lunedì 29 novembre 2021

Il sensore elettronico che guida i ciechi «Ora anche sui bus»

Gazzetta di Mantova del 29/11/2021

MANTOVA. Si chiama Leti Smart Voce. È un sistema di orientamento acustico che consente alla persona con disabilità visiva di orientarsi, grazie a un apparecchio inserito nel manico e dei segnalatori radio montati in punti strategici come incroci, semafori, fermate dell'autobus, uffici e negozi. Ma, per rendere il disabile più indipendente negli spostamenti, ai sedici segnalatori già presenti in città ne servirebbero altri sui bus e davanti ai negozi. La richiesta arriva dall'Unione ciechi e ipovedenti. In cosa consiste l'apparecchiatura? «Si tratta di uno strumento per disabili visivi - spiega la presidente Mariella Gavioli - la microelettronica inserita nei bastoni bianchi o nei pocket (le scatoline da tenere in mano utili a ipovedenti e persone anziane) si interfaccia con i radiofari posizionati nei punti di ingresso dei negozi, sui mezzi pubblici, negli uffici. E così il radiofaro, attraverso impulsi, orienta le persone fino ai punti di interesse». Il bastone vibra, la persona conferma con un pulsante che vuole arrivare in quel determinato posto e il radiofaro suona finché la persona arriva a destinazione. «Il suono è preciso, mi porta dove voglio andare - spiega la presidente - le informazioni acustiche ci permettono di non inciampare o andare a sbattere. Ci dà dignità. Il suono richiama anche l'attenzione dell'autista del bus o del commesso che, preavvertiti, sono pronti ad accogliere la persona con disabilità visiva».Il Comune di Mantova ha già posizionato in città sedici radiofari. Sono presenti, ad esempio, all'ingresso del municipio e alle poste. E poi in piazza Mantegna e al voltone di piazza Sordello.«Il progetto è partito da noi, abbiamo avuto l'appoggio dell'amministrazione. Ora vogliamo proseguire insieme ai Lions e ad altre amministrazioni comunali» dice Gavioli che punta, innanzitutto, ad essere ascoltata da Apam. «Ci teniamo che il sistema venga installato sui bus per poterci muovere e vivere in autonomia e sicurezza - spiega - ora spesso rischiamo di sbagliare pullman o di sentirci disorientati». L'Unione ciechi e ipovedenti chiede di essere ascoltata da Apam, prima di tutto, ma anche dai commercianti. «Ci sono bandi e relativi fondi per installare questi sistemi - dice Gavioli - possiamo studiare un progetto insieme e ottimizzare le risorse».

di Barbara Rodella

domenica 28 novembre 2021

All'Istituto Ciechi un centro diurno per ragazzi e ragazze

Chiesa di Milano del 28/11/2021

Dedicato a non vedenti e portatori di altre disabilità, è la novità dell'istituzione milanese che martedì 30 novembre riceve l'Arcivescovo nella sede di via Vivaio. Ne parla il presidente Rodolfo Masto.

MILANO. Un piccolo paese. Una volta l’istituto di via Vivaio era come un piccolo paese. Dal 1840 al 1975, quando i piccoli ospiti hanno iniziato ad andare alla scuola media con gli altri, l’istituto offriva tutto ed era autonomo: c’erano il fuochista, il panettiere, la poltrona del dentista, le macchine per le radiografie. Era una realtà autosufficiente, anche dal punto di vista religioso, perché la gestione era affidata a un prelato inviato dalla Diocesi che abitava all’interno e amministrava anche i sacramenti, dalla Comunione all’estrema unzione. Oggi sono ancora conservati abiti liturgici di un certo pregio. Tra studenti, ragazzi, suore e personale vivevano nella struttura anche 350 persone.

Ci vorranno almeno due ore all’Arcivescovo per visitare l’Istituto dei ciechi di Milano, in via Vivaio, con i suoi 20 mila metri quadrati. Monsignor Mario Delpini è quasi di casa, perché come i suoi predecessori, dice il presidente della Fondazione, Rodolfo Masto, «ha voluto confermare la tradizione, che da anni lega la Diocesi di Milano all’istituto, di incontrare i giornalisti in occasione del loro patrono San Francesco di Sales presso la nostra istituzione». La visita in programma martedì 30 novembre alle 10.30 culminerà nella benedizione del nuovo centro diurno per ragazzi e ragazze.

Un nuovo percorso museale

Per la prima volta, dunque, l’Arcivescovo visiterà tutti i servizi e le attività che si svolgono all’interno, incontrando i vari ospiti. «Anzitutto vedrà il centro che progetta e produce materiali tiflodidattici – spiega il presidente -, che sono strumenti utili allo sviluppo all’esplorazione aptica (riconoscimento degli oggetti, ndr): si va da semplici attrezzature come la tombola fino alle più complesse come la tavola della chimica». È qui che vengono realizzati anche quei dispositivi utilizzati nei musei per permettere ai non vedenti di accedere alle opere d’arte esposte.

Poi l’Arcivescovo si sposterà per vedere gli allestimenti del nuovo percorso museale dell’istituto. «Abbiamo deciso di riportare al ricordo dei visitatori tutte le attività che si svolgevano una volta all’interno dell’istituto – sottolinea Masto -.

Ora stiamo recuperando anche gli animali impagliati e il museo Braille con le varie strumentazioni utilizzate nel tempo, abbiamo ritrovato addirittura un sistema solare del 1850. A volte erano gli stessi rettori a inventare e realizzare queste cose. Si confrontavano anche con altri istituti dei ciechi d’Europa, quello di Milano è sempre stato un riferimento importante». I maggiori scambi avvenivano con gli istituti di Parigi, in particolare sulle politiche educative e formative realizzate nell’Oltralpe.

«La tappa più significativa di questa visita sarà l’apertura del nuovo centro diurno per 24 ragazzi e ragazze con disabilità visiva e altre complesse – dice il presidente -. Oltre a non vedere, per esempio sono spastici, per loro quindi occorre un’assistenza molto particolare». La piccola comunità di minori si trasferirà nei prossimi giorni. Delpini proseguirà il percorso fino alla casa di riposo dove lo attendono gli ospiti, poi attraverserà i corridoi della scuola media statale dove sarà accolto dagli studenti.

Masto, che ricorda la passione dell’Arcivescovo per gli organi, gli mostrerà quello storico di via Vivaio, da poco restaurato. La conclusione del tour è prevista nella prestigiosa Sala Barozzi per lo scambio di auguri natalizi e la benedizione finale.

Camerlata, la stazione? «Un incubo per i ciechi»

La Provincia di Como del 28/11/2021

CAMERLATA. La targhetta in braille, posizionata "strategicamente" all'inizio del corrimano dove parte la scala in discesa verso quelli che sono i treni in arrivo dello Stato (punto pericoloso per un vedente, figuriamoci per chi non lo è) indica la direzione da seguire per raggiungere il binario numero 4. Nello stesso punto, altri cartelli gialli e neri segnalano che per quella via si va invece al binario 1 e 2. Una volta scesi dalle scale, raggiunta la banchina, sbuca un inatteso cartello per un binario 5 che parrebbe non esistere. Questa è solo una delle molte segnalazioni raccolte ieri mattina fuori e dentro la nuova stazione unica di Camerlata nel corso del sopralluogo dei rappresentanti dell'Unione italiana ciechi e ipovedenti, accompagnati da un tecnico del Comune e dalla consigliera del Pd, Patrizia Lissi. Presente anche l'assessore ai Servizi sociali Angela Corengia.

Le problematiche

Ad aprire le danze, all'esterno della stazione, nell'area di parcheggio su via Scalabrini che «è di proprietà di Ferrovie Nord e in concessione al Comune», ha detto l'ingegnere del Comune Loris Molteni, sono state le parole di Domenico Cataldo e di Gianluca Casalino, della sezione di Como dell'UICI, componenti del gruppo autonomia e mobilità che ha proprio il compito di verificare la presenza o meno di barriere architettoniche. «I problemi iniziano subito da qui, da questo parcheggio - hanno detto - Dalla pensilina del bus, in via Scalabrini, ad arrivare alla stazione (una cinquantina di metri non di più, ndr) bisogna fare lo slalom tra le auto». Anche tra buche che assomigliano a crateri e tra automobilisti che tanta pazienza non hanno nel passare tra quegli spazi comunque stretti. Non esiste un marciapiede, non esiste una corsia preferenziale per disabili e, anche una volta giunti sani e salvi in stazione, sul fronte di via Scalabrini non esiste una mappa sensoriale che possa istruire la persona non vedente. E siamo solo all'inizio del tour. Perché sullo sfondo già si stagliano due ascensori, «uno che funziona, l'altro spesso no», e sul selciato non compare la banda sensoriale gialla che dovrebbe avvisare il non vedente che poco oltre inizia la scala. Qui la caduta viene spesso evitata grazie al preziosissimo aiuto del cane che accompagna i disabili. Problemi che compaio anche dove non dovrebbero, come nel camminamento che unisce i binari delle Ferrovie Nord alla parte nuova dove transitano i treni dello Stato in quella che è diventata la stazione unica. «Qui rischio la vita tutti i giorni - dice un non vedente che guida il tour - I monopattini e le biciclette sfrecciano a grande velocità», per fortuna "sgridati" dall'abbaiare del cane. Ed arriviamo al punto "capolavoro": quello dei tre cartelli che indicano contemporaneamente tre cose diverse, il binario 4, 1 e 2. Con la targhetta in braille posizionata sull'orlo della scala in ripida discesa e con una pavimentazione che potrebbe far la concorrenza, per scivolosità, al palazzetto del ghiaccio. Nota a margine: nel tempo della visita in stazione, prima una coppia, poi un ragazzo da solo e infine un gruppo di stranieri ci hanno chiesto informazioni sui binari perché non riuscivano a capire da dove e come partire in direzione di Milano. Segno che evidentemente le indicazioni non sono il massimo anche per i vedenti.

sabato 27 novembre 2021

«Sant'Anna», un primato per il glaucoma refrattario

BresciaOggi del 27/11/2021

BRESCIA. Primato bresciano nel trattamento del glaucoma refrattario: il primo impianto in Italia di una innovativa valvola magnetica (di produzione svizzera) è stato eseguito all'Istituto Clinico S. Anna di Brescia. Ad operare una paziente milanese di 34 anni, con un rilevante deficit della vista all'occhio destro, è stato il professor Luciano Quaranta, direttore del nuovo Centro glaucoma che afferisce all'Uo di Oculistica diretta dal dottor Gianpaolo Gatta.

