giovedì 29 dicembre 2022

Scienza, creati tessuti oculari in 3D per curare la degenerazione maculare senile

Il Denaro del 29/12/2022

Realizzare un tessuto oculare stampabile in 3D per valutare i meccanismi alla base della degenerazione maculare senile e di altre malattie degli occhi. Questo l’obiettivo a cui è stato orientato uno studio, pubblicato sulla rivista Nature Methods, condotto dagli scienziati del National Eye Institute (NEI), parte del National Institutes of Health. Il team, guidato da Kapil Bharti, ha utilizzato una combinazione di cellule che formano la barriera emato-retinica esterna, il tessuto oculare che supporta i fotorecettori della retina sensibili alla luce. Questo approccio, spiegano gli autori, potrebbe fornire un supporto artificiale derivato dal paziente per studiare le malattie degenerative della retina.

“Sappiamo che la degenerazione maculare senile – afferma Bharti – inizia nella barriera emato-retinica esterna, ma i meccanismi alla base della progressione della malattia sono ancora poco chiari a causa della carenza di modelli umani fisiologicamente rilevanti”. La barriera emato-retinica esterna, spiegano gli esperti, è costituita dall’epitelio pigmentato retinico (RPE), separato dalla membrana di Bruch dal coriocapillare ricco di vasi sanguigni. Con la degenerazione maculare senile, aggiungono gli scienziati, i depositi di lipoproteine si formano all’esterno della membrana di Bruch, limitandone la funzione. Il gruppo di ricerca ha combinato in un idrogel tre tipi di cellule coroideali immature, periciti, cellule endoteliali e fibroblasti. Il risultato ottenuto è stato utilizzato per stampare un’impalcatura biodegradabile nella quale le cellule possono prosperare e formare una fitta rete capillare. Dopo nove giorni, gli autori hanno seminato cellule epiteliali del pigmento retinico sul rovescio dell’impalcatura.

Al 42esimo giorno, il tessuto stampato ha raggiunto la piena maturità. Le analisi hanno dimostrato che il materiale ottenuto aveva un aspetto e un comportamento simili alla controparte organica. Quando gli esperti hanno sottoposto la sostanza a uno stress indotto, il tessuto mostrava modelli di degenerazione simili a quelli osservati nei pazienti umani. Gli scienziati hanno quindi valutato l’efficacia dei farmaci anti-VEGF nel trattare la condizione, osservando la soppressione della crescita e il ripristino della morfologia dei tessuti. “La stampa 3D di questo supporto – osserva Bharti – potrebbe facilitare lo studio di una vasta gamma di malattie dell’occhio”. “Questo lavoro – conclude Marc Ferrer direttore del 3D Tissue Bioprinting Laboratory presso il National Center for Advancing Translational Sciences del NIH – presenta moltissimi potenziali usi nelle applicazioni traslazionali, incluso lo sviluppo terapeutico. Nei prossimi step verrà sperimentata la possibilità di aggiungere ulteriori tipi di cellule al processo di stampa, come le cellule immunitarie, per ricapitolare meglio il tessuto nativo”.

Come leggono le persone che non vedono

Il Post del 29/12/2022

Principalmente con i sintetizzatori vocali e i dispositivi che traducono i testi digitali in braille, e lo fanno di più rispetto a chi legge con gli occhi.

Nel 2021 le persone che in Italia hanno letto almeno un libro sono state il 40,8 per cento della popolazione che sa leggere, secondo i dati dell’Istat, quindi meno della metà. È un dato che fa una certa impressione se confrontato con quello delle persone cieche e ipovedenti che leggono almeno un libro all’anno: secondo un’indagine condotta una decina di anni fa, la percentuale sale al 59,1 per cento.

Questo dato era stato ottenuto nel 2011 intervistando 1.505 persone per un’indagine commissionata dall’Associazione Italiana Editori (AIE) e dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (UICI). Non esistono stime più recenti, ma una cosa è certa: nel frattempo la lettura è diventata più facile per le persone che non vedono, per due ragioni. La prima è che a differenza di allora oggi esiste un ente che garantisce che una buona parte dei nuovi libri pubblicati in Italia siano accessibili anche per ciechi e ipovedenti attraverso gli ebook. La seconda è che contemporaneamente sono migliorati e sono diventati più economici gli strumenti tecnologici usati per leggere dalle persone che non vedono. Entrambi questi cambiamenti sono legati ai formati digitali, che oggi sono quelli più usati.

In generale, ci sono diversi modi di leggere praticabili dalle persone cieche e ipovedenti. «Ognuno si adatta al meglio a quello che preferisce e a quello che può usare», spiega il presidente dell’UICI Mario Barbuto.

I vari formati esistenti si distinguono prima di tutto sulla base del senso usato per leggere, che può essere il tatto, l’udito ma anche la vista. «Oggi fortunatamente il tasso di ipovisione è maggiore del tasso di cecità assoluta, circa il 70-75 per cento delle persone con disabilità visiva ha un residuo di vista, e quindi l’ingrandimento di caratteri è molto usato». In molte biblioteche si possono trovare libri stampati su carta con i caratteri ingranditi, ma le persone ipovedenti oggi leggono con la vista ebook, dato che nei libri digitali si possono regolare sia la dimensione dei caratteri che i colori e i contrasti di testo e sondo.

Questa caratteristica tecnica è la prima tra quelle che rendono un ebook accessibile secondo i criteri della Fondazione LIA, l’ente che dal 2014 certifica quali ebook italiani siano effettivamente fruibili da varie persone con disabilità e cura un catalogo aggiornato che li segnala: la sua istituzione, originata nel 2011 da un progetto dell’AIE e del ministero per i Beni e le Attività culturali, è stata uno dei due grandi cambiamenti che nell’ultimo decennio hanno migliorato le esperienze di lettura per chi non vede.

Gli ebook certificati dalla fondazione non sono accessibili solo dalle persone ipovedenti che usano l’ingrandimento di caratteri, ma anche da chi non può usare la vista per leggere. Gli ebook accessibili infatti possono essere letti anche con l’udito, usando strumenti di sintesi vocale che leggono i testi digitali “ad alta voce”, oppure con il tatto, grazie ai terminali braille: sono dispositivi elettro-meccanici simili a tastiere che si possono collegare a computer, tablet e smartphone, e che convertono i file di testo digitali – anche le pagine di siti internet come questa – in caratteri braille.

Sui terminali è presente una riga di celle, composte da otto buchi disposti su due colonne e quattro righe. I caratteri compaiono grazie al sollevamento di alcuni punti attraverso tali buchi, meccanismo che è reso possibile dalle proprietà piezoelettriche di alcuni cristalli, che si espandono quando gli viene applicata una tensione, e quindi a un dato segnale possono far sollevare una leva, e quindi un punto. Una riga di celle sul terminale può ospitare un numero di caratteri che varia a seconda delle dimensioni del dispositivo: sono 14 in quelli più piccoli e tascabili, ma possono arrivare fino a 40.

L’altro grande cambiamento riguarda proprio i terminali braille: negli ultimi vent’anni sono diventati sempre più funzionali ed economici e per questo si sono molto diffusi.

«I primi sono della metà degli anni Ottanta, in Italia di fine anni Ottanta, ma allora i prezzi erano molto alti e gli apparecchi avevano una certa delicatezza», racconta Barbuto. «Hanno ancora un costo elevato, ma si è abbassato di molto: quelli più confortevoli per l’uso con i cellulari hanno un costo intorno ai 1.000 euro, quelli più diffusi, che permettono di leggere 20 caratteri alla volta, costano circa 1.500 euro o qualcosa in più, e quelli da 30 a 40 caratteri, che sono grandi più o meno come una grossa barra di torrone, costano 3-4mila euro e possono pesare fino a 800 grammi».

A usare questi dispositivi sono quasi tutte le persone che conoscono il braille, che sono il 25-30 per cento dei ciechi assoluti, quelli che già da bambini non vedevano; secondo Barbuto solo i lettori del braille più anziani, sopra gli ottant’anni, non usano questi strumenti. Leggere il braille con i terminali è infatti molto più comodo e facile rispetto alla lettura dei libri di carta in braille, che pure esistono ancora e sono fondamentali per imparare a leggere in braille da bambini.

Da un lato per questioni di spazio e maneggevolezza: i libri di carta in braille sono molto grossi, sia perché sono fatti con una carta particolarmente spessa, sia perché i caratteri in braille occupano più spazio delle lettere dell’alfabeto. Per fare un esempio, il romanzo per ragazzi Harry Potter e la pietra filosofale, che in edizione tascabile è lungo 320 pagine, nella versione in braille occupa 4 volumi per un totale di 521 pagine. Per questa ragione di spazio generalmente le persone cieche, anche se amanti della lettura, non hanno grandi collezioni di libri di carta a casa: i volumi in braille vengono più comunemente presi in prestito nelle biblioteche specializzate, come la Biblioteca Italiana per i Ciechi “Regina Margherita” di Monza, la più grande in Italia, che sono anche gli enti che li producono.

Una piccola parte del catalogo di libri in braille della Biblioteca Italiana per i Ciechi “Regina Margherita” di Monza (Biblioteca Italiana per i Ciechi “Regina Margherita”)

Leggere ebook con un terminale braille è più comodo anche perché il braille digitale si legge più velocemente di quello cartaceo.

Per capire perché bisogna tenere conto che i caratteri del braille originale sono fatti a partire da celle di sei punti, disposti su due colonne e tre righe, mentre il braille digitale da celle di otto punti. Il maggior numero di punti del secondo sistema permette di creare un numero molto maggiore di combinazioni, e quindi di caratteri: per questo nel braille digitale esistono caratteri specifici non solo per ogni lettera minuscola dell’alfabeto, ma anche per ogni lettera maiuscola. Nel braille tradizionale chi legge è avvisato che la lettera successiva sarà maiuscola da un segno apposito, il “segno di maiuscola”, quindi servono due segni per ogni maiuscola.

