sabato 30 aprile 2022

Maculopatia legata all'età colpisce 1 milione di italiani, informazione "chiave"

Tiscali news del 30/04/2022

ROMA. Tra le maculopatie, la degenerazione maculare legata all’età (Dmle) è la prima causa di perdita della vista nei Paesi industrializzati. In Italia si calcola che ne siano affette circa un milione di persone (tra diagnosticate e non) e ogni anno si registrano circa 50mila nuovi casi. Il trattamento delle maculopatie è sensibilmente migliorato negli ultimi anni, con l’introduzione dei farmaci anti-Vegf (somministrati tramite iniezioni intra-vitreali), che si sono dimostrati efficaci nello stabilizzare o perfino migliorare l’acuità visiva, oltre che la qualità di vita dei pazienti. E' evidente, dunque, che un elemento fondamentale per il successo della terapia sia il coinvolgimento del paziente nel proprio percorso di cura e nella conoscenza degli strumenti necessari per affrontarlo. All'informazione in tema di maculopatie è stata dedicata l’iniziativa virtuale 'Chiedi all’esperto', rivolta al pubblico, e organizzata sulla pagina Facebook della campagna di Bayer #salvarelavistasipuò. “Ci stiamo accorgendo sempre più che il rapporto di comunicazione tra medico e paziente debba essere migliorato - ha dichiarato Massimo Nicolò, responsabile del Centro retina medica e maculopatie, Clinica oculistica, policlinico San Martino di Genova - per questo motivo ritengo che iniziative come questa siano molto utili, perché in modo semplice e immediato si riesce ad entrare in contatto con un numero significativo di persone, a cui spiegare chiaramente tutti gli aspetti del mondo delle maculopatie, compreso il percorso terapeutico. È importante che il paziente sappia - continua - che, se viene colpito da una forma di maculopatia essudativa, dovrà essere curato con iniezioni intra-vitreali da praticare ad intervalli regolari e che, mediamente, in un anno dovrà ricevere circa 7- 8 iniezioni". “Fortunatamente, oggi, sappiamo che sono disponibili farmaci che, grazie a protocolli terapeutici ad hoc, a parità di efficacia, permettono di diminuire sensibilmente il numero di iniezioni necessarie per mantenere una stabilità della malattia", aggiunge Nicolò. “E’ comunque, comprensibile che un paziente, durante una visita oculistica, non si trovi perfettamente a proprio agio e si ‘dimentichi’ di porre una domanda allo specialista. Con questa iniziativa, si è data la possibilità a chi non ha avuto l’occasione di un confronto più approfondito con il proprio medico di avere i chiarimenti attesi”. "Oggi i cittadini consultano la rete in merito alla loro salute, perché hanno molte domande da porre e necessitano di altrettante informazioni. Il problema è che nel web e in particolar modo nei social ci sono più fake news che notizie rigorosamente validate. Per questo motivo i pazienti non devono essere lasciati soli. E', quindi, importante riuscire a coniugare lo stile dei social, che ormai coinvolge tutti noi e che è indubbiamente immediato, ingaggiante e coerente con le aspettative dei pazienti, con la spiegazione di informazioni scientifiche", dichiara Guendalina Graffigna, ordinario di Psicologia dei consumi e della salute presso l’università Cattolica di Cremona e direttore del Centro di ricerca EngageMinds Hub, specializzato nella promozione del patient engagement, che fatto da moderatrice nella diretta Facebook, raccogliendo le domande arrivate dal pubblico e rivolgendole all'esperto. Lanciata nel marzo 2020 - ricorda bayer in una nota - la campagna #salvarelavistasipuò ha dimostrato di essere un punto di riferimento importante per chi soffre di questa patologia, raggiungendo circa due milioni di utenti, 28.000 dei quali sono diventati follower attivi su Facebook, dove circa 500 interagiscono quotidianamente con la pagina. Oltre 3.500 tra pazienti e caregiver, poi, grazie a contenuti e servizi personalizzati, hanno intrapreso un percorso di consapevolezza della maculopatia. Attraverso la piattaforma di paginemediche.it, nata per facilitare la relazione medico-paziente, è stata creata la pagina https://salvarelavistasipuo.paginemediche.it, che offre contenuti multimediali e strumenti interattivi utili nel percorso di comprensione della patologia e nella gestione del piano terapeutico. In occasione della diretta #SalvareLavistaSiPuò 'Chiedi all’esperto', Pagine Mediche ha amplificato i contenuti dell’iniziativa con la pubblicazione di nuove notizie, oltre alla pubblicazione di un post organico contemporaneamente su Facebook, Twitter e LinkedIn. "Le soluzioni web applicate alla comunicazione nell’ambito healthcare hanno notevolmente favorito la diffusione delle informazioni e delle conoscenze, migliorando la consapevolezza del paziente e facilitando il rapporto medico-paziente - ha affermato Simona Gatti, Responsabile Medical Affairs Specialty di Bayer – Le terapie intravitreali hanno cambiato il decorso della degenerazione maculare, riducendo l’ipovisione causata dalla patologia. Per garantire il mantenimento dei miglioramenti, tuttavia, è fondamentale che la terapia sia studiata ‘su misura’ per ogni paziente, il quale deve essere seguito e incoraggiato, portandolo a comprendere l’importanza dell’appropriatezza terapeutica. Ogni trattamento, anche il più innovativo, perde efficacia se non è seguito in modo scrupoloso. Per questo - conclude - Bayer ha sempre dimostrato particolare attenzione e sensibilità nel favorire l’aderenza alle terapie, rivolgendosi ai pazienti in modo semplice e appropriato, attraverso modalità e strumenti che l’evoluzione tecnologica rende via via disponibili”.

giovedì 28 aprile 2022

Attività formative anno 2022 – Evento formativo nazionale per Fisioterapisti non vedenti, ipovedenti e figure equipollenti a vario titolo (D.M. Salute 13 marzo 2018 e 09 agosto 2019) “LA RIABILITAZIONE DELLA SPALLA” – Percorsi di Valutazione e Trattamento

Comunicato IRIFOR Centrale n. 12/2022

L’I.Ri.Fo.R. Nazionale, su proposta del Comitato Tecnico Scientifico Nazionale Fisioterapisti e Massofisioterapisti dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, organizzerà un evento formativo accreditato nell’ambito del Programma nazionale di Educazione Continua in medicina (E.C.M.) dal titolo “La Riabilitazione della spalla” – Percorsi di Valutazione e Trattamento nelle Dinamiche Post-Chirurgiche, Post Traumatiche, Disfunzionali del Cingolo Scapolo, Omero-Claveare.

Il corso mira a fornire al fisioterapista gli strumenti teorico-pratici per un approfondito approccio valutativo e riabilitativo del complesso distretto articolare della spalla.

Si parlerà di anatomia, biomeccanica, valutazione clinica e funzionale del paziente, somministrazione di test specifici, patologie di spalla, interpretazione e “diagnosi” fisioterapica, schemi di trattamento specifici, complicanze riabilitative e loro trattamento, protocolli di diagnosi differenziale, tecniche chirurgiche, terapia fisica.

Saranno affrontate patologie di natura ortopedica, traumatica, sportiva e neurologica.

La parte pratica sarà di fondamentale importanza e si occuperà dell’apprendimento e della realizzazione delle corrette prese nella mobilizzazione articolare, della miglior progressione, all’interno del progetto riabilitativo, nel recupero articolare passivo e muscolare.

Finalità

– Acquisire competenze di ragionamento clinico, di appropriatezza nell’uso di test valutativi propri del cingolo Scapolo, Claveo, Omerale, capacità di approcciare percorsi riabilitativi quanto più funzionali alla persona.

– Acquisizione dei Crediti Formativi E.C.M. necessari al fabbisogno triennale 2020/2022 nell’ambito del Progetto di Aggiornamento professionale attinente l’“Educazione Continua in Medicina” (E.C.M.) del triennio 2020/2022 dell’Age.Na.S., Co.ge. A.P.S. del Ministero della Salute

Destinatari

Il Corso è rivolto a:

– Fisioterapisti non vedenti e ipovedenti

– Fisioterapisti equipollenti non vedenti e ipovedenti (D.M. 27/07/2000)

– Massofisioterapisti non vedenti e ipovedenti (solo coloro iscritti agli Elenchi Speciali ad Esaurimento (D.M. 09/08/2019)

– Fisioterapisti Vedenti (Max 4 unità)

– Un solo posto è riservato a laureanda/o non vedente o ipovedente che, a 30gg dall’inizio del corso, risulti in possesso di certificazione di completamento del percorso di studi e che sia in attesa della discussione della tesi (Max 1 unità) – certificato di invalidità civile (legge 138/2001 Art. 2, 3, 4)

Numero di Corsisti

– Numero Minimo per l’attivazione del corso: 18 corsisti entro il 31 maggio 2022 o fino ad esaurimento posti.

– Numero massimo di partecipanti: 22 corsisti

– Numero massimo di Fisioterapisti vedenti: quattro (4) corsisti con pagamento dell’intera quota. Tali richieste potranno essere prese in considerazione solo dopo il raggiungimento del numero minimo di 14 discenti non vedenti o ipovedenti.

– Numero massimo di laureandi non vedenti o ipovedenti: un (1) partecipante senza crediti E.C.M. (quota ridotta di Euro 320,00 e richiesta di iscrizione da prendere in considerazione solo se sarà superato il numero di 18 iscritti)

Per ulteriori informazioni sulle quote di iscrizione e sulle modalità di adesione, si invita a scaricare il comunicato in oggetto in versione integrale unitamente ai relativi allegati all’indirizzo:

https://www.irifor.eu/comunicato-n-12-attivita-formative-anno-2022-evento-formativo-nazionale-per-fisioterapisti-non-vedenti-ipovedenti-e-figure-equipollenti-a-vario-titolo-d-m-salute-13-marzo-2018-e-09-ago/

Il Crocifisso ispirato alla Sindone realizzato da un non vedente

Famiglia Cristiana del 28/04/2022

A realizzarlo lo scultore Andrea Bianco: «Il Sacro Telo non l’ho mai visto. Udito e tatto sono i miei strumenti di lavoro. L’ho mostrato perfino al mio ortopedico, per essere sicuro della correttezza delle proporzioni e dei dettagli anatomici».

TORINO. Un crocifisso ispirato all’uomo della Sindone: una piccola scultura in bronzo, fissata a una croce in legno di ciliegio. Piccola nelle dimensioni, ma densa di significati. Un crocifisso “atipico”, che trascende l’iconografia tradizionale (ereditata da millenni di storia dell’arte), per restituirci un’immagine più coerente con i dati storici e scientifici relativi alla crocifissione, pratica di disumana crudeltà, che esponeva il condannato a sofferenze indicibili. Ma quell’opera è atipica anche perché nata in modo speciale: a realizzarla, infatti, è stato lo scultore non vedente Andrea Bianco.

