mercoledì 29 settembre 2021

"Non sono un murales"

Il 1° ottobre 2021, in occasione della Giornata Europea delle Fondazioni, Acri (Associazione delle Fondazioni e delle casse di risparmio) organizza Non sono un murales - Segni di comunità: un evento diffuso in quasi 100 città d’Italia, che vedrà coinvolte le diverse comunità nella realizzazione di un’opera d’arte.

Gli interventi verranno eseguiti in alcuni spazi emblematici dell’attività delle Fondazioni, producendo tracce che rimarranno nel tempo.

Noi realizzeremo il murales in collaborazione con Impresa Sociale Con i Bambini, finanziatrice del progetto "Bloom Again" che coinvolge il nostro Consiglio Regionale.

Il murales verrà realizzato nella stanza adibita al Servizio di Intervento Precoce Irifor Lombardia che verrà inaugurata il 1 ottobre p.v.

(Nell'immagine: work in progress del murales)

Una Risoluzione “storica” dell’ONU sulla violenza contro le donne con disabilità

Superando del 29/09/2021

Il riconoscimento della discriminazione multipla e intersezionale che le donne e le ragazze con disabilità affrontano e che sfocia in violenza, un linguaggio concordato a livello internazionale e un’articolazione più chiara sui diritti riguardanti la salute sessuale e riproduttiva: sono questi, secondo l’Alleanza Internazionale sulla Disabilità (IDA), alcuni degli aspetti più apprezzabili della Risoluzione in tema di contrasto alla violenza contro le donne e le ragazze con disabilità adottata dal Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU, una Risoluzione definita «epocale» dall’IDA stessa.

Landmark: storica, epocale, punto di riferimento o pietra miliare. È questa la qualificazione con la quale l’IDA, l’Alleanza Internazionale per la Disabilità, rete di organizzazioni globali e regionali di persone con disabilità e delle loro famiglie, definisce la Risoluzione in tema di contrasto alla violenza contro le donne e le ragazze con disabilità (A/HRC/RES/47/15) adottata nel luglio scorso dal Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite.

«Sebbene la realtà delle donne e delle ragazze con disabilità e la loro vulnerabilità alla violenza sia terribile – si legge nel comunicato pubblicato dall’IDA – la nostra organizzazione e i membri di essi trovano speranza nell’approccio sfumato della Risoluzione del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite sul tema Accelerare gli sforzi per eliminare tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze: prevenire e rispondere a tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze con disabilità. Degno di nota è il riconoscimento che [la Risoluzione] dà alle forme di discriminazione multipla ed intersezionale che le donne e le ragazze con disabilità affrontano e che sfociano in violenza».

Sono diversi gli aspetti sui quali l’IDA esprime apprezzamento, a partire dai passi avanti nell’impiego di un linguaggio concordato a livello internazionale, che la rete ha richiesto per molto tempo, fino all’articolazione più chiara sui temi della salute sessuale e riproduttiva, nonché sui diritti riproduttivi rispetto alle precedenti Risoluzioni dell’ONU.

Vi sono poi ulteriori elementi qualificanti, tra i quali rientrano una definizione di violenza contro le donne e le ragazze estesa sino ad includere il danno sociale ed economico; il riconoscimento che l’istituzionalizzazione forzata è una forma di violenza basata sulla disabilità che priva le donne e le ragazze della libertà; la circostanza di avere incluso tra le pratiche dannose la sterilizzazione, l’aborto e la contraccezione forzati; l’avere considerato le forme di discriminazione intersezionale che colpiscono le donne anziane, le donne indigene e le migranti, e l’impiego di un nuovo linguaggio riguardo alle persone con disabilità di origine africana e asiatica; e ancora, la sollecitazione, rivolta agli Stati, a prevenire e rispondere all’aumento della violenza contro le donne e le ragazze, comprese quelle con disabilità, durante la pandemia di Covid-19, integrando sistemi di prevenzione, risposta e protezione accessibili e inclusivi in qualsiasi piano di risposta alla pandemia e di ripresa; la riaffermazione che la salute sessuale e riproduttiva e i diritti riproduttivi devono essere liberi da coercizione, discriminazione e violenza, e comprendere il pieno rispetto della dignità, dell’integrità e dell’autonomia fisica della persona; l’avere sottolineato l’importanza di garantire la piena, effettiva e significativa partecipazione e inclusione di tutte le donne e ragazze con disabilità nei processi decisionali e nei ruoli di leadership, coinvolgendo e sostenendo le organizzazioni di persone con disabilità guidate dalle stesse persone con disabilità. (Simona Lancioni)

Ringraziamo Stefano Borgato per la segnalazione.

di Simona Lancioni,

Responsabile di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), nel cui sito il presente contributo è già apparso. Viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

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La parte programmatica contenuta nella Risoluzione dell’ONU in tema di contrasto alla violenza contro le donne e le ragazze con disabilità (13 settembre 2021)

Il Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU:

1. esprime indignazione per la persistenza e la pervasività di tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze in tutto il mondo;

2. condanna con la massima fermezza tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze, comprese le donne e le ragazze con disabilità, anche nel contesto delle misure di confinamento e della chiusura delle scuole in risposta alla pandemia di Covid-19;

3. esprime profonda preoccupazione per il fatto che tutte le forme di discriminazione e violenza compromettono o annullano il pieno godimento da parte delle donne e delle ragazze dei loro diritti umani e delle libertà fondamentali, la qual cosa ostacola la piena, effettiva e significativa partecipazione e inclusione delle donne e delle ragazze con disabilità su un piano di parità con gli altri nelle sfere economica, sociale, culturale, civile e politica, e costituisce un impedimento al raggiungimento della parità di genere e all’emancipazione di tutte le donne e le ragazze;

4. sottolinea la necessità di intensificare gli sforzi per responsabilizzare le donne e le ragazze con disabilità, rafforzare la loro partecipazione e promuovere la loro leadership nella società adottando misure per affrontare tutte le barriere che impediscono o limitano la loro piena ed equa partecipazione e inclusione in tutte le sfere della vita. Tali sforzi includono la creazione di programmi abilitanti, la sensibilizzazione della comunità, programmi di tutoraggio e di rafforzamento delle capacità per garantire il loro accesso, su base paritaria con gli altri, a risorse economiche e finanziarie e infrastrutture sociali accessibili e inclusive per le persone disabili, trasporti, procedure e servizi giudiziari, in particolare in relazione alla salute e all’istruzione, nonché all’occupazione remunerata e al lavoro dignitoso per le donne con disabilità. Tali misure sono volte a garantire che le priorità e i diritti delle donne e delle ragazze con disabilità siano pienamente integrati nelle politiche e nei programmi, e che le stesse siano attentamente consultate e attivamente coinvolte nei processi decisionali;

5. sottolinea inoltre la necessità di affrontare forme di discriminazione multipla e intersezionale, che mettono le donne e le ragazze a maggior rischio di sfruttamento, violenza e abuso, e di porre in essere misure per prevenire ed eliminare gli stereotipi basati sulla disabilità, sul genere, sull’età, sulla razza e la xenofobia, sull’abilismo, lo stigma, sulle norme sociali negative, sugli atteggiamenti e comportamenti che causano o perpetuano discriminazioni e violenze contro donne e ragazze;

6. riconosce che per prevenire, rispondere ed eliminare la violenza contro le donne e le ragazze con disabilità è necessario un approccio multisettoriale proattivo, lavorando con tutte le parti interessate, comprese le organizzazioni di persone con disabilità guidate dalle stesse. Servono inoltre l’istruzione permanente, la formazione e le campagne mediatiche che promuovano il rispetto, la dignità, la responsabilità, l’uguaglianza, la non discriminazione, l’inclusione e l’accessibilità, nonché la piena ed effettiva partecipazione alla vita politica e pubblica e all’emancipazione economica, servono misure di protezione sociale volte a ridurre la povertà e la dipendenza finanziaria da altre persone, e, ancora, misure volte alla deistituzionalizzazione e alla promozione della vita indipendente;

7. invita gli Stati a intraprendere azioni immediate ed efficaci per prevenire ed eliminare tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze. A tal fine sono indicate le seguenti:

(a) promuovere il rispetto per i diritti e la dignità delle persone con disabilità, promuovere rappresentazioni responsabili delle donne e delle ragazze con disabilità e campagne di sensibilizzazione sulle loro capacità e sul loro contributo alla società. Gli Stati devono astenersi dal sostenere o finanziare campagne che perpetuano la stigmatizzazione o gli stereotipi delle donne e ragazze con disabilità;

(b) rivedere le leggi e le politiche che perpetuano un’interpretazione obsoleta della disabilità presente nei modello caritatevole, in quello medico e in quello basato sull’abilità, integrando un approccio alla disabilità basato sui diritti umani;

(c) sviluppare, rivedere e rafforzare politiche inclusive, anche stanziando risorse adeguate, per affrontare le cause storiche, strutturali e sottostanti e i fattori di rischio della violenza contro le donne e le ragazze, compresa la violenza motivata dalla xenofobia e dall’intolleranza religiosa, e garantendo che le leggi e le politiche siano armonizzate per affrontare tutte le forme di violenza contro donne e ragazze, siano inclusive e accessibili alle donne e alle ragazze con disabilità, e siano attuate in conformità agli obblighi internazionali in materia di diritti umani degli Stati;

(d) implementare e assegnare risorse adeguate a programmi e strategie efficaci e basati sull’evidenza con e per le donne e le ragazze con disabilità, come l’incremento dell’accesso ai dispositivi e alle tecnologie di assistenza, ai servizi di abilitazione e riabilitazione erogati dalla comunità adattati alle loro esigenze, in conformità con gli obblighi internazionali degli Stati in materia di diritti umani;

