sabato 31 ottobre 2020

iPhone 12 Pro individua persone vicine con il LiDAR: utilissima per non vedenti

Macity net del 31/10/2020

Apple offre nuovi strumenti per l’Accessibilità per imparare a sviluppare con iPad e iPhone.

I nuovi iPhone 12 Pro e iPhone 12 Pro Max integrano una funzione che consente a utenti ciechi o ipovedenti di rilevare persone in arrivo.

I dispositivi sfruttano un sensore LiDAR collocato nella parte inferiore del telefono, elemento che consente di capire la distanza alla quale si trovano altre persone, una funzionalità che Apple ha chiamato “People Detection”.

Il LiDAR è un sensore di profondità particolarmente utile con le app di Realtà Aumentata ed è sfruttato anche nell’ambito della guida autonoma. Apple sfrutta questo sensore nell’ambito della fotografia per misurare la distanza della luce e utilizzare le informazioni sulla profondità dei pixel in una scena ma può essere sfruttato anche per fare altro.

Il sito C-Net spiega che una persona non vedente che si trova al supermercato può attivare la funzione dedicata per capire quando muoversi mentre si fa la fila alla cassa. Camminando su un marciapiedi è possibile ottenere avvisi di persone nelle vicinanze; un ipovedente può sfruttare la funzionalità per capire la disponibilità di un posto nei mezzi di trasporto pubblico o in un ristorante; il sistema può essere sfruttato anche per mantenere la giusta distanza sociale quando si eseguono controlli sanitari o si è in fila ad esempio per i controlli all’aeroporto.

La funzione “People Detection” sarà in grado di indicare la distanza (in piedi o in metri) da un’altra persona e permette di individuare persone fino a cinque metri di distanza. Se ci sono più persone presenti, il telefono indicherà la distanza della persona più vicina all’utente.

La funzione in questione sarà attiva con l’aggiornamento di iOS 14.2, in arrivo nelle prossime settimane. Apple ha già rilasciato alcune versioni beta di questo aggiornamento agli sviluppatori e ai beta tester.

Secondo un report dello scorso anno dell’Organizzazione mondiale della sanità, su scala mondiale almeno 2,2 miliardi di persone soffrono di menomazione della vista o cecità. Negli USA oltre 1 milione di persone sopra i 40 anni è cieca, secondo i dati dei Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie. Entro il 2050 questi numeri potrebbero arrivare a 9 milioni per via della crescente diffusione di diabete, altre malattie croniche e il rapido invecchiamento della popolazione.

Tutto quello che c’è da sapere sui nuovi iPhone 12 lo trovate in questo approfondimento di macitynet. Tutti gli articoli che parlano di iPhone, iPad e Macsono disponibili ai rispettivi collegamenti. Tutto quello che c’è da sapere sulle prossime versioni di iOS 14, iPadOS 14, macOS Big Sur e Apple Watch 7 è riassunto negli approfondimenti di macitynet ai rispettivi collegamenti.

di Mauro Notarianni

venerdì 30 ottobre 2020

Lavoro e disabilità visiva: nuovi orizzonti e traguardi di Francesco Cusati

Giornale UICI del 30/10/2020

Negli ultimi anni le nuove tecnologie stanno contribuendo a una continua e costante trasformazione del mercato del lavoro. Lo stiamo vedendo proprio in questo periodo che, in virtù dell’emergenza sanitaria, tutto non è più oramai come prima.

Il cosiddetto “Smart working” è entrato appieno nel nostro lessico e ha contribuito a un cambio radicale delle nostre abitudini non solo lavorative, modificando notevolmente anche la nostra società.

Negli ultimi anni, e proprio in questo quadro, si evidenzia come le normative del collocamento mirato delle persone con disabilità, causa anche la crisi economica, vengono sempre meno rispettate. Si preferisce spesso non assumere e incorrere nel pagamento di multe, che a dir la verità non sono poi così “salate”.

Per quanto riguarda la disabilità visiva conosciamo bene il ruolo che ha avuto in tema di collocamento lavorativo la legge 113/85 “Aggiornamento della disciplina del collocamento al lavoro e del rapporto di lavoro dei centralinisti non vedenti”, che però ultimamente viene purtroppo spesso disattesa.