«La Sindone non l’ho mai vista» racconta. «Udito e tatto sono i miei strumenti di lavoro». Con l’udito l’artista ha ascoltata le minuziose descrizioni di Emanuela Marinelli (studiosa di Sindone da decenni e autrice di svariate pubblicazioni in materia). E con il tatto ha modellato l’opera, passo dopo passo, sottoponendo via via il suo lavoro alla studiosa, ma anche ad altri occhi esperti: «L’ho mostrato perfino al mio ortopedico, per essere sicuro della correttezza delle proporzioni e dei dettagli anatomici».

Un cammino paziente, delicato e tenace. Un risultato raggiunto per vie alternative, sicuramente più ardue, ma non meno efficaci. Sì, perché, alla fine, ciò che si ha davanti agli occhi non è l’opera di un artista non vedente, ma è l’opera tout-court, l’opera e basta. Senza bisogno di aggettivi o specificazioni. Rispetto alle rappresentazioni tradizionali, nel crocifisso sindonico saltano all’occhio alcuni dettagli, come spiega lo stesso Andrea Bianco: «Il capo è molto reclinato in avanti. Un lembo della barba è strappato, il setto nasale è rotto. Si nota un colpo di bastone sullo zigomo destro. E un occhio è tumefatto, come quello di un pugile. Inoltre sulla fronte c’è un rivolo di sangue che sembra disegnare un 3».

E ancora: «I chiodi non sono nelle mani, ma nei polsi, e i pollici quasi non si vedono, come effetto della lesione dei nervi causata dai chiodi».

Poi, scendendo, si notano il colpo di lancia sul costato e diverse altre ferite, conseguenze di cadute e colpi di flagello. Tutti questi dati derivano dalla lettura del telo sindonico. E hanno un peso rilevante, poiché, come gli studi di anatomopatologi e altri specialisti hanno messo in luce, l’immagine impressa sul sudario torinese riproduce in maniera fedele le condizioni di un uomo sottoposto a crocifissione e deceduto per asfissia. Il crocifisso sindonico, dunque, cerca una coerenza scientifica, «però è anche un’opera davanti alla quale viene voglia di pregare» commenta Emanuela Marinelli, suggellando una collaborazione ormai consolidata con lo scultore. Infatti, già nel 2021, sempre sotto la guida della studiosa, Andrea Bianco aveva realizzato una scultura intitolata Ecce Homo, ispirata al volto della sindone. «Ora potremmo proseguire» rilancia Marinelli, «con un’immagine del Cristo morto, deposto dalla croce».

Presentato nella cattedrale di Torino (quindi a pochi passi dalla teca che custodisce il sudario) durante un momento di preghiera presieduto da don Carlo Franco, parroco del Duomo, il Crocifisso resterà esposto in chiesa per tutto il periodo pasquale. Successivamente verrà traslato nel sottostante museo diocesano e collocato nella sezione relativa alla Sindone.

di Lorenzo Montanaro

giovedì 21 aprile 2022

La luce dell’arte illumina il nero di Burri anche per i non vedenti

Il Dubbio del 21/04/2022

La mostra "La luce del nero" ideata e progettata dalla Fondazione palazzo Albizzini - Collezione Burri di Città di Castello. Visite aperte fino al 28 agosto.

CITTÀ DI CASTELLO. Le dita che sfiorano la creta, due occhi che possono solo immaginare, non potendo vedere. Se c’è qualcosa di universale al mondo, a cui tutti dovrebbero avere il diritto di accedere, quella è l’arte. E se è vero che l’arte è una forma visiva di poesia, ancor di più dovrebbe essere permesso di accedervi anche ai non vedenti. È sulla scia di questo assunto che la Fondazione palazzo Albizzini – Collezione Burri di Città di Castello ha ideato e progettato la mostra La luce del nero, in collaborazione con l’associazione Atlante servizi culturali (Asc).

L’obiettivo, secondo Gregorio Battistoni, presidente di Asc, è «la partecipazione dei non vedenti alle mostre temporanee e il permettere a questo pubblico di interagire e comprendere l’arte». Un intento nobile reso possibile nell’ambito del programma “Europa Creativa 2020” con il progetto “Beam Up” ( Blind Engagement In Accessible Museum Projects 2020- 2023), che ha lo scopo di rendere più accessibili i musei del vecchio continente. La mostra, visitabile da venerdì scorso e fino al 28 agosto, è a cura di Bruno Corà, presidente della Fondazione palazzo Albizzini, ed è stata allestita negli spazi dedicati alle esposizioni temporanee nella sede degli Ex Seccatoi del Tabacco, uno dei due poli museali dedicati al maestro Alberto Burri nella sua Città di Castello e rimessi a nuovo durante il periodo di chiusura forzata causa pandemia.

La mostra propone un’esperienza percettiva del Nero al pubblico sia vedente che non vedente, fornendo esempi di materiali e tecniche usate dagli artisti. In questo modo, nel percorso fruitivo della mostra avvengono processi cognitivi idonei a partecipare a un’esperienza, per molti versi, immediata e fortemente stimolante. Che le persone non vedenti possono vivere grazie a percorsi tattili e riproduzioni in braille capaci di far apprezzare la diversità dei vari materiali usati dagli artisti e la storia che si cela dietro ogni opera.

Nella mostra, oltre a quelli di Burri, sono presenti infatti lavori di Agnetti, Bassiri, Bendini, Castellani, Fontana, Hartung, Kounellis, Lo Savio, Morris, Nevelson, Nunzio, Parmiggiani, Schifano, Soulages e Tàpies. Artisti che hanno fatto del nero, considerato per molti secoli un “non- colore”, la base della propria vena creativa. «Il titolo di questa mostra nasconde un’ambizione – spiega Corà – la visione dell’opera non è solo un fatto oculare, ma è soprattutto mentale: è quello che si percepisce e deriva dall’opera e questa energia si può cogliere solamente se c’è un atto introspettivo». Al progetto hanno collaborato come partner la Fondazione istituto dei ciechi di Milano per tutti gli aspetti inerenti alla disabilità visiva e, per il settore museale, The Glucksman – museo di arte contemporanea nel campus dell’Università di Cork e il Museo di Arte Contemporanea di Zagabria.

Secondo Francesco Cusati, della Fondazione istituto dei ciechi di Milano, e Loretta Secchi, della Fondazione istituto dei ciechi Francesco Cavazza di Bologna, in una visita a un museo è importante poter toccare ciò che gli altri vedono. «Il tatto è un senso estremamente importante per una persona con una disabilità visiva e in questa mostra lo si potrà stimolare al meglio», commentano. Tra le opere presenti, Nero e oro di Alberto Burri, del 1993, Assioma- Darkness like the last point of light, di Vincenzo Agnetti, del 1970 e Concetto spaziale, attese, di Lucio Fontana, del 1959. Protagonista, in ognuna di esse, il nero.

A studiare le modalità di partecipazione dei non vedenti alla mostra hanno pensato direttamente le persone disabili, confrontandosi su ciò che può avvicinare maggiormente l’esperienza visiva di un’opera al suo eguale, ma al buio. Da qui è nata, ad esempio, l’idea di riprodurre in scala reale una porzione del Cretto di Gibellina, opera realizzata da Burri negli anni ’ 80 sulle macerie del terremoto del Belice, che per sua natura avvolge chi lo percorre e si presta perciò a un’esperienza percettiva totale.

«Tanta strada è stata percorsa nel sentiero dell’accessibilità e questo ha permesso, tramite tecniche e tecnologie sempre più avanzate, di far creare una propria idea dell’opera d’arte ai disabili della vista», sottolineano Nadia Bredice e Debora Tramentozzi, ragazze non vedenti che hanno attivamente collaborato alla realizzazione della mostra. «É indubbio che la vista è il senso del panorama – è il loro ragionamento – ma è altrettanto indubbio che il tatto è il senso del dettaglio, del particolare che resta indelebile al tocco e, infine, alla mente e al cuore: è proprio la percezione di tali dettagli che costituisce la chiave che rende partecipe anche il disabile visivo del bello dell’arte».

di Giacomo Puletti

Ottava Giornata Regionale del Turismo Sociale – Pavia, 21 maggio 2022

Progetto e Programma:

L’ottava giornata regionale del Turismo Sociale sarà così articolata:

1- Ritrovo di tutti i partecipanti alle 9.00 presso l’atrio della stazione ferroviaria di Pavia.

2- Ore 9.30, incontro con le guide, formazione dei gruppi ed inizio Tour: Basilica di San Pietro, visita del Centro Storico con Piazza della Vittoria, Palazzo Broletto, Duomo, Basilica di San Michele Maggiore e Cortili dell’Università;

3- ore 13:00 circa, Ritrovo dei partecipanti presso il “Ristorante Pizzeria Da Giulio” in V.le Matteotti 39 per il pranzo;

4- Ore 14.30 circa, inizio delle visite guidate del pomeriggio: Castello Visconteo;

5- Ore 16:30, conclusione della giornata culturale e rientro alla stazione ferroviaria di Pavia o ai punti di ritrovo concordati, per chi è giunto con altri mezzi.

6- Per rendere più fluida la coordinazione negli spostamenti lungo le vie di Pavia, si consiglia a ciascun socio un accompagnatore.

7- I cani guida sono ammessi in tutti i luoghi visitati.

8- La visita guidata agli interni è gratuita per tutti i partecipanti.

9- Quota di partecipazione: Euro 25 pro capite.

10- Servizi compresi: pranzo (menù con possibilità di portate vegetariane) composto da antipasto, primo piatto, secondo piatto, dessert, caffè, acqua naturale e frizzante, vino; servizio guide per l'intera giornata; organizzazione tecnica e materiale informativo.

11- Servizi esclusi: quanto non specificato nella voce Servizi compresi.

12- L’iniziativa potrà essere organizzata e confermata solo se si raggiungerà il numero minimo di 25 persone tra soci ed accompagnatori.

Per iscriversi contattare la propria Sezione territoriale U.I.C.I.

mercoledì 20 aprile 2022

Patrimonio culturale e giovanissimi, monumenti in scala con una stampante 3D

Ottopagine del 20/04/2022

BENEVENTO. Promuovere la partecipazione dei bambini e degli adolescenti al patrimonio artistico e culturale di Benevento e del territorio sannita utilizzando un approccio globale attraverso sistemi tecnologici sofisticati e innovativi. È l’obiettivo di “Educart3D”, progetto promosso e realizzato dalla cooperativa sociale onlus “La Meridiana” di Benevento con il contributo del Dipartimento per le politiche per la famiglia della Presidenza del Consiglio.

L’idea progettuale è la riproduzione in scala dei monumenti locali, mediante l’utilizzo di una stampante 3D ad alte prestazioni. Attraverso attività laboratoriali ed esperienziali tematiche saranno studiati i monumenti in miniatura, che riproducono fedelmente l’architettura e lo stile dell’opera originale. Durante i laboratori tematici, ogni bambino potrà scegliere e personalizzare un’opera in scala con colori e temi preferiti. Tutte le riproduzioni saranno corredate da un testo in braille, per bambini ipovedenti e non vedenti. Si privilegerà l’apprendimento informale sotto forma di gioco, immaginando lo stupore di un bimbo che si ritrova fra le mani una chiesa, un teatro, una scultura.