Sempre nel braille tradizionale non ci sono abbastanza segni diversi perché ogni cifra ne abbia uno: per questo le cifre da 1 a 9 vengono fatte con gli stessi segni delle lettere da “a” a “i” facendoli precedere da un “segnanumero” (lo 0 corrisponde al segno per la “j” preceduto dal segnanumero). Nel braille digitale il segnanumero non serve e c’è un unico segno per ogni cifra, cosa che a sua volta accorcia i testi in braille.

La lettura in braille è probabilmente quella che si avvicina di più alla lettura con gli occhi delle persone vedenti, in termini di immersione nel testo, ma è più lenta: anche sulle righe di celle dei terminali braille più grandi non si riesce a far stare un’intera riga di questo articolo nelle visualizzazione da smartphone. Il braille digitale in questo senso ha ulteriormente avvicinato le due esperienze.

È poi molto comune un metodo di lettura che passa attraverso il tatto e l’udito insieme. Sempre grazie agli strumenti digitali infatti si può leggere con le dita usando un terminale braille e contemporaneamente ascoltare lo stesso testo riprodotto con una sintesi vocale. Barbuto spiega che agli studenti delle superiori che cominciano a usare il braille digitale si raccomanda «spesso di usare in combinazione i due sistemi: non si escludono a vicenda, ma si integrano nel modo migliore».

In generale i formati più usati dalla maggior parte delle persone che non ci vedono sono proprio quelli audio, che si tratti di lettura con la sintesi vocale o di ascolto di audiolibri, le registrazioni di letture ad alta voce di altre persone. «La lettura diretta è molto meglio di quella passiva, quindi il braille, per chi lo conosce, è sicuramente preferibile, ma molte persone perdono la vista in età adulta, se non addirittura avanzata, e difficilmente lo imparano», continua Barbuto.

La sintesi vocale è anche il formato più comodo perché si può usare con qualsiasi testo e in qualsiasi momento semplicemente avendo uno smartphone. Permette inoltre una lettura più rapida anche a chi legge in braille: «Un bravo lettore di braille riesce a leggere 100-150 parole al minuto, quando si ascolta si leggono almeno 200 parole al minuto». A maggior ragione se si usa la modalità accelerata, a cui le persone cieche e ipovedenti sono molto abituate. «Ha ancora un certo grado di inespressività, ma è una tecnologia molto migliorata, la qualità della voce sintetica è ormai vicina a quella della voce umana», spiega sempre Barbuto citando un’ulteriore innovazione significativa.

Per le letture di piacere, cioè per la narrativa e la letteratura, sono preferibili gli audiolibri, che l’UICI produce fin dal 1957 con il suo Centro del Libro Parlato, sostenuto economicamente dallo stato. Il suo catalogo ha più di 20mila titoli, che possono essere ascoltati gratuitamente dalle persone cieche e ipovedenti: in parte sono stati registrati da lettori professionisti, ma perlopiù da volontari (chiunque può candidarsi). Da quando esistono le piattaforme di audiolibri in streaming, che offrono tante novità editoriali in questo formato, oggi il Centro produce in particolare quei libri che difficilmente verrebbero registrati: sono scelti in parte in base alle richieste degli utenti, in parte sulla base delle segnalazioni annuali di una commissione di giornalisti e altri addetti ai lavori dell’informazione e della cultura.

La distribuzione gratuita di questi audiolibri è possibile perché esiste una direttiva europea e una relativa legge italiana che prevede una deroga al diritto d’autore a beneficio delle persone con disabilità visive, e vale quando un libro non è già disponibile in un formato accessibile. Per permettere invece una più ampia fruizione delle novità, l’UICI sta dialogando con Audible, la piattaforma di audiolibri di Amazon, per arrivare a uno sconto sugli abbonamenti per chi non vede.

Tornando alla disponibilità di ebook accessibili invece, a sua volta fondamentale per permettere alle persone cieche di leggere, oggi il catalogo della Fondazione LIA comprende più di 30mila titoli.

Oltre all’AIE, all’UICI, alla Biblioteca di Monza e all’Associazione Italiana Dislessia (AID), sono socie della fondazione molte case editrici italiane. «Tra l’80 e il 100 per cento dei nuovi libri degli editori che sono nostri soci sono immediatamente disponibili anche in formato accessibile», dice Elisa Molinari, communication manager della Fondazione Lia, notando che anche solo rispetto agli anni Novanta il numero di libri disponibili è aumentato tantissimo: «Un nostro collega trentenne ci ha raccontato che a 7 anni doveva leggere Moby Dick e altri classici lunghi e difficili perché non c’erano tante alternative».

Entro la metà del 2025 tutti gli ebook pubblicati in Italia dovranno essere accessibili: lo stabilisce il decreto legislativo n. 82 del 27 maggio di quest’anno, emesso per recepire la direttiva dell’Unione Europea del 2019 nota come European accessibility act. Ci vorrà sicuramente più tempo però per arrivare a una accessibilità più completa per alcuni tipi di libri particolarmente importanti, cioè i testi scolastici e universitari. Oggi vengono generalmente realizzati su richiesta dai servizi per la disabilità delle università, contattando gli editori per avere una versione digitale che poi viene resa accessibile: non è una cosa immediata perché le versioni per la stampa cartacea hanno varie caratteristiche che complicano la lettura con terminale o l’ascolto con la sintesi. Lo stesso servizio può anche essere richiesto alla Biblioteca di Monza, che si occupa di creare versioni completamente accessibili.

mercoledì 28 dicembre 2022

Brescia, al Museo Diocesano l’arte inclusiva di Felice Tagliaferri

Qui Brescia del 28/12/2022

BRESCIA. Dal 12 gennaio al 25 giugno 2023, il Museo Diocesano di Brescia ospita la personale dello scultore non vedente Felice Tagliaferri. L’artista cesenate si distingue nel panorama contemporaneo italiano e internazionale per la potenza espressiva delle sue opere figurative create nel marmo, attraverso la sapiente manipolazione tattile del materiale, con iconografie legate al mondo religioso e descrittive della fragilità umana. Le mani dello scultore traducono nel marmo ciò che gli occhi non vedono conferendo ai lavori – generalmente a grandezza naturale o di dimensioni poco più ridotte – una restituzione del dato reale talmente precisa che l’unico modo per interiorizzarle e comprenderle è proprio attraverso l’esperienza tattile.

Al Museo Diocesano di Brescia, Tagliaferri proporrà: il Cristo riVelato (2010), realizzato su modello del Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino, conservato nella cappella Sansevero di Napoli, uno dei capolavori scultorei settecenteschi italiani, la Pietà ribaltata (2020) ispirata alla Pietà di Michelangelo nella basilica di San Pietro nella Città del Vaticano, dove è il figlio che tiene tra le braccia la madre esausta e la Sacra Famiglia con bambino fragile (2021) che vede la rivisitazione del soggetto con la presenza di un bimbo di circa 7 anni, con la Sindrome di Down.

La rassegna è parte del Focus inclusività un progetto di forte impatto sociale, realizzato in collaborazione con l’UICI (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti), per rendere il contesto museale un nuovo spazio dedicato all’accoglienza, attraverso iniziative come il Percorso al Buio, che dai primi mesi del 2023 sarà allestito in permanenza e realizzato in collaborazione con l’architetto Roberto Bertoli, insieme a UICI e Arte con Noi, con delle installazioni dedicate alle persone non vedenti e la realizzazione di una sala immersiva al buio, per un’esperienza sensoriale amplificata e totalizzante per ogni visitatore.

All’interno del percorso museale, saranno inoltre selezionate una o due opere particolarmente rilevanti per ogni sezione, che saranno riprodotte in vari materiali, corredate da ausili tiflologici e da spiegazioni in Braille, per essere fruite tattilmente sia dalle persone con minorazione visiva che da persone vedenti. All’ingresso del museo sarà collocata la riproduzione del complesso conventuale di San Giuseppe con mappe tattili che permetteranno la geolocalizzazione dell’edificio nel contesto urbano cittadino, realizzato grazie al ricavato dell’evento “Cose mai viste”, il market dell’artigianato hand made e del riciclo creativo.

Contemporaneamente alla personale di Felice Tagliaferri, dal 16 gennaio al 26 marzo 2023, il Museo Diocesano di Brescia accoglierà la mostra “Abitare l’eternità. Sonia Costantini e l’icona sacra”. L’esposizione, curata da Alberto Cividati, docente di filosofia all’Istituto Cesare Arici, metterà a confronto la ricca collezione di icone di provenienza russa, realizzate tra il XVII e il XX secolo, del Museo Diocesano di Brescia con la pittura monocroma di Sonia Costantini (Mantova, 1953), ponendo in relazione le due modalità di “pittura assoluta”: la frammentazione dell’icona e il monocromo come icona. Le icone e i dipinti saranno posizionati uno di fronte all’altro, svelando la continuità e la discontinuità del loro farsi esperienza del sacro.

La mostra di Tagliaferri è visitabile tutti i giorni (tranne mercoledì) nei seguenti orari, 10.00 – 12.00; 15.00 – 18.00. Ingresso alle collezioni del Museo e alle mostre: intero: 8 euro; ridotto: 4 euro.

Al via a Palazzo Rosso un percorso multisensoriale alla scoperta della ‘via aurea dei genovesi’

Genova 24 del 28/12/2022

Percorso accessibile, oltre che al pubblico di tutte le età, anche ai visitatori non vedenti, ipovedenti, non udenti e ipoudenti

GENOVA. “Abbiamo inventato l’hashtag la cultura a portata di mano, perché se in tutti i musei è vietato toccare le opere qui invece è obbligatorio” spiega Fabio Orengo, project manager di Liguria Digitale.