(e) garantire la piena, effettiva e significativa partecipazione e inclusione delle donne e delle ragazze nei loro diversi contesti, comprese le donne e le ragazze con disabilità, su base paritaria con gli altri, nei processi decisionali, nei ruoli di leadership, nello sviluppo e nell’attuazione di politiche, legislazioni, procedure, piani d’azione, programmi, progetti e strategie nazionali accessibili e inclusive per prevenire ed eliminare la violenza contro le donne e le ragazze; nonché garantire che tale partecipazione sia condotta in un ambiente sicuro e accessibile, anche attraverso il sostegno e lo sviluppo delle capacità di organizzazioni di donne, ragazze e altre persone con disabilità guidate da loro stesse, e attraverso programmi di sensibilizzazione della comunità, e di tutoraggio e sviluppo delle capacità rivolti alle donne e alle ragazze con disabilità;

(f) garantire che i servizi e i programmi progettati per prevenire ed eliminare la violenza contro le donne e le ragazze siano inclusivi e accessibili alle donne e alle ragazze con disabilità, anche assicurando che le strutture, i servizi e le informazioni siano accessibili, che forniscano risposte adeguate all’età e al genere, che l’istruzione e formazione rivolta ai professionisti, agli/alle assistenti personali retribuiti ed ai/alle caregiver non retribuiti che lavorano per supportare le esigenze specifiche delle donne con disabilità, comprese le donne anziane, e delle ragazze con disabilità, sia inclusiva della disabilità e delle sue problematiche;

(g) garantire che i sistemi di protezione sociale affrontino le molteplici, interconnesse e complesse cause delle persone senzatetto prevenendo la povertà, contribuendo alla vita indipendente nella comunità, agli obiettivi di salute, all’uguaglianza di genere e razziale, al lavoro dignitoso e facilitino l’inclusione delle persone con disabilità;

(h) adottare tutte le misure appropriate per prevenire ed eliminare tutte le forme di discriminazione e violenza contro le donne e le ragazze in situazioni di rischio, comprese le situazioni di conflitto armato, le emergenze umanitarie e i disastri naturali, con particolare attenzione ai rischi affrontati e alle esigenze specifiche delle donne e delle ragazze con disabilità;

(i) sviluppare e implementare programmi educativi e materiali didattici in formati di comunicazione accessibili, alternativi e a prezzi abbordabili, compresi i formati di facile lettura e comprensione, che sensibilizzino gli educatori e le educatrici e gli/le studenti sulla violenza contro le donne e le ragazze, inclusa un’educazione sessuale completa e basata sull’evidenza, coerente con le capacità evolutive del bambino, che spieghi il consenso, il rispetto dei confini, cosa costituisce un comportamento inaccettabile e come segnalarlo, che promuova l’autostima e le capacità di prendere informazioni e decisioni informate, nonché lo sviluppo di relazioni rispettose, basate sull’uguaglianza di genere, l’inclusione e i diritti umani;

(j) sviluppare e attuare la legislazione, le politiche, le procedure e i programmi nazionali in materia di giustizia penale che tengano conto delle esigenze specifiche delle donne e delle ragazze con disabilità, e promuovere misure adeguate all’età e al genere, che includano la disabilità nelle politiche di prevenzione e protezione della criminalità, compreso il rafforzamento delle competenze di coloro che sono coinvolti nella prevenzione della criminalità, nel sistema giudiziario e nei processi di giustizia riparativa informale;

(k) sostenere le iniziative intraprese, tra le altre, da organizzazioni internazionali e non governative, comprese le organizzazioni per i diritti delle donne e delle ragazze, dalle organizzazioni delle persone con disabilità guidate dalle stesse, dalle donne anziane, dalle ragazze e dalle giovani, dalle componenti della società civile, dal settore privato, dai gruppi religiosi e comunitari, dai leader religiosi, dai politici, dai giornalisti e altri operatori dei media, dai difensori dei diritti umani, compresi i difensori dei diritti umani delle donne e delle ragazze, dalle popolazioni indigene, dalle comunità locali e da altri attori pertinenti; tali iniziative vanno considerate come parte dei loro sforzi per sviluppare risposte mirate e accessibili, programmi e politiche volti a promuovere l’uguaglianza e l’inclusione di genere ed eliminare la violenza contro le donne e le ragazze, anche stanziando adeguate risorse finanziarie;

8. invita inoltre gli Stati a intraprendere azioni immediate ed efficaci per rispondere a tutte le forme di violenza contro donne e ragazze e per sostenere e proteggere tutte le vittime e le sopravvissute, in particolare a:

(a) ritenere responsabili gli autori delle violenze ed eliminare l’impunità per tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze;

(b) garantire che la legislazione consenta indagini tempestive ed efficaci, procedimenti penali, comprese azioni giudiziarie d’ufficio, sanzioni e risarcimenti per la violenza contro le donne e le ragazze;

(c) adottare, rafforzare e attuare una legislazione che vieti espressamente la violenza e fornisca un’adeguata protezione a tutte le donne e ragazze, comprese le donne e le ragazze con disabilità, contro tutte le forme di violenza. Ciò sia nella sfera pubblica che e in quella privata, considerando, tra le altre, anche la violenza perpetrata online e offline da chi presta assistenza, dagli operatori sanitari, da chi lavora nei trasporti, dai/dalle caregiver, o cha chi si trova in posizioni di autorità; nelle forme di molestie sessuali, di violenza domestica, della violenza agita da partner intimi e delle uccisioni delle donne e delle ragazze motivate dalla loro appartenenza di genere; [gli Stati] devono porre fine all’impunità e punire adeguatamente i reati inerenti le violenze fisiche, sessuali, psicologiche ed economiche avvenute nelle famiglie, nelle istituzioni, nei contesti digitali, nel mondo del lavoro, e quelle compiute da chi presta assistenza all’interno delle comunità;

(d) garantire la parità di riconoscimento davanti alla legge delle persone con disabilità, tra le altre, alle donne anziane con disabilità, alle persone con disabilità appartenenti a minoranze, comprese le persone con disabilità di origine africana e asiatica, ai/alle migranti con disabilità e alle persone indigene con disabilità; [gli Stati devono] garantire che abbiano l’opportunità di esercitare la loro capacità giuridica su una base di uguaglianza con gli altri in tutti gli aspetti della vita, come riconosciuto dall’articolo 12 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità;

(e) garantire l’accesso alla giustizia e ai meccanismi di accertamento delle responsabilità e rimedi tempestivi ed effettivi per un’efficace attuazione e applicazione delle leggi volte a prevenire ed eliminare tutte le forme di discriminazione e violenza di genere, anche informando le donne e le ragazze sui loro diritti ai sensi delle leggi pertinenti con modalità accessibili, fornendo soluzioni procedurali per le donne e le ragazze con disabilità, migliorando l’infrastruttura legale e provvedendo affinché la formazione erogata nei sistemi giudiziari sia sensibile all’età, al genere e alla disabilità al fine di garantire l’uguaglianza di fronte alla legge e la parità di protezione delle donne e delle ragazze con disabilità da parte della legge stessa;

(f) fornire alle vittime e alle sopravvissute alla violenza risposte efficaci, compresi servizi di consulenza legale, medica, psicologica e confidenziale incentrati sulla vittima e sulla persona sopravvissuta e sensibili all’età e al genere; la protezione legale eviti la vittimizzazione secondaria e il ritraumatizzazione, e sia inclusiva e accessibile alle donne e alle ragazze con disabilità, fornendo loro servizi di supporto, informazioni e istruzioni in formati accessibili, anche su come prevenire, riconoscere e segnalare casi di sfruttamento, violenza e abuso in qualsiasi ambiente;

(g) integrare pienamente una prospettiva dei diritti umani nell’area della salute mentale, nel supporto psicosociale e nei servizi comunitari e adottare, attuare, aggiornare, rafforzare o monitorare, a seconda dei casi, le leggi, le politiche e le pratiche esistenti al fine di proteggere l’integrità personale delle persone con disabilità, eliminando ogni forma di discriminazione, stigma, stereotipo, pregiudizio, violenza, abuso, esclusione sociale, segregazione, privazione illegale o arbitraria della libertà sulla base della disabilità, istituzionalizzazione e sovramedicalizzazione in tale contesto; e promuovere il diritto delle persone con disabilità psicosociali a vivere in modo indipendente, alla piena inclusione e alla partecipazione effettiva nella società, a decidere su questioni che le riguardano e a far rispettare la loro dignità su basi paritarie con gli altri;

(h) garantire che la salute sessuale e riproduttiva e i diritti riproduttivi siano pienamente realizzati, anche per le vittime e le sopravvissute alla violenza sessuale e di genere, affrontando i fattori sociali e gli altri elementi determinanti della salute, rimuovendo le barriere, sviluppando e applicando politiche, buone pratiche e disposizioni legali, nonché rafforzando i sistemi sanitari per offrire servizi di assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva completi e di qualità, informazioni e istruzioni universalmente accessibili, disponibili e inclusivi;

(i) abrogare la legislazione e le disposizioni normative che limitano la capacità giuridica o consentono la sterilizzazione forzata, l’aborto forzato e la contraccezione forzata, e garantire che qualsiasi procedura o intervento medico sia eseguito nel debito rispetto del diritto al rispetto dell’integrità fisica e mentale su una base di uguaglianza con altri e all’autonomia corporea, e non venga eseguito senza il consenso libero e informato di donne e ragazze con disabilità;

(j) rafforzare o istituire sistemi per raccogliere, analizzare e pubblicare regolarmente dati statistici disaggregati per sesso, età, disabilità e altre caratteristiche pertinenti su tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze, ed utilizzare questi dati per produrre sforzi più efficaci in tutti i settori di prevenzione e risposta alla violenza, nel rispetto dei principi dei diritti umani, compresa la partecipazione, la trasparenza, la privacy e la responsabilità;

