro: altra accusa. Sembra che le persone con disabilità non abbiano voce. Siamo al centro di una narrazione con il linguaggio televisivo e non nella cronaca di un fatto, che altro avremmo dovuto aspettarci? Il fatto ormai è mutato in melodramma, nessuno lo ferma più.

La Giannetta dice di aver imparato da quelle persone a riappropriarsi del senso del tempo. Nulla da eccepire: anch’io vivo una percezione del tempo che alcuni mi invidiano. È il tono della narrazione, quasi Tito Stagno che annuncia l’allunaggio, che può far pensare che le persone con disabilità vivano senza l’ansia del tempo. Dirottandole in un immaginario di persone sconnesse dalla realtà: abilismo puro.

E si complimenta l’attrice con una dei suoi guardiani. L’ammira perché è donna coraggiosa che non può avere paura. Nella visione decontaminata dal contesto narrativo non ci sarebbe nulla di male perché quella può essere una persona impavida, chapeau. Ma la narrazione melodrammatica è ormai una inarrestabile valanga, quindi la vince il messaggio che le persone con disabilità siano tutte coraggiose. Nulla di più falso.

Concludendo la liturgia, l’attrice dice che la sua esperienza è stata una figata. La sua esperienza sì, se lo dice lei. La disabilità non è una figata, se non per un piccolo numero di persone che ne sono proprio convinte. Mi dà fastidio Bebe Vio quando dice che la vita è una figata, figuriamoci lei. Che eppure stimo, sia chiaro.

La Giannetta ha detto un sacco di cose giuste nel modo sbagliato. Ed è prevalso il messaggio sbagliato. Ma le ha dette oppure le ha recitate? La televisione ha le sue dinamiche. Ha detto quello che serviva dire.

di Antonio Giuseppe Malafarina

Parte da Torino campagna Dott per uso corretto monopattini

Agenzia ANSA del 08/02/2022

TORINO. Prende avvio dalla Città di Torino la campagna di sensibilizzazione ideata da Dott, società che opera nella micro-mobilità in sharing, in collaborazione con UICI - Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti e Iren. Il progetto nasce con lo scopo "di informare ed educare al corretto utilizzo dei monopattini, nel rispetto di tutti gli utenti della strada, con grande attenzione ai pedoni, sia vedenti sia non".

"L'utilizzo corretto dei mezzi deve essere il punto di partenza per ogni tipo di ragionamento. La strada deve essere un posto sicuro per tutti e tutte. In questa direzione ci stiamo muovendo come amministrazione, pertanto accogliamo con estremo piacere l'iniziativa di Dott. Agli operatori di mezzi in sharing che ho finora incontrato ho fatto presente come sia fondamentale che i mezzi non si trasformino in barriere per gli altri utenti della strada" spiega Chiara Foglietta, assessora alla Transizione ecologica e digitale del Comune di Torino.

"Il monopattino elettrico è entrato a far parte delle abitudini di tantissimi cittadini come scelta di mobilità ecologica e sostenibile. Tuttavia, la prudenza e la conoscenza delle norme sono fondamentali affinché tali mezzi non vengano utilizzati impropriamente, diventando un potenziale pericolo, in particolare per le categorie più deboli" commenta Andrea Giaretta, regional manager Southern Europe di Dott. "Desideriamo ringraziare Dott per l'attenzione dimostrata e per aver voluto coinvolgere la nostra associazione nella campagna di comunicazione rivolta agli utenti dei monopattini" sottolinea il presidente UICI di Torino, Giovanni Laiolo.

Il premio per la vittoria non può discriminare gli atleti disabili

Il Sole 24 Ore del 08/02/2022

STRASBURGO. Gli atleti disabili non devono essere discriminati. E questo vale anche per i premi. Se uno Stato prevede che siano corrisposti riconoscimenti economici o altri benefit per gli sportivi che vincono alcune competizioni non possono poi escludere gli atleti con disabilità. Se lo fanno, violano la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e il diritto a non essere discriminati. Lo ha chiarito la Corte di Strasburgo, affermando principi validi in ogni caso di applicazione della Convenzione, con la sentenza del 25 gennaio, Negovanovic e altri contro Serbia.