Il gioco è una delle principali modalità attraverso le quali i bambini apprendono, può contribuire ad arricchire l’apprendimento e a sviluppare competenze indispensabili per la vita di tutti i giorni. L’apprendimento sarà organizzato per fasce omogenee d’età, sotto forma di: giochi simbolici (6-7 anni), giochi di regole (7-11 anni), giochi di costruzione (dagli 11 anni in su).

Il progetto prevede di portare fisicamente i bambini sui luoghi della cultura e della conoscenza del Patrimonio artistico locale, attraverso delle visite guidate, quale momento di socialità e scoperta del territorio. Non a caso sono previsti laboratori di pittura, scultura, ceramica e argilla dove i bambini sotto la supervisione di esperti del settore, potranno dare la loro libera interpretazione dell’arte, producendo manufatti in ceramica, oggetti in pasta di legno, oggetti di argilla, potranno dipingere su tele e cartoncini con tempere, gessetti, colori a olio ecc.

“Il valore qualitativo della nostra proposta progettuale – spiegano i responsabili della cooperativa sannita - risiede nella capacità di coinvolgere nella fruizione del patrimonio artistico e culturale del territorio, un pubblico difficilmente raggiungibile. Per rendere attraente la nostra proposta abbiamo puntato infatti sulle moderne forme di riproduzione degli oggetti date dalla stampa 3d. Per ogni attività è stato valutato il grado di attendibilità e realismo rispetto all’utenza coinvolta e alle risorse finanziarie necessarie.

Le visite guidate per i ragazzi interesseranno il Complesso monumentale di Santa Sofia (Patrimonio UNESCO), l’Arco di Traiano, il teatro Romano, l’Hortus Conclusus , il Duomo di Benevento, Bue APIS, l’Obelisco egizio e il quadro di Manfredi, che rappresenta la battaglia di Benevento, gli Scavi archeologici e arco del Sacramento, l’Osservatorio Astronomico del Sannio, Geobiolab (museo della scienza multimediale), il Museo del Sannio, il Museo Archeologico del Sannio Caudino con l’imponente Castello di Montesarchio, il Paleolab (Museo multimediale di geologia e paleontologia dove si trovano i fossili del cucciolo di dinosauro ribattezzato col nome di “Ciro”) e il parco dei Dinosauri di San Lorenzello.

Per ogni sito sarà realizzata la riproduzione in 3d di un’opera e, successivamente, sarà organizzata una visita guidata del complesso monumentale da cui l’opera è stata estrapolata. A conclusione del progetto, per ogni punto gioco è previsto un evento finale con la partecipazione dei bambini, delle famiglie e di tutto il personale coinvolto nella realizzazione delle attività.

martedì 19 aprile 2022

Il cammino di San Vili apre ai non vedenti

Trento Today del 19/04/2022

TRENTO. Un cammino di 100 chilometri in alta quota da coprire in sei giorni, per abbattere i pregiudizi, come quello secondo il quale la possibilità di gustare le bellezze e la magia della montagna è riservata solo a chi ha il dono della vista.

Per dimostrarlo, un gruppo di non vedenti ripercorrerà lo storico cammino di San Vili, da Madonna di Campiglio fino a Trento.

“Con questa iniziativa vogliamo dimostrare che la montagna è un luogo meraviglioso anche per i non vedenti - spiega Maura Gasperi, consulente del parco fluviale della Sarca e coordinatrice dell’evento -. E anzi, vogliamo anche dimostrare che i territori che investono nel turismo accessibile hanno un valore aggiunto che può trasformarsi in crescita sociale ma anche in ritorno economico”.

L'iniziativa “Cammino San Vili special week” avrà luogo dal 20 al 26 giugno ed è organizzata da Natourism su incarico del Parco fluviale della Sarca e dalla cooperativa sociale Abc IRifor del Trentino, che da anni si occupa di disabilità visiva e uditiva. Al progetto collaborano le aziende per il turismo (Apt) Madonna di Campiglio, Garda Dolomiti, Dolomiti Paganella e Trento Monte Bondone, nonché casse rurali trentine, Cai-Sat, parco naturale Adamello Brenta Geopark, Montura, Dolomiti Open e Dolomiti energia come partner dell’evento.

Per l'occasione lungo il percorso verranno organizzati sei eventi che coincideranno con le sei tappe del cammino. In ciascuno, è prevista la presenza di un ospite che ha fatto della disabilità e dell'attenzione all'inclusività un valore aggiunto. Come Simona Atzori, danzatrice, pittrice e scrittrice; Daniele Cassioli, sciatore nautico non vedente, che ha conquistato 25 titoli mondiali, 25 titoli europei e 41 titoli italiani e dal 2021 e` membro della giunta nazionale del comitato italiano paraolimpico; lo scrittore e conduttore televisivo Massimiliano Ossini. Inoltre, il 23 giugno alle 21 presso il bosco arte Stenico si potrà assistere al concerto multisensoriale di “musica e natura”, organizzato dalle scuole musicali delle Giudicarie e Garda, con il parco naturale Adamello Brenta Geopark.

Il camino di San Vili

Il cammino di San Vili è prende il nome da San Vigilio, il vescovo e patrono di Trento. Secondo la tradizione il sentiero ricalca quello seguito dal santo che per primo, nel 400 d.C., affrontò le vie di montagna nella sua opera di evangelizzazione.

Nel 1988 il Cai-Sat ha recuperato il cammino proponendolo agli escursionisti e poi nel 2018 il parco fluviale della Sarca ha organizzato il cammino creando la rete di strutture ricettive, pubblicando la guida e la mappa. Il percorso è suddiviso in sei tappe, ciascuna delle quali costituisce già di per sé un’escursione completa: da Madonna di Campiglio a Caderzone Terme, a Saone (Tione di Trento), Stenico, San Lorenzo in Banale, Monte Terlago e Trento.

lunedì 18 aprile 2022

Maculopatia: cos’è, i sintomi e l’evento online a cui partecipare

Io Donna Blog del 18/04/2022

La maculopatia è una malattia che colpisce la parte centrale della retina e che può compromettere seriamente la vista. Prevenzione e diagnosi precoce sono fondamentali, come ci spiega il Professor Massimo Nicolò della Clinica Oculistica Universitaria di Genova. Ne esistono diversi tipi con sintomi simili ma cause diverse: parliamo della maculopatia, una malattia che colpisce la parte centrale della retina, quella cioè che ci permette di distinguere i particolari di un oggetto, leggere e scrivere ma anche percepire i colori.

La forma più diffusa è la maculopatia senile o degenerazione maculare legata all’età che interessa uomini e donne dai 60 anni ma frequenti sono anche le forme di maculopatia miopica, che colpiscono i soggetti con miopia elevata, e di maculopatia diabetica, che può comparire nei pazienti affetti da diabete. I sintomi possono non essere subito notati ed è per questo che conoscere la malattia e fare prevenzione è oggi sempre più importante per prevenire un disturbo che può avere gravi ripercussioni sulla vista.

Maculopatia: di cosa si tratta?

«La maculopatia è una malattia che colpisce la parte centrale della retina, una struttura anatomica chiamata appunto macula – ci spiega il Professor Massimo Nicolò, Responsabile Centro Retina Medica, Maculopatie e Uveiti presso la Clinica Oculistica Università di Genova – Ospedale Policlinico San Martino IRCCS – Ne esistono tantissime forme che colpiscono fasce d’età diverse, dalla degenerazione maculare legata all’invecchiamento fino alle forme di maculopatia dovute a malattie sistemiche come il diabete, che possono presentarsi anche in giovani adulti».

Le cause della maculopatia

Oggi sappiamo che tra i fattori di rischio per le maculopatie ci sono cattiva alimentazione, fumo e sedentarietà. Ma esiste anche una predisposizione genetica verso la malattia? «Attualmente si stanno compiendo degli studi per capire il ruolo della genetica – chiarisce il Professor Nicolò – diciamo però che in linea di massima le forme degenerative legate all’età hanno cause multifattoriali che, sommate, portano a questo tipo di malattia».

Maculopatia: i campanelli d’allarme

Come dicevamo esistono più forme di maculopatia e anche i sintomi sperimentati dal paziente non sono sempre gli stessi.

«Nelle forme di degenerazione maculare legata all’età o nella maculopatia miopica, nelle fasi iniziali molto spesso non si notano particolari disturbi visivi – spiega ancora il Professor Nicolò – Solo quando si sviluppano i segni più avanzati della malattia, possono comparire i sintomi. La causa è infatti la proliferazione di nuovi capillari sotto il centro della retina. Si tratta di capillari giovani, con pareti che non hanno una loro consistenza: per questo il sangue o il siero che passa attraverso non viene trattenuto dalla parete e tende a travasare fuori. Il fluido si accumula così sotto la retina, sollevandola e questo sollevamento viene percepito dal paziente con un sintomo ben definito che noi oculisti chiamiamo metamorfopsia. Il soggetto comincia cioè a percepire tutto ciò che è dritto, storto e deformato. Questo è un sintomo che deve essere considerato un campanello d’allarme».

I primi sintomi possono rimanere latenti

Un problema frequente per chi soffre di maculopatia è proprio quello di non accorgersi immediatamente dei disturbi visivi che possono non essere percepiti. «La maculopatia è una malattia bilaterale ma non progredisce mai alla stessa velocità in entrambi gli occhi – sottolinea ancora l’oculista – L’occhio che sta bene finisce così per mascherare la malattia dell’altro occhio e questo porta il paziente, soprattutto se si tratta di una persona anziana, meno impegnata in attività che richiedano attenzione ai dettagli, a non rendersene conto».

Una macchia al centro della vista

Non solo, spesso il disturbo visivo che lamenta chi soffre di maculopatia è quello di vedere una macchia scura al centro della vista. «Questo si verifica perché i capillari appena formati e da cui fuoriesce il liquido vanno incontro a un processo cicatriziale – spiega il Professor Nicolò – esattamente come quando ci procuriamo una ferita sulla pelle e si verifica una riparazione tessutale. Se questo processo di cicatrizzazione nell’occhio non viene interrotto tempestivamente, va avanti inesorabilmente formando una cicatrice che va a occupare tutta la zona anatomica della macula. Per questo il paziente, al centro della sua visione, percepisce una macchia».

Visite preventive e controlli periodici

Proprio perché i sintomi possono non essere subito avvertiti, le visite preventive rivestono un ruolo fondamentale. «I pazienti diabetici devono sottoporsi a controlli frequenti – precisa il Professor Nicolò – un diabete trascurato infatti può comportare una retinopatia diabetica che, una volta presente, difficilmente risulta reversibile. Anche nelle forme senili l’unica arma di prevenzione resta la visita oculistica periodica: per questo, in genere dopo i 50 anni, si consiglia sempre una visita approfondita con una buona presa visione della retina».

Maculopatia: le cure oggi a disposizione

La diagnosi precoce risulta ancora più importante se consideriamo che oggi esistono delle cure efficaci per diverse forme di maculopatia, come quella essudativa, ovvero provocata dalla fuoriuscita di liquido dai capillari di nuova formazione, e quella diabetica. «Queste forme sono le più frequenti in assoluto – precisa l’oculista – e se prese precocemente, possono essere curate con farmaci che vengono iniettati direttamente nell’occhio. Si tratta di farmaci altamente efficaci, soprattutto, come dicevamo, se utilizzati precocemente, ovvero quando ancora il paziente non avverte nessun disturbo visivo».