Recentemente si è tentato di salvaguardarla ma purtroppo il costante l’immobilismo dei centri per l’impiego delle nostre provincie e l’evoluzione tecnologica hanno posto le basi per una sostanziale difficoltà di applicazione.

Che fare?

Da oltre un decennio l’Istituto dei Ciechi di Milano e la sezione milanese dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti hanno operato alla ricerca di nuove opportunità lavorative coinvolgendo direttamente il tessuto imprenditoriale meneghino.

E iniziata perciò la costruzione di un ponte fra la domanda, rappresentata dalle aziende che si sono messe in gioco, e l’offerta, rappresentata dalle persone con disabilità visiva.

Sono nati percorsi formativi innovativi dove, oltre alla formazione tecnica di base, si è proposto un percorso condiviso con le aziende di training sugli applicativi aziendali propretari. Questi ultimi sono stati chiaramente oggetto di attenta valutazione preliminare, in relazione alla loro accessibilità, da parte degli operatori del Centro Informatico dell’Istituto dei Ciechi di Milano.

Tra le esperienze più significative annoveriamo certamente il progetto di inserimento di ben 10 operatori con disabilità visiva nella centrale operativa di AWP (Allianz Worldwide Partners).

Più di recente la collaborazione con due realtà importanti aziendali quali DHL e Aler Milano ci ha permesso di inserire degli operatori nell’ambito dei rispettivi “Servizi clienti” e di progettare un percorso formativo specifico di “Addetto Customer Care”.

Purtroppo la pandemia ci ha costretto a sospenderlo più o meno a metà percorso e solo di recente è ripreso, prima in presenza e ora utilizzando la Didattica a distanza su piattaforma web.

È oramai troppo importante e fondamentale coinvolgere le aziende per poter costruire insieme un proficuo e soddisfacente inserimento lavorativo considerando anche che, alla base di tutto, è necessario promuovere e diffondere una vera cultura dell’accessibilità per tutti!

Francesco Cusati

Servizi al lavoro della Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano ONLUS

Ma quando arriveranno i vaccini, ci sarà priorità per le persone con disabilità?

Superando del 30/10/2020

Sembra proprio di no, a giudicare dai recenti documenti della Commissione Europea sulle strategie da adottare quando saranno disponibili i vaccini per il Covid-19. A denunciare infatti la “permanente invisibilità” delle persone con disabilità, dopo la continua violazione dei loro diritti durante la pandemia, è il Forum Europeo della Disabilità, pur essendo le stesse persone con disabilità a maggior rischio di contagio. Il Forum ha chiesto dunque alle Istituzioni Europee che le future vaccinazioni siano «garantite da subito alle persone con disabilità, in modo sicuro, affidabile e gratuito».

Durante l’attuale situazione di emergenza dell’Unione Europea, Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, ha dichiarato tra l’altro che «l’Europa deve continuare a gestire la pandemia con estrema cura, responsabilità e unità, utilizzando le lezioni apprese finora per rafforzare la gestione delle crisi». Perché allora, quando si parla di «utilizzare le lezioni apprese finora», si continuano a ignorare le persone con disabilità?

A chiederlo è l’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, ricordando che dall’inizio della pandemia proprio i diritti delle persone con disabilità sono stati tra quelli meno rispettati, in ogni settore della vita, mentre i vari dati prodotti hanno dimostrato che proprio queste persone sono a maggior rischio di contagio, senza contare le tantissime vittime con disabilità sia nelle proprie case che nelle strutture residenziali.

La denuncia di “permanente invisibilità” delle persone con disabilità, proveniente dall’EDF, si riferisce in particolare alla Comunicazione della Commissione Europea al Parlamento e al Consiglio Europeo, giunta il 15 ottobre, sulle possibili future strategie di vaccinazione da Covid e sulla diffusione dei vaccini stessi. Ebbene, secondo il Forum, in tale documento «non si fa menzione alcuna delle persone con disabilità», e queste ultime vengono anche del tutto escluse dalle ancora più recenti Raccomandazioni della Commissione sull’effettuazione dei tamponi, compresi quelli cosiddetti “rapidi”.