9. invita gli Stati a prevenire e rispondere all’aumento della violenza contro le donne e le ragazze, comprese quelle con disabilità, durante la pandemia di Covid-19, integrando i sistemi di prevenzione, di risposta e di protezione accessibili e inclusivi in ??qualsiasi piano di risposta alla pandemia e di ripresa; ciò anche attraverso il rafforzamento delle misure di contrasto alla violenza, misure per la giustizia e la protezione sociale delle vittime e delle sopravvissute alla violenza; predisponendo ed ampliando l’accessibilità e la capacità delle case rifugio, dei servizi e degli spazi sicuri per le vittime e le sopravvissute alla violenza quali servizi essenziali, nonché aumentando le risorse per loro, in collaborazione con la società civile, comprese le organizzazioni di donne e ragazze con disabilità guidate dalle stesse, e le loro comunità; promuovendo la deistituzionalizzazione e prevenendo l’istituzionalizzazione; incrementando le campagne di sensibilizzazione per affrontare la violenza contro le donne e le ragazze che tengano conto dell’età, del genere e della disabilità; ciò anche durante i periodi di confinamento, fornendo un accesso sicuro ed equo alla vaccinazione per le donne e le ragazze con disabilità e garantendo la loro partecipazione allo sviluppo e all’attuazione di piani di risposta alla pandemia e di recupero;

10. accoglie con favore la discussione annuale di un’intera giornata sui diritti umani delle donne, chiede all’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani di preparare un rapporto riassuntivo in formati accessibili sulla discussione annuale tenuta nella presente sessione e di presentare la relazione al Consiglio per i diritti umani alla sua cinquantesima sessione, nonché di preparare una relazione di sintesi in formati accessibili sulla discussione annuale che si terrà alla sua cinquantesima sessione e di presentare la relazione alla sua cinquantatreesima sessione, e, infine, a fare in modo che la discussione annuale sui diritti umani delle donne sia pienamente accessibile alle persone con disabilità;

11. decide di continuare la sua riflessione sulla questione dell’eliminazione di tutte le forme di violenza contro le donne e le ragazze considerandola come una questione di alta priorità, in conformità con il suo programma di lavoro, alla sua cinquantatreesima sessione.

Radiofari per guidare i «bastoni bianchi». Le vie di Mantova amiche dei non vedenti

Avvenire del 29/09/2021

MANTOVA. Sedici segnalatori, installati in punti strategici, che creano un percorso sicuro e fruibile da persone con disabilità visiva, affinché possano muoversi a piedi in autonomia e senza rischi. Da alcune settimane a Mantova è attivo il sistema Letismart, sviluppato grazie alla sinergia tra Comune, Unione italiana ciechi (Uic) e Lions.

Funziona attraverso un piccolo dispositivo elettronico, pesante appena otto grammi, che viene applicato al bastone bianco usato solitamente da ciechi e ipovedenti. Grazie ad appositi radiofari collocati lungo strade e piazze, permette di indicare, ad esempio, la presenza di attraversamenti pedonali, luoghi d'interesse e cantieri. Il sistema è nato a Trieste, dov'è stato sperimentato su mezzi pubblici e semafori. Ora è arrivato a Mantova, seconda città d'Italia a metterlo in atto e prima in Lombardia.

«Vogliamo rendere Mantova accessibile a tutti, soprattutto alle persone diversamente abili - afferma Nicola Martinelli, assessore comunale ai Lavori pubblici -. Letismart è un progetto importante e rappresenta un punto di partenza. Attraverso la sinergia con l'Uic abbiamo realizzato un percorso che parte dalla sede dell'associazione e si snoda nel centro storico. Lungo il cammino sono segnalati punti significativi come il municipio, l'ufficio postale e altri luoghi chiave. È una questione di civiltà e la tecnologia oggi svolge un ruolo chiave perché consente di realizzare cose impensabili fino a qualche anno fa».

«L'associazione ha creduto fin dall'inizio in questo progetto e ci siamo impegnati molto per realizzarlo - spiega Mirella Gavioli, presidente dell'Uic di Mantova -. Il sistema può essere ampliato in vari modi per aumentarne la funzionalità. Il prossimo passo è installarlo sui mezzi pubblici, per permettere alle persone con disabilità visiva di individuare il proprio autobus e prenotare la fermata. Inoltre vogliamo applicarlo sui semafori. Le potenzialità future sono tante, perciò bisogna coinvolgere istituzioni e soggetti privati del territorio».

di Roberto Dalla Bella

martedì 28 settembre 2021

Una città modello per le persone cieche

Il Post del 28/09/2021

Marburgo è diventata un esempio di accessibilità e inclusione, grazie a un istituto all'avanguardia per ragazzi con disabilità visive.

La città di Marburgo, nella Germania centrale, è conosciuta per la sua storica università, fondata nel 1527, ma anche per essere particolarmente adatta alle esigenze delle persone cieche e ipovedenti. Fu infatti qui che nel 1916 nacque la Carl-Strehl-Schule, una scuola secondaria per giovani ciechi o ipovedenti che ancora oggi è il fulcro dell’istituto educativo che ha scoperto e promosso varie tecnologie per rendere più facile la vita delle persone con disabilità visive: il Deutsche Blindenstudienanstalt, o Blista.

Molte innovazioni che hanno reso Marburgo così accessibile e inclusiva per gli ipovedenti si trovano ormai anche altrove, ma secondo varie persone con disabilità visive che ci hanno vissuto e sono state intervistate da BBC, il modo in cui sono concentrate e distribuite in questa città è unico. Secondo Dago Schelin, ricercatore brasiliano che si occupa di studi sui media all’università della città, Marburgo è «una città smart per i ciechi» e potrebbe diventare un modello di riferimento per lo sviluppo di altre città in futuro.

Marburgo ha circa 80mila abitanti e si trova nell’Assia, un’ottantina di chilometri a nord di Francoforte. Tra le altre cose ospita scuole di cavallo, canoa, arrampicata e sci per persone cieche e la sua università è quella con la più alta proporzione di studenti con disabilità visive di tutta la Germania. Tutto ciò si deve in particolare alla lunga storia del Blista, che fu voluto dall’educatore berlinese Carl Strehl per aiutare i giovani che avevano perso la vista durante la Prima guerra mondiale a causa del conflitto.

Allora l’obiettivo della scuola era garantire un’educazione elementare ai bambini chiechi; adesso invece ospita circa 280 studenti che vengono preparati a gestire numerosi aspetti della loro vita quotidiana e ad affrontare la loro vita scolastica e professionale.

Al Blista nel 1919 fu creato il primo libro di matematica e chimica per persone cieche e nel 1954 nacque la prima “biblioteca dell’udito”; nel 1971, sempre a Marburgo, fu installato il primo semaforo acustico per aiutare le persone con disabilità visive ad attraversare la strada, come quelli che successivamente comparvero nelle città di tutto il mondo. All’istituto sono stati perfezionati strumenti che hanno reso più semplice la vita dei ciechi, tra cui il bastone telescopico e gli screen reader, che permettono di riprodurre un testo scritto tramite sintesi vocale.

Negli anni le innovazioni del Blista hanno cambiato anche la città, rendendola più vivibile per le persone con disabilità visive che frequentavano l’istituto e poi decidevano di rimanere a vivere lì. A Marburgo si trovano dappertutto percorsi tattili e barriere protettive, che agevolano gli spostamenti delle persone cieche, mappe o miniature con indicazioni in braille, che permettono di identificare le principali attrazioni della città, come il castello e la piazza della città vecchia, ma non solo.

Oltre a cambiare il modo in cui si vive, l’istituto ha cambiato anche il modo in cui si studia: dai lavori strutturali per rendere più accessibili i dipartimenti dell’università, alle nuove tecnologie per rendere più semplice lo studio di materie spesso complesse da affrontare per le persone cieche, come le Scienze Naturali.

Lo ha spiegato a BBC in maniera più dettagliata Tobias Mahnke, che insegna chimica alla Carl-Strehl-Schule. Tradizionalmente per studiare materie come la chimica servono grafici, tabelle e immagini che gli studenti ipovedenti non sono in grado di osservare, ed esercitazioni di laboratorio che sono piuttosto complesse da replicare, perché sono quasi sempre basate sull’esperienza visiva.

Secondo Mahnke, però, non dovrebbero esserci «svantaggi» per le persone cieche.

Assieme ai colleghi del Blista e grazie al sostegno economico di alcune fondazioni, Mahnke ha sviluppato una serie di strumenti per rendere lo studio della chimica più inclusivo, per esempio adattando il materiale di laboratorio alle esigenze degli studenti ciechi per renderlo più sicuro, e installando speciali sensori sonori per segnalare quello che succede attraverso determinate reazioni chimiche. Alcuni studi citati da BBC hanno evidenziato che sia i bambini che gli adulti imparano meglio quando nell’apprendimento sono stimolati altri sensi oltre alla vista, e anche secondo Mahnke «le esperienze multi-sensoriali portano a un apprendimento più profondo e che dura più a lungo».

Il primo corso avanzato di chimica dell’istituto è stato offerto nel 2017: nel 2019 per via della grande richiesta ne sono stati offerti due.

L’informatico cieco Bahaddin Batmaz, che si occupa anche di promuovere l’accessibilità per chi ha disabilità visive, ha invece sottolineato che le invenzioni dedicate ai ciechi possono essere un beneficio per tutti: basti pensare agli annunci vocali alle fermate dei mezzi pubblici, che sono senz’altro utili anche alle persone vedenti.