A rivolgersi alla Corte sono stati alcuni giocatori di scacchi non vedenti che avevano vinto importanti tornei internazionali, inclusa l'Olimpiade degli scacchi e chiesto di ricevere i premi previsti per gli atleti non disabili dal ministero dello sport. A fronte del rifiuto delle autorità serbe, i ricorrenti si sono rivolti a Strasburgo che ha accolto il ricorso.

È vero - scrive la Corte europea - che gli Stati sono liberi di premiare i vincitori di importanti competizioni sportive, ma non devono discriminare alcuni atleti solo perché disabili anche perché il prestigio di una competizione sportiva non può dipendere dal fatto che sia praticato da atleti con o senza disabilità e lo Stato non può prevedere premi differenziati solo per la circostanza che un atleta sia disabile. E questo - scrive la Corte - vale per ogni sport. Così, l'esclusione di un atleta non vedente dai premi concessi ad altri vincitori di competizioni sportive internazionali e nazionali, non riservate ai disabili, è una discriminazione vietata dalla Convenzione europea e, in particolare, dall'articolo 1 del Protocollo n. 12.

Né lo Stato in causa ha spiegato le ragioni di un diverso trattamento tra atleti privi di disabilità e atleti non vedenti. Il decreto che prevedeva i premi per i vincitori di alcune gare, d'altra parte, non trattava diversamente gli atleti che avevano vinto giochi olimpici o le para-olimpiadi. Invece, per i giocatori di scacchi era previsto un differente trattamento per i non vedenti, con la conseguenza che la Serbia è andata al di là del margine di apprezzamento concesso e ha trattato differentemente individui che si trovano in una situazione analoga. La Convenzione - precisa la Corte europea - non impone di prevedere un riconoscimento economico per meriti sportivi ma, se uno Stato adotta una legislazione che lo prevede, non può trattare in modo differente persone che si trovavano in una situazione analoga. La Corte riconosce che uno Stato può limitare i premi ad alcune competizioni ma, se adotta un diverso trattamento deve dimostrare che i premi vinti dai ricorrenti con disabilità siano meno significativi a livello internazionale di medaglie simili attribuite a giocatori di scacchi vedenti.

Inoltre, per quanto riguarda il contributo dello sport allo "sviluppo e all'affermazione" della reputazione del Paese, la parità di trattamento tra vedenti e non vedenti sarebbe servita solo a migliorare la reputazione del Paese all'estero e a promuovere l'inclusione all'interno dello Stato. Respinta anche la giustificazione fondata su questioni di budget perché sicuramente l'aggiunta dei giocatori di scacchi non vedenti non avrebbe minato la stabilità finanziaria del Paese. Così, la Corte ha ritenuto violato l'articolo 1 del Protocollo n. 12, condannando la Serbia a versare, per i danni non patrimoniali, 4.500 euro e, per i danni patrimoniali, a concedere le prestazioni finanziarie e/o i premi maturati e quelli futuri analoghi a quelli previsti per i giocatori privi di disabilità.

lunedì 7 febbraio 2022

«Bene parlare di cecità a Sanremo ma non è facile»

La Provincia di Lecco del 07/02/2022

È vero, da un lato, che sul palco del Festival di Sanremo i disabili hanno fatto più che altro da spalla a Maria Chiara Giannetta, interprete della cecità nella serie Tv "Blanca"; ma, dall'altro, occorre riconoscere che, comunque si parli di disabilità, il tema è complesso, le sensibilità svariate»;. Per il valmadrerese Franco Lisi - direttore scientifico dell'Istituto dei ciechi di Milano, presidente della RSA "Casa del Cieco di Civate, diplomato programmatore a Bologna e con due lauree, delle quali una conseguita a Urbino - va «riconosciuto ai grandi comunicatori il coraggio di rendersi interpreti di chi voce non ha; e tanto più in un evento forte come Sanremo, portando un tema come la disabilità al grande pubblico».