L’evento online per rispondere ai dubbi dei pazienti

Convivere con la maculopatia o prendersi cura di una persona che soffre di questo disturbo può non essere facile. Per questo il portale Paginemediche.it in collaborazione con Bayer ha lanciato #Salvarelavistasipuò, progetto digitale che ha l’obiettivo di informare e supportare i pazienti affetti da maculopatie e le persone che si prendono cura di loro nella gestione della patologia. Il sito mette a disposizione contenuti e servizi personalizzati, che accompagnano gli utenti a saperne di più sulle maculopatie e a vivere più serenamente tale condizione. Per approfondire la conoscenza della patologia e chiarire ogni dubbio, sarà anche possibile partecipare giovedì 28 aprile alle 18 a una diretta Facebook promossa dalla pagina SalvareLaVistaSiPuò. All’evento interverrà in qualità di esperto il Professor Massimo Nicolò, cui sarà possibile rivolgere alcune domande su diagnosi, trattamento e gestione quotidiana della maculopatia.

Test visivi: un aiuto online

Per aiutare i pazienti che soffrono di disturbi della vista esiste anche un sito – testalavista.it – che permette di effettuare test visivi da remoto, così da poter individuare anche quelle problematiche di cui non ci accorge immediatamente. «Si tratta di test che hanno una buona efficacia – conclude il Professor Nicolò – certo, non sostituiscono sicuramente una visita oculistica ma possono essere un primo step per riconosce disturbi visivi subdoli».

Da oltre 30 anni scia al fianco dei ciechi: “Se ci credi tutto è possibile”

Lecco Notizie del 18/04/2022

Steppo Valsecchi e Mario Mazzoleni sono l’esempio vivente che non esistono limiti

L’incredibile esperienza del Gruppo Sciatori Ciechi Lariani: “Quando siamo in pista facciamo sul serio”

LECCO. Come può una persona non vedente sciare? Partiamo da questo breve filmato: davanti c’è Mario Mazzoleni, 77 anni, ex presidente dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Como, a guardarlo disegnare quelle curve sulla neve nessuno direbbe mai che è totalmente cieco. Sembra incredibile, eppure scia meglio di tante persone a cui la vista funziona benissimo. Ha imparato a sciare da non vedente totale dopo aver perso la vista a causa di una retinite pigmentosa, una malattia che lo ha colpito all’età di 8 anni e lo ha reso cieco totale a 11 anni. A trent’anni, quindi non proprio giovanissimo, ha imparato a sciare e, come si vede nel filmato, non ha nulla da invidiare a un qualsiasi sciatore.

A spiegarci come sia possibile è Stefania Valsecchi, la sua guida, ormai sciano insieme da anni e tra i due si è creato un rapporto speciale: “Come si vede nel filmato ci divertiamo tantissimo. Non c’è solo Mario, ma siamo un gruppo di sciatori, il Gruppo Sciatori Ciechi Lariani nato ufficialmente nel 1995 sul Monte San Primo, tra Como e Lecco. Quando andiamo sulle piste sciamo sul serio, scendiamo in velocità”.

Una storia che comincia da lontano: “Da quando ho 18 anni (ora ne ho 54) faccio parte di un gruppo che scia con i ciechi. Siamo nati nell’ormai lontano 1985 con La Nostra Famiglia di Bosisio Parini che aveva chiesto a un gruppo del Cai Lecco e del Cai Erba di accompagnare in montagna i bambini ipo e non vedenti del quinto padiglione. Con l’arrivo dell’inverno e della neve è stato naturale provare a mettere ai piedi di questi bimbi gli sci: abbiamo iniziato con loro, ricordo che uscivamo tutti i lunedì”.

Far sciare un non vedente significa cominciare col dargli in mano sci, racchette e scarponi e fargli toccare i materiali spiegando a cosa servono: “Prima di tutto devono verificare con il tatto come funzionano i materiali. Con le mani provano a far scivolare uno sci piatto sulla neve e poi lo inclinano per capire come funzionano le lamine. Poi si comincia con un solo sci utilizzato come fosse un monopattino e, con qualche caduta, si impara a frenare e ad affrontare una curva. Noi guide, attraverso il contatto fisico, seguiamo anche l’impostazione del corpo dandogli la posizione che devono tenere durante la discesa in pista e facendo capire la distribuzione dei pesi”.

Come per i vedenti, imparare a sciare è un processo che richiede tempo e avviene in maniera graduale: “La cosa ha funzionato benissimo. Si è capito subito che l’intuizione era geniale sia in chiave riabilitativa per i bambini che a livello educativo, didattico e culturale. Dall’esperienza con La Nostra Famiglia è nato un primo gruppo intitolato all’alpinista ‘Jack Canali’ che si è aperto l’anno successivo, il 1986, all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Como e Lecco. Allora, oltre che a Bobbio, c’erano gli impianti in Artavaggio, alle Betulle, in Erna e così abbiamo spaziato su tutte le nostre montagne”.

Un’altra fase delicata è trovare la giusta intesa tra sciatore e guida, anche qui c’è stata una evoluzione nel tempo: “All’inizio le indicazioni venivano urlate durante la discesa, poi abbiamo scoperto che in Ticino c’era un gruppo di sciatori ciechi che utilizzava delle radio, così ci siamo adeguati anche noi. Oggi parliamo di radio molto sofisticate dove la guida può solo trasmettere e il cieco può solo ricevere: sul bavero della giacca, praticamente incollato alla bocca, la guida ha un microfono mentre lo sciatore ha un auricolare in entrambe le orecchie perché deve sentire solo ed esclusivamente la guida”.

Non è assolutamente semplice fare la guida, anche se magari si tratta dello sciatore più bravo del mondo: “Ci vuole una grandissima sensibilità. Comandi come ‘vieni qui’, ‘spostati’ o ‘attento’ per un non vedente che sta effettuando una discesa non hanno alcun senso. Servono istruzioni veloci e chiare che consentano allo sciatore di reagire nei tempi giusti alle varie situazioni che possono presentarsi. In certe condizioni è possibile sciare ‘in libero’: si vede bene nel filmato dove Mario fa le curve dove e quando vuole e io sono solo pronta a correggerlo con un ‘sinistra’ o ‘destra’ se necessario. Poi abbiamo gli agganci, ‘sinistra o destra braccio’, lui allunga il suo braccio e io lo prendo, ad esempio, per affrontare il tratto finale che porta agli impianti o stradicciole di collegamento. Come ho detto ci divertiamo tantissimo: con Mario, ma anche con altri, abbiamo quasi toccato i 70 km/h in discesa libera. Gli sciatori non vedenti, poi, sviluppano a livello dinamico la propriocettività per reagire a cambi di pendenza, avvallamenti o cunette. Poi, come chiunque, si cade ma non bisogna aver paura della caduta”.

Più complicato da spiegare che da mettere in pratica, tanto che l’esperienza ha avuto subito un grande successo: “Oggi il Gruppo Sciatori Ciechi Lariani conta 9 sciatori non vedenti e una ventina di guide. All’interno del gruppo ci intercambiamo così ci conosciamo tutti e in una stagione facciamo circa quattro fine settimana sulla neve. Abbiamo anche organizzato settimane bianche allo Stelvio, in Dolomiti e, avendo un gemellaggio con i ticinesi, andiamo spesso in Svizzera. Personalmente sono stata per diverso tempo capo tecnico, oggi invece faccio la maestra per formare nuove guide”.

Ci sono diversi metodi per guidare un non vedente: “Quello che utilizziamo è un metodo strutturato e riconosciuto che si basa esclusivamente su cinque vocaboli ‘vai’, ‘destra’, ‘sinistra’, ‘libero’, ‘stop’, che in base all’intonazione e alla velocità con cui si pronunciano corrispondono a reazioni diverse. Il nostro metodo è estremamente silenzioso e passiamo inosservati: sembra che il non vedente sia il maestro e la guida l’allievo che lo segue. Poi c’è un altro metodo di guida, quello accettato dal Coni per le competizioni, che prevede che la guida stia davanti e invii segnali sonori con un altoparlante. Tra i nostri obiettivi, inoltre, c’è quello di insegnare come si guida ai famigliari di un cieco per renderlo indipendente dal gruppo”.

Per un non vedente i benefici, evidentemente, sono molteplici: “Riuscire a sciare è prima di tutto un salto enorme di autostima. Poi c’è tutto un discorso legato allo sviluppo delle capacità di coordinamento motorio e della dinamicità dei movimenti in generale. Io non sono una che pensa sentimentalmente che ‘volere è potere’. Tuttavia son convinta che se credi tenacemente a una possibilità e ti metti in cammino per ottenerla dando alimento più al coraggio che al timore, allora c’è assai più probabilità che tu la ottenga”.

Il Gruppo Sciatori Ciechi Lariani non ha velleità sportive, ma nel passato ci sono stati sciatori che sono approdati all’agonismo: “In vista delle Olimpiadi Milano-Cortina 2026, nel mio piccolo, mi piacerebbe riuscire a partecipare con alcuni sciatori del nostro gruppo (due ciechi totali e uno ipovedente). Ci sono ancora quattro anni di tempo e se queste persone avranno voglia di provare ad affrontare insieme un’avventura olimpica sarebbe davvero un sogno”.

di Marco Milani

sabato 16 aprile 2022

Le parole e i concetti giusti per parlare e scrivere di disabilità

Superando del 16/04/2022

Curata da Intesa Sanpaolo con l’Ufficio per le Politiche in favore delle Persone con Disabilità e con l’ANFFAS, in collaborazione con l’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, la guida “Le parole giuste. Media e persone con disabilità” è liberamente tratta e riadattata al contesto italiano da un’analoga pubblicazione americana e comprende le “Linee guida utili a un adeguato approccio al tema della disabilità”, “I concetti e le parole chiave”, “Il lessico giusto” e “Alcune diagnosi che possono determinare una condizione di disabilità in chiave di Convenzione ONU”.

Realizzata da Intesa Sanpaolo, insieme all’Ufficio per le Politiche in favore delle Persone con Disabilità e all’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale), con la collaborazione dell’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità, è stata presentata nei giorni scorsi alla Camera la guida Le parole giuste. Media e persone con disabilità, liberamente tratta e riadattata al contesto italiano dalla Disability Language Style Guide del Centro Nazionale di Disabilità e Giornalismo dell’Università statunitense dell’Arizona.

«L’aspirazione di questa guida – si legge nell’introduzione di Stefano Lucchini di Intesa Sanpaolo – è favorire il più possibile una trattazione consapevole dell’argomento disabilità, facilitando l’utilizzo dei termini più rispettosi. Specificatamente pensata per chi scrive – giornalisti, comunicatori e altri professionisti che intendano esporre questi temi con correttezza e sensibilità -, essa vuole essere uno strumento di lavoro pragmatico e di facile consultazione».