Sia secondo gli insegnanti che secondo le persone con disabilità, un altro aspetto cruciale che ha reso Marburgo così inclusiva è quello umano.

In città «ci sono molti ciechi, e qualsiasi organizzazione deve farci i conti, prima o poi», ha raccontato a BBC Leon Portz, che iniziò gradualmente a perdere la vista a causa di una malformazione congenita a otto anni e studiò proprio al Blista; a Marburgo però la popolazione vedente è abituata a incontrare e a interagire con quella non vedente, gli autisti degli autobus sanno dare assistenza ai passeggeri disabili e molti ristoranti hanno il menù in braille, per fare qualche esempio.

Come ha spiegato a BBC Uwe Boysen, giudice in pensione, ex presidente dell’associazione tedesca degli studenti e dei lavoratori ciechi e ipovedenti (DVBS) ed ex allievo della Carl Strehl, il senso di comunità e di assistenza reciproca che si sono creati a Marburgo «ti danno coraggio, ti fanno osare e sperimentare cose nuove».

Portz, che attualmente studia Biochimica e Informatica a Düsseldorf, ha detto di non sentirsi «un pioniere», ma di immaginare di esserlo: è il primo studente cieco nella sua facoltà e secondo quello che dice è anche uno dei pochi studenti universitari di chimica ciechi in tutta la Germania. Parlando della sua esperienza al Blista, Portz ha detto: «Mi sono reso conto di quello che era possibile, e di quello che poteva diventare possibile».

lunedì 27 settembre 2021

La sede di lavoro non è scontata

Italia Oggi del 27/09/2021

Decisione della Suprema corte sulla possibilità di scelta riconosciuta al disabile e al familiare.

Il trasferimento? È il frutto di una decisione organizzativa

La scelta della sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, consentita al lavoratore disabile e al familiare di una persona disabile alla quale si presta assistenza, non è un «diritto soggettivo assoluto e illimitato, ma assoggettato al potere organizzativo del datore di lavoro». A stabilirlo è la Corte di cassazione nella sentenza n. 22885/2021, relativa alle prerogative riconosciute dalla legge n. 104/1992 (art. 33, commi 5 e 6) al fine di conciliare le esigenze familiari e quelle aziendali. Per i giudici non sussiste il «diritto al trasferimento», neanche nel settore pubblico, e sono sempre richiesti due requisiti: la «vacanza» del posto di lavoro e la sua «disponibilità», che è frutto di una decisione organizzativa (quella di coprire il posto vacante). Il luogo di lavoro. La «sede di lavoro» è un elemento essenziale del contratto di assunzione (anche c.d. lettera di assunzione), al quale si applicano le regole stabilite dal codice civile sui contratti in generale. In genere, il datore di lavoro indica gli «elementi essenziali» facendo rinvio alla legge e alla contrattazione collettiva per gli «elementi accessori» (ad esempio: giorni di ferie). Gli elementi essenziali sono tali che il datore di lavoro ha l'obbligo di fornirli per iscritto al lavoratore, all'atto dell'assunzione. Tra questi elementi essenziali (le parti del contratto di lavoro; la data di inizio del rapporto; l'eventuale durata del contratto; inquadramento, qualifica e mansioni) c'è anche il «luogo di lavoro» o «sede di lavoro». Una volta stabilita, tuttavia, il datore di lavoro conserva, nell'ambito del suo potere direttivo, la possibilità di decidere unilateralmente di far svolgere la prestazione di lavoro in un luogo diverso, mediante il ricorso al «trasferimento», al «distacco» o alla «trasferta», secondo le norme stabilite dalla legge e dai contratti collettivi. A differenza del distacco e della trasferta che sono temporanei, il trasferimento consiste in uno spostamento definitivo, cioè senza limiti di durata. Il trasferimento di sede. Nel caso di lavoratori disabili o di lavoratori familiari di disabili (ai quali prestano assistenza) il «luogo di lavoro» può determinare complicazioni o facilitazioni; da esso dipende, infatti, la facilità o difficoltà di svolgere le necessarie cure e assistenza. Risulta essenziale, pertanto, coniugare le esigenze familiari con quelle aziendali. Per rispondere a ciò, la legge n. 104/1992 ha previsto misure a favore dei lavoratori che ruotano attorno alla «sede di lavoro»: la scelta (della sede di lavoro); la richiesta di trasferimento; il rifiuto al trasferimento. La scelta della sede. I commi 5 e 6 dell'art. 33 della citata legge n. 104/1992 prevedono, prima di tutto, che il genitore e il familiare di disabile, lavoratore dipendenti, e il lavoratore disabile hanno diritto a scegliere «ove possibile» la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio. Le condizioni di accesso a questa misura sono legate, per i familiari, all'assistenza continuativa ed esclusiva del congiunto disabile, ma non è richiesta la convivenza. La misura interessa le persone con handicap con connotazione di gravità, beneficiarie di tutte le agevolazioni dell'art. 33 della legge n. 104/1992 (permessi, ecc.). Alle persone disabili con grado d'invalidità superiore a due terzi o invalide per servizio di I, II e III categoria (tabella A legge n. 648/1950), inoltre, hanno diritto di scelta prioritaria tra le sedi disponibili qualora assunte presso gli enti pubblici come vincitori di concorso o ad altro titolo. Il rifiuto al trasferimento. I commi 5 e 6 dell'art. 33, in secondo luogo, prevedono che il genitore o il familiare di disabile lavoratore dipendente e il lavoratore disabile non possono essere trasferiti ad altra sede di lavoro senza il loro consenso. Diversamente dalla scelta della sede, il rifiuto al trasferimento si configura come vero e proprio diritto soggettivo: non c'è, infatti, alcuna condizione come invece è prevista nel caso della scelta della sede («ove possibile»). Peraltro, si tratta di una norma che rafforza quanto già previsto dal codice civile, quando prevede (art. 2103) che il lavoratore non può essere trasferito da un'unità produttiva a un'altra senza comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Bilanciamento di interessi. Nella sentenza n. 22885/2021, la Cassazione spiega che il diritto di scelta della sede di lavoro più vicina al domicilio della persona invalida da assistere non è un diritto soggettivo assoluto e illimitato, ma assoggettato al potere organizzativo del datore di lavoro che, in base alle proprie esigenze organizzative, può rendere il posto «disponibile» tramite copertura di posti «vacanti». Così va interpretato l'inciso «ove possibile» dell'art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992, ossia quale necessario bilanciamento degli interessi in conflitto: interesse al trasferimento del lavoratore e l'interesse economico organizzativo del datore di lavoro. E ciò soprattutto nel rapporto di lavoro pubblico, dove tale bilanciamento riguarda l'interesse della collettività. Il citato comma 5 dell'art. 33 disciplina, dunque, uno strumento indiretto di tutela a favore delle persone con handicap, attraverso l'agevolazione del familiare lavoratore a poter scegliere la sede dove svolgere l'attività lavorativa, al fine di renderla il più possibile compatibile con la funzione solidaristica di assistenza della persona invalido. Il diritto (riconosciuto al genitore/familiare lavoratore dipendente, che assiste con continuità un portatore di handicap) di scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere non è un diritto assoluto e illimitato perché, in virtù dell'inciso «ove possibile», può essere fatto valere alla stregua di un equo bilanciamento tra tutti gli interessi coinvolti (costituzionalmente rilevanti). In particolare, precisa la Cassazione, «il suo esercizio non può ledere le esigenze economiche, produttive e organizzative del datore di lavoro e, soprattutto nei casi di rapporto di lavoro pubblico, non può tradursi in un danno per l'interesse della collettività». Serve un'esigenza organizzativa. Pertanto, il «diritto al trasferimento» sussiste, non solo ove ricorra il requisito della «vacanza» del posto, ma anche se il posto sia reso «disponibile» dalla decisione organizzativa della P.a. Con specifico riguardo all'organizzazione delle P.a., inoltre, la Cassazione tiene a precisare che, soprattutto a seguito della privatizzazione, il diritto al trasferimento «non può assumere quale esclusivo presupposto la vacanza del posto a cui il lavoratore richiedente aspira», perché non si è in presenza di un diritto (di scelta della sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere) assoluto e privo di condizioni. Pertanto, nel caso di trasferimento a domanda, l'esigenza familiare è di regola recessiva rispetto a quella di servizio, essendo necessario, ad esempio, per scongiurare danni a tutta la collettività, garantire la copertura e la continuità del servizio stesso, oltre che la stessa funzionalità della sede a quo (cioè «dalla quale» avviene il trasferimento) piuttosto che valutare l'impatto sulla sede ad quem (cioè «verso la quale» c'è il trasferimento). Inoltre, aggiunge la Cassazione, è da escludere la possibilità di dar luogo a un trasferimento in posizione soprannumeraria, dovendo sussistere innanzitutto la vacanza del posto di lavoro nella sede in cui il lavoratore aspira di essere trasferito. Tale presupposto di «vacanza» del posto (peculiare nelle P.a., in quanto riflesso delle c.d. «piante organiche») esprime, peraltro, una mera potenzialità, che assurge ad attualità soltanto con la decisione organizzativa della p.a.. che deve esprimere l'interesse concreto e attuale di procedere alla sua copertura, rendendo per tal via disponibile la vacanza. La «vacanza del posto» è, insomma, una condizione necessaria, ma non sufficiente: la P.a. resta libera di decidere di coprire una data vacanza o di privilegiare altre soluzioni; le sue determinazioni devono sempre rispettare i principi costituzionali d'imparzialità e di buon andamento, dovendo rispondere a esigenze e finalità che prescindono dall'interesse dell'aspirante al trasferimento e vanno commisurate, invece, anche all'interesse alla corretta gestione della finanza pubblica.