«Nella Comunicazione del 15 ottobre – commentano dall’EDF – viene delineato l’approccio generale della Commissione stessa, per garantire agli Stati Membri dell’Unione l’accesso ai vaccini, contemporaneamente e in numero uguale, in proporzione alla loro popolazione. Si prevede inoltre di stipulare accordi con i produttori di vaccini per acquisti avanzati su larga scala, rivendicando come una priorità il fatto di rendere la vaccinazione un bene pubblico globale. Tutto ciò lancia un messaggio realmente positivo, con una visione di stretto coordinamento da parte dell’Unione e tuttavia vi è una lacuna fondamentale, che ci porta e ci porterà a contrastare con forza una strategia di vaccinazione che escluda le persone con disabilità e la loro rete di supporto».

«In cima alla lista delle azioni dell’Unione Europea – aggiungono dal Forum – si parla di “gruppi” che dovrebbero avere la garanzia di un accesso prioritario ai vaccini, in modo da salvare quante più vite possibili, tutelando innanzitutto gli individui più vulnerabili, per rallentare e infine bloccare la diffusione della malattia. Perché, dunque, le persone con disabilità e le loro reti di supporto non vengono identificate tra i “gruppi prioritari” per la vaccinazione, così come i loro caregiver familiari e gli assistenti personali? E perché questi ultimi o le persone che lavorano nei servizi di supporto non vengono identificati come lavoratori essenziali? Eppure si parla del 15% della popolazione dell’Unione Europea, milioni di persone che proprio a causa della loro disabilità sono maggiormente minacciati dal coronavirus».

Tra le ragioni elencate dall’EDF sulla maggiore vulnerabilità delle persone con disabilità, si parla ad esempio del fatto che esse «difficilmente possono rispettare il distanziamento fisico, specie vivendo in ambienti segregati, dove i tassi di infezione sono molto alti (istituzioni, ospedali psichiatrici, campi profughi). Spesso, poi, versavano già da prima in precarie condizioni di salute o sono in età avanzata, ciò che richiede un maggiore accesso ai servizi sanitari, costringendoli quindi ad affrontare il rischio di luoghi pubblici affollati. Senza contare che sovente vivono in situazione di povertà o appartengono a gruppi già di per sé emarginati (donne e ragazze con disabilità, persone rom con disabilità, persone con disabilità di colore, rifugiati con disabilità), e tutto ciò aumenta decisamente il rischio di contrarre il virus».

Alla luce di quanto detto, il Forum ha inviato una lettera aperta a tutte le Istituzioni Europee, a firma del proprio presidente Yannis Vardakastanis, chiedendo in primo luogo «di includere le persone con disabilità e le organizzazioni rappresentative nella pianificazione delle strategie di vaccinazione», fornendo loro, così come alla loro rete di sostegno «un accesso prioritario a vaccinazioni sicure, affidabili e gratuite, quando saranno disponibili».

«Particolare attenzione – si scrive inoltre nella lettera – dovrà essere prestata per garantire che i siti in cui verranno erogate le vaccinazioni siano accessibili e che tutte le campagne siano inclusive e pure accessibili alle persone con disabilità». E ancora, «tutti i sistemi di informazione elettronica relativi alle vaccinazioni dovranno raccogliere dati disaggregati per età, sesso e disabilità, e anche i servizi basati sul web dovranno essere pienamente accessibili, garantendo il rispetto della privacy e la riservatezza delle informazioni relative alla salute».

E da ultimo, ma non ultimo, «le organizzazioni di persone con disabilità dovranno disporre di risorse adeguate per diventare partner nell’introduzione di campagne di informazione, ad esempio raggiungendo le persone appartenenti ai gruppi più emarginato e garantendo che i vari messaggi diffusi siano chiari, inclusivi e accessibili». (S.B.)

A questo link è disponibile il testo integrale della lettera aperta inviata dal Forum Europeo sulla Disabilità alle Istituzioni Europee. Per ulteriori informazioni: info@edf-feph.org.

giovedì 29 ottobre 2020

La distanza non diventi esclusione

Lucemagazine del 29/10/2020

Dopo il susseguirsi di ordinanze regionali che sospendevano le attività didattiche in presenza, l’ultimo Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri di sabato 24 ottobre ha uniformato la situazione a livello nazionale, portando alla quota minima del 75% le attività didattiche da svolgersi a distanza. Per tutti gli studenti italiani delle scuole secondarie si ritorna dunque a seguire le lezioni da casa, con il rito dell’entrata in classe sostituito dall’accesso online a Zoom o a un’altra piattaforma digitale. La misura - di cui non discutiamo la necessità dal punto di vista della tutela della salute pubblica – mette a rischio nuovamente il diritto allo studio delle categorie degli studenti più fragili, fra i quali gli alunni con disabilità.