Sono fondamentalmente quattro le sezioni in cui è ripartita la pubblicazione, vale a dire innanzitutto le otto Linee guida utili a un adeguato approccio al tema della disabilità la prima delle quali fa già intendere le caratteristiche generali del messaggio che si intende diffondere: «Chiedere sempre alla persona con disabilità di esprimere il suo personale punto di vista sui fatti, anche quando questa sia rappresentata da persone terze (es. genitore o altro familiare) e cogliere sempre la sua volontà rispetto al modo in cui preferisce essere rappresentata, anche sull’indicazione specifica di riferimenti alla propria condizione di salute».

Vi sono poi una serie di Concetti e parole chiave, elencati in ordine alfabetico, ossia Abilitazione; Accessibilità; Accomodamento ragionevole; Agenda ONU 2030; Autodeterminazione; Autorappresentanza; Barriere; Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità; Deistituzionalizzazione; Disability manager; Discriminazione basata sulla disabilità; Easy to Read; Empowerment; Facilitatori; ICF; Inclusione; Istituzionalizzazione; Libertà di espressione, opinione e accesso all’informazione; Modello della qualità della vita; Modello si approccio alla disabilità; Multi discriminazione; Necessità di sostegno; Pari opportunità; Partecipazione; Persone con disabilità; Progetto individuale e personalizzato di vita per le persone con disabilità (art. 14, Legge 328/2000); Progettazione universale; Segregazione; Stigma.

La terza sezione, invece, si intitola Il lessico giusto e comprende le voci: Affetto da/Colpito da/Vittima di/Soffre di; Animale da assistenza/Cane guida/Cane per non vedenti/Servizio; Anormale/Anomalo; Autistico; Balbuzie/Tartagliamento; Cieco/Cieco assoluto/Cieco parziale/Non vedente/Ipovedente; Costretto su una sedia a rotelle/Ridotto su una sedia a rotelle; Deforme; Demente/Demenza; Difetto genetico/Malattia genetica; Disabile; Dislessico/Disgrafico/Disortografico/Discalculico; Diversamente abile/Diversabile; Folle/Infermo/Maniaco/Pazzo/Pazzoide/Psicopatico/Squilibrato; Fragile; Grave/Moderato/Lieve; Handicap/Handicappato/Portatore di handicap; Invalido/Inabile; Manicomio; Mongoloide; Mutilato/Amputato; Nano/Nanismo/Nanetto; Nonostante sia disabile; Ospite/Utente; Paziente/Malato; Persona senza disabilità; Ritardato/Ritardato mentale/Minorato/Debole/Debolezza mentale/Deficiente/Deficienza mentale; Sordo/Sordità; Sordomuto; Stato vegetativo/Vegetale/Comatoso/Incoscienza; Vulnerabile; Zoppo/Zoppicante/Storpio.

La quarta parte, infine, concerne Alcune diagnosi che possono determinare una condizione di disabilità in chiave di Convenzione ONU, divisa a propria volta in Diagnosi relative alla sfera psichica, Diagnosi relative all’apparato locomotore e Disturbi del neurosviluppo-disabilità-DSA. (S.B.)

venerdì 15 aprile 2022

"La Luce del Nero" Taglio del nastro per la mostra

La Nazione del 15/04/2022

Anche i non vedenti potranno vivere i grandi capolavori di Burri e altri maestri del Novecento.

CITTÀ DI CASTELLO. Qualcosa di più di una semplice mostra: un percorso sensoriale tra le meraviglie dell'arte, che consente anche ai non vedenti di vivere i grandi capolavori di Burri e di altri maestri del Novecento. "La Luce del Nero" è il titolo della mostra che si potrà ammirare da oggi fino al 28 agosto a Città di Castello, Ex Seccatoi del Tabacco, una delle due sedi espositive della Fondazione Burri. Si tratta di un evento in cui il tema del "nero che da buio, assenza, si rifà colore", è stato studiato per essere inclusivo del pubblico non vedente, oltre a offrire un'esperienza sensoriale immediata e fortemente stimolante a tutti i visitatori. Nell'ambito di un progetto europeo sono stati ricostruiti dei modelli delle opere d'arte esposte che i non vedenti possono toccare in un linguaggio che diventa universale grazie a "Europa Creativa" con il programma "Beam Up" (Blind Engagement In Accessible Museum Projects), che affronta in chiave internazionale e inclusiva il tema dell'accessibilità dell'arte contemporanea per il pubblico con disabilità visiva. Insieme a Burri hanno realizzato opere elaborate col nero anche artisti documentati in mostra, come Agnetti, Bassiri, Bendini, Castellani, Fontana, Hartung, Isgrò, Kounellis, Lo Savio, Morris, Nevelson, Nunzio, Parmiggiani, Schifano, Soulages e Tàpies.

Ciascuno con modalità, intenzioni e valenze diverse, tutti capaci di suscitare nel visitatore stati d'animo, percezioni e sensazioni differenti. Curatore della mostra è Bruno Corà, presidente della Fondazione Burri. Tra gli artisti della seconda metà del XX secolo, Burri è colui che più di ogni altro ha usato il nero, giungendo perfino a dipingere totalmente di nero gli Ex Seccatoi del Tabacco, edifici industriali diventati sedi museali dei suoi grandi cicli pittorici. Sono veramente pochissimi nel mondo i musei d'artista come quello di Burri a Città di Castello, "che può vantare un percorso museale che inizia da Palazzo Albizzini e si compie agli ex Seccatoi del Tabacco senza temere paragoni con nessun altro", ha aggiunto Corp. A spiegare com'è nata la mostra e come si è legata al mondo dei non vedenti è stato Gregorio Battistoni, presidente di Atlante Servizi Culturali: "L'obiettivo è la partecipazione dei non vedenti alle mostre temporanee e il permettere a questo pubblico di interagire e comprendere l'arte".

Al progetto hanno inoltre collaborato come partner la Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano per tutti gli aspetti inerenti alla disabilità visiva; The Glucksman - museo di arte contemporanea nel campus dell'Università di Cork (Irlanda) e il MSU Muzej Suvremene Umjetnosti - Museo di Arte Contemporanea di Zagabria - per il settore museale. L'esposizione corona la riapertura degli spazi degli ex Seccatoi del Tabacco dopo 7 anni di lavori che hanno integralmente riqualificato questi ambienti.

di Cristina Crisci

giovedì 14 aprile 2022

Al via ad Assisi "Le parole delle Solidarietà", la più grande esposizione itinerante di libri tattili

AgenParl del 14/04/2022

L’iniziativa è realizzata nell’ambito dell’assemblea annuale della Federazione nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi, ospitata all’Istituto Serafico di Assisi. I testi verranno poi donati a biblioteche pubbliche e ospedali pediatrici di tutta Italia.

ASSISI. Con oltre seimila volumi è la più grande mostra itinerante di libri tattili per l’infanzia e dal 19 al 23 aprile farà tappa ad Assisi, a Palazzo Monte Frumentario. A tagliare il nastro nella cornice umbra, martedì 19 maggio alle 11, sarà Federico Bassani, campione paralimpico di nuoto reduce dalle Olimpiadi di Tokyo 2020, che inaugurerà la mostra dedicata ai più piccoli, insieme alla sindaca di Assisi, Stefania Proietti, alla presidente dell’Istituto Serafico, Francesca di Maolo, e ad alcuni insegnanti della zona che, in tutto il periodo della pandemia, hanno lavorato per sostenere i più fragili.

L’esposizione, organizzata nell’ambito del progetto “A Spasso con le Dita”, è promossa dalla Federazione nazionale delle Istituzioni Pro Ciechiin collaborazione con l’Istituto Serafico di Assisi; è patrocinata da Regione Umbria e Comune di Assisi, e sostenuta anche dal Consiglio regionale umbro dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedentie dal progetto ‘Nati per leggere’ di Regione Umbria.

“La mostra di questi straordinari e unici capolavori ci riporta alle nostre origini. Il Serafico è stato fondato proprio con il preciso obiettivo di educare i ragazzi ciechi e sordi che all’epoca non aveva accesso alla scuola. Il nostro fondatore, San Lodovico da Casoria, voleva assicurare a tutti, anche a chi era affetto da una disabilità fisica, il diritto a vivere una vita piena e di costruirsi un futuro. Grazie ai libri tattili, non solo i ragazzi con disabilità visiva, ma anche quanti hanno disabilità di tipo intellettiva hanno la possibilità di riconoscere oggetti, ambienti e situazioni anche lontani dalla loro esperienza concreta ”ha dichiarato Francesca Di Maolo, presidente dell’Istituto Serafico di Assisi.

“I libri tattili, insieme a tante altre attività che al Serafico coinvolgono i sensi come la musica, lo sport, il teatro o la cura del verde, sono validi strumenti nei percorsi terapeutici di ragazzi con altre tipologie di disabilità e spesso si rivelano uno dei pochi mezzi utili a stabilire una modalità di comunicazione con loro” ha aggiunto la Di Maolo.

A margine della kermesse, è previsto un fitto programma giornaliero di laboratori didattici e workshop aperti alle scuole e al grande pubblico. I più piccoli, infatti, oltre a poter sfogliare i ibri, potranno sperimentare giochi e sussidi didattici, fra i quali i Lego Braille Bricks, scopriranno il sistema di lettura e scrittura braille e saranno coinvolti in attività pratiche che hanno l’obiettivo di introdurli nel mondo della grafica e della letteratura accessibile grazie alle attività di progettazione di immagini tattili e di piccoli libri. “Grazie a progetti inclusivi come questo, i libri tattili trasformano la comunicazione adattandola a tutti. Questi volumi, infatti, diversamente da quelli scritti in linguaggio braille, sono bellissimi: contengono illustrazioni in rilievo realizzate con materiali e texture pluri-sensoriali come stoffe, nastri, plastica, legno, cartone, e permettono di capire alcune sfumature della realtà che difficilmente un bambino non vedente potrebbe capire. Penso, infatti, a chi, magari non vedente dalla nascita, non ha avuto la possibilità di sperimentare alcune sensazioni e di capire appieno il mondo che lo circonda”, ha spiegato Federico Bassani, il campione di nuoto paralimpico di Tokyo 2020, classe ‘96 e ingegnere clinico nonché detentore del record italiano nei 50m stile e dei 100m rana, che ha perso la vista all’età di cinque anni in seguito a un tumore della retina.

Il progetto “A Spasso con le dita” ha permesso, tra il 2010 e il 2014, la distribuzione gratuita di oltre seimila libri tattili a biblioteche pubbliche, ospedali pediatrici e istituzioni culturali; i numerosi artisti e illustratori per l’infanzia che hanno creato le opere tattili, tutte ispirate al tema della solidarietà, proprio per la tappa assisana daranno il via alla sperimentazione di alcuni libri tattili sonori: con le atelieriste Élodie Maino e Laura Cattabianchi, infatti, sarà possibile rendersi conto di quanto i suoni e i rumori prodotti dai materiali utilizzati nella costruzione delle immagini tattili possano arricchire la narrazione di una storia, permettendo la lettura pluri-sensoriale di un albo illustrato. Parallelamente alla mostra delle opere tattili verrà esposta una selezione di oltre 50 pubblicazioni tattili per la prima infanzia provenienti da tutto il mondo.