È stata inaugurata oggi a Palazzo Rosso, in via Garibaldi 18, un’esperienza multisensoriale che consente a tutti di percorrere la celebre Via Aurea dei genovesi, cogliendone l’assetto e approfondendo i singoli edifici che la compongono.

Si tratta di un percorso accessibile, oltre che al pubblico di tutte le età, anche ai visitatori non vedenti, ipovedenti, non udenti e ipoudenti.

Un progetto fortemente innovativo, reso possibile grazie al contributo di Fondazione Carige, che prevede la fruizione facilitata dei beni artistici e architettonici di Strada Nuova, anche attraverso tecnologie digitali e supporti audio e video. “Inauguriamo oggi un’installazione di avanguardia, presente in pochissimi altri luoghi a livello nazionale – spiega l’assessore alla Disabilità Lorenza Rosso – grazie a Fondazione Carige, questa tecnologia è diventata una realtà per i Musei e i palazzi cinquecenteschi di Strada Nuova, oggi accessibili a un pubblico ancora più vasto che comprende anche le persone con disabilità. Un’iniziativa che questa amministrazione ha fortemente voluto. nell’ottica di una sempre maggiore accessibilità dei luoghi della cultura, che diventano sempre più inclusivi e fruibili per tutti i visitatori”.

“La civiltà di una comunità si misura anche dal particolari e, tra questi, l’attenzione alla fruizione del patrimonio artistico e culturale da parte di coloro i quali, affetti da disabilità, rischiano di essere altrimenti ingiustamente penalizzati – afferma il presidente di Fondazione Carige Paolo Momigliano – Grazie dunque al Comune di Genova per questa importante iniziativa, che oggi trova compluta realizzazione, e che troverà sicuro apprezzamento, alla quale Fondazione Carige ha aderito convintamente, che si inserisce pienamente nel quadro delle tante e diverse iniziative che nel corso degli anni hanno visto Comune e Fondazione agire insieme per migliorare la qualità della vita della nostra città”.

Il progetto incoraggia una fruizione facilitata del patrimonio artistico e culturale della via più importante della città in una logica di design for all fortemente inclusiva. Proprio per questo si rivolge ad un pubblico eterogeneo, composto da persone disabili, da studenti ma anche da turisti e cittadini che, attraverso questa esperienza avvolgente e tecnologica, possono avvicinarsi alla visita della Via Aurea e dei due palazzi con informazioni di contesto che li accompagneranno a una migliore comprensione della visita stessa.

Dall’ingresso di Palazzo Rosso, un percorso podo-tattile guida le persone non vedenti al punto informazioni e alla stanza al piano terra, che ospita il plastico multisensoriale. La riproduzione riporta l’assetto della strada verso la fine del Cinquecento, restituendo anche i giardini dei vari palazzi e il distrutto complesso di san Francesco di Castelletto.

Tramite scansione e stampa 3D, è stata realizzata una copia tiflodidattica (didattica speciale per disabilità visive) sensorizzata del plastico, dedicata all’esplorazione tattile unita ad audio e video guida in LIS sincronizzate. I contenuti audio sono attivati al contatto con i vari elementi del plastico, individuati come POI (punti di interesse).

Contemporaneamente, su un ampio monitor si attivano i contenuti in LIS sottotitolati, accompagnati da un effetto grafico che evidenzia selettivamente il Palazzo selezionato.

Per valorizzare Palazzo Bianco e Palazzo Rosso, non approfonditi nel plastico in quanto non presenti nell’assetto stradale rappresentato dal modello, sulle pareti della stanza sono state installate due mappe tattili che riproducono fedelmente le facciate dei due edifici e sono disponibili per l’esplorazione aptica. Inoltre, toccando le facciate è possibile ascoltare e vedere un contributo audio e video con interprete LIS incentrato sui due palazzi. (Fra.Cap.)

Dal PNRR 200mila euro per il Museo della seta di Como

Prima Como del 28/12/2022

"Un progetto come questo ci permetterà di essere sempre più fonte di ispirazione per uno scambio vivace di idee, tra i visitatori e le comunità che ci frequentano e le reti sociali".

COMO. Il progetto presentato dal Museo della seta di Como ha ottenuto un finanziamento del valore di 200mila euro, il massimo previsto dalla misura che prevedeva una dotazione finanziaria complessiva pari a 7.460.000, per la realizzazione di una serie di interventi, condivisi tra gli altri con il Comune di Como, Assessorato alla Cultura/Urbanistica/Mobilità e Trasporti/Marketing territoriale e Eventi e Turismo, la Camera di Commercio di Como-Lecco e le sezioni territoriali di UICI (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti), ENS (Ente Nazionale Sordi) e AUSER.

Per la stesura del progetto, che ha coinvolto l'intero personale del Museo guidato dal Direttore e Curatore, sono inoltre stati coinvolti, per la progettazione degli interventi edili, l'architetto Pierpaoli e lo specialista Lorenzo Donegana che ha provveduto alla stesura del progetto: il loro supporto è stato sostenuto, oltre che dal diretto impegno del Museo, dalla CCIAA attraverso il proprio Bando di sostegno alle candidature PNRR 2022 (ex propria determinazione n. 82 del 28 marzo 2022).

Il finanziamento è pari al 100% delle spese ammissibili per la realizzazione degli interventi mirati al perfezionamento delle condizioni di accessibilità fisica, sensoriale e cognitiva in rapporto all'obiettivo della fruizione ampliata, tema strategicamente rilevante della mission del museo. In parallelo, verranno implementati gli impatti sulla promozione dello sviluppo culturale, scientifico, ambientale, educativo, economico e sociale.

"Oggi i Musei vanno finalmente considerati centrali per la comunità: permettono di confrontarsi e discutere, affinano la propria cultura avvicinandosi a realtà diverse dalla propria, perché la vera missione oltre che diffondere cultura è anche essere capaci di imparare, nell'ottica della democratizzazione degli istituti culturali. Un progetto come questo ci permetterà di essere sempre più fonte di ispirazione per uno scambio vivace di idee, tra i visitatori e le comunità che ci frequentano e le reti sociali - commenta il Direttore Paolo Aquilini.

Il progetto, del valore complessivo di 200mila euro prevede, tra l'altro, il rinnovamento dei percorsi sia per l'accesso che per la visita al museo attraverso la riqualificazione delle strutture e il loro potenziamento con tecnologie messe a fuoco direttamente con le Associazioni dei portatori di disabilità tra cui la traduzione delle didascalie nella lingua dei segni e implementazione di un sistema di cd radiofari in grado non solo di permettere la visita in autonomia da parte dei non vedenti ma anche di dialogare con lo strumento analogo già adottato da ASF.

Oltre a questo, confermando la concezione di accessibilità sostenuta anche dal Bando in cui si inserisce l'allestimento di nuovi servizi igienici dotati di fasciatoi, l'intero impianto espositivo verrà aggiornato con strumenti in grado a tutti di vivere un'esperienza sempre più coinvolgente di questo Museo che rappresenta un unicum a livello mondiale nel narrare le vicende della seta dalla produzione dei macchinari fino alla proposta al pubblico dei capi finiti.

"Uno dei principali target della Sostenibilità è l'inclusione, con l'ottenimento di questo importante contributo il Museo della Seta potrà rafforzare questo obiettivo. Rendere più facilmente accessibile la struttura e condividere con la comunità il percorso espositivo è il nostro modo per dimostrare la nostra accoglienza. La realizzazione del progetto consente il consolidamento delle relazioni territoriali e avvicina al Museo altre istituzioni e realtà.

La crescita della nostra Associazione si misura anche con azioni di questo tipo che generano valore, un valore messo a disposizione della città di Como e dei suoi visitatori" conclude il presidente Giovanna Baglio.

mercoledì 21 dicembre 2022

Il cammino internazionale del Museo Omero

Agenzia Aise del 21/12/2022

ANCONA. Fondato da Aldo Grassini e sua moglie Daniela Bottegoni, il Museo Omero di Ancona, uno dei pochi musei tattili al mondo nato per promuovere l'integrazione delle persone con disabilità visiva, termina in questi giorni un intenso 2022 che lo ha visto protagonista anche all’estero.

Su invito dell'Ambasciata italiana al Cairo, dell’Istituto di cultura e della Direzione Generale dei Musei Egizi, infatti, Aldo Grassini, Andrea Socrati ed Annalisa Trasatti sono in Egitto, presso il Museo Nazionale e quello greco-romano di Alessandria.

Da ieri, infatti, è in corso la formazione ad un gruppo di docenti ed educatori museali e verrà inaugurato un percorso tattile accessibile anche alle persone non vedenti. Il percorso è nato dalla selezione di opere scultoree per cui il Museo Omero ha prodotto targhe in Braille in arabo, italiano e inglese, oltre ad audioguide fruibili con l’uso delle audio-pen.

Quello egiziano è l’ultimo tassello del 2022 per l’attività di consulenza e formazione a livello internazionale del Museo Tattile Statale Omero.

Ad ottobre, il Museo era in Libano per la seconda fase del progetto "Doors. Please Touch", avviato nel 2018 e volto a promuovere l'accessibilità nei principali musei del paese.

Nello specifico, Andrea Sòcrati, esperto in campo tiflodidattico e tiflopedagogico, ha svolto attività di formazione sulle questioni dell'accessibilità ai beni culturali per le persone con disabilità, a docenti e operatori museali e culturali presso la Biblioteca Nazionale di Beirut. Il progetto è promosso dall'Associazione "Red Oak" di Beirut in collaborazione con il Ministero della Cultura Libanese, l'Istituto Italiano di Cultura di Beirut, il Museo Nazionale di Beirut e il Museo di arte moderna e contemporanea MACAM di Aalita.

In futuro sono previste azioni di scambio culturale sui temi dell'inclusione con i docenti delle scuole libanesi e il coinvolgimento del Liceo Artistico "Edgardo Mannucci" di Ancona.