Borse di Studio in Memoria di Mons. Gilardi – Edizione 2021

Bando di concorso per giovani ipovedenti e non vedenti – VI Edizione. Adesioni entro il 31 dicembre 2021

Art. 1) – Finalità

La Fondazione Villa Mirabello ONLUS con sede a Milano, via Villa Mirabello n. 6, tel. 02/6080295 – fax 02/45390632 – e-mail info@fondazionevillamirabello.it

INTENDE ONORARE

la memoria di Monsignor Edoardo Gilardi, geniale direttore della “Casa di Lavoro e Patronato per i Ciechi di Guerra di Lombardia” dal 1920 al 1962; fondatore della “Casa del Cieco” di Civate (Como); presidente della Fondazione “Pro Juventute Don Gnocchi” dal 1956 al 1962 (carica auspicata personalmente da Don Carlo Gnocchi proclamato Beato nel 2009); Cappellano del XII reggimento Bersaglieri nella Prima Guerra Mondiale; pluridecorato al Valor Militare, cavaliere della Corona d’Italia, cappellano d’Onore del “Sovrano Militare Ordine di Malta”, Cavaliere dell’ “Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro”, croce d’oro di benemerenza “Pro Ecclesia et Pontifice”, cameriere segreto di Sua Santità, Grande Ufficiale al Merito della Repubblica,

Promuovendo un bando rivolto a giovani non vedenti o ipovedenti con l’assegnazione:

n. 3 borse di studio del valore di € 2.000,00// cadauna, al netto della ritenuta d’acconto prevista per legge, a giovani in possesso di laurea magistrale;

n. 6 borse di studio del valore di € 1.000,00// cadauna, al netto della ritenuta d’acconto prevista per legge, a giovani in possesso di laurea breve oppure in possesso di diploma accademico di musica.

Art. 2) – Requisiti.

Possono partecipare al concorso i giovani non vedenti o ipovedenti residenti in Italia che:

– alla data del 31/12/2020 non abbiano superato l’età di anni 30;

– non abbiano beneficiato di altre borse di studio, sovrapponibili per forma e contenuto a quelle previste dal presente bando;

– che negli ultimi 2 anni accademici abbiano conseguito un diploma di Laurea Magistrale, di laurea breve, di accademia musicale.

Art. 3) – Presentazione delle domande.

Le domande di partecipazione devono essere redatte in carta semplice, firmate e fatte pervenire, mediante raccomandata postale, agenzia di recapito autorizzata, posta elettronica certificata o brevimanu, entro il giorno 31 dicembre 2021 al seguente indirizzo:

Fondazione Villa Mirabello Onlus – via Villa Mirabello n. 6 – 20125 Milano.

fondazionevillamirabello@pec.it

Nella domanda di partecipazione i candidati devono dichiarare, sotto la propria personale responsabilità (D.P.R. 28.12.2000, n. 445, art. 46):

Nome e Cognome – Luogo e data di nascita – indirizzo di residenza, recapito telefonico e/o informatico e l’indirizzo al quale desiderano siano inviate le comunicazioni relative al presente concorso;

Denominazione dell’Ateneo o del Conservatorio, con la specifica facoltà presso cui il titolo di studio è stato conseguito; con l’indicazione del voto, corredati da certificazione, in carta semplice, originale o in copia autenticata del Certificato di Laurea o diploma accademico;

Certificazione, in carta semplice, originale o in copia autenticata dell’Invalidità riconosciuta.

La firma in calce alla domanda, da apporre in forma autografa, non è soggetta ad autenticazione, ma alla domanda dovranno essere allegati:

fotocopia della Carta d’Identità e fotocopia del codice fiscale.

Le domande pervenute oltre il termine fissato o incomplete, si intendono escluse dal concorso.

Art. 4) – Commissione esaminatrice e criteri di valutazione

La commissione è formata dal Presidente della Fondazione Villa Mirabello o da un Consigliere suo delegato e da 2 componenti nominati dal Consiglio di Amministrazione (C.d.A.), scelti fra gli esperti di settore. La commissione esaminatrice:

definisce i criteri di valutazione dei titoli,

attribuisce un punteggio al voto di laurea,

predispone le graduatorie di merito (in caso di parità fa premio la maggiore età),

presenta al C.d.A. della Fondazione le graduatorie e il relativo verbale.

Art. 5) – Proclamazione dei vincitori

Il C.d.A. approva le graduatorie predisposte dalla Commissione e decreta l’assegnazione delle borse di studio ai primi 3 classificati della graduatoria attinente le lauree magistrali e ai primi 6 classificati della graduatoria attinente le lauree brevi e i diplomi di Conservatorio.

Gli esiti del concorso saranno comunicati ai candidati a mezzo posta e resi pubblici, mediante comunicati stampa ai media, alla stampa associativa e ai siti web dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, entro il 31/01/2022. L’assegnazione delle borse di studio avverrà presso la sede della Fondazione Villa Mirabello, entro il 31 maggio 2022.

I vincitori, che non producono la certificazione richiesta o le cui dichiarazioni risultano, non veritiere, in tutto o in parte, decadono dal beneficio. In tal caso, il C.d.A. della Fondazione, procederà alla proclamazione di altri vincitori, seguendo l’ordine della graduatoria di merito.

Art. 6) – Responsabilità.

La partecipazione al concorso implica l’accettazione del presente bando, senza riserve, da parte dei concorrenti. Il giudizio finale sui casi controversi e l’adozione di norme non espressamente previste dal bando, sono di pertinenza insindacabile della commissione esaminatrice, nominata dal C.d.A. della Fondazione Villa Mirabello.

Art. 7) – Trattamento dei dati personali

Tutte le informazioni raccolte nell’ambito del presente concorso saranno tutelate ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, “Codice in materia di protezione dei dati personali”.

domenica 26 settembre 2021

Il tatto meglio dell'udito per i bambini con disabilità visiva

L’Eco di Bergamo del 26/09/2021

I bambini con disabilità visiva puntano più sul tatto che sull'udito per esplorare il mondo intorno a loro: lo dimostra uno studio pubblicato sulla rivista Current Biology dai ricercatori dell'Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) di Genova in collaborazione con l'Università di Birmingham (Regno Unito), il Centro di Neuro-oftalmologia infantile della Fondazione IRCCS Mondino di Pavia e l'Asilo Nido «Elfi del Boschetto» a Genova. La ricerca, che permetterà di progettare dispositivi riabilitativi e protocolli per aiutare i bambini con disabilità sin dai primi mesi di vita, è stata coordinata da Monica Gori, responsabile del Laboratorio U-Vip (Unit for Visually Impaired People) dell'Iit e a capo di una serie di studi finanziati dal Consiglio europeo della ricerca (Erc) volti a comprendere la rappresentazione spaziale nel cervello dai primi mesi di vita fino all'adolescenza. In questo ultimo lavoro, i ricercatori hanno studiato il comportamento di bambini dai 5 ai 35 mesi di età, con e senza disabilità visiva, nelle cui mani erano stati messi dei dispositivi sviluppati in Iit in grado di suonare e vibrare in maniera indipendente. Si è così scoperto che i bambini non vedenti o fortemente ipovedenti reagiscono maggiormente agli stimoli tattili rispetto a quelli uditivi; i bambini privi di disabilità non presentano questa differenza. Quando gli stimoli sensoriali vengono proposti nella stessa mano, i bambini vedenti sono in grado di rispondere molto più accuratamente e velocemente; al contrario i bambini con disabilità visiva non ricavano lo stesso vantaggio. «Questo lavoro ci mostra che i bambini con disabilità visiva percepiscono già da piccoli un mondo differente dal nostro», spiega Monica Gori. «Per la prima volta abbiamo approfondito l'integrazione dei sensi nei neonati non vedenti solo attraverso l'uso di stimolazioni sensoriali. Gli scorsi anni - prosegue la dottoressa Mori - abbiamo sviluppato tecnologie per bambini non vedenti di maggiore età. Questo studio ci permetterà di pensare a nuovi strumenti riabilitativi per intervenire in modo precoce in un periodo molto delicato per lo sviluppo del bambino».

venerdì 24 settembre 2021

Racconta le partite allo stadio ai tifosi non vedenti: il telecronista che regala emozioni

Fanpage del 24/09/2021

In Turchia un tifoso in occasione delle partite interne del Fenerbahce racconta i match con una speciale telecronaca ai suoi compagni ipovedenti e non vedenti. Un’iniziativa splendida che ha conquistato tutti, e che potremmo vedere anche in altri impianti in giro per l’Europa. Applausi anche dai sostenitori avversari.

ISTANBUL. C'è un tifoso che ha un compito molto particolare sulle tribune dello stadio Sükrü Saracoglu di Istanbul, casa delle partite casalinghe del Fenerbahce. È munito di un microfono, ma le sue parole non riecheggiano in tutto l'impianto, ma solo nelle orecchie di un gruppo di persone che si trova nelle sue vicinanze. Si tratta di sostenitori gialloblu non vedenti e ipovedenti, che dunque non possono gustarsi totalmente lo spettacolo del match dei loro beniamini dal vivo. Una splendida iniziativa che ha meritato gli applausi anche dei tifosi avversari.

Sulle tribune dello stadio turco, un tifoso attraverso un particolare impianto racconta con una vera e propria telecronaca quello che accade in campo in occasione dei match interni del Fenerbahce. Al suo fianco compagni di tifo che non possono vedere quello che accade in campo a causa dei loro problemi alla vista. Allo stadio però possono respirare l'atmosfera dei match e giovare di quell'ambiente tornato incandescente dopo le restrizioni legate al Covid. Ecco allora che per cercare di metterli nelle condizioni migliori, qualcuno spiega per filo e per segno quello che accade sul manto erboso, esclusivamente a loro muniti di cuffie.