Dal mondo delle associazioni si sono immediatamente levate voci critiche per l’assenza dal nuovo DPCM di misure specifiche da adottare per gli alunni con disabilità, che vengono citati esclusivamente nella frase di rito «avuto anche riguardo alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità», peraltro nella sola parte dedicata agli studenti universitari. Del resto basta fare una ricerca testuale della parola “sostegno” nell’ultimo decreto per accorgersi che compare per sole 3 volte (su 84.248 parole! ) e mai con un riferimento diretto alla scuola.

Il problema – ha evidenziato l’Associazione Italiana delle Persone Down – è che non si accenna minimamente alle misure possibili per garantire il diritto alla didattica in presenza per gli alunni con disabilità. Di qui l’appello dell’associazione affinché «gli studenti con disabilità e il docente di sostegno con l’assistente all’autonomia e la comunicazione non siano lasciati soli in classe, ma si preveda la presenza anche di un piccolo gruppo di compagni di classe per garantire le “condizioni di reale inclusione”»

Di rischi di esclusione parla anche Evelina Chiocca, presidente del Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno, che lancia l’allarme del possibile ritorno delle classi differenziali: «una lettura veloce del testo può indurre a pensare che, in presenza, debbano esserci unicamente alunni con disabilità insieme ad altri scolasticamente fragili, andando a ricostituire, di fatto, le classi differenziali o classi speciali abolite nel lontano 1977. Ed è ciò che, in molte scuole, sta accadendo»

La frequenza per gli alunni con disabilità (garantita dal decreto ministeriale n. 39 del 26 giugno 2020) si trasformerebbe paradossalmente in una condizione di esclusione.

Preoccupato dalla situazione è anche Rodolfo Masto, presidente della Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano Onlus, che segue circa 400 studenti ciechi o ipovedenti delle scuole lombarde: «I problemi che la scuola si trova ad affrontare in queste settimane sono eccezionalmente difficili e complessi. Ma non possiamo dimenticarci dei più fragili. Rivolgo un appello alle istituzioni affinché con il ritorno della didattica a distanza venga posta la massima attenzione per garantire il diritto allo studio di tutti gli studenti, compresi quelli con disabilità. Bisogna evitare che il distanziamento fisico si trasformi in distanziamento morale».

Ad aumentare il rischio di “distanziamento morale” c’è poi il meccanismo di arruolamento degli insegnanti di sostegno, che non garantisce la copertura di tutti i posti disponibili in molte regioni d’Italia, lasciando che vengano assegnati a supplenti privi di specializzazione. Con buona pace della continuità didattica e della preparazione specifica.

Un dossier di Tuttoscuola, pubblicato in questi giorni, arriva al nocciolo del problema: nell’annuale mobilità del personale docente sono gli insegnanti di sostegno a costituire percentualmente il gruppo più numeroso in trasferimento. Analizzando i dati della mobilità regionale degli insegnanti di sostegno sembra di «intravedere una specifica “rotta”, molto seguita da insegnanti in prevalenza meridionali, e percorsa in tre tappe: vanno a occupare posti di sostegno al Nord (dove ci sono molti posti vacanti e dove ottengono il posto fisso), poi chiedono il trasferimento vicino casa (seconda tappa) e arrivati a destinazione chiedono il passaggio al posto comune (tappa finale), lasciando il sostegno e gli alunni con disabilità».

Il sostegno sarebbe insomma utilizzato come una scorciatoia per il posto fisso e per il trasferimento vicino a casa.