La realtà del Museo Omero ha colpito anche la regista giapponese Koko Okano, che ha realizzato il film documentario "Le mani toccano il mondo". Koko, che per molti anni si è occupata di gestione museale in Giappone, ha “costruito” il film passando diverso tempo con i fondatori del museo, Aldo e Daniela, ascoltando l'esperienza dello staff, riprendendo le attività del Museo e andando a ricercare esperienze simili in Italia. Il film documentario, audiodescritto e sottotitolato in giapponese, è stato proiettato in prima visione in Giappone al Museo Vangi di Shizuoka, al Kyoto National Museum of Modern Art e al National Art Center Tokyo.

La presenza all’estero del Museo Omero è consolidata anche dalla partecipazione a diversi progetti europei tra cui Invisible, con capofila l’Università degli Studi di Bologna - Facoltà di Architettura, che vede coinvolte realtà culturali di Italia, Polonia, Turchia e Grecia collaborare per rendere accessibile l'arte e l'architettura alle persone con disabilità visiva.

Toccare per credere", a Lecce nasce il polo museale tattile-sensoriale

Lecce Prima del 21/12/2022

LECCE. Il Progetto pluriennale del Rotary Club Lecce Sud “Toccare per Credere” ha inserito un altro importante tassello di un lavoro che doterà il capoluogo salentino di un Polo museale tattile-sensoriale al fine di affermare il diritto universale alla conoscenza. Il Museo, inclusivo e necessario per non vedenti e ipovedenti, è in realtà fonte di arricchimento storico-culturale per tutti, dai bambini, alle persone di ogni età e ai turisti.

Durante una cerimonia svoltasi nell’apposita sala delle Mura Urbiche la presidente del Club Vincenza Pasqua e la past president Immacolata Tempesta hanno consegnato al Comune di Lecce - rappresentato dagli assessori Fabiana Cicirillo (Cultura) e Paolo Foresio (Turismo) - la splendida e accurata miniatura in 3D della facciata di Santa Croce, monumento simbolo della città, realizzata attraverso tecniche di fotogrammetria digitale dall’arch. Francesco Gabellone e da Maria Chiffi, titolare della società Techné.

Il service, coordinato dal socio ing. Carlo Macculi, è così giunto al quarto step, anche grazie al sostegno del Distretto Rotary di Puglia e Basilicata: negli anni scorsi sono stati donati il tavolo con la pianta della città e mura del Cinquecento in rilievo, Porta Napoli/Arco di Trionfo, Bastioni e Castello Carlo V, Porta S. Biagio, Porta Rudiae e Sedile, arricchiti dal logo del Rotary in pietra leccese per poter trasmettere la sensazione tattile del materiale utilizzato nella costruzione dei monumenti. I lavori sono accompagnati da brevi schede con scritte in braille e Qrcode con audiocommenti in italiano e inglese firmati dal prof. Paul Arthur, medievalista di Unisalento, con voce narrante di Emanuela Pisicchio, attrice del Teatro Koreja. La storia della facciata di Santa Croce, invece, è scritta dallo studioso Marco Leo Imperiale e letta da Antonio Della Rocca. È così possibile approfondire la conoscenza dei monumenti miniaturizzati.

“Il Club Lecce Sud - ha sottolineato la presidente Pasqua - intende sviluppare il progetto sino a realizzare qualcosa di importante per la Città e il Rotary. Naturalmente l’apporto di risorse aggiuntive consentirebbe di accelerare i tempi di attuazione del programma. Toccare per Credere è un service nato nel 2018 con il presidente Gianni Vonghia, proseguito con entusiasmo e condivisione di tutti i soci durante le presidenze di Stefania Mandurino, Ascanio Carlucci e Immacolata Tempesta. E so che Adelmo Gaetani, prossimo presidente, intende procedere su questo percorso. Intanto, per il quinto step abbiamo pensato alla miniatura della statua di S. Oronzo. Vediamo”.

Un misto di commozione e soddisfazione nelle parole del presidente dell’Unione Provinciale Ciechi e Ipovedenti, Salvatore Peluso, e del rappresentante dell’Associazione Ciechi di guerra, Antonio Pranzo. I due hanno espresso la volontà di collaborare con il Club Lecce Sud e il Comune affinché il nascente Museo si sviluppi e diventi un originale polo di attrazione in una città sempre più “sensoriale”, accessibile e aperta alle diversità.

Significativi gli interventi di Federico Pastore, direttore di Confcommercio, e Angela Acquaviva, dell’Associazione Guide turistiche italiane, che hanno sottolineato la rilevanza del progetto per la crescita dei flussi turistici di qualità e quindi delle attività economiche cittadine.

A loro volta, gli assessori Fabiana Cicirillo e Paolo Foresio, dopo aver ricordato che Toccare per Credere è ormai integrato nel percorso turistico cittadino, hanno ribadito l’interesse dell’Amministrazione comunale allo sviluppo del service, confermando la volontà di offrire il sostegno necessario per fa sì che Lecce, città turistica a vocazione culturale, possa essere dotata di un asset unico per il suo valore simbolico e pratico.

Al Progetto “Toccare per Credere”, hanno collaborato negli anni il Settore valorizzazione Beni monumentali e Centro storico del Comune di Lecce, le associazioni “Città tra le mani” e “FabLab Lecce”, le imprese locali Kubico, Pi.Mar, S.C. Engineering e Techné, l’Unione Italiana Ciechi-Ipovedenti, l’Unione Ciechi di guerra e Unisalento.

sabato 17 dicembre 2022

Salvatore Vaccaro, ufficio stampa non vedente: «Parto sempre dai profumi e valuto bene le parole da usare»

Identità Golose del 17/12/2022

Calabrese, di adozione romana, cura l'immagine di cuochi e pizzaioli come Bonci, Pascucci o Seu: «Quanti luoghi comuni sulla mia disabilità. Ma è un'opportunità».

Pochi giorni fa abbiamo partecipato a una cena ad occhi chiusi ai Tigli di San Bonifacio. Un evento illuminante, è il caso di dire, per una serie di motivi che abbiamo già riassunto. Una serata voluta con forza da Salvatore Vaccaro, comunicatore non vedente di cuochi e pizzaioli. Una persona di rara intelligenza e ironia. L’abbiamo intervistato.

Buongiorno Salvatore, qual è la sua storia?

Sono nato a Crotone, sono cieco dalla nascita. I miei genitori avevano capito che in Calabria non avrei avuto grandi opportunità. Allora mi hanno mandato a Roma a studiare al Sant’Alessio, un istituto integrato per non vedenti e normodotati. Ho fatto le medie lì, frequentato poi un liceo classico normale, diciamo così, e studiato Lettere Classiche all’Università Sapienza.

Come nasce la passione per l’enogastronomia?

Ho sempre seguito con attenzione il buon cibo. Nel 2005 ho conosciuto Gabriele Bonci, con cui è nata subito una profonda amicizia. Mi ha introdotto all’universo della cucina d’autore. Un giorno mi trovavo sulla spiaggia di Marina di Camerota. Gabriele mi telefona: ‘Ho bisogno di qualcuno che mi curi l’immagine. Chi meglio di un cieco può farlo?’, scherzava ma neanche troppo. Pensava che nessuno come me potesse dare voce al suo pensiero. Proviamo, vediamo che succede, risposi.

Com’è andata?

All’inizio ero perplesso e preoccupato. Da che parte comincio? Come faccio a occuparmi del lato social, delle fotografie e dell’aspetto visivo? Gabriele disse che avrei dovuto pensare ai contenuti e che mi avrebbe fatto affiancare da una ragazza del suo staff con competenze grafiche. Si chiama Irene. Ci sentiamo quasi ogni giorno, è un pilastro della mia vita.

Dunque è andata bene.

Per tanti anni abbiamo curato l’immagine di Bonci, e solo la sua. Gabriele mi diceva: tutti comunicano con le foto, ma un mulino che produce una farina di grande qualità merita molto di un servizio fotografico. Oggi pochissimi usano bene le parole. Ecco perché devi farlo tu. Nel tempo abbiamo raggiunto una simbiosi di pensiero tale che mi capitava di rispondere alle interviste al suo posto. Ho lavorato in via esclusiva per lui per 5 anni, senza altri clienti. Con un’eccezione: Gianfranco Pascucci (chef di Pascucci al Porticciolo a Fiumicino, ndr), grande amico di Gabriele. Oggi lavoro anche con un altro pizzaiolo, Pier Daniele Seu (Seu Pizza Illuminati, Roma). Agisco di cuore, collaboro solo con le persone con cui sento affinità d'istinto.

C’è uno stile dietro al suo lavoro?

Mi sono sempre tenuto lontano dal modello classico dei comunicati stampa. Se proprio devo farli, mi sforzo di assumere espressioni e punti di vista molto personali. Cerco di incontrare giornalisti e clienti il più possibile di persona. Voglio metterci sempre la faccia, capire che quello che racconto è vero, altrimenti non mi ci metto nemmeno. Non uso le sofisticazioni e non amo le cene stampa. Una volta un giornalista mi ha chiesto 4 panettoni gratis perché li doveva recensire. Glieli ho fatti pagare tutti. Lavoravo per Bonci, potevo permettermelo.

Come reagiscono di fronte alla sua disabilità?

Capita spesso che giornalisti, soprattutto quelli di una certa età, rimangano imbarazzati se non gelati. Che si è messo in testa, Bonci? pensano. Poi dopo un po’ vincono lo scetticismo.

Ci sono pregiudizi che le danno fastidio?