La donna, affetta da cataratta congenita sfociata in un glaucoma secondario, era stata trattata più volte con altre tecniche chirurgiche risultate meno efficaci. Quaranta ha posizionato nell'occhio della paziente una valvola meccanica dotata di un sistema magnetico fondamentale per il controllo del flusso, che viene regolato esternamente dall'oculista grazie all'impiego di una penna magnetica, posizionata sulla palpebra che permette di aumentare o ridurre l'efflusso dell'umore acqueo in base alle necessità cliniche.

L'intervento, svolto in regime di day hospital e in sedazione totale, ha avuto una durata di 45 minuti. «L'impiego di questa rivoluzionaria valvola è un ulteriore passo avanti nel trattamento di pazienti affetti da glaucoma che ad oggi venivano giudicati irrecuperabili» spiega il professor Quaranta. «Questa nuova tecnologia è già diffusa in diversi Paesi europei, dove sono stati oltre 300 gli impianti con follow-up a 6 anni, e oggi ottenendo l'approvazione in Italia ci consente di avere una carta in più per contrastare, in maniera efficace, le forme più complesse della malattia». Grazie a questo intervento la paziente ha mostrato una significativa riduzione della pressione oculare, che le permetterà, se mantenuta nel tempo, di preservare la funzione visiva residua. Ora dovrà sottoporsi a controlli ravvicinati per il primo periodo, poi potrà proseguire nel tempo con le visite di routine.

venerdì 26 novembre 2021

Noi, donne con disabilità, abbiamo diritto a una vita libera dalla violenza!

Superando del 26/11/2021

In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne di ieri, 25 novembre, il Comitato delle Donne dell’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, ha voluto rilevare come, nonostante i numerosi trattati internazionali, i testi programmatici e altri fondamentali e autorevoli indirizzi che sanciscano il riconoscimento e il rispetto dei loro diritti umani, ancora oggi migliaia di donne con disabilità dell’Unione Europea sono vittime della violenza maschile.

Il Comitato stesso ha ricordato innanzitutto che la CEDAW, la Convenzione ONU sull’eliminazione di tutte le forme di violenza contro le donne, impone agli Stati Parti l’obbligo di accordare alle donne l’uguaglianza con gli uomini davanti alla legge, identica capacità giuridica e le stesse opportunità di esercitare tale capacità (articolo 15).

Inoltre, la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità impone agli Stati Parti l’obbligo di garantire l’effettivo accesso alla giustizia per le persone con disabilità su una base di uguaglianza con gli altri, anche attraverso la previsione di idonei accomodamenti procedurali e accomodamenti in funzione dell’età, allo scopo di facilitare la loro partecipazione effettiva, diretta e indiretta, anche in qualità di testimoni, in tutte le fasi del procedimento giudiziario, inclusa la fase investigativa e le altre fasi preliminari (articolo 13).

E ancora, l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU, attraverso l’Obiettivo di sviluppo sostenibile numero 16, cerca di promuovere società pacifiche e inclusive, di fornire accesso alla giustizia per tutti e tutte e di costruire istituzioni efficaci, responsabili e inclusive a tutti i livelli al fine, tra gli altri obiettivi, di ridurre tutte le forme di violenza e relativi tassi di mortalità.

C’è stata quindi la Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica), che obbliga gli Stati ad adottare le misure legislative e di altro tipo necessarie per esercitare la dovuta diligenza per prevenire, indagare, punire e riparare gli atti di violenza coperti dall’òmbito di applicazione della stessa Convenzione. Inoltre, impegna gli Stati a garantire alle vittime il diritto all’assistenza legale e anche gratuita alle condizioni previste dal loro diritto interno.

Viene poi ricordato che l’Unione Europea riconosce i principi di uguaglianza davanti alla legge, non discriminazione e uguaglianza tra donne e uomini nella propria Carta dei Diritti Fondamentali (articoli 20, 21 e 23), ove si impegna a combattere la violenza contro le donne firmando la citata Convenzione di Istanbul. La stessa Carta, inoltre, ha l’obbligo di adottare misure per combattere la violenza contro le persone con disabilità in quanto Parte della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con disabilità.

E non basta: la Direttiva dell’Unione Europea 2012/29/UE del 25 ottobre 2012, che ha istituito Norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, richiede un sostegno mirato e integrato per le vittime con bisogni specifici, come le vittime di violenza sessuale e le vittime della violenza basata sul genere, chiedendo inoltre di tenere in debita considerazione i bisogni specifici delle vittime con disabilità nelle comunicazioni e nelle valutazioni dei bisogni specifici di protezione, mentre il testo della Commissione Europea Un’Unione per l’uguaglianza (Strategia per l’uguaglianza di genere 2020-2025) riconosce che le donne con problemi di salute e con disabilità hanno maggiori probabilità delle altre di subire varie forme di violenza e impegna la Commissione a sviluppare e finanziare misure per contrastare l’abuso, la violenza, sterilizzazione e aborto forzati.

Infine, il testo Unione per l’uguaglianza, ovvero la Strategia per i Diritti delle Persone con Disabilità 2021-2030, sempre prodotto dalla Commissione Europea, si impegna a prestare particolare attenzione alle donne con disabilità le quali hanno da due a cinque volte più probabilità di subire violenza rispetto alle altre e a garantire l’integrazione della disabilità nelle future politiche dell’Unione Europea inerenti gli aspetti correlati della violenza e degli abusi.

Alla luce di tutto ciò, il Forum Europeo sulla Disabilità ha condannato la situazione che vede migliaia di donne con disabilità dell’Unione Europea vittime della violenza maschile contro le donne, o esposte al grave rischio di divenirne tali. L’EDF, inoltre, ha sottolineato come queste donne con disabilità incontrino innumerevoli barriere nel rivendicare i propri diritti di fronte alla legge e siano lasciate senza protezione da un sistema giudiziario che pretende di garantire i diritti, ma che, tuttavia, esclude proprio quelle che sono più vulnerabili e, quindi, sono esposte ad un maggior rischio di divenire vittima di violenza.

A seguito della pandemia di Covid-19, che ha portato a una maggiore esclusione, a più violenza e a maggiori disuguaglianze sociali in tutti gli Stati Membri dell’Unione Europea, le politiche pubbliche di emergenza per combattere la violenza contro le donne hanno, ancora una volta, trascurato le donne con disabilità nell’accesso alla giustizia, strumento essenziale per poter esercitare efficacemente i diritti, risarcire le vittime e prendere posizione contro la discriminazione e la violenza.

«In quanto donne con disabilità – ha chiarito ancora il Comitato delle Donne dell’EDF –, ci imbattiamo in un sistema giudiziario spaventosamente patriarcale e abilista in tutti gli Stati Membri dell’Unione Europea. In pratica, alle donne con disabilità viene negato l’accesso alla giustizia non solo a causa degli ostacoli all’accessibilità e della mancanza di accomodamenti procedurali all’interno del sistema giudiziario e del fatto che l’assistenza legale è inaccessibile, ma anche, e ciò è ancora più dannoso, a causa della riluttanza, degli stereotipi e dei pregiudizi mostrati da Magistratura, Pubblici Ministeri, esperti legali e Forze dell’Ordine nei confronti delle poche donne con disabilità che osano denunciare le violazioni dei loro diritti umani».

All’interno del sistema giudiziario, infatti, si trova spesso chi si mostra riluttante a dare credito alle testimonianze offerte dalle donne con disabilità e sovente non riesce a portare avanti i casi relativi agli atti violenti contro le donne con disabilità perché sarebbero necessarie maggiori risorse, vuoi per la necessità di dimostrare la capacità della vittima di dare il proprio consenso e testimoniare, oppure per la loro identità linguistica o culturale, come nel caso delle donne sorde o sordocieche. Le poche Sentenze dei Tribunali che riguardano le donne con disabilità, quindi, anziché proteggerle, finiscono col non rispettarne pienamente i diritti umani. E inoltre, l’eccessivo formalismo nei procedimenti e un linguaggio diverso e specifico, con cui la maggior parte dei cittadini e delle cittadine non ha familiarità, servono a rendere i procedimenti legali stessi incomprensibili alle donne con disabilità in generale, e in particolare a quelle con disabilità intellettiva o psicosociale o altre limitazioni nell’accesso alla comunicazione e all’informazione.