Va detto che sono moltissimi gli insegnanti che quotidianamente lavorano con alunni disabili, a volte gravi, con passione e sensibilità encomiabili, sostenute da una solida preparazione specifica. Si trovi un modo per assegnare le cattedre a loro.

di Marco Rolando

Docenti di sostegno a casa per quarantena o isolamento: continuano ad insegnare, ecco come

Orizzontescuola del 29/10/2020

Decreto 19 ottobre 2020 del Ministro per la pubblica amministrazione. Personale docente e ATA in quarantena con sorveglianza attiva o in isolamento domiciliare fiduciario. Ecco le indicazioni del Ministero in modo specifico per gli insegnanti di sostegno.

ROMA. Il decreto legge 14 agosto 2020, n. 104 afferma che per quanto concerne le istituzioni scolastiche, non si applicano ordinamentalmente le disposizioni in materia di lavoro agile.

Eccezioni:

• su disposizione dell’autorità competente sia imposta la sospensione delle attività didattiche in presenza;

• nel caso “di quarantena con sorveglianza attiva o di isolamento domiciliare fiduciario”.

Il decreto, all’articolo 4, comma 2, stabilisce infatti che “nei casi di quarantena con sorveglianza attiva o di isolamento domiciliare fiduciario, ivi compresi quelli di cui all’articolo 21-bis, commi 1 e 2, del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, il lavoratore, che non si trovi comunque nella condizione di malattia certificata, svolge la propria attività in modalità agile“.

Dunque, conclude la nota “fino all’eventuale manifestarsi dei sintomi della malattia, benché il periodo di quarantena sia equiparato, come si è visto, al ricovero ospedaliero, il lavoratore non è da ritenersi incapace temporaneamente al lavoro ed è dunque in grado di espletare la propria attività professionale in forme diverse”.

Il periodo di Quarantena con sorveglianza attiva è individuato con atto scritto dell’autorità sanitaria competente e ha la durata di dieci giorni effettivi, dalla data individuata dal provvedimento sanitario che la dispone.

Docenti di sostegno

Per quanto attiene la circostanza dei docenti di sostegno, contitolari a pieno titolo delle classi in cui prestano servizio, si ritiene che la particolarità della loro funzione inclusiva per l’alunno con disabilità, in via ordinaria, debba essere considerata prioritaria rispetto alla necessità di gestione generalizzata del gruppo classe.

I Dirigenti scolastici, pertanto, potranno disporre il loro impiego in funzioni di supporto al docente in quarantena esclusivamente a orario settimanale invariato e nelle classi di cui siano effettivamente contitolari, sempre che non vi siano particolari condizioni ostative, legate alla necessità di gestione esclusiva degli alunni con disabilità loro affidati.

Nel caso in cui il docente di sostegno sia posto in quarantena, si ritiene di poter individuare, proprio nel principio della contitolarità sulla classe di tutti i docenti, la misura più idonea per garantire il diritto allo studio dell’alunno con disabilità, cui deve essere di norma consentita la frequenza delle lezioni in presenza.

Nella scuola primaria, in particolare, si potrà prevedere che il docente di sostegno posto in quarantena svolga le attività didattiche, opportunamente condivise e programmate in sede di programmazione settimanale, a favore dell’intero gruppo classe, potendosi temporaneamente attribuire la speciale presa in carico dell’alunno con disabilità al docente di posto comune della classe.

martedì 27 ottobre 2020

Gli auguri della Presidente

GAZZETTA DI MANTOVA del 27/10/2020

L’UNIONE CIECHI SOFFIA SULLE CENTO CANDELINE

Ieri l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti ha compiuto cento anni. “Un compleanno - scrive la presidente della sezione di Mantova Mirella Gavioli - a cui, in un anno così particolare, pieno di sfide, di vecchie e nuove difficoltà e battaglie da combattere e da vincere uniti contro un nemico invisibile, voglio invitare virtualmente tutti a un momento di festa per spegnere con noi le prime cento candeline.”