Un'iniziativa splendida che il club e numerosi network hanno celebrato anche sui social. Applausi a scena aperta non solo da parte dell'intera tifoseria del Fenerbahce, ma anche di quelle delle società, comprese le storiche rivali. C'è per esempio un sostenitore del Galatasaray, rivale storica del club gialloblu che ha rilasciato un commento bellissimo per celebrare questa iniziativa: "Non importa quanto siamo arrabbiati, anche se combattiamo nelle competizioni: questa bellezza non ha colore. Da tifoso del Galatasaray, è impossibile rimanere indifferenti a questo amore".

A cura di Marco Beltrami

Un robot-scanner per diagnosticare le malattie degli occhi

La Repubblica del 24/09/2021

Alla Duke University si sperimenta un braccio robotico che può rilevare le malattie oculari rendendo così la diagnosi più semplice e veloce.

Un robot che scansiona automaticamente gli occhi di un paziente alla ricerca di marcatori di diverse malattie oculari. È l’ultima "creatura" sviluppata da ingegneri e oftalmologi della Duke University e presentata in uno studio su Nature Biomedical Engineering.

Gli strumenti di diagnosi attuali

Medici e ricercatori utilizzano la tomografia a coerenza ottica, o OCT, per diagnosticare varie malattie dell'occhio, tra cui il glaucoma, la retinopatia diabetica e la degenerazione maculare senile. Durante il processo di imaging, una sonda invia un raggio di luce nell'occhio e misura quanto tempo impiegano i vari riflessi a rimbalzare per decifrare le strutture all'interno del tessuto. I macchinari per l’Oct sono tradizionalmente sistemi da tavolo di grandi dimensioni, che un tecnico altamente qualificato utilizza per acquisire diverse immagini dell'occhio. I pazienti devono appoggiarsi in modo stabile su poggiatesta e mentoniera per garantire il corretto posizionamento e limitare qualsiasi movimento. Oltre a essere scomodi, questi poggiatesta non si adattano a tutti, rendendo difficile la scansione dell’occhio.

Come funziona il robot

Il nuovo strumento, che combina uno scanner di imaging con un braccio robotico, può tracciare e visualizzare automaticamente gli occhi di un paziente in meno di un minuto e produrre immagini chiare come gli scanner tradizionali nelle cliniche oculistiche specializzate. Per utilizzare lo scanner, il paziente si avvicina alla macchina e si mette di fronte al braccio robotico. Le telecamere 3D posizionate a sinistra e a destra del robot aiutano a trovare il paziente nello spazio, mentre le telecamere più piccole nel braccio robotico cercano punti di riferimento sull'occhio per posizionare con precisione lo scanner. Il sistema è in grado di scansionare sia la macula (la parte della retina responsabile della nostra visione centrale) che la cornea (la parte anteriore chiara dell'occhio), siti in cui si verificano molte malattie dell'occhio. Lo strumento impiega meno di 10 secondi per eseguire la scansione e l'immagine di ciascun occhio e l'intero processo è completo in meno di 50 secondi.

I vantaggi per medici

Uno dei vantaggi di questo nuovo robot è che non è richiesta un’alta specializzazione dell’operatore. "Centri all’avanguardia come il Duke Eye Center, dove lavorano tecnici altamente qualificati e specializzati come i fotografi oftalmici non sono disponibili ovunque", ha affermato Ryan McNabb, ricercatore presso il Dipartimento di Oftalmologia del Duke University Medical Center. “Ma con il nostro nuovo strumento, non serve una formazione avanzata per usarlo. Per questo uno strumento del genere può facilmente essere utilizzato in luoghi come studi di optometristi, cliniche o persino dipartimenti di emergenza". E Mark Draelos, del dipartimento di ingegneria biomedica aggiunge: "Il braccio robotico ci offre la flessibilità degli scanner OCT portatili, ma non dobbiamo preoccuparci del tremore dell'operatore. Se una persona si muove, il robot si muove con essa. Finché lo scanner è allineato entro un centimetro dal punto in cui deve essere sulla pupilla, lo scanner può ottenere un'immagine che è buona come uno scanner da tavolo".

Un sistema igienico e pratico

Poiché il paziente non è mai in contatto fisico con il robot, si evitano eventuali problemi di igiene e malattie infettive che possono sorgere con la mentoniera e il poggiatesta condivisi nei sistemi tradizionali di OCT. "I sistemi di telecamere seguono continuamente il paziente e consentono al robot di mantenere una distanza di sicurezza", ha affermato Draelos.

A che punto è la sperimentazione

Il team ha già iniziato la fase successiva di sperimentazione clinica iniziando a visualizzare gli occhi dei volontari per continuare a perfezionare il targeting del robot. Successivamente, sperano di poter visualizzare i pazienti che hanno malattie della retina o della cornea per testare il livello di precisione con cui il loro robot può catturare le anomalie. "Stiamo davvero portando l'Oct ai pazienti piuttosto che limitare questi strumenti a cliniche specializzate e penso che renderà molto più facile aiutare una popolazione più ampia di persone", ha affermato McNabb.

di Irma D'Aria

giovedì 23 settembre 2021

Senza vedere, senza sentire: al Maxxi l'architettura si racconta

Avvenire del 23/09/2021

ROMA. Né fisico né digitale, né online né offline, ma contemporaneamente digitale e in presenza, digitale e multisensoriale, visivo, sonoro e tattile. Tutto questo nel moderno linguaggio forse eccessivamente e acriticamente anglicizzato si chiama phygital che è un neologismo che unisce le due parole inglesi physical e digital, insomma, contemporaneamente fisico e digitale. Una metodologia di comunicazione che, come spesso capita, è normalmente e fortemente usata dal marketing aziendale e istituzionale per migliorarne l'efficacia, ma che da qualche tempo sta trovando applicazioni nella comunicazione per non udenti e non vedenti, anche in campo culturale ed espositivo con la chiara intenzione di fare dei musei (per esempio) degli spazi effettivamente aperti a tutti. In questa logica il Maxxi (Museo nazionale delle arti del XXI secolo) ha fatto un passo ulteriore, aprendo, nei fatti, una nuova era della comunicazione, per così dire, integrata e, il più possibile, universale. Il progetto si chiama "Mixt-Musei per tutti" e viene presentato oggi nella sede romana del museo dal ministro per le Disabilità Erika Stefani e dalla presidente della Fondazione Maxxi, Giovanna Melandri. Per la prima volta in Italia, ma è probabile che si tratti di una novità internazionale, prevede che siano i non udenti e i non vedenti a raccontare «a tutti» i singolarissimi e multiformi spazi del museo progettati dall'archistar Zaha Hadid, così che anche i normodotati siano messi nella condizione di visitare gli spazi museali (da casa come al museo) nella maniera in cui li percepisce un non vedente o un non udente. Tutto questo è realizzato attraverso un'apposita piattaforma web e un'app dedicata.

Come ha spiegato ad Avvenire Sofia Bilotta, responsabile dell'area "public engagement" del museo che ha seguito la realizzazione del progetto, «chi visita il Maxxi di Roma trova al suo interno 11 aree multimediali attraverso le quali "percepire" i singoli spazi del museo nel modo in cui li "vede" un non vedente e li "sente" un non udente proprio perché le guide sono persone cieche e persone sorde. Allo stesso modo può fare un qualunque visitatore da casa che si colleghi al sito online del museo. Un progetto sperimentale, «particolarmente complesso, realizzato con la collaborazione dell'Ente nazionale sordi e l'Unione italiana ciechi. Ha coinvolto sei non udenti e sei non vedenti quali attori principali anche nella progettazione e nella scrittura dei testi. In due anni, con la collaborazione di un team multidisciplinare, hanno "conosciuto" palmo a palmo i complessi spazi di Zaha Hadid e li hanno raccontati in modo che tutti possano conoscerli così come loro li hanno conosciuti». In questo modo, ed è questa la vera novità per chi entra al Maxxi, «non soltanto nel museo si trova il solito percorso di visita alla collezione per non vedenti o per non udenti, ma - prosegue Sofia Bilotta - c'è anche la possibilità di seguire un percorso in cui gli stessi non vedenti e non udenti fungono da guide sia per chi ha le loro disabilità, sia per tutti quei normodotati che desiderano immergersi nel loro stesso mondo percettivo».

Una sorta di "Maxxi da ascoltare" e di "Maxxi da vedere" che, spiega ancora Bilotta, grazie alla piattaforma web e alla app «consentono un'esperienza Phygital che unisce il percorso online a quello onsit e nel museo attraverso 14 videoguide in lingua dei segni italiana e internazionale, 16 audio descrizioni e narrazioni in italiano e inglese, 17 didascalie in italiano, inglese e braille, 10 mappe e 6 modelli tattili», la cui lettura all'interno del museo può essere agevolata dall'uso di appositi tablet. Ed ecco allora, seguendo i personali racconti dei narratori, «le pareti da accarezzare», «i suoni e gli echi» che fanno ipotizzare le altezze degli ambienti, le inattese salite e discese dei percorsi, «le scale come ponti sospesi», le vetrate inclinate «su cui abbandonarsi».

Senza dubbio, come ci ha detto la stessa Giovanna Melandri, «si tratta di un contributo alla trasformazione della rappresentazione sociale della disabilità e nel medesimo tempo una nuova e sorprendente, per molti visitatori, esperienza sensoriale dell'architettura del museo, che ben fa comprendere come le disabilità possano essere e siano una ricchezza per tutti». Una trasformazione necessaria in un mondo che paradossalmente, con l'incedere violento della modernità rischia di diventare più escludente. In questa logica il Maxxi si è anche dotato di una sua "dattiloteca" costituita da libri tattili illustrati, materiali tiflo-didattici destinati sia alla lettura tattile e sensoriale di testi e immagini, sia all'educazione alle arti visive.

di Roberto I. Zanini

martedì 21 settembre 2021

Il Milan da oggi è davvero per tutti

Vita del 21/09/2021

La società rossonera ha firmato due collaborazioni insieme alla Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano onlus, all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti onlus e all’Ente Nazionale Sordi. Un impegno che si tradurrà in investimenti e progetti concreti allo stadio e sulle piattaforme digital.