Ma non è ancora tutto: infatti l’EDF ha voluto anche sottolineare che sebbene il diritto all’assistenza legale gratuita sia riconosciuto in alcuni Paesi dell’Unione Europea a coloro che possono dimostrare mezzi insufficienti per sostenere le cause legali (che siano donne vittime di violenza e/o persone appartenenti ad altri gruppi sociali), sarebbe necessario estendere tale diritto a tutte le donne con disabilità che sono vittime di discriminazione multipla o intersezionale a causa del loro genere e della loro disabilità.

Per tutti questi motivi, dunque, il Forum ha chiesto con forza:

- Che l’Unione Europea ratifichi con urgenza la Convenzione di Istanbul.

- Che l’Unione Europea adotti leggi e politiche per combattere la violenza contro le donne, compresa una Direttiva che criminalizzi tutte le forme di violenza maschile contro donne e ragazze (sterilizzazione forzata compresa), e che fornisca assistenza e sostegno a tutte le donne e ragazze vittime, aggiungendo la violenza basata sul genere all’elenco dei crimini dell’Unione.

- Un’indagine a livello europeo, condotta su larga scala, sulla violenza contro le donne con disabilità, per determinare la situazione reale e per sviluppare e attuare politiche pubbliche adeguate in risposta a questo grave problema.

- Misure per garantire in tutti gli Stati Membri dell’Unione Europea la piena inclusione e accessibilità in tutti i programmi e servizi specializzati per le donne vittime di violenza, nonché la formazione sulle caratteristiche specifiche della disabilità in relazione alla violenza maschile contro le donne.

- Misure per promuovere e garantire l’accesso alla giustizia per le donne con disabilità, comprese quelle sottoposte a meccanismi decisionali sostitutivi (come la tutela o la curatela), provvedendo nel contempo alla piena accessibilità di tutte le garanzie procedurali, anche attraverso la fornitura di accomodamenti procedurali adeguati all’età, all’accesso all’informazione e alla comunicazione e al sostegno umano e tecnologico scelto dalle stesse donne con disabilità nei loro rapporti con il sistema giudiziario.

- Protocolli operativi interistituzionali a livello nazionale che coinvolgano le Forze dell’Ordine, i membri della Magistratura, i Pubblici Ministeri, gli avvocati e tutti gli altri attori interessati per garantire alle donne con disabilità il pieno accesso alla giustizia.

- Che l’Unione Europea e i suoi Stati Membri promuovano programmi di formazione rivolti a tutte le parti interessate all’interno del sistema giudiziario, per eliminare gli ostacoli simbolici, i pregiudizi e le idee preconcette sulle donne con disabilità.

«Mai più violenza contro le donne con disabilità! – ha concluso il Comitato delle Donne dell’EDF -: noi donne con disabilità, consapevoli, visibili e diverse, affermiamo il nostro diritto a una vita libera dalla violenza!».

a cura di Simona Lancioni,

Responsabile di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), nel cui sito il presente contributo è già apparso. Viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

giovedì 25 novembre 2021

Piena cittadinanza nella società e nella Chiesa

L’Osservatore Romano del 25/11/2021

Pubblichiamo il testo del messaggio di Papa Francesco in vista della Giornata internazionale delle persone con disabilità, che si celebra il 3 dicembre. Presentato stamane nella Sala stampa della Santa Sede, il documento pontificio denuncia le discriminazioni e le esclusioni, anche nelle cure sanitarie, dovute a pregiudizi e ignoranza, e auspica piena cittadinanza nella società e nella Chiesa.

«Voi siete miei amici» (Gv 15, 14)

Cari fratelli e sorelle!

In occasione della vostra Giornata Internazionale, vorrei rivolgermi direttamente a voi che vivete una qualsiasi condizione di disabilità, per dirvi che la Chiesa vi ama e ha bisogno di ognuno di voi per compiere la sua missione al servizio del Vangelo.

Gesù, l’amico

Gesù è nostro amico! È Lui stesso a dirlo ai suoi discepoli durante l’Ultima Cena (cfr. Gv 15, 14). Le sue parole giungono fino a noi e illuminano il mistero del nostro legame con Lui e della nostra appartenenza alla Chiesa. «L’amicizia con Gesù è indissolubile. Egli non ci abbandona mai, anche se a volte sembra stare in silenzio. Quando abbiamo bisogno di Lui, si lascia trovare da noi e sta al nostro fianco dovunque andiamo» (Esort. ap. postsin. Christus vivit, 154). Noi cristiani abbiamo ricevuto un dono: l’accesso al cuore di Gesù e all’amicizia con Lui. È un privilegio che abbiamo avuto in sorte e che diventa la nostra chiamata: la nostra vocazione è essere amici suoi!

Avere Gesù per amico è la più grande delle consolazioni e può fare di ognuno di noi un discepolo grato, gioioso e capace di testimoniare come la propria fragilità non sia un ostacolo per vivere e comunicare il Vangelo. L’amicizia fiduciosa e personale con Gesù può essere, infatti, la chiave spirituale per accettare il limite che tutti sperimentiamo e vivere in maniera riconciliata la propria condizione. Da essa può nascere una gioia «che riempie il cuore e la vita intera» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 1) poiché, come ha scritto un grande esegeta, l’amicizia con Gesù è «una scintilla che appicca l’incendio dell’entusiasmo».1

La Chiesa è la vostra casa

Il Battesimo rende ognuno di noi membro a pieno di titolo della comunità ecclesiale e dona a ciascuno, senza esclusioni né discriminazioni, la possibilità di esclamare: “Io sono Chiesa!”. La Chiesa, infatti, è la vostra casa! Noi, tutti insieme, siamo Chiesa perché Gesù ha scelto di essere nostro amico. Essa — vogliamo impararlo sempre meglio nel processo sinodale che abbiamo intrapreso — «non è una comunità di perfetti, ma di discepoli in cammino, che seguono il Signore, bisognosi del suo perdono» (Catechesi, 13 aprile 2016). In questo popolo, che avanza tra le vicende della storia guidato dalla Parola di Dio, «tutti sono protagonisti, nessuno può essere considerato semplice comparsa» (Ai fedeli di Roma, 18 settembre 2021). Per questo anche ognuno di voi è chiamato a portare il proprio contributo al percorso sinodale. Sono convinto che, se esso sarà davvero «un processo ecclesiale partecipato e inclusivo»2, la comunità ecclesiale ne uscirà realmente arricchita.

Purtroppo, ancora oggi molti di voi «vengono trattati come corpi estranei della società. [...] Sentono di esistere senza appartenere e senza partecipare», e «ci sono ancora molte cose che [vi impediscono] una cittadinanza piena» (Enc. Fratelli tutti, 98). La discriminazione è ancora troppo presente a vari livelli della vita sociale; essa si nutre di pregiudizi, di ignoranza e di una cultura che fatica a comprendere il valore inestimabile di ogni persona. In particolare, considerare ancora la disabilità — che è il risultato dell’interazione tra le barriere sociali e i limiti di ciascuno — come se fosse una malattia, contribuisce a mantenere separate le vostre esistenze e ad alimentare lo stigma nei vostri confronti.

Per quel che concerne la vita della Chiesa, «la peggiore discriminazione [...] è la mancanza di attenzione spirituale» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 200), che a volte si è manifestata nel diniego di accedere ai Sacramenti, sperimentato purtroppo da alcuni di voi. Il Magistero è molto chiaro in merito e, di recente, il Direttorio per la Catechesi ha affermato in maniera esplicita che «nessuno può rifiutare i Sacramenti alle persone con disabilità» (n. 272). Di fronte alle discriminazioni, è proprio l’amicizia di Gesù, che tutti riceviamo come dono immeritato, che ci riscatta e ci permette di vivere le differenze come ricchezza. Egli, infatti, non ci chiama servi, donne e uomini dalla dignità dimezzata, ma amici: confidenti degni di conoscere tutto ciò che Egli ha ricevuto dal Padre (cfr. Gv 15, 15).

Nel tempo della prova

L’amicizia di Gesù ci protegge nel tempo della prova. So bene che la pandemia di Covid-19, dalla quale con fatica stiamo uscendo, ha avuto e continua ad avere ripercussioni molto dure sulla vita di molti di voi. Mi riferisco, ad esempio, alla necessità di rimanere per lunghi periodi in casa; alla difficoltà di molti studenti con disabilità ad accedere agli strumenti di didattica a distanza; ai servizi alla persona che in molti Paesi sono stati a lungo interrotti; e a molti altri disagi che ciascuno di voi ha dovuto affrontare. Ma, soprattutto, penso a quanti di voi vivono all’interno di strutture residenziali e alla sofferenza che ha comportato la separazione forzata dai vostri cari. In questi luoghi il virus è stato molto violento e, nonostante la dedizione del personale, ha mietuto troppe vittime. Sappiate che il Papa e la Chiesa vi sono vicini in maniera particolare, con affetto e tenerezza!

La Chiesa è al fianco di coloro tra voi che stanno ancora combattendo contro il Coronavirus; come sempre essa ribadisce la necessità che ci si prenda cura di ognuno, senza che la condizione di disabilità sia di ostacolo all’accesso alle migliori cure disponibili. In questo senso, già alcune Conferenze Episcopali, come quella di Inghilterra e Galles3 e quella degli Stati Uniti,4 sono intervenute per chiedere che sia rispettato il diritto di tutti ad essere curati senza discriminazioni.