Sì, soprattutto quando il mio interlocutore sceglie di usare un linguaggio diverso solo perché ha di fronte una persona con una disabilità visiva. Io sono cieco, punto e basta, inutile cercare formule ipocrite o politically correct. Per me è normale dire ‘ci vediamo domani’ o 'curare l'immagine’; è un tabù assurdo evitare certe espressioni. Il punto vero è che in Italia abbiamo un problema di fondo nella gestione culturale delle disabilità. Io sono felice quando Gabriele o Gianfranco si dimenticano di porgermi il braccio per aiutarmi perché non vedono più la disabilità. Se ti poni di fronte a me non come a un non vedente ma come a Salvatore Vaccaro, allora io ho vinto e tu pure.

E il pietismo?

Capita, certo, di sentire persone che mi dicono ‘oh poverino, chissà come farai’, un’altra cosa insopportabile per me. O quelli che dicono: ‘tu sei meglio di chi vede’. Non è vero, non sono meglio di chi vede. Se ne avessi la possibilità vorrei vedere anche solo per un secondo. Ci sono anche quelli che chiedono a mia moglie: come hai fatto a sposare una persona che non vede? Uno le ha anche detto che mi ha sposato per interesse. Tutte assurdità. Sono diverso, certo, ma ho cercato sempre di trasformare la mia disabilità in opportunità. Per esempio parlando di cibo in modo diverso da quello che fanno gli altri.

A quale senso si affida di più nella valutazione di un piatto?

All’olfatto perché parto sempre dai profumi. Nessuno mangia più col naso: per capire se l’aglio in padella è bruciato oggi guardi il colore, ma sarebbe più semplice notarlo dall’odore. Credo che tutti dovremmo esercitare di più il naso: ti accorgi della sua importanza solo quando hai il raffreddore, quando perdi l’olfatto. Io vado a naso anche nei rapporti col cliente: cerco di andare subito nella sua cucina o nel laboratorio. E annuso.

Quali cuochi l’hanno impressionata di più dal punto di vista olfattivo?

Davide Scabin. Ha sempre prestato molta attenzione al naso, pure al momento del servizio. Ma anche Fulvio Pierangelini: servendomi la sua famosa Passatina di ceci con gamberi, mi chiese quale odore sentissi. Il giro d’olio messo a crudo, risposi. S’illuminò. Per me è importantissimo anche solo il profumo del basilico messo su una margherita. O la noce moscata che sprigiona da una lasagna calda. Sono dettagli trascurati ma fortemente identitari della cucina italiana.

Qual è invece l’identità olfattiva dei suoi clienti?

I piatti di Pascucci sanno immediatamente di iodio, mi ricordano le estati dell’infanzia a Isola di Capo Rizzuto. Le pizze di Seu sono straordinarie sui topping, mentre gli impasti di Bonci hanno profumi riconoscibilissimi, molto identitari. Al naso riconosco bene la differenza tra un impasto fatto col lievito di birra e uno col lievito madre. Un impasto lo fai con le mani, però, col tatto. Nessun senso come questo esprime sentimento per chi non vede. Per me, un abbraccio ha un valore fortissimo.

a cura di Gabriele Zanatta

venerdì 16 dicembre 2022

Alunni e alunne con disabilità: il quadro ISTAT dell’attuale anno scolastico

Superando del 16/12/2022

Oltre 316.000 alunni e alunne con disabilità nelle scuole italiane, con più di 207.000 insegnanti per il sostegno, un terzo dei quali senza formazione specifica; gli strumenti tecnologici a supporto della didattica ancora poco diffusi e solo una scuola su tre accessibile a persone con disabilità motoria, con gravi carenze anche rispetto alle disabilità sensoriali: sono alcuni tra i dati contenuti nel rapporto ISTAT “L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità relativo all’anno scolastico 2021-2022”, che ignora per altro la differenziazione per genere tra alunni e alunne con disabilità

ROMA. Il 2 dicembre scorso l’ISTAT ha pubblicato il rapporto di ricerca su L’inclusione scolastica degli alunni con disabilità relativo all’anno scolastico 2021-2022.

Spiace innanzitutto constatare che in tale rapporto le differenze di genere non siano considerate né nel linguaggio (si usa il maschile sovraesteso), né nella rilevazione dei dati (che non sono disaggregati per genere). È pertanto necessario ripetere per l’ennesima volta che senza dati disaggregati per genere non si possono contrastare le discriminazioni multiple cui sono esposte le alunne (e anche coloro che non si identificano in alcun genere) con disabilità che frequentano le scuole di ogni ordine e grado, e che contrastarle non è facoltativo, visto che tale disposizione è contenuta nella Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dal nostro Paese con la Legge 18/09. Dunque, se ancora non fosse chiaro: tutti i dati riguardanti le persone con disabilità vanno disaggregati anche per il genere, perché senza dati disaggregati non si può applicare la Convenzione ONU.

Dopo questa doverosa premessa, veniamo agli altri contenuti del rapporto, integrando il genere almeno nel linguaggio.

L’ISTAT informa che nell’anno scolastico 2021/2022 sono più di 316.000 gli alunni e le alunne con disabilità che frequentano le scuole italiane, che questi rappresentano il 3,8% degli/delle iscritti/e, e che vi è stato un incremento del 5% (pari a 15mila unità) rispetto all’anno scolastico precedente.

Nel periodo considerato, come disposto a livello ministeriale, vi è stato un minore ricorso alla didattica a distanza, una modalità adottata nell’anno scolastico 2019-2020 per contenere la diffusione del Covid, che però ha rappresentato un ostacolo alla partecipazione e all’interazione tra coetanei. Oltre al minore ricorso alla didattica a distanza, è stato consentito a molti/molte studenti con disabilità di partecipare in presenza durante i periodi di restrizioni: nelle scuole che hanno attivato la didattica a distanza, infatti, più di 86.000 studenti con disabilità (64%) hanno preso parte alle lezioni in presenza, mentre il resto della classe era collegata da remoto. Ciò nonostante la socializzazione ne ha risentito ugualmente, se è vero che solo un alunno/alunna su tre ha potuto interagire con i/le coetanei/e collegato/a da remoto, mentre gli/le altri/e hanno partecipato con il solo insegnante per il sostegno, in totale isolamento dal gruppo classe.

Un dato positivo è costituito dal fatto che sono oltre 207.000 gli/le insegnanti per il sostegno impiegati/e nelle scuole italiane nel periodo considerato, e che questo è un valore in crescita di oltre 16.000 unità rispetto all’anno scolastico precedente. Tuttavia di questi/e docenti, più di 70.000 (il 32%) sono stati/e selezionati/e dalle liste curricolari; si tratta cioè di insegnanti senza una formazione specifica, ma che vengono impegnati/e nelle classi frequentate da alunni e alunne con disabilità per far fronte alla carenza di figure specializzate.

Si tratta di un fenomeno più frequente nelle Regioni del Nord (con il 42% di insegnanti curricolari che svolgono attività di sostegno) e meno nel Mezzogiorno (dove la percentuale si riduce al 19%).

Gli strumenti tecnologici a supporto della didattica costituiscono un importante ausilio per favorire l’apprendimento, e gli insegnanti dovrebbero ricevere un’adeguata formazione al loro impiego, tuttavia la formazione dei/delle docenti per il sostegno sulle tecnologie educative specifiche per gli alunni e le alunne con disabilità risulta ancora poco diffusa. Infatti «in una scuola su 10 nessun insegnante per il sostegno ha mai frequentato un corso specifico di aggiornamento per l’utilizzo di tali tecnologie; nel 62% delle scuole soltanto alcuni docenti hanno frequentato corsi, mentre nei restanti casi (28%) tutti gli insegnanti hanno frequentato almeno un corso. Le scuole in cui tutti i docenti per il sostegno utilizzano questi strumenti sono soltanto il 54%, un valore ancora lontano dalla copertura totale» (pagina 4 del rapporto ISTAT; grassetti nostri in questa e nelle seguenti citazioni).

Ad affiancare gli/le insegnanti di sostegno vi sono i/le assistenti all’autonomia e alla comunicazione che nelle scuole italiane sono più di 65.000, il 4,6% dei/delle quali conosce la LIS (Lingua dei Segni Italiana).

La disponibilità di assistenti all’autonomia varia molto sul territorio con un rapporto studente/assistente pari a 4,5 a livello nazionale. Nel Mezzogiorno il rapporto sale a cinque, mentre decresce nelle regioni del Centro (con un rapporto di 4,1 studenti per assistente) e del Nord (dove il rapporto è pari a 4,3).

Nel Mezzogiorno anche le tecnologie informatiche sono maggiormente carenti. Il 76% delle scuole primarie e secondarie dispone di postazioni informatiche adattate alle esigenze degli alunni e delle alunne con disabilità, ma il bisogno di questi strumenti non risulta sempre soddisfatto. Infatti, più di una scuola su cinque definisce insufficiente la dotazione di postazioni informatiche adattate. Questa carenza aumenta appunto nel Mezzogiorno, dove una scuola su tre segnala tale problematica.

Ma forse uno dei dati più impressionanti è quello che riguarda la presenza di barriere architettoniche: soltanto una scuola su tre risulta accessibile per gli/le studenti con disabilità motoria. La situazione è migliore nel Nord del Paese, dove i valori sono superiori alla media nazionale (39,5% di scuole a norma), mentre raggiunge i livelli più bassi nel Mezzogiorno (31,8%). «L’assenza di un ascensore o la mancanza di un ascensore adeguato al trasporto delle persone con disabilità rappresenta la barriera più diffusa (45%). Numerose anche le scuole sprovviste di servoscala interno (31%) o di bagni a norma (24%). All’interno degli edifici, invece, raramente le scale o le porte non sono a norma (rispettivamente 6% e 3 % dei casi)» (pagina 5 del rapporto ISTAT).

Anche l’accessibilità per gli alunni e le alunne con disabilità sensoriale risulta scarsa. Infatti «solo il 16% delle scuole dispone di segnalazioni visive per studenti con sordità o ipoacusia, mentre le mappe a rilievo e i percorsi tattili, necessari a rendere gli spazi accessibili agli alunni con cecità o ipovisione, sono presenti solo nell’1,5% delle scuole. La situazione riguarda tutto il territorio nazionale, con poche differenze tra il Nord e il Sud» (pagina 5 del rapporto ISTAT).