MILANO. AC Milan ha annunciato i rinnovi delle partnership insieme alla Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano Onlus, all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus e all’Ente Nazionale Sordi, con l’obiettivo di continuare a costruire un Club sempre più inclusivo, aperto e capace di rispondere alle esigenze e alle aspettative di tutti. Un impegno e un nuovo importante tassello all’interno della strategia di responsabilità sociale, valore fondante del Club.

Si rafforza così il percorso e il programma di inclusione “Il Milan per tutti”, che vede da sempre il Club in prima linea, attraverso progetti e iniziative concrete, dentro e fuori dal campo, riconosciuti anche come casi esemplari e di studio dalla UEFA.

«I nostri tifosi sono al centro di tutto ciò che facciamo, senza distinzioni. Perché il Milan è di tutti. Siamo dunque orgogliosi di firmare oggi questi due accordi, che testimoniano l’impegno concreto del Club nelle politiche di inclusione, in linea con il nostro Manifesto RespAct», ha spiegato il presidente AC Milan, Paolo Scaroni, «Insieme renderemo il Club ancora più accessibile, attraverso l’identificazione di nuove iniziative e soluzioni efficaci per garantire accessibilità a tutti i tifosi. Rafforzeremo così una best case che ci vede pionieri nel settore e che mettiamo a disposizione di tutto il sistema calcio italiano, in attesa che tutto il settore possa evolvere e fare un reale scatto in avanti in tema di inclusione sociale».

A partire dall'esperienza allo stadio, che rappresenta il momento ideale per abbracciare tutta la famiglia rossonera. Una partita a San Siro è in grado di generare passione, entusiasmo, condivisione ed emozioni uniche che meritano di essere vissute da tutti. In particolare per ciascuna partita in casa il Milan garantisce in media 250 ingressi gratuiti per tifosi con disabilità e i loro accompagnatori. Un’esperienza resa possibile grazie ad importanti investimenti effettuati a partire dal 2016 con l’obiettivo di aumentare il numero di postazioni dedicate, per migliorare la qualità delle stesse e offrire un servizio di steward dedicato. Nell'ambito di “San Siro per tutti”, il Club ha creato un settore esclusivo posto a livello del campo, dedicato ai tifosi non vedenti e ipovedenti, grazie alla collaborazione con la Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano Onlus e all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus. Un nuovo servizio che prevede la presenza di due speaker che, dalla tribuna stampa dello stadio, raccontano ogni dettaglio di ciò che succede a San Siro durante la partita a tutti i tifosi che fanno richiesta del servizio. Il racconto, grazie alla collaborazione con Radio Rossonera, viene trasmesso ai sostenitori attraverso un segnale radio dedicato, grazie a un apparecchio audio che viene loro distribuito direttamente ai posti assegnati.

Grazie all’importante percorso di digitalizzazione e modernizzazione del Club, il Milan porta le emozioni di tutto mondo rossonero e l’atmosfera dello stadio ovunque, anche a casa, attraverso home device e canali digitali ufficiali AC Milan (sito e APP). In questa direzione vanno anche le partnership con Google e Alexa Amazon, che permettono di accedere a una serie di funzionalità che, non solo rendono le partite più intense, ma fanno vivere pienamente ai tifosi rossoneri la propria passione. Oltre alla telecronaca della partita: news, podcast, cori e molto altro.

Il Milan, inoltre, garantisce la fruibilità dei contenuti digitali per tifosi sordi: mediante l’accordo con L’Ente Nazionale Sordi, infatti, ogni settimana vengono sottotitolati e tradotti in LIS i video e le interviste più rilevanti. Inoltre, come unico Club in Italia, vengono trasmesse live in LIS tutte le conferenze stampa pre gara di Mister Pioli.

Per il consigliere della Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano Onlus, Mario Barbuto, «la firma del protocollo di intesa fra AC Milan e la Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano dà spessore e continuità all’impegno della società rossonera a voler far vivere la magia e le suggestioni del calcio in presenza alle persone con disabilità visiva. Per i tifosi non vedenti essere accolti con affetto e disponibilità allo stadio di San Siro, in occasione degli incontri, è un segnale molto bello e importante».

«Sono estremamente felice di comunicare il proseguimento anche per la stagione 2021/22 dell'appassionante collaborazione con AC Milan per la fruizione di prodotti video sottotitolati e tradotti in Lis e delle conferenze stampa pre partita di mister Pioli tradotte in lingua dei segni», ha aggiunto il Presidente del Consiglio Regionale lombardo dell'Ente Nazionale Sordi, Renzo Corti.

«Abbiamo ricevuto dai numerosissimi tifosi sordi rossoneri di tutta Italia grande consenso e soddisfazione per quanto finora scaturito dalla collaborazione», ha aggiunto, «In tanti ci hanno detto che finalmente si è avverato un sogno: grazie a questo servizio i tifosi sordi possono sentirsi un po’ più partecipi delle avventure della loro squadra del cuore che sono diventate loro accessibili. In qualità di Presidente ribadisco il motto: ENS sempre con i sordi per garantire il diritto di tutti al pieno accesso alla vita quotidiana del nostro Paese».

L’impegno del Club in progetti e iniziative di inclusione, rientra all’interno del più ampio Manifesto RespAct di AC Milan per equità sociale, uguaglianza e inclusività lanciato lo scorso anno. Un programma di iniziative che concretizza la visione e l'impegno del Club nella condivisione di valori positivi dello sport e della lotta ad ogni forma di pregiudizio e discriminazione, facendo leva sulla enorme potenzialità del Club di coinvolgere e connettere emotivamente i propri sostenitori e interlocutori di riferimento.

di Lorenzo Maria Alvaro

sabato 18 settembre 2021

Glaucoma, un piccolo intervento può risolvere il problema agli occhi

Corriere del Mezzogiorno del 18/09/2021

NAPOLI. I maggiori specialisti nel campo della chirurgia oculistica si sono ritrovati a Napoli per discutere delle innovazioni nella chirurgia mini invasiva per la cura del glaucoma. A organizzare questo rendez vous nazionale è stato il dottor Mario Sbordone (direttore dell’Unità Operativa di Oculistica dell’Ospedale Santa Maria delle Grazie), che in diretta streaming ha trasmesso alcuni interventi realizzati proprio con le nuove tecniche oggi disponibili. «Troppi pazienti con glaucoma ritardano l’intervento a causa di mancate diagnosi o, peggio ancora, dell’errata convinzione che evitare l’intervento chirurgico sia la scelta giusta. Oggi — ha spiegato — a differenza di qualche anno fa, esistono infatti delle tecniche chirurgiche mini-invasive che possono aiutare i pazienti affetti da glaucoma a preservare la vista senza dover sopportare gli effetti collaterali degli interventi tradizionali. Quindi, una chirurgia “light” ma efficace, che è preferibile ad un uso prolungato di colliri», ha detto Sbordone che da più di 15 anni si occupa di chirurgia mini-invasiva del glaucoma, facendo del Santa Maria delle Grazie un punto d’eccellenza anche per l’oculistica. «Queste tecniche - aggiunge - consentono oggi di evitare gli effetti collaterali degli interventi tradizionali, che pur avendo un ottimo rapporto di efficacia e sicurezza costringono ad un decorso post operatorio faticoso e sofferto per il paziente». Dunque, si punta oggi ad un minore rischio post operatorio e di conseguenza anche un minor disagio e una ripresa più rapida. Lo specialista spiega infatti che gli effetti collaterali che maggiormente si riscontrano dopo un intervento “tradizionale” sono l’ipotono e le emorragie. Interventi basati su tecniche mini invasive durano in media solo 15 minuti in un regine di day surgery, decisamente più “leggeri” rispetto a quanto avviene con la chirurgia tradizionale. Ma cosa avviene di preciso? «Semplificando non poco, lo scopo della chirurgia mini-invasiva per il glaucoma - spiega Sbordone - è quello di creare una piccola fistola che consenta il drenaggio dell’umore in eccesso dal bulbo oculare. Si adoperano degli stent piccolissimi per regolare il deflusso del liquido, device di altissima precisione che hanno uno spessore inferiore a quello di un capello. Parliamo di interventi di assoluta precisione che si fanno in anestesia locale, senza alcun dolore per il paziente». Questo il messaggio che si leva con forza da Napoli: oggi esistono tecniche che possono arrestare il glaucoma. Ma bisogna giocare d’anticipo.

di Roberto Russo

venerdì 17 settembre 2021

Scuola, il Tar boccia i nuovi piani di studio per i disabili: discriminatori

Corriere della Sera del 17/09/2021

I giudici amministrativi hanno dato ragione alle famiglie che avevano fatto ricorso contro l’esonero totale degli alunni da alcune materie. Un provvedimento che sarebbe stato «in contrasto con le norme internazionali di tutela della disabilità».

ROMA. Il Tribunale amministrativo del Lazio ha annullato il decreto 182/2020. La norma, emanata dal ministero dell’Istruzione in concerto con il ministero dell’Economia, modificava le modalità di assegnazione delle ore di sostegno per gli alunni disabili e ridisegnava il PEI. il Piano educativo individualizzato è il programma didattico da «cucire» sulle esigenze degli studenti con disabilità. Il ricorso è stato presentato da un gruppo di associazioni rappresentative delle famiglie e degli insegnanti di sostegno. Ed è stato pienamente accolto. La sentenza boccia il decreto sia dal punto di vista procedurale che di contenuto.