Il Vangelo è per tutti

Dall’amicizia con il Signore deriva anche la nostra vocazione. Egli ci ha scelti perché portiamo molto frutto e il nostro frutto rimanga (cfr. Gv 15, 16). Presentandosi come la vera Vite, ha voluto che ogni tralcio, unito a Lui, sia in grado di dare frutti. Sì, Gesù desidera che giungiamo alla «felicità per la quale siamo stati creati. Egli ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente» (Esort. ap. Gaudete et exsultate, 1).

Il Vangelo è anche per te! È una Parola rivolta ad ognuno, che consola e, nello stesso tempo, chiama alla conversione. Il Concilio Vaticano ii , parlando della chiamata universale alla santità, insegna che «tutti coloro che credono nel Cristo, di qualsiasi stato o rango, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità [...]. Per raggiungere questa perfezione i fedeli usino le forze ricevute secondo la misura con cui Cristo volle donarle, affinché, [...] si consacrino alla gloria di Dio e al servizio del prossimo» (Cost. Lumen gentium, 40).

I Vangeli ci narrano che, quando alcune persone con disabilità hanno incontrato Gesù, la loro vita è profondamente cambiata e hanno iniziato ad essere suoi testimoni. È il caso, ad esempio, dell’uomo cieco dalla nascita che, guarito da Gesù, afferma con coraggio davanti a tutti che Lui è un profeta (cfr. Gv 9, 17); e molti altri proclamano con gioia ciò che il Signore ha fatto per loro.

So che alcuni tra voi vivono condizioni di estrema fragilità. Ma vorrei rivolgermi proprio a voi, magari chiedendo — dove ce ne fosse la necessità — ai vostri familiari o a chi vi è più vicino di leggere queste mie parole o trasmettere questo mio appello, e chiedervi di pregare. Il Signore ascolta con attenzione la preghiera di chi confida in Lui. Nessuno dica: «Io non so pregare» perché, come dice l’Apostolo, «lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza; non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili» (Rm 8, 26). Nei Vangeli, infatti, Gesù ascolta chi si rivolge a Lui anche in maniera apparentemente inadeguata, magari solo attraverso un gesto (cfr. Lc 8, 44) o un grido (cfr. Mc 10, 46). Nella preghiera c’è una missione accessibile ad ognuno e ve la vorrei affidare in maniera speciale. Non c’è nessuno così fragile da non poter pregare, adorare il Signore, dare gloria al suo Nome santo e intercedere per la salvezza del mondo. Di fronte all’Onnipotente ci scopriamo tutti uguali.

Cari fratelli e sorelle, la vostra preghiera è oggi più urgente che mai. Santa Teresa d’Avila ha scritto che «in tempi difficili sono necessari forti amici di Dio a sostegno dei deboli».5 Il tempo della pandemia ci ha mostrato in maniera chiara che la condizione di vulnerabilità ci accomuna tutti: «Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme».6 Il primo modo di farlo è proprio pregare. Possiamo farlo tutti; e anche se, come Mosè, avremo bisogno di un sostegno (cfr. Es 17, 10), siamo sicuri che il Signore ascolterà la nostra invocazione.

Vi auguro ogni bene. Il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca.

Roma, San Giovanni in Laterano, 20 novembre 2021

FRANCESCO

mercoledì 24 novembre 2021

25 Novembre, UICI: in crescita la violenza sulle donne con disabilità

Redattore Sociale del 24/11/2021

La fotografia tracciata nel corso dell'evento promosso dall'Unione italiana ciechi e ipovedenti, grazie anche all'impulso della senatrice Urania Papatheu in qualità di componente della commissione parlamentare di inchiesta sul Femminicidio che si è svolto oggi a Roma.

ROMA. Più numerosi gli abusi tra le donne con disabilità, che purtroppo sono molto meno consapevoli e per questo molte volte non denunciano. Non possono contare su servizi di sostegno adeguati e sono spesso vittime di discriminazioni e abusi multipli, soprattutto di carattere psicologico e relazionale. Ma il fenomeno, in crescita radicale in tutta Italia anche a causa del Covid, è complesso da mappare e monitorare per mancanza di dati statistici disaggregati. È la fotografia tracciata nel corso dell'evento promosso dall'Unione italiana ciechi e ipovedenti, grazie anche al particolare impulso della senatrice Urania Papatheu in qualità di componente della commissione parlamentare di inchiesta sul Femminicidio che si è svolto oggi a Roma presso la Sala Zuccari del Senato.

Obiettivo è sollecitare uno sforzo corale delle istituzioni e dell'opinione pubblica affinché si prenda coscienza di questa grave situazione, si aiutino le donne con disabilità a rompere il muro del silenzio, si attuino misure adeguate per eliminare questo lato oscuro e invisibile della violenza contro le donne.

L'evento ha innanzitutto evidenziato come le donne con disabilità siano esposte a un maggior rischio di subire violenza rispetto alle altre donne, richiamando gli ultimi dati Istat disponibili (2014). Se il 31,5% delle donne senza limitazioni ha subìto una qualche forma di violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, la percentuale sale al 36,6% per le donne con disabilità, mentre il rischio di subire stupri o tentati stupri è doppio per le donne con disabilità (10%) rispetto a quelle senza limitazioni (4.7%). Tutto questo a fronte di un 31,4% di donne con disabilità che ha subito violenza psicologica dal partner attuale, rispetto al 25 % delle donne normodotate. Eppure, anche a fronte di queste evidenze, in Italia è ancora molto carente un sistema di protezione e presa in carico. Sulle donne con disabilità non si parla mai o lo si fa quando è troppo tardi e i casi sono notizia eclatante.

"Finché si continuerà a negare identità e valore alla sfera umana, affettiva, sessuale e sociale delle donne disabili, considerando appunto la disabilità solo in quanto tale, la violenza contro queste donne resterà più facile da agire, sempre più difficile da far emergere e impossibile da gestire ed eliminare- ha dichiarato Linda Legname, vice presidente dell'Uici- Questo anche perché, come evidenzia il lavoro delle associazioni di volontariato e degli esperti, sono le stesse donne con disabilità a non riconoscere quando sono vittime di violenza. Quando, con fatica, decidono di denunciare il sistema spesso non è in grado di dare loro risposte adeguate facendo accrescere il senso di solitudine e fragilità. È indispensabile innanzitutto assicurare piena accessibilità e fruibilità dei servizi di accoglienza e supporto, promuovere azioni formative specifiche rivolte agli operatori dei centri di assistenza, così come al personale di polizia, delle strutture sanitarie e della magistratura perché siano attrezzati con conoscenze e strumenti appropriati. Altrettanto importanti - ha proseguito Linda Legname - sono le campagne di sensibilizzazione, a partire dalla famiglia e dalla scuola, per combattere quelle forme di violenza, anche invisibili, contro le donne con disabilità ma che minano nel profondo la costruzione del loro progetto di vita e la loro felicità".

Ricco e articolato il programma dell'iniziativa in Senato promossa dalla senatrice Urania Papatheu e dall'Uici, moderato dalla giornalista Rai Dania Mondini. Ha preso il via con la lettura di una poesia attribuita a W. Shakespeare dedicata alle donne, in segno di omaggio e attenzione letta dal presidente dell'Uici Mario Barbuto a cui è seguito l'intervento della senatrice Urania Papatheu, componente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere.

"Sono tanto legata al tema della disabilità perché questo mi insegna a studiare e ad ascoltare le voci delle persone marginalizzate, a non pensare di avere tutte le risposte, a cercare piuttosto domande più complete e più complesse, a non farmi andare bene le cose per come stanno, a fare molta autocritica e a fermarmi per riflettere sui miei errori e su quelli della società- ha dichiarato la senatrice Urania Papatheu- In realtà, l'unica disabilità che sento di avere è quella di essere donna, oggi. E chi ha la fortuna di non avere disabilità si deve occupare e si deve preoccupare per chi è meno fortunato".

L'evento ha restituito un quadro di un fenomeno grave, e ancora quasi del tutto sommerso. Le esperte chiamate dall'Uici hanno evidenziato innanzitutto un problema di mancanza di consapevolezza da parte delle stesse donne disabili vittime di violenza, che non sanno riconoscere quando sono oggetto di violenza, spesso di tipo relazionale e perpetrata nella famiglia di origine o acquisita, come casi più frequenti - e che si manifesta attraverso forme di controllo - dalla gestione del denaro o del proprio tempo fino all'educazione dei figli o ancora con abusi sul posto di lavoro o nella scuola.

Il punto chiave è quindi mettere in condizione le donne con disabilità di riconoscere i gesti che celano la violenza. Ne consegue la necessità di aumentare la capacità di risposta del sistema che evidenzia carenze importanti perché mancano formazione adeguata degli operatori e strumenti, anche di informazione, adatti alle diverse forme di disabilità. Basti pensare, nel caso delle donne disabili non vedenti, alle difficoltà che possono incontrare nel raggiungere e orientarsi nei luoghi di accoglienza e supporto o ancora nel reperire informazioni sui percorsi di aiuto, quando non supportate da tecnologie di ausilio vocale o compatibili con il sistema di scrittura braille.