Tuttavia, all'indomani ci sono state polemiche. «Senz'altro non è corretto far leva sulla disabilità per un tornaconto di immagine personale né - per Lisi - lasciarsi trascinare (come è avvenuto) dall'emotività; diciamolo, un po' di strumentalizzazione c'è stata, ma è comunque una grande responsabilità trasferire all'opinione pubblica un messaggio fatto di emozioni senza eccessi o finti sorrisi. Ciò che a noi disabili e cittadini serve - afferma Lisi - è una comunicazione seria ed efficace per dire la potenzialità dei non vedenti, senza dipingerli come "poverini", ma neanche supereroi che, senza bastone né cane, partono per vincere l'argento alle Olimpiadi: o (altro esempio citato dall'attrice) che possono vivere una dimensione senza tempo, in cui tutti sono lì pronti a dargli una mano. Lo spunto che ci ha offerto Giannetta non è stato di basso profilo - secondo Lisi - Certo, mentre cammino col cane e il bastone tra i tavolini dei bar, in città ridisegnate dal Covid negli spazi aperti e pubblici, io ho problemi di mobilità; nel mio lavoro, come tutti i disabili che lavorano, sto alle regole del tempo e a tutte quelle dei nostri tempi. Anzi, in istituto a Milano arrivano ciechi a seguito di incidenti o malattie, ad un passo dal suicidio per la perdita della vista, come di qualsiasi altra abilità e senso; ciò che non va mai persa, e in ciò cerchiamo di aiutarli, è la dignità: invece, tuttora, per norme inadeguate e ignoranza, le barriere persistono: nell'accesso al mondo del lavoro, dello studio, architettoniche e anche digitali e culturali». (P.Zuc.)

Cesare, cieco per un tumore a 3 anni. «Aveva paura di uscire. Durante il lockdown ha scoperto il mondo»

Corriere del Veneto del 07/02/2022

Il bimbo e la sua famiglia sono di Conegliano. La mamma: «Le sue esplorazione prima con i piedini e poi con le mani. Su facebook il racconto.

CONEGLIANO. «Quando ti dicono che tuo figlio di un anno e mezzo non vedrà mai più ricevi uno schiaffo che ti toglie lucidità. Ti senti sopraffare. A farmi reagire è stato Cesare, con la sua grinta mi ha dimostrato che tutto si può fare». A parlare è Valentina, la mamma di Cesare un frugoletto biondo di 3 anni che a causa di un tumore al nervo ottico ha perso la vista per sempre. E che oggi, con l’energia e la spontaneità dei bambini, sta imparando a conoscere il mondo: «Prima lo ha fatto con i piedi, ora lo sente con le mani ed è un bimbo sereno e felice».

La malattia

La vita con Cesare non è stata gentile, a soli 9 mesi al piccolo è stata diagnosticata la neurofibromatosi. Una manciata di mesi dopo è arrivato il tumore che ha spento i suoi occhi: «È successo tutto in poche ore. Ci siamo resi conto che il bambino non stava bene e la visita dalla pediatra lo ha confermato. Ci ha subito detto che avrebbe dovuto fare una risonanza urgente, siamo andati al Burlo di Trieste dove è arrivato lo schiaffo. I medici ci hanno detto che aveva un glioma delle vie ottiche di 4.6 centimetri. Ci ho messo 3 mesi per capire dove aveva questo tumore e la sua grandezza spaventosa. Almeno 7 mesi per comprendere che non avrebbe visto mai più». Il bimbo non ha avuto bisogno di un intervento ma sono seguiti due anni di chemioterapia e cure molto difficili.