Era il 1915 quando, in un’azione di guerra, Aurelio Nicolodi, giovane ufficiale combattente volontario nell’esercito italiano, perdeva il dono della vista e, dopo essersi ripreso e rinvigorito dalle ferite fisiche e morali, mosse precocemente i primi passi verso la ricerca della propria autonomia e dignità, per mettersi a disposizione come precursore di una nuova grande battaglia morale e materiale a favore di tutti i ciechi italiani. Fu così che, il 26 ottobre del 1920, a Genova, si costituiva l’Unione Italiana Ciechi. “Il 2020 - continua Mirella Gavioli - doveva essere un anno di celebrazioni delle abilità, competenze, creatività, intraprendenze e del valore aggiunto che le persone con disabilità visiva e disabilità aggiuntive in cento anni hanno saputo conquistare e mettere al servizio della collettività, ma le circostanze legate alla pandemia non lo hanno consentito”. La consegna del premio Braille al presidente Mattarella, la celebrazione a Messina della giornata nazionale del cane guida, la consegna della campana Aurelia alla Curia di Genova, la cerimonia di emissione e annullo del francobollo commemorativo, la mostra itinerante, le numerose iniziative culturali attraverso i canali virtuali e la Slash radio web a disposizione di tutti, l’iniziativa organizzata con Coca-Cola The Smile Can… sono solo alcune delle proposte che l’associazione ha saputo comunque mettere in campo…

A valorizzazione del suo instancabile operato a dimostrazione che la disabilità non deve essere "vista o vissuta" come un limite bensì come risorsa e diversità che va ad arricchire quella stessa società di cui facciamo orgogliosamente parte. È per questo che, oltre ai servizi rivolti ai ciechi e agli ipovedenti (garantendo loro una presa in carico a trecentosessanta gradi), impegniamo molte energie per le attività di sensibilizzazione, accoglienza, consulenza, formazione, prevenzione, riabilitazione, assistenza morale e materiale offerte alle persone, alle famiglie, alle istituzioni, alle scuole, al mondo del lavoro, delle tecnologie, dello sport, del tempo libero, e della cultura e alla popolazione tutta, proprio per contribuire alla costruzione di una società sempre più inclusiva. Molta è ancora la strada da fare, i diritti e le opportunità da difendere e conquistare affinché le persone cieche e ipovedenti del nostro territorio continuino a trovare risposte ai propri bisogni e aspettative e per ricercare il loro posto nella società, al suo interno e "mai più ai margini", dove la storia ci ha visti confinati per secoli. “BUON COMPLEANNO UNIONE, BRINDIAMO A GIORNI MIGLIORI!”

La Presidente U.I.C.I. SEZIONE TERRITORIALE DI MANTOVA MIRELLA GAVIOLI

«Una quota delle risorse Ue da destinare ai più fragili»

Avvenire del 27/10/2020

Un piano nazionale di aiuto e supporto per i più fragili dimenticati. La proposta, che riguarda oltre 2 milioni di cittadini con disabilità visiva e le loro famiglie, arriva da Mario Barbuto, presidente dell'Unione italiana ciechi e ipovedenti, associazione che ieri ha compiuto 100 anni di attività: un secolo di battaglie per l'uguaglianza e la libertà di una delle categorie che oggi risultano più penalizzate dall'emergenza Covid.

Si tratta di un intervento a favore dei ciechi e degli ipovedenti nei settori della ricerca, della tecnologia, della prevenzione e dell'accoglienza, con una serie di misure straordinarie da finanziare con almeno lo 0,1% dei 209 miliardi messi a disposizione dal Recovery Fund. «Anche se in un Dpcm di maggio - precisa Barbuto - è stata giustamente concessa per la nostra categoria una deroga alla norma sull'obbligo del distanziamento fisico di un metro, che ci ha consentito di usufruire di nuovo dell'accompagnatore. Abbiamo comunque già duramente sperimentato in primavera le conseguenze delle chiusure: per settimane sono venuti meno gli interventi di prima necessità come le pulizie, la spesa, l'assistenza domiciliare, la scuola e il lavoro - prosegue il presidente -, difficoltà che adesso in parte si ripropongono, accompagnate ancora da isolamento, solitudine e paura. È una condizione che noi viviamo maggiormente rispetto ad altri, considerando anche l'impossibilità di toccare, per ragioni di prevenzione sanitaria, oggetti e persone, che è uno dei nostri modi di capire e comunicare».