Sotto questo aspetto il ruolo dei Centri antiviolenza diventa fondamentale e andrebbero mappate, estese e messe in rete le buone pratiche che alcuni territori già esprimono, come è il caso di associazioni ed esperienze attive a Torino, Pisa, Roma, Bologna e Nuoro. Fondamentale, infine, promuovere e rafforzare i percorsi di presa in carico, protezione e riconquista dell'autostima e del senso di indipendenza delle donne con disabilità per consentire loro di sottarsi alle situazioni potenzialmente o effettivamente violente. Il sostegno all'evento di Uici da parte di autorevoli rappresentanti del governo e della politica lascia tuttavia ben sperare nella possibilità di un cambio di passo nella lotta contro la violenza delle donne con disabilità.

"Il nuovo Piano nazionale di contrasto alla violenza, e le azioni specifiche messe in campo per tutelare le donne con disabilità, sono passi avanti concreti che stiamo mettendo in campo per debellare un fenomeno particolarmente grave e odioso- ha commentato il ministro per le disabilità, Erika Stefani- Il prossimo passo dovrà essere, da parte di tutti, il rafforzamento della rete, la sensibilizzazione, l'educazione diffusa a riconoscere i segni della violenza e i segnali del rischio potenziale. La lotta alla violenza chiama tutti in causa: una segnalazione può salvare vite’.

"Il governo ha fatto la scelta di rendere strutturale la sua azione con il nuovo Piano nazionale di contrasto alla violenza contro le donne appena varato con azioni sistemiche di investimento in queste politiche- ha dichiarato in un messaggio la ministra per le Pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti- All'interno del nuovo Piano viene posta grande attenzione anche alle donne con disabilità per riuscire a intercettare coloro che non riescono a chiedere aiuto o che subiscono discriminazioni multiple. Il Nuovo Piano è ancora di più al loro fianco nell'offrire percorsi di aiuto ma anche per accompagnarle in quel necessario processo di ricostruzione di una vita per se e per i loro figli’.

L'iniziativa ha visto l'adesione di tante voci della cultura, della politica, delle forze dell'ordine e degli operatori. Tra queste, il messaggio di Fiorella Mannoia, la presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, sen. Valeria Valente, l'europarlamentare Patrizia Toia, il capitano Mariantonia Secconi, Comandante Sezione Atti Persecutori del Reparto Analisi Criminologiche presso il Raggruppamento Carabinieri Investigazioni Scientifiche di Roma e la presidente di D.i.RE-Donne in rete contro la violenza, Antonella Veltri.

Di particolare forza i contributi della psicoterapeuta e criminologa, Virgilia Ciaravolo, co-autrice del libro "La violenza di genere dalla A alla Z" e della sociologa Simona Lancioni, responsabile del Centro 'Informare un'H' di, una struttura di riferimento nazionale in tema di divulgazione sui temi della disabilità delle donne e della violenza, le testimonianze di vita di donne non vedenti, tra cui Fernanda Flamigni e la psicologa Maria Luisa Gargiulo, a cui si sono unite alcune giovanissime studentesse cieche e ipovedenti con un video dei Centri di Consulenza Tiflodidattica dell'UiciI. Ha concluso i lavori la consigliera nazionale dell'Unione italiana ciechi e ipovedenti, Alina Pulcini.

Con questa iniziativa l'Unione italiana ciechi e ipovedenti ha inteso avviare una nuova fase di attenzione sul tema della violenza contro le donne con disabilità alla luce dell'emergenza evidenziata dai dati. In questo senso l'Uici potrà mettere a disposizione di istituzioni e associazioni di supporto alle donne anche il proprio know how e le sue strutture locali presenti in più di 100 territori per iniziative comuni di sensibilizzazione e di potenziamento di interventi adeguati, mirati e personalizzati.

L'iniziativa di Uici proseguirà il 25 novembre, in cui ricorre in tutto il mondo la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, e vedrà protagonisti proprio i territori con le donne delle sezioni Uici unite in una grande iniziativa di mobilitazione e denuncia dal Nord al Sud dell'Italia. Dirigenti, ragazze, volontarie e iscritte all'Unione daranno vita ad un flashmob presso piazze e luoghi delle istituzioni, compiendo una serie di gesti simbolici, da performance artistiche in cui dipingeranno di rosso le panchine pubbliche all'esposizione di scarpe rosse, fino all'organizzazione di iniziative e dibattiti pubblici per stimolare una presa di coscienza sul problema e promuovere un cambiamento culturale nel Paese affinché riconosca e protegga finalmente anche la soggettività delle donne con disabilità. (DIRE)

Concerto solidale "A tutto Verdi!": Milano, domenica 28 novembre 2021

In collaborazione con la Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano; si tratta di una selezione delle più belle melodie delle opere di Giuseppe Verdi eseguite del coro degli Amici del Loggione del Teatro Alla Scala di Milano e della Corale Monzese, con la prestigiosa narrazione dell'attore Massimiliano Finazzer Flory: un pomeriggio di musica all'insegna delle opere verdiane (Nabucco, Rigoletto, Traviata, Macbeth ed altre; trovate in calce/in allegato il programma integrale), per uno spettacolo di circa due ore. Solisti saranno Renata Campanella, Annunziata Menna, Diego Cavazzin, Marzio Giossi; al pianoforte il M° Luigi Palombi; la direzione musicale e artistica è affidata al M° Filippo Dadone.

Il costo del biglietto è di 15,00 euro.

L'incasso dell’evento, al netto delle spese di organizzazione, verrà devoluto per sostenere il Servizio di Intervento Precoce dell’I.Ri.Fo.R. Lombardia, ovvero le iniziative di carattere riabilitativo che organizziamo a favore dei piccoli con disabilità visiva e delle loro famiglie e per coprire le spese del pullmino che abbiamo acquistato per il trasporto dei ragazzi.

Invito tutti e tutte voi a dare massima diffusione dell'evento e, soprattutto, a partecipare; per l'indiscutibile valore culturale dello spettacolo e per la sua finalità solidale, ma anche perchè sarà una gradevole opportunità per incontrarci in questi tempi non facili, dove le occasioni socialità sono diventate sempre più rare.

Per prenotazioni, scrivere a I.Ri.Fo.R. (segreteria_irifor@uicilombardia.org) oppure telefonare al 3441119940 (Nicola) o al 3393295597 (Stefano).

I biglietti potranno poi essere ritirati preventivamente presso il Consiglio Regionale UICI in via Mozart, 16 a Milano.

Confidando nella Vostra disponibilità, vi saluto cordialmente.

Il Presidente

Prof. Giovanni Battista Flaccadori

Gli Amici del Loggione del Teatro Alla Scala di Milano - Il Coro

In collaborazione con la Corale Monzese

Domenica, 28 novembre 2021 - ore 17.00 - Teatro Dal Verme (Milano - Via S. Giovanni sul Muro, 3)

"A tutto Verdi!"

Cantato e raccontato dagli Amici del Loggione del Teatro Alla Scala di Milano. Cori, arie, duetti e concertati.

Solisti: Renata Campanella, Annunziata Menna, Max Jota, Marzio Grossi

Al Pianoforte: Paola Minniti

Direttore: Filippo Dadone

Narratore: Massimiliano Finazzer Flory

Introduzione di pianoforte solo (preludio III atto Traviata)

Nabucco

Va’ pensiero (coro)

Ernani

O sommo Carlo (soli e coro)

Il Trovatore

Chi del gitano… Stride la vampa (coro, mezzosoprano) D’amor sull’ali rosee (soprano)

Rigoletto

Cortigiani, vil razza dannata - Tutte le feste al tempio – Si vendetta, tremenda vendetta (soprano, baritono)

La Traviata

Finale atto II (soli e coro)

Macbeth

Patria oppressa (coro)

O figli, o figli miei – Ah la paterna mano (tenore)

Don Carlo

Spuntato ecco il dì d'esultanza (coro)

Io l'ho perduta! Io la vidi e il suo sorriso (tenore)

Requiem

Lacrimosa (soli e coro)

Falstaff

Finale fuga (soli e coro)

Prenotazione obbligatoria presso la Segreteria I.Ri.Fo.R. della Lombardia

segreteria_irifor@uicilombardia.org 339 3295597 - 3441119940

Ritiro dei biglietti presso il Consiglio Regionale U.I.C.I. Via Mozart 16, Milano

L'incasso dell’evento verrà devoluto al Consiglio di Amministrazione regionale dell’I.Ri.Fo.R./U.I.C.I. per sostenere il Servizio di Intervento Precoce, le iniziative di carattere riabilitativo a favore dei piccoli con disabilità visiva e delle loro famiglie e per l'acquisto di un pullmino per il trasporto dei ragazzi con disabilità complessa.

L'iniziativa si svolge nel rispetto della normativa anti Covid in vigore (green pass obbligatorio!).

lunedì 22 novembre 2021

La Legge Delega sulla Disabilità è un’occasione da non perdere

Superando del 22/11/2021

«Approvato nelle scorse settimane dal Consiglio dei Ministri, il Disegno di Legge Delega al Governo in materia di disabilità – scrive Gianmpiero Griffo, coordinatore del Comitato Tecnico-Scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità – è un risultato importante, un’occasione da non perdere, ma per comprenderne meglio la valenza innovativa e di riforma, è certamente utile approfondirne una serie di passaggi».

ROMA. Durante la pandemia da più parti sono emerse critiche all’attuale sistema di welfare sia a livello internazionale che nazionale. Infatti sono emerse forti lacune e indicazioni di intervenire su un sistema che pretendeva di proteggere le persone con disabilità e che invece non le ha protette.