In occasione del 150esimo del Serafico e dei 100 anni della Federazione nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi, l’Istituto assisano ha riunito per due giorni trenta tra le più importanti Istituzioni per ciechi, tra cui L’Istituto ciechi di Milano e la Lega del Filo d’Oro: “Lo abbiamo fatto non solo in memoria di chi siamo, ma con una prospettiva di futuro e una panoramica sulle nuove emergenze legate alla disabilità complessa” ha spiegato la Di Maolo, secondo cui “saranno due giorni in cui ci si confronterà anche sui temi più caldi dell’attualità politica, come quello del Pnrr, al fine di portare una voce costruttiva sui nuovi servizi di cui si ha bisogno per continuare ad aiutare i più fragili” ha concluso. Il21 aprile, infatti, al Serafico si terrà una tavola rotonda sui servizi sociosanitari per la disabilità complessa –dal titolo “Nuovi servizi per la disabilità complessa. Una sfida che coinvolge tutti” -alla quale parteciperanno oltre ai rappresentanti del Serafico e della Lega del Filo d’Oro, anche il Presidente dell’unione ciechi, Mario Barbuto, e il presidente della Federazione Ciechi, Rodolfo Masto che, ha dichiarato, “ha deciso di festeggiare i suoi primi 100 anni proprio ad Assisi, dove la disabilità complessa ha una sua ‘casa’: ripensare i servizi nell’ottica del costante rispetto della dignità umana si conferma essere la sfida principale per la quale é importante riflettere insieme”.

Enna, beni culturali ora accessibili a disabili uditivi e ipovedenti

Quotidiano di Sicilia del 14/04/2022

ENNA. Il Parco archeologico di Morgantina, il Museo di Aidone e la Villa romana del Casale diventano più accessibili grazie alla realizzazione di un applicativo mobile per disabili uditivi e ipovedenti realizzato per la Regione Siciliana dalla Ett Spa, industria digitale e creativa internazionale specializzata nell’innovazione tecnologica applicata alla valorizzazione e fruizione dei beni culturali.

Due app per aumentare la fruibilità dei siti

Obiettivo del progetto è quello di aumentare la fruibilità dei siti mediante l’uso di strumenti di nuova generazione in grado di favorire il superamento delle barriere cognitive e sensoriali, assicurando a chiunque il diritto di accesso e partecipazione alla vita culturale della comunità. In particolare, le nuove dotazioni riguardano due app: una con contenuti video in Lingua italiana dei segni (Lis) destinata a un pubblico di non udenti; una seconda che offre a un pubblico con disabilità visive tecnologie avanzate che rendono l’esperienza di visita più immersiva e coinvolgente.

Le applicazioni verranno supportate da dispositivi multi-touch con l’utilizzo di pannelli tiflodidattici con bassorilievi tattili dei mosaici pavimentali che riprodurranno, in scala, i mosaici dei pavimenti. Grazie a queste due app, i siti godranno di una guida altamente innovativa, in grado di arricchire l’itinerario di spunti e di informazioni audio sui principali punti di interesse individuati. Le applicazioni mobili, che verranno realizzate per smartphone e tablet con sistema operativo iOs e Android, sono uno strumento che offre infinite potenzialità.

“La rivoluzione culturale si sta compiendo sotto i nostri occhi – ha detto l’assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà – e il governo Musumeci punta sulla cultura investendo grandi risorse per rinnovare i parchi archeologici e i Musei della Sicilia, rendendoli più attrattivi e funzionali. All’inizio del mio mandato, peraltro, ho sollecitato tutte le strutture dei Beni culturali ad abbattere le barriere architettoniche e dotarsi di strumentazioni tecnologiche in grado di offrire alle persone con disabilità strumenti affinché anche loro possano godere al meglio della bellezza che la nostra Isola custodisce”.

“Le nuove app volute dal direttore del Parco archeologico, Liborio Calascibetta – ha concluso Samonà – saranno in grado di vivificare l’esperienza del visitatore, suscitarne la curiosità e spingerlo all’approfondimento”.

Il supporto disponibile dal 22 aprile

“Un importante supporto – ha aggiunto Calascibetta – che, a partire dal 22 aprile, sarà disponibile per i visitatori. L’impiego dell’app facilita l’apprendimento dei contenuti informativi attraverso un accesso ai contenuti lineare e intuitivo che agevola l’orientamento del visitatore negli spazi. Abbiamo lavorato perché anche gli utenti meno abituati all’uso della tecnologia, possano fruire agevolmente dei beni culturali del Parco e orientarsi con facilità nei percorsi museali”.

Le applicazioni verranno sviluppate snodandosi in tre percorsi. In particolare nella Villa Romana del Casale di Piazza Armerina, l’app migliorerà la comprensione del Triclinio, della Dieta di Orfeo, della Dieta di Arione e della Stanza di Ercole. Nell’area archeologica di Morgantina di Aidone saranno collegati all’app l’Agorà, il Teatro, il Santuario e i Granai e le Fornaci, mentre il Museo di Aidone offrirà una lettura aumentata degli Acroliti, della Venere di Morgantina, della Dieta di Arione e dei Reperti delle Terme Nord di contrada Angnese.

Il sistema messo a punto per i disabili della vista è basato sulla tecnologia Beacon Ble. I Beacon sono piccoli trasmettitori Bluetooth 4.0 di impercettibile impatto estetico che creano un’interazione diretta con il supporto mobile (smartphone o Tablet) su cui è installata l’applicazione, localizzano il visitatore all’interno delle sale museali e suggeriscono automaticamente i contenuti relativi ai punti di interesse posti nelle vicinanze. Il tutto con immagini che vengono rese leggibili attraverso un sintetizzatore vocale.

Al fine di ottimizzare l’esperienza e renderla fruibile anche agli utenti con disabilità uditive, l’applicazione prevede la produzione di video recitati con la lingua dei segni LIS, lasciando a ciascun visitatore la possibilità di scegliere la lingua dei segni del proprio Paese. Nella formulazione del video sono state previste due finestre: una riservata al LIS, l’altra che illustra i diversi dettagli dell’area di interesse, ingranditi ed evidenziati con particolari effetti grafici.

mercoledì 13 aprile 2022

“SI PREGA DI TOCCARE” A LODI UNA MOSTRA TATTILE PER FAR CONOSCERE IL BELLO ATTRAVERSO LE MANI (ANCHE A CHI VEDE)

Per conoscere e vivere appieno la bellezza dell’opera c’è chi, per necessità, la deve toccare. Tastarla, sfiorarla, riprodurla nella sua mente attraverso quello che ha percepito dalle sue mani perché i suoi occhi non vedono. In questo modo, con sensi diversi, anche lui potrà godere appieno della gioia che il bello dona.

Una mostra unica e particolare quella in programma dal 22 aprile all’1 maggio a Lodi. Nella suggestiva cornice della Banca Centropadana, Palazzo Ghisi già Sommariva (in corso Lodi 100) verrà allestita la mostra “Si prega di toccare – Far sentire l’arte” giunta quest’anno alla quarta edizione e curata da Mario Quadraroli e Mario Diegoli. In mostra oltre una trentina di opere realizzate da artisti italiani e stranieri.

Una mostra tattile organizzata dall’Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti (U.I.C.I.) di Lodi con il patrocinio della Provincia di Lodi, del Comune di Lodi, e della Bcc Centropadana. Non sarà solo una mostra tattile dedicata ai visitatori non vedenti. Sarà una vera e propria esperienza sensoriale e un nuovo modo di approcciarsi all’arte rivolto anche a chi non ha disabilità visive.

A tutti visitatori verrà consegnata una mascherina con la quale potranno coprirsi gli occhi e conoscere le opere esposte attraverso il tatto. Una mostra che abbatte le barriere e che offre la possibilità di approcciarsi a un modo nuovo, non solo di conoscere e di apprezzare il bello, ma che di vivere e di affrontare tutte le difficoltà e le barriere che la vita di tutti i giorni pongono di fronte a chi non vede.

L’evento vedrà la partecipazione di guide d’eccezione: gli studenti del Liceo Artistico statale Piazza di Lodi, ciceroni del percorso tattile. I ragazzi sperimenteranno il servizio di volontariato, e allo stesso tempo, potranno fare un'importante esperienza individuale nel condividere momenti con i non vedenti.

Infine il 23 aprile lo scultore non vedente Felice Tagliaferri, amato dalla critica e dal pubblico per le sue meravigliose opere, spiegherà agli studenti del liceo Artistico Piazza come una persona non vedente realizza opere d’arte.

La mostra verrà inaugurata il 22 aprile alle 17. Sarà possibile visitarla dal lunedì al venerdì dalle 17 alle 19, sabato e festivi dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19. L’ingresso è libero.

martedì 12 aprile 2022

Davide Valacchi, non vedente, in bici da Roma al Kazakistan

Action Magazine del 12/04/2022

Ha pedalato 12.000 chilometri su un tandem. L’avventura in bici da Roma al Kazakistan di un ragazzo non vedente, raccontata dalla nostra Giusi Parisi.

Ormai da circa sei mesi partecipo molto volentieri alle iniziative sportive della fondazione per lo sport Silvia Parente. Dietro a queste iniziative c’è sempre l’infaticabile Davide Valacchi, che organizza tutto fino al minimo dettaglio.

Davide è un ragazzo non vedente di 31 anni, è laureato in psicologia clinica e ha come passioni principali i viaggi e lo sport. In particolare ama il ciclismo. Quasi per caso in questi mesi sono venuta a conoscenza del suo viaggio in tandem da Roma fino in Kazakistan. Ben 12 i Paesi attraversati, in un’avventura che è durata da marzo a ottobre del 2019, per un totale di circa 12.000 chilometri.

E così ho deciso di farmi raccontare questa appassionante storia, e poi di raccontarla a mia volta ai lettori di Action Magazine. Eccola.

Innanzi tutto com’è nata la passione per il tandem?

“Da piccolo amavo andare in bici. Con gli amici facevo giri sui monti Sibillini, dove vivevano i miei nonni. Senza saperlo facevo quello che oggi si chiama gravel, e ho continuato a farlo finchè il mio residuo visivo me lo ha consentito, cioè fino a 13 anni. Ad un certo punto ero arrivato a percepire appena solo la differenza cromatica fra la strada bianca e il verde dei campi”.

E così dalla bici sei stato costretto giocoforza a passare al tandem…

“Persa completamente la vista a 14 anni, infatti, a mio padre venne l’idea di farmi usare un tandem. Lo comprò in un centro commerciale di Ascoli, era un tandem da città. Io sono sempre stato un ragazzino di strada e ho continuato ad esserlo grazie a quel tandem. Mi ha aiutato anche a socializzare. Molti ragazzi infatti erano incuriositi dal mezzo e si avvicinavano per fare domande e provarlo. Quel tandem ha sicuramente reso più viva la mia adolescenza”.

È stato un amore che è proseguito negli anni?