La forza di Cesare

A dare a lei e al marito Federico — la famiglia vive a Conegliano — la forza di andare avanti e affrontare tutto è stato proprio Cesare. «Ha perso del tutto la vista nel giro di un mese e mezzo — racconta la mamma —, per questo non dormiva di notte e non voleva più uscire di casa, anche solo varcare la porta scatenava in lui il pianto. Poi è arrivato il lockdown e, visto che i suoi fratelli più grandi Alessandro e Teresa erano a casa, ha iniziato con loro a riscoprire il mondo. All’inizio piangeva per tutto, il contatto con l’erba i sassi sotto i piedi, tutto lo spaventava. Pian piano però, prima con i piedini, poi con le mani e anche con la bocca ha cominciato a riconoscere il mondo». Il percorso che Cesare ha fatto e fa con il sorriso è aiutato dalla forza che solo una mamma può avere. «I medici si sono concentrati sul tumore da sconfiggere io invece, da mamma, avevo bisogno di concentrarmi sul futuro di Cesare. Mentre loro gli salvavano la vita io mi davo da fare perché quella vita avesse un senso e lui potesse avere le possibilità che hanno tutti i bambini».

Lo sport

Così è arrivato il contatto con l’istituto la Nostra Famiglia e la Fondazione Hollman di Padova ma soprattutto, con Daniele Cassioli, cieco dalla nascita, pluripremiato campione mondiale ed europeo di sci nautico e membro del Consiglio Nazionale del Cip (Comitato Italiano Paralimpico): «Grazie alla sua associazione Real Eyes Sport quasi ogni sabato portiamo Cesare a Padova a far sport insieme ad altri bambini. Conoscere Davide e leggere il suo libro mi ha dato tantissima forza, mi ha fatto capire che il mio bambino nonostante la cecità potrà avere una vita piena, forse anche più dei suoi coetanei, nonostante la cecità». E il piccolo lo sta già dimostrando ai genitori. Oggi Cesare è un bimbo che ha forza e coraggio incredibili.

La scuola

Frequenta la scuola materna Zandonai. «Maestre e compagni l’hanno accolto con affetto e in questi mesi ha già mostrato grandi miglioramenti. Stare con gli altri bambini è gioia pura per lui che, a causa della chemio e dei ricoveri, è stato tanto da solo». Cesare inoltre fa equitazione e ama le passeggiate durante le quali: «Tocca e annusa ovunque, facendoci scoprire tante cose. Come ad esempio i pannelli tattili per i turisti che emettono certi suoni e rumori che lui ascolta mentre noi siamo distratti dal nostro vedere». Accanto a lui da qualche tempo c’è Joy, un cucciolone: «Essendo così piccolo Cesare non avrà un cane guida, ma Joy sarà un amico con cui crescere che lo potrà aiutare a individuare i gradini o avvertire me se il piccolo è in difficoltà. Per questo ci sono Caterina Russo, che è ormai diventata “zia Cate” e Davide Salmaso, gli educatori che lo stanno addestrando». Intanto Cesare cresce sereno e mamma Valentina spera che la sua storia, che racconta anche nel profilo Facebook «La storia di Cesare», «possa essere d’aiuto ad altre famiglie come la nostra per capire che di fronte a queste difficoltà terribili ci deve sempre essere la speranza e la consapevolezza che tutto è possibile».

di Milvana Citter

Le opere esposte a “Capolavoro per Lecco” rese percepibili anche ai non-vedenti

Chiesa di Milano del 07/02/2022

La grande innovazione resa possibile grazie all’attività di ricerca del Laboratorio di prototipazione virtuale e realtà aumentata del Politecnico di Milano - Polo Territoriale di Lecco

LECCO. Far percepire un’opera d’arte anche ai non-vedenti, mettendo a frutto le potenzialità che la ricerca e la tecnologia mette oggi a disposizione. È questa la straordinaria novità alla quale hanno lavorato in questi mesi l’associazione culturale Madonna del Rosario, promotrice della mostra «Capolavoro per Lecco» insieme al Comune di Lecco, e il Politecnico di Milano – Polo Territoriale di Lecco, attraverso il Laboratorio di prototipazione virtuale e realtà aumentata.

Nei giorni scorsi è stata sperimentata con ottimi riscontri grazie alla collaborazione del presidente provinciale della Fand (la federazione che raccoglie le associazioni delle persone con disabilità) Silvano Stefanoni e della moglie Paola Vassena, e nelle prossime settimane, sarà resa accessibile a tutti i non-vedenti, diventando così una nuova modalità di inclusione e di accessibilità culturale.