A fronte di questo quadro, sconcerta che solo il 19% delle scuole abbia effettuato lavori finalizzati all’abbattimento delle barriere architettoniche nel corso dell’anno scolastico, mentre il 17% di esse dichiara di non averlo fatto, anche se l’edificio ne avrebbe avuto bisogno.

Anche sulla programmazione, infine, si registrano delle lacune. Infatti, nell’anno scolastico 2021-2022, solo il 45% delle scuole ha attuato una programmazione a lungo termine, predisponendo il PAI (Piano Annuale per l’Inclusività) sia per l’anno scolastico in corso sia per quello successivo, mentre una quota del 6% di scuole non ricorre ad alcuna programmazione (percentuale che sale fino all’8% nelle Regioni del Nord).

di Simona Lancioni,

Responsabile di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), nel cui sito il presente contributo è già apparso e viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

Esperienze Digitali. OCT virtuale per lo screening delle maculopatie al San Martino di Genova

Quotidiano Sanità del 16/12/2022

Nell’ottica di favorire la prevenzione della maculopatia e limitare l’accesso dei pazienti agli ospedali, la Clinica Oculistica Universitaria dell’Ospedale Policlinico San Martino IRCCS di Genova ha dato vita ad un innovativo progetto di diagnosi a distanza.

GENOVA. La degenerazione maculare legata all’età è una malattia di grande rilevanza sociosanitaria ed è la prima causa di grave ipovisione centrale nei paesi industrializzati, nei soggetti di età superiore ai 65 anni. In Italia si registrano ogni anno cinquantamila nuovi casi. Nel 2020, appena scoppiata la pandemia da Covid 19, si è assistito a un preoccupante calo delle prestazioni per i pazienti maculopatici che, a seconda delle Regioni e delle Aziende Ospedaliere, andava dal 40% all’80%. È stato, quindi, importante attrezzarsi rapidamente per poter trattare lo stesso numero di pazienti del periodo precedente all’emergenza sanitaria.

Per questo motivo, la Clinica Oculistica Universitaria dell’Ospedale Policlinico San Martino IRCCS di Genova ha avviato una campagna di screening gratuita attraverso un progetto pilota di diagnosi a distanza presso una farmacia comunale.

Descrizione attività e risorse impiegate

Il progetto si configura come un vero e proprio sistema di telecontrollo per eseguire in un luogo familiare e di facile accesso per il paziente, l’OCT (tomografia ottica computerizzata), un esame rapido, sicuro e non invasivo, capace di dare informazioni preziose sullo stato della retina e della macula. Il medico, attraverso un collegamento audio-video interagisce con il paziente, prende il controllo dello strumento ed esegue da remoto l’esame. Questo progetto, unico in Italia, promosso e patrocinato dal Comune di Genova è stato reso possibile grazie al supporto della Clinica Oculistica Universitaria dell’Ospedale Policlinico San Martino IRCCS di Genova e dalla collaborazione dei volontari dell’Associazione Pazienti Comitato Macula.

Gli OCT sono macchinari sofisticati e, nelle versioni più moderne e innovative, offrono immagini altamente informative e con una eccezionale risoluzione. La caratteristica innovativa è che possono essere manovrate e comandate da distanza, un po’ come le navicelle spaziali che possono essere guidate e fatte atterrare su pianeti distanti senza che al loro interno vi sia il pilota, ma semplicemente dalla torre di controllo.

Questo consente quindi a qualsiasi paziente di poter ricevere una prestazione diagnostica di alto livello da parte di medici oculisti che abbiano una particolare esperienza nel campo della diagnostica delle maculopatie, senza doversi necessariamente spostare da un capo all’altra della città, regione o nazione.A Genova si è sperimentato, quindi, un progetto pilota di Telecontrollo con tutte le carte in regola per essere replicato dovunque, e per diventare – stabilmente – un modello ideale di sanità sostenibile, centrata sul territorio a misura di paziente. Un altro aspetto molto rilevante da tenere in considerazione è il rispetto della privacy e dei dati sensibili. In questo modo infatti i dati sensibili e le immagini associate ad essi non viaggiano nella rete perché è l’oculista che da remoto si collega alla macchina.

Risultati

L’ampia adesione della cittadinanza decreta il successo dell’iniziativa, tanto che nei tre mesi di durata della campagna sono stati eseguiti 135 esami di screening (82 donne e 53 uomini; età media di 71 anni). L’esame ha avuto una durata media di 7 minuti ed una percentuale di patologie individuate del 15% dei pazienti sottoposti a screening. Ai partecipanti è stato inviato il referto on-line – completo di firma digitale – con accluse immagini OCT la diagnosi e le indicazioni da parte del retinologo ricevute durante la televisita. Il Presidente dell’Associazione Pazienti Comitato Macula, Massimo Ligustro, commenta così i risultati: “Finalmente, con questo progetto viene affrontato uno degli aspetti più importanti per i pazienti: la presa in carico tempestiva e continuativa per quella che è, ricordiamocelo, una patologia cronica ed invalidante. Grazie a questa iniziativa, il delicato momento di diagnosi è gestito dallo stesso medico oculista retinologo che poi il paziente incontrerà successivamente in ospedale, secondo un calendario di appuntamenti programmati, per garantire il corretto regime di trattamento. In questo senso, l’innovazione tecnologica può consentire di “umanizzare” la diagnosi e la cura e garantire l’appropriatezza terapeutica a beneficio dei pazienti.”

Massimo Nicolò, Responsabile UOS Centro Retina Medica, Maculopatie e Uveiti – Clinica Oculistica Università di Genova DINOGMI Ospedale Policlinico San Martino IRCCS – Genova

di Massimo Nicolò,

Responsabile UOS Centro Retina Medica, Maculopatie e Uveiti – Clinica Oculistica Università di Genova DINOGMI Ospedale Policlinico San Martino IRCCS – Genova

Retinopatia diabetica: screening precoce e terapie mirate per evitare complicanze

Salute del 16/12/2022

Da FLORetina ICOOR 2022, uno dei congressi internazionali più importanti del mondo sui trattamenti per le patologie della retina, un focus su questa patologia che rappresenta la principale causa di cecità nel mondo.

È una delle più frequenti e temibili complicanze microvascolari del diabete mellito e rappresenta la principale causa di cecità nel mondo tra gli adulti in età lavorativa. È la retinopatia diabetica che insorge come complicanza sia del diabete mellito di tipo 1 che di tipo 2. Una malattia in rapida diffusione visto che - secondo i dati Istat 2020 - la prevalenza del diabete diagnosticato in Italia è di circa il 5.9% pari a oltre 3.5 milioni di persone, con un trend in aumento negli ultimi anni. Il Sistema Sanitario Italiano stima che ogni anno vengano spesi circa 10 miliardi di euro per la cura dei pazienti con diabete, una cifra che aumenta di anno in anno. Di retinopatia diabetica si è parlato anche a FLORetina ICOOR 2022, uno dei congressi internazionali più importanti del mondo sui trattamenti per le patologie della retina, svoltosi di recente a Roma.

Che cos'è la retinopatia diabetica

Il principale fattore correlato all’insorgenza della retinopatia diabetica è la durata della malattia diabetica: la prevalenza di una qualsiasi forma di retinopatia è, infatti, del 20% dopo 5 anni di durata della malattia diabetica, del 40-50% dopo 10 anni e oltre il 90% dopo i 20 anni. “Il controllo glicemico è il più importante dei fattori di rischio modificabili”, spiega Stanislao Rizzo, direttore della UOC di Oculistica del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, professore ordinario di Oculistica presso l'Università Cattolica, e presidente di FLORetina ICOOR 2022. “Altri fattori di rischio associati alla comparsa più precoce e ad un’evoluzione più rapida della retinopatia sono lo scarso controllo glico-metabolico e l’eventuale ipertensione arteriosa concomitante. È stato chiaramente dimostrato da studi clinici che ottimizzare il controllo glicemico ritarda la comparsa e rallenta il peggioramento della retinopatia nei pazienti diabetici”.

Le due forme della retinopatia diabetica

La retinopatia diabetica può essere classificata in due forme sulla base della presenza o meno di neo-vasi retinici: la retinopatia diabetica non proliferante e la forma proliferante. Quest’ultima è caratterizzata dallo sviluppo anomalo di neovasi retinici e/o del disco ottico, promossa dall’ischemia retinica che caratterizza gli stadi più gravi della malattia. “L’ischemia retinica - spiega Rizzo - promuove come meccanismo di risposta al danno il rilascio di un fattore di crescita dell’endotelio vascolare, il VEGF, vascular endothelial growth factor) responsabile dello sviluppo di neo-vasi retinici”.

Emorragie retiniche e glaucoma neovascolare

Questi neo-vasi rappresentano un tentativo di supplire alla ridotta perfusione retinica ma in realtà non esplicano un’azione benefica: “Essi, infatti, essendo vasi neoformati sono immaturi e fragili e possono perciò facilmente rompersi ed essere causa di emorragie retiniche o intra-vitreali con conseguente riduzione visiva”, prosegue l’oculista che aggiunge: “Inoltre, a seguito della contrazione di tali membrane fibrovascolari si può avere un distacco retinico trazionale, che caratterizza l’oftalmopatia diabetica avanzata”. Quando questi neovasi, con la progressione della gravità della malattia e della ischemia retinica che l’accompagna, si sviluppano anche nella parte anteriore dell’occhio, a livello dell’iride, si creano le premesse per una ulteriore temibile complicanza della retinopatia diabetica, che è il glaucoma neovascolare. Considerando che molte complicanze della retinopatia diabetica sono trattabili se tempestivamente riconosciute, e considerando il numero crescente di pazienti affetti, lo screening rimane cruciale per la diagnosi precoce della malattia e la prevenzione della cecità, ed è raccomandato in tutti i pazienti affetti da diabete mellito.