“Durante l’università a Urbino in realtà ho mollato il tandem. Ho ricominciato ad andarci più tardi, dopo il trasferimento a Bologna. Ho comprato un altro tandem da città, un po’ più evoluto del precedente. Anche in questo caso il mezzo mi ha aiutato a socializzare. Ho conosciuto molte persone e ho iniziato a girare per la città e nei suoi immediati dintorni”.

E poi com’è arrivata l’idea del viaggio?

“Nell’estate del 2017 Marco, un mio caro amico di Fano, ha fatto un viaggio per l’Europa di quattro mesi e 7.500 km. Mi appassionai ai suoi racconti. Lo seguii sui social e tutti i giorni ci scrivevamo su Whats’app. Attraversò 12 Paesi tra giugno e ottobre. Poi, vedendo quanto mi ero appassionato, Marco mi spiegò tantissime cose sui viaggi in bici. Così ci venne l’idea di un’avventura insieme in tandem. Inizialmente doveva essere una prova, poi nelle nostre menti è diventato qualcosa di molto più grande: un viaggio fino a Pechino”.

Com’è proseguita l’organizzazione?

“Io e Marco abbiamo iniziato a studiare tutto nei minimi dettagli. Devo dire che io in particolare per l’organizzazione dei viaggi sono molto portato. Inizialmente Marco mi ha dato indicazioni sull’uso di portapacchi, borse, fornellino, tenda, sacco a pelo, materassino e tutto ciò che serve per dormire fuori. La regola dei viaggi in bici è che meno si spende, più tempo si può restare in giro. Quindi si risparmia sugli alloggi e sul cibo. Man mano che l’organizzazione procedeva, mi sono reso conto che questo progetto poteva essere qualcosa di ancora più grande. Avremmo viaggiato e raccontato la nostra esperienza per promuovere il tandem come mezzo di integrazione per le persone con disabilità visiva. Così Ho iniziato a contattare diverse associazioni e ho deciso che avrei concluso il viaggio donando il mio tandem. Questa espansione del progetto ha spaventato un po’ Marco che, pur a malincuore, ha deciso di mollare. Così ho iniziato a cercare altri compagni di viaggio e ho trovato Michele e Samuele. Nel frattempo ho iniziato anche ad allenarmi seriamente, facendo viaggetti di più giorni. Mi rendevo sempre più conto che quello che stavo organizzando era reale. Inoltre diventavo consapevole del fatto che il tandem è un mezzo che offre una libertà incredibile a chi non vede”.

In che senso?

“Innanzi tutto perché è un mezzo su cui chi non vede può dare il suo contributo attivo nello spostamento attraverso la pedalata. E poi non ci sono barriere fisiche con l’ambiente circostante. Ti arrivano suoni, odori, percepisci com’è il terreno che stai attraversando”.

Da dove viene il nome del progetto, I to eye?

“L’idea del nome è arrivata collaborando con un gruppo di ragazzi che gestiscono uno studio di video making e story telling a Bologna. I to eye è un gioco di parole che tradotto letteralmente sarebbe io all’occhio. Il logo è rappresentato proprio da un occhio. Il nome e il logo vogliono rappresentare un modo diverso di vedere il mondo: quello di chi non ha la vista. Il concetto è quello di guardare dentro se stessi attraverso il viaggio on the road, di confrontarsi e arricchirsi attraverso la conoscenza di nuovi luoghi e nuove culture. Senza la vista possiamo crearci un panorama alternativo grazie agli altri sensi, e in alcune situazioni siamo addirittura più avvantaggiati nel conoscere nuove persone. Ho potuto constatare questo durante il viaggio. Nei Paesi più poveri, in cui non è usuale vedere una persona con disabilità in bici, il fatto che io fossi cieco attirava le persone. Si avvicinavano a noi per conoscerci, e spesso ci invitavano a casa loro. Questo accade perché l’ospitalità in quei Paesi è sacra. Inoltre, non avendo la possibilità di viaggiare, ascoltano con interesse i racconti dei viaggiatori per conoscere culture e realtà diverse e lontane dalla loro”.

Perché hai scelto Pechino come destinazione finale?

“Ho scelto la Cina e in particolare Pechino perché è una delle aree più lontane da qui raggiungibile via terra. Ma soprattutto l’ho scelta perché per arrivarci avremmo dovuto attraversare tante zone diverse tra loro, dall’Italia all’est Europa, e tante culture: slava, turca, iraniana, persiana, le culture dell’Asia centrale… e infine la Cina, dove avremmo pedalato per più di 4.000 km attraversando regioni molto diverse fra loro. L’idea era quella di confrontarsi con le realtà che gravitano intorno al mondo dei non vedenti in ogni Paese attraversato, organizzando meeting nelle città principali con associazioni equivalenti all’Unione Ciechi italiana. Il viaggio avrebbe dovuto concludersi con la donazione del tandem a Pechino”.

Non siete però riusciti ad arrivare a Pechino…

“Non ci siamo arrivati a causa di problemi burocratici. Non ci hanno concesso il visto di ingresso nel Paese. Sapevamo che era impossibile ottenerlo da Kirghizistan e Kazakistan, ma contavamo sulla collaborazione del Comitato Paralimpico Cinese, che avrebbe potuto dialogare con gli enti consolari e garantirci l’ingresso attraverso un invito ufficiale. Purtroppo non hanno mai risposto ai nostri tentativi di contatto, reiterati per più di un anno, e nemmeno a quelli della FISPIC, la Federazione Italiana Sport per Ipovedenti e Ciechi. Sarebbe stato inutile donare ad ogni costo il tandem a un comitato che ci ha completamente ignorati, quando durante tutto il nostro viaggio siamo sempre stati accolti con estrema gentilezza da tutti i popoli e le federazioni che abbiamo incontrato”.

Qual è stata allora la vostra decisione?

“Abbiamo deciso di arrivare ad Almaty, in Kazakistan, per poi tornare indietro in Tajikistan e donare il tandem a Siyovush, un ragazzo non vedente di 31 anni. Si dà molto da fare per le persone con disabilità, insegna inglese in una scuola speciale primaria e, oltre ad avere un forte desiderio di andare in tandem, voleva sviluppare il ciclismo per non vedenti nel suo Paese. Lo scopo del viaggio è stato quindi ampiamente raggiunto”.

Raccontami qualcosa sui tuoi compagni di viaggio.

“I miei compagni di viaggio sono stati Michele Giuliano e Samuele Spriano. Michele, che ha guidato il tandem fino a Teheran, ha 41 anni e l’ho conosciuto a Bologna nel 2014 in un bar vicino a casa. Siamo diventati subito amici, inizialmente soprattutto compagni di bevute serali. Michele è una persona pacata e profonda, ama le cose belle e semplici della vita. Ama la cucina (tanto è vero che fa il cuoco), ma non è mai stato un grande sportivo, anche se si muoveva sempre in bici. È una persona che si fa molte domande, legge, e se gli entri nel cuore ci rimani per sempre. Prima del viaggio, il suo giro più lungo era stato di 50 km. Inizialmente aveva deciso di accompagnarmi fino a Istanbul, ma poi l’ho convinto ad arrivare a Teheran. Da lì sarebbe dovuto tornare in Italia, ma alla fine ha comprato una bici e tutto l’occorrente per continuare il viaggio con noi fino in Kirghizistan. Poi è tornato in Italia un mese prima di me e Samuele”.

E Samuele?

“Samuele ha 28 anni. Lo avevo conosciuto un anno e mezzo prima. Nonostante l’avessi incontrato solo una volta, seguendolo su Facebook, sapevo che sarebbe stato la persona giusta per proseguire il viaggio dall’Iran. Quando l’ho chiamato, sorpreso dalla proposta, mi ha detto che ci avrebbe pensato e che mi avrebbe fatto sapere entro qualche giorno. Cinque minuti dopo mi ha richiamato dicendo: va bene, partiamo. Mi ha detto di sì pur non sapendo che avremmo attraversato deserti, altopiani e Paesi completamente diversi dal nostro. Samuele è un grande sportivo, ha praticato e insegnato arti marziali e ora fa il personal trainer. Aveva già fatto un viaggio in bici in Spagna, ama la montagna e in generale vivere la natura in modo “selvaggio”. È sempre di buon umore, non l’ho mai visto arrabbiato. Lui ha guidato il tandem da Teheran fino alla fine del viaggio”.

Quali Paesi avete attraversato dunque?

“Abbiamo attraversato Italia, Slovenia, Croazia, Serbia, Bulgaria, Turchia, Iran, Turkmenistan, Uzbekistan, Tagikistan, Kirghizistan e Kazakistan”.

Raccontami qualche dettaglio sulla logistica del viaggio.

“Il nostro tandem era equipaggiato con due borse agganciate al portapacchi anteriore, due borse più grandi agganciate al portapacchi posteriore e un carrello agganciato dietro, su cui trasportavamo un’altra grossa borsa. In totale il tandem era lungo 4 metri, e con noi a bordo pesava dai 220 ai 250 kg, a seconda della quantità di cibo e acqua che trasportavamo. Chiaramente non era sempre così facile farlo procedere in salita. La quantità di bagagli era motivata dal fatto che restavamo in giro in stagioni e luoghi diversi. Per la prima parte del viaggio con Michele abbiamo dormito qualche volta in tenda, ma lui preferiva riposarsi su un vero letto appena possibile. Quindi abbiamo optato spesso per l’alloggio in hotel o guesthouse. Nella seconda parte invece abbiamo dormito di più in tenda, anche per una settimana consecutiva. Anche perché abbiamo attraversato luoghi più selvaggi. Infatti appena trovavamo un villaggio con una guesthouse ci fermavamo qualche giorno perché avevamo necessità di riposarci, pulire il tandem, ricaricare l’apparecchiatura elettronica. Nei Paesi più poveri poi, come accennavo prima, potevamo anche contare sull’ospitalità della gente locale. I miei compagni di viaggio guidavano e si occupavano della ciclo-meccanica e di cucinare. Mentre io, oltre ad aver trovato tutti gli sponsor e aver ideato il progetto, mi occupavo dell’allestimento del campo, del montaggio e smontaggio tende”.

In realtà però il viaggio non si è svolto a bordo di un solo tandem…

“Sì, ci sono stati due tandem protagonisti del viaggio. Il primo, a cui abbiamo dato il nome di Esmeralda, ci è stato donato da Diego e Cassandra, una coppia di Piacenza, che con il loro progetto Il tandem volante (https://www.facebook.com/iltandemvolante) dal 2015 raccolgono fondi per acquistare vecchi mezzi, rimetterli a posto se necessario, e donarli poi a chi ne ha bisogno. Possono essere Unione Ciechi, associazioni che si occupano di persone con sindrome di down o con autismo. Il 4 giugno 2019, dopo tre mesi di viaggio e 5.000 km, Esmeralda ha deciso che ne aveva avuto abbastanza. A 40 km da Tabriz, la seconda città principale dell’Iran, si è spaccato il telaio nel bel mezzo di una discesa, con il traffico delle auto di fianco a noi. Sembrava che il viaggio fosse destinato a finire, ma fortunatamente una settimana dopo avrebbe dovuto raggiungerci Samuele. E grazie al nostro main sponsor, la Fainplast di Ascoli Piceno, siamo riusciti a recuperare un altro tandem che è partito in aereo con lui. A questo secondo tandem abbiamo dato il nome di Bagheera, come la pantera del Libro della Giungla”.