«Era un progetto – spiega il presidente dell’associazione, il prevosto di Lecco mons. Davide Milani – che, fin dagli inizi, Laura Polo D’Ambrosio e Giorgio Melesi hanno coltivato, dedicandovi intelligenza e tempo, insieme a Mario Covarrubias, coordinatore del Laboratorio di prototipazione virtuale e realtà aumentata del Politecnico Polo Territoriale di Lecco, con cui avevamo già collaborato in occasione della prima edizione di Capolavoro per Lecco nel 2020. Allora aveva messo a punto le tre stazioni multimediali che consentivano ai visitatori di comporre e scomporre, a distanza, i vari elementi raffigurati da Tintoretto nella sua Annunciazione. Oggi riusciamo a proporre questa straordinaria novità per le ultime settimane della mostra».

A rendere possibile questa innovazione sono dei bassorilievi, che riproducono alcuni particolari delle opere esposte e che saranno collocati in prossimità delle opere stesse. «Queste formelle sono state realizzate nel Laboratorio del Politecnico – spiega Mario Covarrubias – utilizzando una fresa a controllo numerico. Ma a monte vi è stata la creazione di un algoritmo che permettesse di generare un modello 3D a partire dai colori del particolare del quadro. Attraverso uno scanner sono stati letti i colori dell’opera e le sue molteplici sfumature e, in funzione di questi colori, attraverso l’algoritmo generato, è stato creato un modello 3D i cui dati, successivamente, sono stati trasmessi alla fresa a CNC che ha realizzato la tavoletta».

In altri termini spessori e depressioni del bassorilievo riflettono ii diversi colori: a un colore più chiaro e luminoso corrisponde uno spessore più o meno accentuato, mentre a un colore scuro una depressione più o meno profonda. Quindi, attraverso il chiaro-scuro dell’opera, viene rilevata e realizzata una forma, che un non-vedente al tatto può sentire e leggere.

«È una novità straordinaria – affermano Giorgio Melesi e Laura Polo D’Ambrosio – che apre nuove modalità di coinvolgimento e partecipazione ad un evento artistico per i non-vedenti o per gli ipovedenti. Ovviamente questi bassorilievi sono accompagnati da altri strumenti, quali le schede audio di lettura, che completano l’esperienza. Si realizza così, anche con questa sperimentazione, quell’idea di esperienza immersiva di visita alla mostra a cui il progetto di quest’anno guarda con particolare attenzione: la musica, registrata o eseguita dal vivo dai ragazzi del Civico Istituto Musicale Zelioli e del Liceo Musicale Grassi e dal Coro Ad Libitum contribuisce a un approccio sinestetico all’arte».

La mostra Capolavoro per Lecco, allestita a Palazzo delle Paure, rimarrà aperta fino al 5 marzo 2022.

domenica 6 febbraio 2022

Il cane-guida è un compagno di vita: sempre al fianco della persona disabile

AT news del 06/02/2022

Si chiama cane-guida, ma è molto più di un cane che aiuta a destreggiarsi tra le strade della città. È un prolungamento della persona disabile: è le sue braccia, le sue gambe, le sue orecchie, i suoi occhi.

A spiegarcelo è Renata Sorba, astigiana non vedente che la nostra redazione di ATnewsKids ha avuto il piacere di intervistare.

Quanti cani guida ha avuto?

Io ho avuto due cani-guida, Rudy e York. Sono stati per me compagni di vita. Tra di noi si è instaurato un rapporto simbiotico, di complicità. Con un cane guida si sta insieme tutto il giorno, 24 ore su 24. Sono animali molto protettivi, che non solo aiutano a muoverci, ma danno protezione, difendono da possibili pericoli.

Tutti i cani possono diventare delle guide?

Non tutti i cani possono diventare delle guide e sono necessari corsi sia per gli animali sia per le persone. Tra i cani più adatti ci sono i Labrador perché sono intelligenti e docili. Ci sono delle scuole che li addestrano come quella di Limbiate in Lombardia.

Cosa intende per corsi per animali e per persone?

