Corriere Nazionale del 28/02/2021
Sono in corso diversi studi che includono la terapia genica, l’editing genomico e gli oligonucleotidi antisenso.
La sindrome di Usher è una rara malattia ereditaria che colpisce udito, vista ed equilibrio. Causa una perdita dell’udito da lieve a grave, che in alcuni casi può essere combinata con un deficit di equilibrio, e una perdita della vista che peggiora nel tempo, portando alla cecità. Attualmente non sono disponibili terapie: lo studio di nuovi trattamenti per la sindrome di Usher è germogliato nell’ultimo decennio, sulla base dei recenti progressi nel campo della terapia genica e dell’editing genomico. Promettenti risultati che dimostrano il recupero delle funzioni uditive e dell’equilibrio sono stati ottenuti nei modelli animali, ma prima di arrivare all’applicazione clinica è necessario superare altre sfide.
La sindrome di Usher (USH) è una delle principali cause di sordomutismo negli esseri umani con esordio nell’infanzia e colpisce circa 400 mila persone in tutto il mondo, con una prevalenza stimata di 1/30.000. Sono stati definiti tre sottotipi clinici della sindrome (USH di tipo 1, di tipo 2 e di tipo3), con 10 geni coinvolti identificati finora: sei geni sono associati a USH1 (la forma più grave), tre a USH2 e uno a USH3. Essi sono espressi nelle cellule ciliate sensoriali dell’orecchio interno e nelle cellule foto-recettoriali sensibili alla luce dell’occhio. L’identificazione di varianti patogene, insieme alla comprensione del grado della loro patogenicità, e del ruolo delle proteine prodotte da questi geni è essenziale per prevedere meglio l’estensione, la progressione e la gravità dei deficit sensoriali.
Le persone affette da questa sindrome possono trarre beneficio dagli apparecchi acustici o dagli impianti cocleari – a seconda della gravità dei sintomi – che alleviano parzialmente la deprivazione sensoriale uditiva. Per quanto riguarda la vista, la retinopatia può essere gestita con delle lenti particolari ma la cecità si verifica in quasi tutti i casi tra i 50 e i 70 anni di età. Sintomatologia varia e nessuna soluzione clinica, una situazione piuttosto complessa. La necessità di nuove strategie terapeutiche per affrontare i disturbi uditivi e vestibolari ha portato molti gruppi di ricerca ad impegnarsi su questo fronte. Diverse strategie sono state testate in modelli animali, tra cui il trapianto di cellule staminali, l’intervento farmacologico e terapie basate sulla correzione del difetto a livello genetico, con la speranza di trovare un trattamento.
Come spiegato in una recente review pubblicata sulla rivista scientifica Hearing Research, occhio e orecchio interno offrono un ambiente accessibile e relativamente privilegiato dal punto di vista immunitario, adatto allo sviluppo di potenziali soluzioni terapeutiche. Diversi approcci, alcuni dei quali convalidati per altre malattie genetiche, sono stati recentemente utilizzati per colpire i geni Usher. Tra questi, anche la terapia genica. Inoltre, sono in fase di studio anche gli oligonucleotidi antisenso (ASO) e gli strumenti di editing genomico. Alcune di queste strategie sono state utilizzate con successo per valutare la riparazione dei geni di Usher e/o della sordità con risultati promettenti.
Ad esempio, uno studio pubblicato nel 2017 su Scientific Reports ha dimostrato che la terapia genica può migliorare la capacità uditiva in modelli murini. Infatti, la grande maggioranza dei modelli di topo USH riporta i sintomi uditivi e vestibolari dei pazienti, anche se purtroppo questi modelli non riescono a riprodurre i sintomi legati alla vista. Sono quindi stati fatti progressi concreti nella comprensione del coinvolgimento dell’orecchio, ma limitati nel chiarire i meccanismi che coinvolgono la retina.
È interessante notare che la maggior parte dei casi di terapia genica nei topi ha portato ad un recupero ottimale della sensibilità uditiva nelle frequenze più basse. La combinazione dell’impianto cocleare con la terapia genica può essere il primo passo nello sviluppo e nella valutazione delle terapie innovative per la perdita dell’udito causata da malattie ereditarie. La somministrazione di una terapia nell’orecchio interno rimane tecnicamente impegnativa e deve essere applicata in modo ottimale per preservare le delicate strutture, spesso già compromesse. Sono quindi necessarie tecnologie chirurgiche innovative per fornire terapie di nuova concezione in modo sicuro ed efficace.
Su questo fronte, una serie di metodi minimamente invasivi e non invasivi sono già in fase di sviluppo. Bisogna tenere conto del fatto che solo un volume limitato di soluzione può essere trasportato in quella parte dell’organismo, va valutata la tossicità e, infine, se una singola iniezione durante l’infanzia sarà sufficiente a garantire un effetto terapeutico di lunga durata. Da qui altre questioni: se non è sufficiente una sola somministrazione, quante ne serviranno per mantenere i benefici? Ci sarebbe un maggior rischio di effetti collaterali e tossicità? Tutte domande che, si spera, troveranno una risposta nel prossimo futuro.
Negli ultimi anni, diverse terapie avanzate hanno dimostrato la loro efficacia in studi preclinici, in successivi studi clinici e alcune sono state autorizzate per l’immissione in commercio. Tra queste c’è anche Luxturna approvata in Europa nel 2018 e da gennaio disponibile in regime di rimborsabilità in Italia, la prima terapia genica per il trattamento di un disturbo sensoriale ereditario: una specifica forma di distrofia retinica che colpisce i bambini e che causa una precoce perdita della vista.
La speranza è che nei prossimi anni nuovi approcci convalidati per il trattamento della sindrome di Usher, sia che si tratti del fenotipo uditivo, dell’equilibrio o del fenotipo retinico, possano imboccare la strada verso l’applicazione clinica. Il trasferimento di queste conoscenze dal laboratorio ai pazienti richiede sforzi concertati da parte di scienziati in diversi ambiti come la virologia, l’immunologia, la biologia e la fisiologia molecolare e cellulare.