Ma cosa si vuole realizzare, in concreto, con quegli oltre 200 miliardi di euro circa da attingere dal Fondo europeo che dovrebbe essere assegnato all'Italia nel 2021? «Un progetto che comprenda interventi di formazione, istruzione, collocamento al lavoro e, soprattutto, nuove tecnologie d'assistenza, per rendere meno difficile l'uso dei dispositivi elettronici magari con applicazioni di sintesi vocale e con il braille laddove è possibile, anche perché oggi per noi non vedenti o ipovedenti non è sempre facile accedere ai sistemi di banche e di enti pubblici. Ma il momento per il nostro Paese è drammatico e noi capiamo le esigenze di tutti: non chiediamo niente di più, se non che vengano confermati nella prossima Legge di Stabilità gli stessi fondi destinati alle disabilità nel 2020, oltre al progetto che si può realizzare con una piccola parte del Recovery Fund ».

L'UICI, attraverso le sue 21 sedi regionali e 107 uffici periferici, dà ascolto e concreto sostegno alle persone affette da disabilità visiva lavorando in una rete che comprende altri soggetti attivi sul territorio come Croce Rossa e Protezione Civile. «Con loro abbiamo realizzato una serie di servizi - dice Barbuto - che comprendono ad esempio la consulenza e l'apporto di educatori ed esperti informatici per supportare i ragazzi non vedenti che devono fare la didattica a distanza, ma abbiamo aperto anche sportelli telefonici dove un'équipe di psicologi aiuta chi ha bisogno».

di Fulvio Fulvi

Quando le sette note incontrano la disabilità di Stefania Delendati

Superando del 27/10/2020

Anche se il termine “musicoterapia” è abbastanza recente, sin dai tempi antichissimi la musica è servita a scopi educativi e terapeutici. E tuttavia il connubio disabilità-musica va ben oltre e non di rado ha visto e vede le persone con disabilità come protagoniste e promotrici di esperienze nel mondo dei suoni, fino ad arrivare, negli anni più recenti, ad esperienze come quelle di John Kelly, persona con disabilità e inventore di un sistema che permette di suonare la chitarra anche a persone con gravi disabilità motorie o alle incursioni nella musica elettronica del non vedente Stefano Scala.

È nato prima l’uomo o la musica? Parafrasando il noto detto dell’uovo e della gallina, ben si rende l’idea del legame che ci unisce alla musica, tanto che vien da pensare che il genere umano sia da sempre un tutt’uno con il ritmo, le note, la melodia.

Si tratta di una forma di comunicazione universale; quanti di noi ascoltano e apprezzano canzoni in lingua inglese anche se non ne comprendono il testo? Quanti le cantano alla meno peggio, pur di cantare, perché in qualche modo ne afferrano comunque il significato? Per non parlare delle colonne sonore che accompagnano i film, raccontandone la trama quanto i dialoghi dei protagonisti, oppure delle canzoni tradizionali legate ai singoli territori; e ancora, la musica classica, il jazz, il blues, il soul, il pop, il rock e chissà quanti altri generi che sto dimenticando, per arrivare a quelli più moderni come il rap. Un linguaggio capace di evocare ricordi, trasmettere emozioni e idee passando semplicemente per le orecchie, un’espressione emotiva che non ha necessariamente bisogno del canale verbale e di quello corporeo per arrivare al cuore.

Per questa sua versatilità, sin dai tempi antichissimi, la musica è servita per scopi educativi e terapeutici. Se il termine musicoterapia, infatti, risale agli Anni Trenta del Novecento, alcuni studi hanno dimostrato che già le prime civiltà umane cercavano la guarigione con una sorta di “incantesimo” nel quale i suoni avevano un ruolo dominante. Musica e medicina andavano di pari passo per i Sumeri, gli Assiri e gli Egiziani, lo stesso dicasi per la cultura cinese del terzo millennio avanti Cristo, che ci ha lasciato un libro dove l’unione dei concetti di Yin e Yang produce ritmo e salute. In India l’ascolto di un determinato tipo di musica ristabiliva l’equilibrio alterato dalla malattia, un concetto ripreso da Platone e Aristotele, entrambi convinti sostenitori della musica come strumento dal potere liberatorio, portatore di calma e serenità.

Le ricerche continuarono nel Medioevo, sostenute dai monaci, e durante il Rinascimento nelle Scuole di Salerno e Montpellier, ma fu alla metà del Settecento che il medico londinese Richard Brockiesby diede alle stampe il primo trattato di musicoterapia che si diffuse in tutta Europa, cui seguirono gli studi sull’impatto sonoro effettuati in Germania alla fine dell’Ottocento.