Dalle discriminazioni proposte dalla SIAARTI (Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva) sull’esclusione delle persone con disabilità grave dai sistemi di triage per la cura dei colpiti dal coronavirus, condannate da tutte le istituzioni internazionali come violazione dei diritti umani; dalla mancanza di misure specifiche nei piani antipandemici italiani (addirittura non aggiornati dal 2006); dall’assenza di attenzioni durante il lockdown dei servizi, oltre alla rigidità degli stessi, incapaci di riconvertirsi in interventi domiciliari; dalla moria nelle residenze per anziani e persone con disabilità segnalata dall’Istituto Superiore di Sanità nella prima fase della pandemia (più del 40% di deceduti a causa della pandemia per le persone assistite in quei luoghi, che ha prodotto denunce penali); fino alla dichiarazione della commissaria europea per l’Uguaglianza e la Parità di Genere Helena Dalli che ha affermato come le persone con disabilità e le loro famiglie abbiano subìto un carico sproporzionato di problemi in confronto ad altri cittadini e cittadine: in sostanza abbiamo verificato che le persone con disabilità erano invisibili alle politiche e alle azioni di emergenza, proprio perché relegate in aree “speciali”.

Da più parti, in particolare nella Commissione Colao [promossa nel 2020 per elaborare il cosiddetto “Piano Colao” per la ripartenza dell’Italia: Iniziative per il rilancio “Italia 2020-2022”, N.d.R.], si è sollevata l’esigenza di passare ad un welfare di inclusione e di prossimità territoriale. Il modello attuale di welfare, infatti, nasce in tre periodi di crisi – la prima guerra mondiale, il new deal americano del 1929 e il dossier del ministro inglese lord Beveridge durante la seconda guerra mondiale – pensando di proteggere i gruppi vulnerabili. In realtà le persone con disabilità sono state rese vulnerabili da trattamenti spesso inappropriati e poveri rispetto ai loro diritti di cittadini, “fragilizzate” da soluzioni segreganti, da esclusioni pregiudiziali, da uno stigma negativo fortissimo che le riteneva incapaci di vivere nella società, il che ha prodotto discriminazioni di vario tipo, relegandole a trattamenti prevalentemente sanitari e assistenziali, spesso lontani dalla società.

In questo contesto la ministra per le Disabilità Erika Stefani, nel giugno scorso, ha definito un gruppo di lavoro informale cui chi scrive è stato chiamato a collaborare come coordinatore del Comitato Tecnico-Scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, formato da tutti i Ministeri competenti, dalle Regioni, dai Comuni, dall’INPS, dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), dalla FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità) e da alcuni esperti.

Il gruppo di lavoro in varie sedute ha elaborato numerose proposte sulla base delle quali è scaturito il Disegno di Legge Delega al Governo in materia di disabilità, approvato dal Consiglio dei Ministri il 27 ottobre scorso e depositato alla camera come Atto C. 3347. Nei successivi sessanta giorni il Parlamento potrà proporre degli emendamenti che il Governo valuterà per approvare la Legge Delega entro la fine di quest’anno, secondo gli impegni assunti dall’Italia nell’àmbito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), con la dizione di “Legge Quadro sulla Disabilità”; il Disegno di Legge C. 3347, infatti, è una delle riforme previste dallo stesso PNRR nella Missione 5, Componente 2 (Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore).

Questo traguardo è importante perché si tratta di una riforma costituita dalla realizzazione di una “Legge quadro della disabilità”, che si propone di realizzare pienamente i princìpi della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità del 2006, ratificata dall’Italia fin dal 2009 [Legge 18/09, N.d.R.], secondo un approccio del tutto coerente con la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e con la recente Strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030 presentata nel mese di marzo di quest’anno dalla Commissione Europea. Inoltre, si inserisce nell’àmbito degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU 2030 (2015) in cui le persone con disabilità sono incluse tra i beneficiari, essendo parte integrante della società.

Il risultato atteso è la semplificazione e l’omogenizzazione dell’accesso ai welfare regionali, la riformulazione dei sistemi di assessment (valutazione) legati ai progetti personalizzati attraverso il riconoscimento della condizione di disabilità e il potenziamento degli strumenti dei venti welfare regionali italiani finalizzati alla definizione del progetto centrato sulla persona.

In tal senso si tratta di un Disegno di Legge da considerare come epocale, in quanto per la prima volta porterà a una concreta applicazione dei princìpi e delle prescrizioni della Convenzione ONU. In particolare è la prima volta che in un Paese europeo si introduce il riconoscimento della condizione di disabilità basandosi sulla definizione della Convenzione stessa (articolo 1 comma 2).

Inoltre, il Disegno di Legge Delega avvia ad applicazione alcuni punti del secondo Programma di Azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità (DPR del 12 ottobre 2017), e in particolare le seguenti linee di intervento: la n. 1 (“Riconoscimento della condizione di disabilità, valutazione multidimensionale finalizzata a sostenere il sistema di accesso a servizi e benefici e progettazione personalizzata”); la n. 2 (“Politiche, servizi e modelli organizzativi per la vita indipendente e l’inclusione nella società”); la n. 3 e la n. 5 (“Per gli accomodamenti ragionevoli”); la n. 6 (“Promozione e attuazione dei principi di accessibilità e mobilità e interventi per qualificare la pubblica amministrazione”); la n. 8 (“Per lo sviluppo del sistema statistico e del monitoraggio dell’attuazione delle politiche attraverso l’informatizzazione dei processi valutativi e di archiviazione”).

Credo sia utile approfondire alcuni punti del Disegno di Legge, per comprenderne meglio la valenza innovativa e di riforma.

In Italia vi sono tre livelli di assessment (valutazione). Il primo è legato all’accertamento dell’invalidità, definito su parametri percentuali di tipo esclusivamente sanitario che assegnano le soglie oltre le quali si accede a diversi benefìci.

Questo accertamento si concentra solo sulle limitazioni funzionali della persona, non descrivendo la persona stessa nella sua completezza ed è svolto da Commissioni composte solo da medici. Al punto che una persona può avere lo stesso punteggio anche se ha minorazioni di diversa natura (ad esempio il 100% può averlo una persona cieca, una persona che si muove in sedia a rotelle, una persona con disabilità intellettiva e relazionale).

Il secondo livello di assessment è l’accertamento della condizione di handicap. Introdotto dalla Legge 104/92, esso si basa su un modello di disabilità definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1980, vale a dire l’ICIDH (Classificazione Internazionale della Menomazione, della Disabilità e dell’Handicap), ormai obsoleto perché superato da altre classificazioni della stessa Organizzazione Mondiale della Sanità. Questo accertamento non si basa su criteri di valutazione certi e oggettivi e valuta solo la condizione di svantaggio della persona, assegnando un livello generico di handicap e un livello di handicap grave. Nemmeno in questo caso la valutazione produce una valutazione sulla persona, ma assegna una generica valutazione di svantaggi. Qui le commissioni sono formate da operatori sanitari e sociali.

Il terzo livello di valutazione è definito da commissioni multidisciplinari regionali che valutano sostanzialmente quale servizio territoriale debba prendere in carico la persona. I criteri di valutazione utilizzati si basano su schede diverse da Regione a Regione (la più comune è denominata SVAMDI-Scheda di Valutazione Multidimensionale della Disabilità, con diverse varianti che utilizzano scale valutative differenti e alcini items anche dell’ICF, la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute fissata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2001) e su un portfolio di servizi anch’esso diverso da welfare a welfare regionale. Anche in questo caso la valutazione si concentra da un lato sulle esigenze sanitarie e riabilitative e dall’altro sui carichi assistenziali di cui necessitano gli esaminandi secondo il livello di limitazione funzionale. Non vi partecipano quasi mai i diretti interessati o chi li rappresenta.

Questo tipo di valutazione è deciso da commissioni multidisciplinari (con operatori sanitari e sociali) e nemmeno qui vengono valutate le persone in maniera complessiva, ma solo per alcune caratteristiche legate ai servizi offerti. Inoltre l’articolo 14 della Legge 328/00, che definisce i progetti individuali per le persone con disabilità, risulta poco applicato nei welfare regionali, in cui l’approccio olistico che definisce i progetti non solo dal punto di vista sanitario, ma sociale, educativo e lavorativo risulta appunto raramente utilizzato.

Il Disegno di Legge Delega, dunque, interviene da un lato per introdurre un nuovo sistema di assessment, basato sulla definizione della Convenzione ONU che recita: «Per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature menomazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali che in interazione con barriere di diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su base di uguaglianza con gli altri».

Questa definizione permette di conoscere le barriere, gli ostacoli e le discriminazioni che una persona incontra nella sua vita, limitandone la piena ed effettiva partecipazione, nonché il godimento di tuti i diritti umani e delle libertà fondamentali. Si passa quindi dall’accertamento basato sulla sola patologia, dalla definizione generica di svantaggio, al riconoscimento personalizzato delle barriere, degli ostacoli e delle discriminazioni che la persona vive quotidianamente.