L'impatto sulla qualità di vita

La retinopatia diabetica negli stadi iniziali può non dare alcun sintomo visivo, per questo è importante che i pazienti affetti da diabete mellito siano sottoposti a regolari controlli anche in assenza di sintomi. “La retinopatia diabetica purtroppo può comportare una riduzione visiva talora, se non tempestivamente trattata, irreversibile dovuta all’insorgenza dell’edema maculare diabetico. Si tratta di un accumulo di fluido intra-retinico nella regione centrale della retina, derivante dall’aumentata permeabilità vasale indotta dal VEGF ma anche da fattori infiammatori implicati”, spiega Rizzo.

La visione distorta

La presenza di fluido nella regione centrale della retina comporta un disallineamento dei fotorecettori con conseguente insorgenza di visione distorta (detta anche metemorfopsia), vale a dire il paziente inizia a lamentare di vedere ondulato. Questo può rappresentare uno dei sintomi più precoci dovuti alla presenza dell’edema. Considerando che la macula rappresenta la regione centrale della nostra retina, responsabile dell’acuità visiva centrale, vale a dire della visione dei dettagli, ed a cui dobbiamo i nostri 10/10, con la sua progressione l’edema maculare diabetico è spesso causa di una riduzione dell’acuità visiva centrale significativa a volte irreversibile se non trattata.

Come si effettua la diagnosi

La diagnosi della retinopatia diabetica è innanzitutto oftalmoscopica: il primo step è, infatti, una normale visita oculistica con valutazione del fondo oculare in midriasi. L’esecuzione di una fotografia a colori del fondo oculare facilita l’archiviazione e lo screening. Se viene accertata la presenza di retinopatia diabetica, sono necessari ulteriori esami diagnostici in base allo stadio della malattia. “Per esempio – spiega Rizzo – la fluorangiografia retinica rappresenta l’esame ancora ad oggi principale per accertare o meno la presenza dei temibili neo-vasi retinici e/o del disco ottico, per valutare l’estensione delle aree ischemiche retiniche e l’eventuale presenza di ischemia maculare oltre che per pianificare il successivo trattamento laser necessario in caso di proliferazioni neo-vascolari. Si tratta di un esame invasivo che prevede l’infusione di un colorante per via endovenosa”.

L’Oct angiografia

Uno degli esami che ha cambiato la gestione ed il trattamento dei pazienti affetti da questa malattia è la tomografia a coerenza ottica (OCT). L’OCT consente, in modo rapido e non invasivo, di effettuare delle scansioni trasversali della retina e quindi valutare la presenza dell’edema maculare diabetico e l’integrità dei vari strati retinici. “Un ulteriore avanzamento della tecnologia - prosegue l’oculista - ha portato allo sviluppo dell’OCT angiografia che consente in modo non invasivo, ed utilizzando come mezzo di contrasto intrinseco il movimento dei globuli rossi all’interno dei vasi sanguigni retinici, di visualizzare la circolazione corioretinica evidenziando in modo quantitativo una eventuale riduzione della densità vasale a livello maculare (ischemia maculare) e/o la presenza di aree di ischemia retinica a livello del polo posteriore”.

Come si può intervenire

Una volta effettuata la diagnosi oggi gli specialisti hanno a disposizione farmaci somministrati per via intra-vitreale efficaci per il trattamento dell’edema maculare diabetico: “Fra questi - spiega Rizzo - un ruolo importante è rivestito dai farmaci anti-VEGF e dagli steroidi intra-vitreali a lento rilascio. Questi ultimi hanno il vantaggio di una maggiore durata di azione, con conseguente minor frequenza di iniezioni per il paziente ed uno spettro d’azione più ampio in quanto implicati in diversi processi biologici causali”.

Qual è il ruolo della chirurgia

Anche la chirurgia ha un ruolo importante nella gestione di complicanze della retinopatia diabetica, quali l’emovitreo diabetico. In questi casi, infatti, un possibile approccio, tra i principali, è rappresentato dalla vitrectomia (asportazione chirurgica dell’umor vitreo, il gel vitreale contenuto nella parte posteriore dell’occhio, a contatto con la retina) e laser retinico panfotocoagulativo (che prevede il trattamento di tutta la periferia retinica). “Altra indicazione chirurgica - precisa Rizzo - è rappresentata dal distacco retinico trazionale, indotto dalla contrazione di proliferazioni fibrovascolari. Anche in caso di membrana epiretinica maculare diabetica e/o edema maculare diabetico trazionale dovuto alla presenza di membrane che ‘stirano’ la macula in superficie, può essere indicato il trattamento chirurgico con vitrectomia e rimozione mediante peeling della membrana epiretinica”.

Il Congresso Floretina-ICOOR 2022

Di recente si è svolto a Roma il Congresso internazionale Floretina-ICOOR 2022 nel corso del quale sono state presentate alcune novità che riguardano sia l’ambito diagnostico che terapeutico della retinopatia diabetica. “Il Congresso testimonia che siamo in un momento di fervente innovazione diagnostica e terapeutica nell’ambito della retinopatia diabetica, con numerosi e significativi avanzamenti”, commenta Rizzo, presidente del Congresso: “La partecipazione ad eventi congressuali di speaker di fama internazionale, consentendo lo scambio di informazioni scientifiche importanti, rappresenta un fondamentale ed insostituibile momento di diffusione di cultura scientifica con l’obiettivo di offrire gli strumenti per facilitare la prevenzione, la diagnosi precoce e la gestione delle complicanze della retinopatia diabetica”.

Le nuove tecnologie diagnostiche

Un esempio dell’innovazione oggi in atto è l’introduzione di tecnologie diagnostiche widefield ed ultrawidefield (ad ampio campo di acquisizione), fondamentali per ottenere maggiori informazioni sullo stadio della malattia e la presenza di temibili complicanze (aree ischemiche periferiche residue o neo-vasi periferici) in modo più rapido e preciso. “Con queste tecniche - spiega il professor Rizzo - è possibile ottenere con un singolo scatto immagini che arrivano ad includere anche fino a 200° di superficie retinica, rispetto ai normali 30° dell’angiografia tradizionale. Inoltre, recenti studi dimostrano che l'implementazione e l'uso dello screening telematico si potranno rivelare efficaci dal punto di vista della gestione del paziente, ma anche nei confronti del caregiver e delle autorità, aiutando a stabilire programmi nazionali di screening”.

Il ruolo dell’Intelligenza Artificiale

Tra i temi più interessanti al Congresso anche quello del ruolo dell’intelligenza artificiale nella retinopatia diabetica: dallo screening, alla diagnosi, al monitoraggio del paziente mediante la gestione di ingenti quantità di dati diagnostici a disposizione, fino alla possibilità di ottenere bio-marcatori utili ai fini diagnostici e prognostici. “Da un punto di vista terapeutico - conclude Rizzo - speaker di fama internazionale hanno sottolineato l’importanza di terapie che interferiscano con l’infiammazione, coinvolta nella patogenesi di questa malattia, e di nuovi farmaci che colpiscano più vie patogenetiche. Anche l’avvento della terapia genica nel trattamento della retinopatia diabetica rappresenta un argomento altamente innovativo”.

mercoledì 14 dicembre 2022

Dati sconfortanti sull’accesso alle cure per le persone con disabilità

Superando del 14/12/2022

Il 63,3% delle persone con disabilità deve uscire dalla propria Regione anche per effettuare delle semplici visite di routine, mentre il 79,6% deve rivolgersi a più di una struttura sanitaria prima di ricevere un’assistenza adeguata: sono allarmanti e sconfortanti insieme i dati sull’accesso alle cure delle persone con disabilità in Italia contenuti in uno studio condotto dall’Istituto Serafico di Assisi, centro di eccellenza per la riabilitazione, la ricerca e l’innovazione medico-scientifica per bambini e giovani adulti con disabilità fisiche, psichiche e sensoriali gravi e gravissime.

Lo studio – divulgato in occasione della recente Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità – era rivolto alle persone con disabilità, alle loro famiglie e a numerose Associazioni del settore, e ha messo in luce le numerose criticità del Servizio Sanitario Nazionale riscontrate dalle unità del campione.

Nello specifico il 49,8% degli/delle intervistati/e ha dichiarato di avere riscontrato l’assenza di percorsi specifici per persone con disabilità nelle strutture sanitarie, mentre il 36,7% ha affermato di averle trovate raramente. Il 37,6%, inoltre, ha segnalato la presenza di barriere architettoniche. A ciò vanno aggiunte le lunghe ore d’attesa, le frequenti difficoltà nella comunicazione dei bisogni specifici al personale, e quelle nella gestione dei comportamenti problematici delle persone con disabilità psichiche. Un complesso di difficoltà che fanno sì che, appunto, il 63,3% del campione, come detto inizialmente, si ritrovi a dover uscire dalla propria Regione per effettuare le cure necessarie o anche solo per delle semplici visite di routine.

«Sono numeri – ha commentato Francesca Di Maolo, presidente dell’Istituto Serafico di Assisi, sulle pagine di “Sanità 24” de “Il Sole 24 Ore” – che restituiscono una situazione complessa, aggravata anche dalle difficoltà innescate dalla pandemia di coronavirus degli ultimi anni».

«Nella maggior parte delle strutture sanitarie italiane – ha aggiunto – mancano protocolli specifici per le persone con disabilità e c’è una forte carenza di personale adeguatamente formato. La nostra struttura, ad esempio, essendosi sempre ispirata dalla volontà di coniugare il “curare” con il “prendersi cura”, lavora quotidianamente per rendere i servizi ambulatoriali per persone con disabilità sempre più adatti al loro stato di salute. Ma il Servizio Sanitario Nazionale italiano è cucito su misura per il malato, non per il malato con disabilità. Ed è per questo che il tema dell’accessibilità alle cure per ogni individuo deve diventare una priorità su cui si fonda la democrazia sostanziale, la civiltà e il benessere di un Paese».