C’è un lavoro di addestramento del cane e di formazone del futuro padrone. Da un lato bisogna insegnare all’animale i percorsi abituali della persona disabile per andare a lavoro, tornare casa, per recarsi nei negozi e per prendere i mezzi pubblici. I cani imparano facilmente grazie alla loro grande memoria. Nel raggio del quartiere riescono a memorizzare fino a 20-30 percorsi. Ogni volta che devono imparare un nuovo tragitto deve venire un addestratore per mostrarglielo. Dall’altro lato anche il padrone deve essere formato: deve imparare il modo giusto di rapportarsi al cane, impartendo ad esempio i comandi giusti.

Come si fa?

I comandi sono dati in tedesco con monosillabi secchi e molto comprensibili. Il cane aiuta a procedere tra le strade della città, ma è il padrone che decide dove andare. Il cane indossa una pettorina con un maniglione a cui si tiene la persona disabile. La comunicazione tra cane e persone avviene proprio attraverso quel maniglione: il cane infatti dà dei segnali per far capire che è necessario rallentare, fermarsi o che ci sono ostacoli.

E se decide di andare in posti che il cane non ha mai visto?

In quel caso devo farmi accompagnare da amici, ma il cane è sempre presente. Si adegua alle situazioni e sta sempre allerta per proteggere. I cani guida sono molto apprensivi e attenti. Si adagiano a terra, ma continuano a controllare tutto ciò che succede intorno a loro e al loro padrone. Una volta con York sono andata dal dentista: non ha smesso un attimo di fare attenzione a tutti i movimenti del medico, controllando che non mi venisse fatto alcun male.

Perché ha deciso di prendere un cane-guida?

Per avere privacy e autonomia. Grazie al cane guida non devo chiedere aiuto ad altri. Senza un cane-guida si ha meno indipendenza, cosa per me fondamentale.

I cani guida sono tutti uguali?

Ogni cane guida ha una sua storia. Rudy e York sono stati molto diversi. Rudy mi ha accompagnata quando stavo diventando cieca. York è arrivato quando ormai ero già diventata cieca. York e io abbiamo fatto un bellissimo pezzo di strada insieme in cui arte, poesia e letteratura sono stati al centro delle nostre vite. York mi ha accompagnata sul palco teatrale dove recitavo, ha partecipato a numerosi eventi che ho organizzato e ha persino vinto dei premi letterari per dei componimenti che io ho scritto per lui. Abbiamo fatto cose bellissime insieme. Purtroppo se ne è andato troppo presto. Ora aspetto un altro cane, un nuovo cucciolone.

Cosa succederà quando le consegneranno il nuovo cane?

Il primo contatto avviene attraverso lo spazzolamento e le coccole. Sono poi necessari 15 giorni di affiatamento per conoscere l’ambiente. In quei giorni non si pratica la guida con il maniglione. In seguito dovrò partecipare ad un corso al centro di addestramento. Infine potrò avere il supporto per farmi guidare. Ci sarà molto lavoro da fare da parte di tutti e due, dove fondamentali saranno le regole. I cani guida hanno orari precisi per mangiare, per uscire fuori, dovrò insegnarli a non saltare sul letto o sul divano…

A proposito di regole, come bisogna comportarsi quando si incrocia una persona disabile con un cane guida?

Anche in questo caso ci sono regole da rispettare. Non bisogna dare da mangiare all’animale. Io non vedo cosa gli viene dato e potrebbe essere anche qualcosa che gli fa male. Prima di toccarlo bisogna chiedere sempre al padrone se si può. Se qualcuno mi chiede di accarezzare il mio cane io non ho problemi, ma bisogna sempre chiedere prima. Infine non bisogna distrarre l’animale durante la guida, soprattutto in determinati momenti delicati come l’attraversamento della strada o la salita e discesa di scale.

Ma i cani-guida possono andare ovunque?

Certo! Lo prevede anche la Legge n. 34 del 14 febbraio 1974 “Accesso gratuito per i cani guida per non vedenti sui mezzi di trasporto ed esercizi pubblici”. Anzi se qualcuno vieta l’ingresso ad un cane guida in qualsiasi luogo pubblico può essere multato con una somma che può variare da 500 fino a 2.500 euro.