Per questa personalizzazione il Disegno di Legge Delega definisce la necessità che la persona interessata o chi la rappresenta partecipi pienamente ai processi di riconoscimento della condizione di disabilità e alla definizione del progetto personalizzato partecipato. Inoltre, si prevede la definizione di un “profilo di funzionamento” della persona, che metta insieme tutte le caratteristiche, le capacità e potenzialità della stessa persona interessata, per cogliere e sostenere i processi di empowerment [crescita dell’autoconsapevolezza, N.d.R.], di abilitazione e di capability [capacità, N.d.R.], utili a conseguire gli obiettivi di vita che si prefigge (ad esempio, basta analizzare le soluzioni messe in campo dal grande fisico, matematico e astrolfisico Stephen Hawking, deceduto qualche anno fa). Purtroppo l’ICF non include questo elemento importante nella definizione dei sostegni utili a favorire la piena partecipazione delle persone con disabilità.

Il progetto personalizzato partecipato, basato sul riconoscimento della condizione di disabilità, si configura come una modalità omogenea di progettazione per tutti i sistemi di welfare regionali in cui la personalizzazione può essere legata ai progetti di vita indipendente, ai progetti della Legge 112/16 – meglio nota come “Legge sul Dopo di Noi” -, al budget di salute, elaborati sulla base delle caratteristiche della persona e delle barriere, degli ostacoli e delle discriminazioni che detta persona incontra, «stabilendo ipotesi in cui lo stesso, in tutto o in parte, possa essere autogestito con obbligo di rendicontazione secondo i criteri predefiniti nel progetto stesso».

Inoltre, il testo del Disegno di Legge prevede anche la possibilità di individuare «sostegni e servizi per l’abitare e modelli di assistenza personale autogestita che supportino l’autonomia e la vita indipendente delle persone con disabilità in età adulta, anche mediante l’attuazione coordinata dei progetti delle Missioni 5 e 6 del Paino Nazionale di Ripresa e Resilienza».

Nella definizione del progetto personalizzato si userà l’ICF insieme alla Convenzione ONU. Infatti l’ICF non lega il proprio modello alla violazione dei diritti umani che la Convenzione sottolinea con forza, e alla responsabilità degli Stati a rimuovere le barriere, gli ostacoli, lo stigma e le discriminazioni. Inoltre l’ICF cita, ma non definisce i fattori personali essenziali per promuovere l’empowerment e l’abilitazione della persona e le motivazioni a partecipare e promuovere una vita di cittadinanza attiva. L’ICF, infatti, è una tassonomia, pensata per indagini legate all’incidenza della disabilità su fasce di popolazioni determinate; inoltre è una fotografia statica che non coglie i processi di impoverimento che la società trasferisce sulle persone con disabilità. Il nuovo sistema di valutazione dovrà cogliere le barriere concrete che le persone vivono nella loro quotidianità, permettendo – come per tutti gli altri cittadini – di esprimere le proprie scelte legate al proprio progetto di vita.

Per definire i progetti personalizzati partecipati viene quindi distinto il budget di progetto, che include tutte le risorse disponibili («l’insieme delle risorse umane, professionali, tecnologiche, strumentali ed economiche», anche del territorio e della persona) da mettere in campo nelle varie aree di partecipazione e diritti (salute, lavoro, educazione, autonomia e indipendenza, sport ecc.), incluse nel progetto stesso. In questo processo ancora una volta si misura l’importanza della partecipazione del diretto interessato o di chi lo rappresenta per definire un progetto «secondo i suoi desideri, le sue aspettative e le sue scelte, migliorandone le condizioni personali e di salute».

Altro obiettivo della Legge Delega è quello di ridurre l’istituzionalizzazione delle persone con disabilità di qualsiasi età in Italia, perché con i progetti personalizzati come sopra descritti si proporranno «i sostegni e gli accomodamenti ragionevoli che garantiscano l’effettivo godimento dei diritti e delle libertà fondamentali, tra cui la possibilità di scegliere, in assenza di discriminazioni, il proprio luogo di residenza e un’adeguata soluzione abitativa, anche promuovendo il diritto alla domiciliarità delle cure e dei sostegni socioassistenziali». A questo scopo il testo prevede «eventuali forme di finanziamento aggiuntivo», per sostenere «figure professionali con il compito di curare la realizzazione del progetto, monitorarne l’attuazione e assicurare il confronto con la persona con disabilità e i suoi referenti familiari« (così come nuove figure professionali quali i consiglieri alla pari, i case manager ecc.) «e meccanismi di riconversione delle risorse attualmente destinate alla istituzionalizzazione a favore dei servizi di supporto alla domiciliarità e alla vita indipendente».

Un ulteriore elemento innovativo è dato dall’«informatizzazione dei processi valutativi e di archiviazione» dei dati, attraverso un dossier unico della persona che raccolga tutte le informazioni utili a descrivere i servizi e sostegni ricevuti, i benefìci goduti, le aspirazioni e i desideri». Si propone infatti di istituire «piattaforme informatiche interoperabili con quelle esistenti alla data di entrata in vigore dei Decreti Legislativi che, nel rispetto del principio di riservatezza dei dati personali, supportino i processi valutativi e l’elaborazione dei progetti personalizzati, consentano la consultabilità delle certificazioni, delle informazioni riguardanti i benefìci economici, previdenziali e assistenziali e degli interventi di assistenza socio-sanitaria che spettano alla persona con disabilità, garantendo comunque la semplificazione delle condizioni di esercizio dei diritti delle persone con disabilità e la possibilità di effettuare controlli e contengano anche le informazioni relative ai benefici eventualmente spettanti ai familiari o alle persone che hanno cura della persona con disabilità».

Per comprendere il senso della riforma, si tenga conto che il progetto personalizzato partecipato:

- può includere tante varianti legate alla persona (progetto di vita indipendente; progetto “Dopo di Noi”; budget di salute per persone con disabilità psico-sociale ecc.);

- offre un quadro di riferimento culturale e tecnico che sarà alla base delle valutazioni in ambito educativo, universitario, lavorativo e del tempo libero;

- è un contenitore che vuole uniformare i sistemi di valutazione e progettazione di tutti i welfare regionali;

- rimette al centro la persona con i suoi diritti e le barriere, gli ostacoli e le discriminazioni che incontra nella piena partecipazione in eguaglianza di opportunità con gli altri cittadini, obiettivo fondamentale della Convenzione ONU.

Altri capisaldi del Disegno di Legge che dovrà essere approvato, come detto, entro la fine di quest’anno, sono oltre al riconoscimento della condizione di disabilità e dei progetti personalizzati partecipati, il riconoscimento del diritto di ciascuna persona al percorso di vita, indipendentemente dalla propria condizione di disabilità e il conseguente diritto ad ogni “accomodamento ragionevole” (concetto definito per la prima volta in una legge italiana), insieme all’autodeterminazione delle persone con disabilità e all’inserimento di questi diritti all’interno dei Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali.

Sono previsti inoltre particolari provvedimenti riguardanti da un lato la qualificazione della Pubblica Amministrazione per il rispetto dei diritti delle persone con disabilità, Pubblica Amministrazione di cui è purtroppo notoria la scarsa capacità di applicare le norme di accessibilità e fruibilità, unita alla mancanza di un mainstreaming della disabilità, ovvero del tener conto di quest’ultima in tutte le politiche più generali.

In tale direzione va segnalato l’articolo 6 del Decreto Legge 80/21, convertito nella Legge 113/21 [“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, recante misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia”, N.d.R.], che definisce nuovi impegni delle Amministrazioni Pubbliche nel fissare il piano delle performance e che va utilizzato dalle organizzazioni di persone con disabilità nelle aree che ci interessano.

E a tal proposito è fondamentale il riconoscimento della partecipazione delle organizzazioni di persone con disabilità e dei loro familiari nei processi decisionali che li riguardano. Abbiamo visto durante la pandemia il ruolo insostituibile delle Federazioni FISH e FAND nel proporre molte soluzioni per alleviare i problemi creati da regole che non tenevano conto dei nostri diritti. Quello che va sottolineato è che le persone con disabilità non sono più oggetto di intervento e decisioni prese da altri, ma devono essere soggetti del cambiamento culturale, tecnico e politico. E laddove le organizzazioni che le rappresentano partecipano alle decisioni che le riguardano producono innovazione.

Per quanto riguarda infine il Garante Nazionale delle persone con disabilità, l’Osservatorio sulla Condizione delle Persone con Disabilità pensa ad un organismo con i poteri previsti dai Princìpi di Parigi delle Nazioni Unite, ovvero con poteri di livello massimi nel campo della tutela, della promozione e della protezione dei diritti umani delle persone con disabilità, anche nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni, come avviene in paesi vicini quali la Croazia. L’ideale, naturalmente, sarebbe la costituzione di una Commissione Nazionale Indipendente sui Diritti Umani, presente in tutti i Paesi avanzati, che possa intervenire gratuitamente in alternativa ai tribunali, con dossier rapidi ed efficaci. L’Italia è uno dei pochissimi Paesi industrializzati che ne è tuttora priva.

Quanto alla proposta di inserire una revisione dei barèmes [scale] percentuali delle commissioni di accertamento dell’invalidità, riteniamo che vadano espunti da questa Legge Delega, essendo basati su valutazioni puramente medico-sanitarie e quindi di competenza del Ministero della Salute.

di Giampiero Griffo,

Coordinatore del Comitato Tecnico-Scientifico dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità.