Uno degli aspetti più controversi era la questione dell’esonero. Il nuovo PEI prevedeva l’ipotesi di esonerare totalmente gli alunni con disabilità dal frequentare le lezioni di una determinata materia, per assegnarli ad attività di laboratorio separate. Una misura discriminante per il fronte raccolto sotto lo slogan #NoEsonero. Il TAR ha dato loro ragione, ritenendo l’«esonero generalizzato» in contrasto con le norme internazionali in materia di tutela della disabilità. Ugualmente in contrasto con la normativa italiana e internazionale sarebbe il meccanismo per l’assegnazione delle ore di sostegno. Il TAR la definisce una «predeterminazione rigida e rigorosa del range delle ore di sostegno attribuibili». In base alla definizione del grado di disabilità, lo studente avrebbe avuto diritto a un range prestabilito di ore di sostegno. A titolo di esempio: a fronte di un grado lieve di disabilità, l’alunno ha diritto a un numero di ore di sostegno tra zero e sei. Si tratta di un automatismo che contrasta con il principio di assegnare le risorse in base alle effettive necessità e che lascia spazio ad uno scenario di assegnazione di ore «al ribasso». Magari per far fronte a vincoli di bilancio. Sul punto il TAR ha sottolineato come «le esigenze di finanza pubblica non possano giustificare restrizioni alle tutele da riservarsi agli studenti disabili […] Ciò non significa che ogni disabilità comporti l’automatica attribuzione del massimo delle ore di sostegno […] ma neppure è ammissibile che esigenze di finanza pubblica possano indebitamente limitare detta assegnazione, riducendola oltre modo rispetto a quanto sarebbe invece necessario per il raggiungimento dello scopo». Scopo che rimane la piena inclusione.

Oggi, l’attribuzione delle ore di sostegno passa attraverso una proposta del GLO, il Gruppo di Lavoro Operativo. Una proposta quindi condivisa da dirigente scolastico, insegnanti, famiglia e professionisti esterni. Anche la composizione e i poteri di questo organo sono stati oggetto di ricorso. Le associazioni avevano denunciato una penalizzazione delle famiglie confermata dal pronunciamento del TAR. Non solo la disciplina sul GLO non rientrava tra i temi della legge delega, ma con il decreto bocciato si conferivano eccessivi poteri al dirigente scolastico. Ad esempio per ciò che concerne l’autorizzazione di pareri di specialisti nominati dalla famiglia dell’alunno con disabilità. «Praticamente tutti i nostri rilievi sono stati accolti – dice Evelina Chiocca, del Coordinamento italiano insegnanti di sostegno, una delle associazioni che hanno presentato il ricorso – Queste criticità le avevamo fatte presenti: la misura dell’esonero, la revisione dell’orario, la messa all’angolo della famiglie. Misure che tradiscono lo stesso spirito della legge. L’esonero, uno degli aspetti più gravi, non può esistere in una scuola dell’inclusione. L’abbiamo affermato dal primo giorno».

E ora che succede? Nei fatti cambierà poco o nulla. Il decreto 182 prevedeva da gennaio l’adozione facoltativa del nuovo modello di PEI. Un’ipotesi del tutto teorica. L’operatività vera scattava da questo nuovo anno scolastico. «Ho visto titoli abbastanza catastrofisti – continua la Chiocca - I PEI sono stati fatti e i Gruppi di lavoro hanno lavorato. Si prosegue come prima, in continuità con quello che si è fatto a maggio/giugno 2021. Salvo che il ministero non dia delle nuove indicazioni coerenti e chiare. Noi siamo disponibili a un confronto. Ci interessa solo che i diritti degli alunni con disabilità siano garantiti».

di Francesco Sellari

giovedì 16 settembre 2021

Inclusione scolastica e nuovo Pei, Fish sulla bocciatura del Tar: "Il nodo è la formazione"

Redattore Sociale del 16/09/2021

L'annullamento del decreto da parte del Tar Lazio ha creato "grave disorientamento nel mondo della scuola, ma la nostra impressione è che l'organo ministeriale interverrà emanando un regolamento, ristabilendo serenità nelle scuole e sicurezza per migliorare la qualità inclusiva".

ROMA. "Disorientamento", ma anche fiducia, perché per l'inclusione si continuerà a lavorare: così Fish interviene commentando la sentenza del Tar Lazio del 14 settembre, che ha annullato l'intero decreto interministeriale n. 182/2020 con cui si individuava la disciplina per la compilazione dei nuovi modelli di Pei, i piani educativi ministeriali personalizzati per gli alunni e le alunne con disabilità. "Molte famiglie e tutti coloro che operano per l'inclusione scolastica, oggi si interrogano su quali siano le ricadute che la sentenza potrà comportare per l'anno scolastico che è appena cominciato", riferisce Fish, ricordando che i Pei devono essere elaborati e redatti entro il 31 ottobre e verificati alla fine dell'anno scolastico, ossia la fine di giugno, allo stesso tempo, devono essere soggetti a verifiche periodiche durante l'anno. "Tali scadenze sono previste dal decreto legislativo 66/201 - osserva Fish -, non nel decreto ministeriale 182 che ora è stato annullato dal Tar Lazio". E quindi, precisa Vincenzo Falabella, presidente della Fish. "queste scadenze restano pienamente in vigore anche dopo la sentenza del Tar. Così come rimangono le norme sul Glo, in particolare i commi 10 e 11 dell'art. 15 della L. 104 modificata dal Dl 96 del 2019. Così come resta anche invariata la previsione del Glo, cioè il gruppo operativo sull'inclusione, di cui fanno parte tutti i docenti, non solo l'insegnante di sostegno, così come ne fanno parte i genitori e lo stesso studente per le scuole superiori, oltre a quelle figure professionali specifiche interne ed esterne all'istituzione scolastica che interagiscono con la classe e l'alunno con disabilità che possono portare elementi informativi utili per la costruzione condivisa ed ampia del Pei".

Tuttavia, continua Falabella, "la sentenza del Tar Lazio ha provocato un grave disorientamento nel mondo della scuola, poiché l'impegno profuso dal Ministero per la formulazione dei nuovi Pei da adottare da quest'anno è stato notevole con webinar e numerose faq di chiarimenti forniti agli istituti scolastici; dunque, c'era stata di certo una ampia consultazione tra le associazioni e le scuole circa le modalità di inclusione degli alunni con disabilità", dichiara Falabella. Va anche detto che "quasi tutte le modifiche che avevamo chiesto al decreto n.182 e che oggi sono state recepite dal Tar, anche se in maniera disorientante, erano state ottenute già con un lungo dialogo tra le associazioni aderenti alla federazione e il ministero dell'Istruzione, che tuttavia non è stato pronto a trasformarle in atto normativo. Tuttavia - continua il presidente della Fish - siamo fiduciosi. Perché nonostante quest'anno si sarebbero dovuti iniziati ad usare i nuovi modelli di Pei, oggi annullati, questo non determina, automaticamente, che non si possa, così come da decenni avviene, poter in ogni caso procedere alla redazione di un piano personalizzato per ciascun alunno con disabilità, anche senza le nuove indicazioni modellate da parte del decreto".

Fa ancora notare Falabella: "Il Tar ha posto l'accento sul fatto che il decreto avesse agito in 'eccesso di delega’ (per esempio intervenendo su come determinare la quantità dei sostegni) rispetto alle modalità di redazione del Pei e di coordinamento degli interventi che il decreto legislativo 66/2017 richiedeva. In sostanza, la nostra impressione è che l'organo ministeriale interverrà emanando un regolamento, ristabilendo serenità nelle scuole e sicurezza per migliorare la qualità inclusiva. Quello che è certo, comunque, è che la sentenza non interferisce per nulla con i corsi di aggiornamento obbligatorio di 25 ore che dovranno svolgersi proprio per favorire la presa in carico del progetto inclusivo da parte di tutti i docenti curriculari. Il nostro auspicio, però, non può che essere quello che si metta fine una volta per tutte ai provvedimenti di tipo emergenziali - conclude Falabella -A quella cultura normativa di mettere una toppa, una pezza, che poi si rivela in certi casi peggiore del buco. Perché il nodo fondamentale è la mancata formazione, a monte, di tutti i docenti, sulla didattica inclusiva".

Ed è proprio sul tasto dell'inclusione scolastica che oggi la Fish oggi torna a battere, chiedendo l'immediata istituzione di una classe di concorso per il sostegno, una per ogni ordine e grado di istruzione. "Perché è sempre più concreto il rischio che circa un terzo degli alunni con disabilità cominci il nuovo anno scolastico non avendo docenti specializzati - osserva Fish -, una circostanza ancora di più aggravata dal fatto che la normativa attuale consente agli insegnanti di ruolo di sostegno di passare su cattedra comune dopo soli cinque anni di permanenza su cattedra di sostegno. In questo senso, continuiamo a rifiutare l'idea che per oltre un terzo dei quasi 300 mila studenti con disabilità italiani i docenti per il sostegno continueranno ad essere dei semplici badanti. E, pertanto, continuerà a lavorare per l'inclusione scolastica di tutti gli alunni con disabilità. Infatti, tornando alla sentenza del Tar, pur rilevando molti dei rilievi espressi nel ricorso, Fish aveva scelto proprio per questo un confronto collaborativo per fare in modo che il ministero modificasse tutti gli aspetti assolutamente critici che avessero potuto restringere i diritti degli alunni con disabilità e delle loro famiglie. Dunque, l'obiettivo era proprio quello di evitare che si determinasse un arresto così importante come quello che oggi impone il Tar rispetto agli elementi innovativi del decreto, che, invece, erano importanti".