Questa pertanto la soluzione proposta da Di Maolo: «Occorre una vera e propria svolta culturale che ci traghetti verso il pieno riconoscimento della dignità e dei diritti delle persone con disabilità e che sia in grado di abbattere le disuguaglianze in tutti i settori della sanità. Ma al contempo è necessario anche mettere mano al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e destinare una parte di quei fondi all’accessibilità degli ospedali, così come è stato fatto per le strutture alberghiere e ricettive, e rendere finalmente effettiva e concreta la piena accessibilità alle cure».

Misure urgenti, dunque, e finalizzate ad adeguare l’offerta sanitaria ai bisogni, spesso delicati, delle persone con disabilità. (Simona Lancioni)

Il presente contributo è già apparso nel sito di Informare un’h-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa) e viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

sabato 10 dicembre 2022

Spettacolo benefico ‘Voci d’Inverno’

La festa di Santa Lucia si avvicina ed è tutto pronto per il grande evento di musica e solidarietà. Conto alla rovescia per la quindicesima edizione di “Voci d’inverno” lo spettacolo di musica, danza e canto organizzato dall’UICI di Lodi, con il patrocinio della Provincia e del Comune per celebrare Santa Lucia, patrona dei non vedenti.

L’evento andrà in scena il 16 dicembre alle 21 al Teatro delle Vigne di Lodi (via Cavour 66). Sul palcoscenico gli artisti dell’Accademia Gaffurio di Lodi. La prestigiosa scuola dove vengono formati musicisti e ballerini è nata nel 1917 quando il giovane Giovanni Spezzaferri (1888-1963), musicista e compositore leccese formatosi presso il Conservatorio di Pesaro, si stabilisce a Lodi per ragioni militari durante la Prima Guerra Mondiale. Grazie anche alla collaborazione del fratello Gaetano, violinista di talento, riuscì nel giro di pochi mesi ad avviare con molta concretezza i primi corsi di musica e a dare vita a una struttura con un assetto istituzionale definito. Una struttura che in oltre un secolo di storia ha formato migliaia di artisti, anche con disabilità visiva. E sul palcoscenico del Teatro delle Vigne il 16 dicembre si esibiranno anche artisti non vedenti. Una serata di grandi emozioni ma, soprattutto, di solidarietà.

Il ricavato verrà utilizzato per sostenere le iniziative a favore dei non vedenti e degli ipovedenti del Territorio lodigiano. Il biglietto d’ingresso costa 10 euro. Per informazioni e prenotazioni rivolgersi direttamente alla biglietteria del teatro dal lunedì al venerdì dalle 17 alle 19.

di Barbara Apicella

La denuncia: "Tenuti fuori dal Pala Alpitour perché non vedenti, ma per il musical avevamo i biglietti"

La Repubblica del 10/12/2022

Gianni Laiolo, presidente dell'Unione ciechi di Torino era al Palazzetto con un gruppo di amici e gli accompagnatori per assistere allo spettacolo ma gli stewart non li hanno fatti entrare per presunti "motivi di sicurezza".

TORINO. "Avevamo i biglietti per la platea nell'arena del Pala Alpitour ma non ci hanno lasciato andare perché siamo non vedenti". Gianni Laiolo, 61 anni, è ancora arrabbiatissimo quando racconta quello che è successo a lui e alla sua compagnia di amici ieri sera. Erano in nove, sei non vedenti e tre accompagnatori, avevano acquistato i biglietti per lo spettacolo Notre Dame de Paris, nove posti in platea, sesta fila perché - dice Laiolo, che è presidente dell'Unione Ciechi di Torino - Non potrò vedere lo spettacolo ma voglio godermi la musica da vicino e in una poltrona comoda.

La piccola comitiva, Laiolo e la moglie e quattro amici arrivati da Bologna per visitare Torino e assistere allo spettacolo, si sono presentati insieme agli accompagnatori ai controlli e sono entrati senza problemi. "Quando siamo entrati per raggiungere i nostri posti, però - spiega - siamo stati fermati da uno steward, proprio in cima alle scale prima di scendere nell'arena. Ci ha detto che non avremmo potuto scendere per motivi di sicurezza, ma non ha senso. Eravamo accompagnati e non è certo la prima volta che mi godo uno spettacolo o un concerto in platea al Pala Alpitour".

La discussione è durata almeno un'ora. Lo steward ha chiesto l'intervento della polizia che vigilava sulla sicurezza dell'evento "ma anche l'ispettrice ci ha detto che non avremmo potuto assistere allo spettacolo dai posti che avevamo comprato spendendo anche una bella cifra". Alla fine al gruppo è stata trovata una sistemazione di fortuna, "ci hanno messo le sedie nella galleria, lì vicino alle rampe che portano alla platea", dice Laiolo. ll gruppetto è rimasto lì qualche minuto poi se ne è andato. "È stato discriminante - racconta - Non c'era niente che ci impedisse di assistere come tutti gli altri. I nostri interlocutori hanno tirato in ballo piazza San Carlo, ma noi non abbiamo problemi di mobilità, al braccio dei nostri accompagnatori vedenti saremmo potuti uscire come tutti gli altri in caso di necessità".

Non è certo la prima volta che Laiolo frequenta teatri e palazzetti. "Ho visto i Pooh, Giorgia, Renato Zero, sono stato al Palalpitour almeno sei o sette volte sempre con queste modalità e non ho mai incontrato problemi. Paghiamo il biglietto ai nostri accompagnatori per non gravare sull'organizzazione e non avere problemi. Questo episodio mi ha molto amareggiato".

di Carlotta Rocci 

giovedì 8 dicembre 2022

Daniele Cassioli, la paura e le sfide del campione paralimpico: «Nella vita ho imparato dall’ironia»

Corriere del Veneto del 08/12/2022

Non vedente, presenta i suoi libri motivazionali: «Le paure sono sacrosante e ci proteggono, quindi il punto non è averle, ma dare loro un significato.

Impegnarsi per trasformare le difficoltà in punti di forza. E scegliere l’ironia come modo diverso di porsi rispetto a un problema. Daniele Cassioli, non vedente, campione paralimpico di sci nautico lo racconta nei suoi libri «Il vento contro» (2018) e «Insegna al cuore a vedere» (2022), entrambi De Agostini. Non vedente dalla nascita, Cassioli ha conquistato 25 titoli mondiali, 25 europei, 41 italiani e 3 record del mondo. Impegnato nella formazione, ha dato vita a Real Eyes Sport, l’associazione per bambini e ragazzi con disabilità visiva, e per la trasmissione Rai O anche No cura la rubrica Vedere oltre.

Cassioli, come può la paura trasformarsi in «vera cecità»?

«Di fronte a un bambino che ha paura, ci ritroviamo a ripetergli la cosa più ovvia e meno utile, cioè di non avere paura. In realtà le paure sono sacrosante e ci proteggono, quindi il punto non è averle, ma dare loro un significato. È importante evitare che la paura sopprima il talento. Io ho avuto molte paure, quella di non essere accettato, di non essere all’altezza, fino a quando mi sono chiesto: “Ma voglio vivere una vita di paure o di coraggio?”».

Il primo passo è quindi prendere consapevolezza dei propri limiti.

«Più che idealizzare ciò che poteva succedere, piano piano mi sono allenato a desiderare ciò che avrei voluto. Questo mi è servito nello sport, ma anche, in assoluto, per vivere e affrontare le difficoltà della vita».

Intende che è necessario partire da noi stessi?

«Credo che spesso la soluzione sia dentro di noi, dobbiamo però allenarci a cercarla. Tra guerra, pandemia, cambiamento climatico, viviamo un momento in cui guardare “fuori” significa incontrare molte incertezze. Lo sport mi ha insegnato che l’avversario si può studiare, ma la verità è che alleni te stesso. Chiederci più spesso “come sto”, “come vivo certe situazioni” ci può far crescere e aiutare a trovare dentro di noi quello che pensavamo ci potessero dare gli altri».

Non è facile.

«È un po’ il motivo per cui ho smesso di cercare una cura, un medico che mi faccia vedere e ho invece iniziato ad allenare lo spirito, quelle che si definiscono le “abilità residue”. Nel libro Insegna al cuore a vedere inseguo un po’ questa ambizione. Partendo dal mio problema, cerco di capire quale sia il viaggio migliore per far emergere le abilità residue e togliere le paure permanenti».

Cosa rappresenta per lei un ostacolo?

«Lo vedo innanzitutto come occasione e anche come sfida. È quella cosa di fronte a cui puoi scegliere se rimanere uguale, farti schiacciare, o diventare più forte nel cercare di superarlo. Ancora una volta, torniamo allo sport, in cui prepari te stesso a valicare gli ostacoli più grandi. Nella vita questa cosa la facciamo meno, tendiamo piuttosto a dare colpa agli ostacoli per le nostre mancate realizzazioni, li usiamo un po’ come degli alibi».

Quanto sono importanti l’ironia e l’autoironia nei confronti della vita?

«Le ritengo fondamentali per porsi in modo diverso rispetto a un problema. Mi piace dire che “ridendo io non ho mai visto meglio, ma neppure arrabbiandomi”, così tra le due ipotesi, meglio riderci sopra».

Come si fa a «insegnare al cuore a vedere»?

«A volte c’è chi mi chiede come faccio a capire com’è una persona o uno sport se non li vedo. Io rilancio: ma voi che vedete, capite tutto? È sicuramente una domanda provocatoria, perché penso che in molte situazioni sia necessario chiudere gli occhi e andare oltre, per vedere con il cuore, con intelligenza e sensibilità e scoprire cose inaspettate».

di Gabriella Brugnara