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L’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità

Istituito dalla Legge 18/09, con cui l’Italia ha ratificato la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ha funzioni consultive e di supporto tecnico-scientifico per l’elaborazione delle politiche nazionali in materia di disabilità, con la finalità di far evolvere e migliorare l’informazione sulla disabilità nel nostro Paese e, nel contempo, di fornire un contributo al miglioramento del livello di efficacia e di adeguatezza delle politiche stesse.§

In particolare, ai sensi dell’articolo 3, comma 5 della Legge 18/09, si occupa di:

- Promuovere l’attuazione della Convenzione ONU di cui all’articolo 1 ed elaborare il rapporto dettagliato sulle misure adottate di cui all’articolo 35 della Convenzione stessa, in raccordo con il Comitato Interministeriale dei Diritti Umani.

- Predisporre un programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità, in attuazione della legislazione nazionale e internazionale.

- Promuovere la raccolta di dati statistici che illustrino la condizione delle persone con disabilità, anche con riferimento alle diverse situazioni territoriali.

- Predisporre la relazione sullo stato di attuazione delle politiche sulla disabilità, di cui all’articolo 41, comma 8, della Legge 104/92, come modificato dal comma 8 del presente articolo.

- Promuovere la realizzazione di studi e ricerche che possano contribuire ad individuare aree prioritarie verso cui indirizzare azioni e interventi per la promozione dei diritti delle persone con disabilità.

Il cambio di prospettiva culturale, giuridica e scientifica, introdotto dalla ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite, a livello nazionale, europeo e mondiale, introduce un approccio alla disabilità fortemente basato sui diritti umani e, di conseguenza, impone all’Osservatorio la necessità di introdurre elementi di innovazione nel modo di leggere e intervenire sulle diverse tematiche che riguardano la disabilità e le persone con disabilità.

(dal sito dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità della Presidenza del Consiglio)

sabato 20 novembre 2021

Assegno universale e famiglie con disabilità

Superando del 20/11/2021

«Ci riteniamo doppiamente soddisfatti, sia perché le nostre proposte a favore delle persone con disabilità e delle loro famiglie le ritroviamo nel testo approvato dal Consiglio dei Ministri, sia perché appare che dalla misura nessuno sia stato escluso»: così il presidente della Federazione FISH Falabella commenta i contenuti del Decreto Attuativo della cosiddetta “Legge sull’assegno unico e universale alle famiglie”, approvato ieri dal Consiglio dei Ministri, che contiene una serie di misure favorevoli alle famiglie con figli con disabilità.

ROMA. Presentata nel giugno del 2018, la Proposta di Legge su Delega al Governo per riordinare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l’assegno unico e la dote unica per i servizi, meglio nota come “Legge sull’assegno unico alle famiglie”, era stata approvata alla Camera nell’estate dello scorso anno, divenendo poi la Legge 46/21 (Delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l’assegno unico e universale).

Su quel provvedimento, come avevamo riferito nella primavera scorsa, la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) era stata chiamata per due volte in audizione, presso la Commissione Affari Sociali della Camera, nell’ottobre del 2019 e anche nell’ottobre dello scorso anno, presentando in tali occasioni alcuni emendamenti al testo, in particolare chiedendo al Legislatore di far valere il principio che «nessun assegno o dote potessero costituire l’occasione per ridurre o comprimere i servizi sociali, socio-sanitari e socio-educativi per la disabilità, già previsti dalla normativa vigente e in particolare dai LEA, i Livelli Assistenziali di Assistenza».

«Ritenevamo – aveva dichiarato per l’occasione Vincenzo Falabella, presidente della FISH – che quel provvedimento, anche se apprezzabile, non andasse a compensare la necessità di politiche e servizi integrati e strutturali per la disabilità. Soprattutto lanciavamo l’allarme sul fatto che rimanevano esclusi dal perimetro normativo previsto, per età e per condizioni di vita, cittadini che pure si trovavano in condizione di necessità e supporto. Per questo chiedevamo al Parlamento l’introduzione di altre misure inclusive per prevenire le disuguaglianze che il provvedimento, così come era stato concepito, rischiava di acuire, sottolineando, nello specifico, la necessità del riconoscimento di un assegno maggiorato rispetto agli importi previsti, per ciascun figlio con disabilità a carico, fino al compimento del 26° anno di età, una maggiorazione, per altro, che fosse graduata secondo le classificazioni di condizione di disabilità media, grave e di non autosufficienza di cui all’Allegato 3 del Decreto del Presidente del Consiglio (DPCM) 159/13 [“Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)”, N.d.R.]. Parimenti lo chiedevamo per la dote unica».

Ora, nella giornata di ieri, 18 novembre, «il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto Legislativo Attuativo di quella Legge Delega, che entrerà a regime dal 2022», come ha dichiarato all’Agenzia ANSA Elena Bonetti, ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, ciò che consentirà alle famiglie italiane, dal 1° gennaio prossimo, di richiedere l’assegno unico tramite il sito dell’INPS, presentando un modello ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente).

Il testo approvato ieri, naturalmente, dovrà passare al vaglio delle Commissioni competenti di Camera e Senato, prima del via libera definitivo, ma sin d’ora la FISH esprime soddisfazione per i contenuti di esso.

«Siamo soddisfatti – spiega infatti il Presidente della Federazione – perché, come si legge in quel testo, le famiglie con figli con disabilità riceveranno il versamento “senza limiti di età” dei figli stessi. In particolare, poi, per chi ha figli minorenni, si prevede una maggiorazione dell’assegno che potrà variare da 85 a 105 euro al mese in base alla gravità della condizione di disabilità, cifre, queste, che andranno ad aggiungersi, ai 175 euro già previstì per tutti i figli».

Ma non solo. «Sono previste infatti – aggiunge Falabella – ulteriori maggiorazioni anche per le famiglie che hanno figli maggiorenni disabilità e, nello specifico, ci saranno 50 euro in più per quelli di età compresa tra i 18 e i 21 anni, mentre chi ha figli a carico con più di 21 anni di età, riceverà un assegno per tutta la vita, pari a 85 euro mensili, importo che tuttavia potrà variare in base all’indicatore ISEE».

«Si tratta indubbiamente di una prima svolta nelle politiche sociali – commenta ancora Falabella – che potrebbe essere la base di un nuovo modello di welfare per i più giovani, perché il nuovo assegno arriverà, in generale, a oltre 7 milioni di famiglie italiane. In tal senso ci riteniamo doppiamente soddisfatti, sia perché le nostre proposte a favore delle persone con disabilità e delle loro famiglie le ritroviamo nel testo approvato dal Consiglio dei Ministri, sia perché appare che dalla misura nessuno sia stato escluso». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@fishonlus.it.

venerdì 19 novembre 2021

Glaucoma, primo impianto di un’innovativa valvola magnetica

OK Medicina del 19/11/2021

BRESCIA. Un glaucoma refrattario, difficilmente curabile che può gradualmente portare il paziente alla cecità, è stato trattato per la prima volta nel nostro Paese all’Istituto Clinico S. Anna di Brescia, ospedale del Gruppo San Donato, con una innovativa tecnica chirurgica. È stata impiantata, in una donna di 34 anni con un rilevante deficit della vista all’occhio destro, una particolare valvola meccanica dotata di un regolatore del flusso dell’umor acqueo governabile esternamente dallo specialista, tramite un magnete. La valvola, di produzione svizzera, è stata impiantata dal professor Luciano Quaranta – responsabile Centro glaucoma dell’Istituto Clinico S. Anna – su una paziente milanese affetta da cataratta congenita sfociata in un glaucoma secondario e trattata più volte con altre tecniche chirurgiche risultate meno efficaci.

Il glaucoma rappresenta la prima causa nel mondo di cecità irreversibile ed è caratterizzato dall’aumento della pressione all’interno dell’occhio, che nel tempo provoca un danno permanente al nervo ottico, la struttura deputata a trasmettere l’informazione visiva dall’occhio verso il cervello. Gli interventi volti alla cura del glaucoma mirano a ridurre questa pressione intraoculare aumentando il flusso dell’umor acqueo verso gli spazi oculari esterni.

Il professor Quaranta, che dirige il nuovo Centro glaucoma inaugurato il primo settembre e che afferisce all’UO di Oculistica diretta dal dottor Gianpaolo Gatta, ha posizionato nell’occhio della paziente una valvola meccanica dotata di un sistema magnetico fondamentale per il controllo del flusso, che viene regolato esternamente dall’oculista grazie all’impiego di una penna magnetica, posizionata sulla palpebra della paziente, che permette di aumentare o ridurre l’efflusso dell’umore acqueo in base alle necessità cliniche. L’intervento è stato svolto in regime di day hospital, in sedazione totale e ha avuto una durata di 45 minuti.

“L’impiego di questa rivoluzionaria valvola è un ulteriore passo avanti nel trattamento di pazienti affetti da glaucoma che ad oggi venivano giudicati irrecuperabili” afferma il professor Quaranta. “Questa nuova tecnologia è già diffusa in diversi Paesi europei, dove sono stati oltre 300 gli impianti con follow-up a 6 anni, e oggi ottenendo l’approvazione in Italia ci consente di avere una carta in più per contrastare, in maniera efficace, le forme più complesse della malattia”.

Grazie a questo intervento la paziente ha mostrato una significativa riduzione della pressione oculare, che le permetterà, se mantenuta nel tempo, di preservare la funzione visiva residua. Ora dovrà sottoporsi a controlli ravvicinati per il primo periodo, poi potrà proseguire nel tempo con le visite di routine.