E che ne è stato di Esmeralda?

“La abbiamo donata all’Unione ciechi di Teheran. L’hanno messa in un museo, dicendoci che la avrebbero poi usata, ma temo che sia rimasta lì insieme ad altri cimeli sportivi dell’Iran paralimpico. Questo da un lato mi fa stare tranquillo, perché girare in tandem a Teheran è una delle cose più pericolose che si possano fare, considerato il traffico e lo scarso rispetto delle regole stradali”.

Raccontami qualche aneddoto del viaggio.

“Ce ne sarebbero tanti da raccontare: dagli incontri con altri ciclo-viaggiatori a quelli con la gente del posto. Abbiamo conosciuto decine e decine di persone, che in alcuni casi ci hanno anche ospitato. Fra queste mi è rimasta nel cuore una famiglia del Tagikistan. Eravamo nel villaggio di Safedoron, a 2.400 metri di altitudine. Un villaggio poverissimo, con le case di fango e lamiere. Lì la gente vive di agricoltura di base e pastorizia. In quel periodo eravamo in quattro, perché con noi c’era anche Stefano, un ciclo-viaggiatore che ci ha affiancato per un mese. Questa famiglia ci ha ospitati, offrendoci pranzo, cena e colazione, e trattandoci come dei re”.

Come funzionava con la comunicazione?

“In qualche modo riuscivamo sempre a comunicare. In Asia centrale la gente parla russo o le varie lingue locali, raramente inglese. Comunicavamo un po’ attraverso Google translate, un po’ con i gesti… lo scambio umano è anche non verbale, e quando si ha davvero la voglia di parlare non c’è barriera che tenga. Neanche la mancanza della vista. Magari non erano discorsi articolati, ma riuscivamo sempre a farci capire e a toglierci curiosità reciproche”.

Avete attraversato tanti luoghi molto diversi tra loro anche dal punto di vista paesaggistico. Cosa è rimasto dei paesaggi, a te che non li puoi vedere?

“I paesaggi, oltre naturalmente alle persone, sono la cosa che mi è rimasta più impressa del viaggio. Può sembrare assurdo, visto che appunto non posso vederli. Invece, come già immaginavo prima di partire (e poi ne ho avuto conferma), si impara a interpretare i segnali dell’ambiente. Ci si costruisce insomma un paesaggio alternativo a quello visivo, attraverso i suoni, gli odori e la propriocezione. Per paesaggi intendo non solo quelli naturali, ma anche quelli urbani e umani. È bello sentire in Italia il dialetto che cambia chilometro per chilometro, e poi all’estero le diverse lingue. Percepire la differenza della strada da una città all’altra. Fra i suoni naturali amo quello dell’acqua, intesa in tutte le accezioni: dalla pioggia, ai fiumi, ai torrenti. Quando piove, l’acqua colpendo le superfici riesce a comunicarmi la forma e la sostanza di ciò che mi circonda. La presenza di corsi d’acqua, quando si va in bici, dà naturalmente più informazioni sull’ambiente circostante e, se ci si trova in vallate con la strada che segue il fiume, si riesce a capire la direzione che abbiamo seguito e che seguiremo. Anche l’aria comunica le sue informazioni. C’è differenza fra l’aria di un bosco o di una prateria al mattino. Posso rendermi conto se sono in un ambiente completamente aperto o in un bosco anche grazie alla presenza – che percepisco – degli alberi”.

E poi ci sono stati anche i deserti…

“Due sensazioni mi sono rimaste particolarmente impresse. La prima riguarda il deserto del Karakum in Turkmenistan. Karakum significa deserto nero. Infatti è costituito da sabbia e pietre scure, cosa che contribuisce ad aumentare il caldo percepito. Noi lo abbiamo attraversato a luglio, con temperature che superavano i 50 gradi. Viaggiavamo di notte, quando di gradi ce n’erano comunque 30. Ricordo bene la sensazione di questo ambiente completamente aperto e inondato dal sole, senza nessun punto d’ombra. Il caldo era terribile e secco, tanto che non appena il vento soffiava sentivo le palpebre scottare. L’altra sensazione riguarda il Pamir. È un altopiano fra Tagikistan e Kirghizistan dove abbiamo pedalato sempre oltre i 3.000 metri di altitudine, con tre incursioni oltre i 4.000. Lì c’era un’energia particolare, si percepiva la potenza della natura. Il vento era costante, fresco, purissimo. Siamo saliti sul Pamir dopo aver percorso la valle del Wakhan, al confine prima fra Tagikistan e Afghanistan, poi fra Tagikistan e Cina. Ci siamo ritrovati con la catena dell’Hindu Kush a destra, con le sue cime e i ghiacciai incombenti, e dall’altro lato il Pamir. Naturalmente i miei compagni mi descrivevano il paesaggio, ma riuscivo a percepire tutto questo”.

Come vivono le persone non vedenti nei Paesi che hai visitato?

“Non ho il quadro completo delle realtà di tutti i Paesi. Ho preso informazioni dai vari incontri che siamo riusciti ad avere. Abbiamo incontrato qualcuno in tutti i Paesi, tranne in Bulgaria. Quello che ho notato è che dalla Croazia in poi le persone cieche studiano solo in scuole speciali. Hanno forse il vantaggio di essere seguite meglio, ma a scapito dell’integrazione sociale. In quasi nessun caso ci sono istituti in cui i non vedenti vivono. Un esempio particolare è l’università americana dell’Asia centrale a Bishkek, la capitale del Kirghizistan. Qui tengono corsi della durata di un anno per ragazzi di tutte le età, in cui viene fornita un’istruzione di base e si impara l’autonomia domestica e la mobilità in città. In generale possono accedere a scuole e sport coloro che vivono in città. Chi abita nei villaggi difficilmente può studiare, tanto meno lavorare ed essere autonomo”.

Ho letto sulla pagina Facebook di I to eye di un evento con i cani guida a cui siete stati invitati ad Istanbul…

“Sì, a Istanbul abbiamo conosciuto Deniz Tuncer, la prima avvocatessa cieca della Turchia e la prima a possedere un cane guida. Il cane nei Paesi islamici è considerato un animale impuro, perciò non è ben visto il suo contatto con l’uomo. Istanbul fortunatamente è una città più aperta, e Deniz si sta battendo per far accettare il cane guida. Organizza eventi come quello a cui siamo stati invitati, per spiegare i vantaggi di possederne uno”.

Qual è la situazione sportiva invece?

“Lo sport viene visto in tutti i Paesi come una forma di socializzazione oltre che di svago. Nella maggior parte dei casi, però, viene svolto all’interno degli istituti. Ho notato un certo distacco fra i canali sportivi per persone con disabilità e quelli per normodotati. In alcuni Paesi, specie quelli governati da regimi dittatoriali, lo sport è visto come un modo per rappresentare al meglio il Paese. È il caso, ad esempio, del Kazakistan, dove agli atleti olimpici e paralimpici viene corrisposta una retribuzione mensile e, in caso di vincita di medaglie, un appartamento. Anche in Turkmenistan, governato da una dittatura totalitaria, si pratica tanto sport. Il ministro dello sport ci ha ospitati all’interno dell’istituto in cui vivono le persone con disabilità, e ha organizzato un meeting con alcune di loro. In quell’occasione ho conosciuto la campionessa di Power Lifting della categoria atleti affetti da nanismo. Mi ha fatto sorridere il fatto che le persone incontrate all’interno dell’istituto erano fra le più allegre del Turkmenistan. La gente fuori è apatica, senza possibilità di conoscere cose al di fuori del Paese. Naturalmente i social sono censurati”.

Quale Paese ti è rimasto nel cuore?

“Il paese del mio cuore rimane il Tagikistan, il più povero dell’Asia centrale, ma con una forte identità e voglia di modernizzarsi, sotto tutti i punti di vista. Si cerca di far avere un’istruzione migliore possibile anche alle persone con disabilità, e naturalmente di far praticare loro sport. La scuola in cui insegna Siyovush, ad esempio, è un edificio di nuova costruzione con una palestra in cui hanno anche i palloni da torball (gioco sportivo a squadre per non vedenti, ndr). Inoltre lui porta spesso il tandem che gli ho donato per farlo provare ai suoi alunni”.

Mi dicevi che gli hai mandato un secondo tandem recentemente…

“Sì, gli ho mandato via aereo un tandem da corsa nello scorso ottobre. Quel tandem mi era stato donato a sua volta da un signore abruzzese che me lo aveva affidato raccomandandomi di mandarlo dove ce ne fosse bisogno. Ora Siyovush si allena con questo secondo tandem. Bagheera è finito nelle mani del presidente del comitato paralimpico, che non ha nessuna intenzione di restituirlo. Purtroppo in Paese la corruzione è alta e possono fare un po’ come vogliono. Siyovush è riuscito ad usare Bagheera per un anno. Il presidente invece lo tiene chiuso in una stanza e lo tira fuori solo per eventi ufficiali, due o tre volte l’anno, per mettersi in mostra. Ho provato a dare una mano a Siyovush per recuperarlo, ma senza risultati”.

Molte persone non intraprendono viaggi di questo tipo perché temono di dover spendere tanto. Come avete gestito le spese e cosa consigli al riguardo?

“Il nostro viaggio, risparmiando il più possibile su vitto e alloggio, è costato 30.000 euro, tutto compreso. È stato quasi interamente coperto dagli sponsor e attraverso una raccolta fondi con cui abbiamo raccolto circa 6.000 euro. I principali sponsor sono stati Montura e Biotex, che ci hanno fornito tutto l’abbigliamento; l’azienda Fainplast di Ascoli, che ci ha donato in totale 11.000 euro; la cooperativa ascolana Ama Aquilone, la CBM Onlus di Milano, il Rotary Club, Makeitalia… e mi scuso se sto dimenticando qualcuno. La Fondazione per lo Sport Silvia Parente, che mi ha donato tra le altre cose il carrello, ho avuto modo di conoscerla proprio in occasione di questo viaggio”.

Com’è stato tornare in Italia dopo tanti mesi?

“È stato emozionante ritrovare persone che non vedevo da tempo. Ma tornare in un posto in pianta stabile, dopo mesi in cui ci si sveglia quasi sempre in un posto diverso, non è una bella sensazione. Soprattutto è stato difficile tornare in una società molto individualista come la nostra, dopo avere conosciuto i popoli dell’Asia centrale. Mi manca la solidarietà che si percepisce lì”.

Il progetto avrà un prosieguo?

“Per ora vorrei concentrare le mie forze sul Tagikistan. Mi piacerebbe tornare là, riattraversare il Pamir e conoscere altri posti che non ho visto del Paese. Magari, quando sarò riuscito a donare altri tandem, organizzerò un viaggetto di qualche settimana insieme a Siyovush e alle persone che ho conosciuto lì”.

di Giusi Parisi