In quegli stessi anni, Biagio Gioacchino Miraglia la sperimentò per la prima volta in Italia, presso il morotrofio di Aversa. Interessante l’esperienza austriaca agli albori del Ventesimo Secolo, quando attività assimilabili alla musicoterapia erano praticate da donne musiciste di origine ebraica che operavano a titolo gratuito. Il resto è storia recentissima.

Nel nostro Paese, malgrado non esista la figura professionale del musicoterapeuta, quattro Decreti Ministeriali, dal 2005 al 2011, hanno riconosciuto la formazione degli operatori che si compie con un percorso di due-tre anni presso i Conservatori di Verona, Ferrara e l’Aquila.

Ormai considerata una disciplina paramedica, la musicoterapia viene impiegata in àmbito psicopedagogico, per migliorare l’apprendimento e favorire la creatività, e in quello clinico-psichiatrico, nelle case di cura e nei centri assistenziali; numerosi, inoltre, sono i centri specializzati sparsi lungo lo Stivale.

La musicoterapia produce benefìci sul piano fisico, emozionale, mentale, cognitivo e sociale, è efficace contro lo stress, riducendo il cortisolo, aiuta a dominare le paure e limita la percezione del dolore. Per questo trova applicazione anche sulle persone anziane affette da malattie come l’Alzheimer e il Parkinson, qualunque sia lo stadio della patologia, in quanto anche il semplice ascolto stimola le funzioni cerebrali, la memoria e i rapporti con gli altri.

Finora ne abbiamo parlato come terapia, come di un supporto alla riabilitazione, ma il connubio disabilità-musica va ben oltre e non di rado vede le persone con disabilità non quali soggetti da “curare”, ma come protagoniste e promotrici di esperienze nel mondo dei suoni.

Ci sono artisti leggendari come Ray Charles e Stevie Wonder, il nostro Andrea Bocelli, conosciuto in tutto il mondo, e Pierangelo Bertoli, un cantautore che ha inciso parole e note indimenticabili, fino ad Ezio Bosso che troppo presto ci ha lasciato.

Accanto ad esempi celebri – questi e molti altri che qui non cito -, ci sono storie meno conosciute ma altrettanto meritevoli di essere raccontate.

Una di queste comincia nel 1989, in un villaggio turistico, dove un gruppo di ragazzi con diverse disabilità motorie e la comune passione per la musica fonda i Ladri di Carrozzelle, una rock band “alternativa” dove si trova il modo di sopperire alle difficoltà e si riesce perfino a suonare la batteria, “dividendosi” lo strumento. Nel corso del tempo la formazione è cambiata per l’aggravarsi della malattia di alcuni componenti del gruppo, nuovi “ladri” si sono aggiunti e oggi la rosa dei musicisti si alterna a seconda dell’impegno richiesto. In oltre trent’anni vi hanno suonato più di cinquanta artisti, hanno all’attivo cinque album in studio, due album live, sei singoli e altrettanti video, sette dischi realizzati per progetti specifici.

Tra le tante partecipazioni televisive e le oltre 1.500 esibizioni, si contano tre concerti del Primo Maggio, quello in mondovisione per il Giubileo del 2000, l’apertura della serata finale del Festival di Sanremo nel 2017 e l’invito a suonare al Parlamento Europeo, il 18 maggio 2018, presentati come eccellenza italiana ed esperienza unica nel Vecchio Continente.

Ai concerti dal vivo che rimangono il fulcro dei Ladri, si sono aggiunte attività collaterali che rispondono ad un unico ambizioso progetto: la diffusione di un’immagine nuova delle diverse abilità. Passando per la musica, infatti, il messaggio culturale arriva nelle scuole, dove dal 1992 il gruppo ha incontrato più di 30.000 studenti di ogni età.

Oggi il progetto si è ampliato con laboratori musicali dedicati a ragazzi con ogni forma di disabilità; tra loro alcuni hanno raggiunto l’obiettivo di suonare nella band. L’abbiamo detto, per i Ladri di Carrozzelle perfino suonare la batteria è un gioco di squadra, l’imponente strumento non può essere gestito da una sola persona con disabilità, quindi i tamburi vengono suddivisi tra più musicisti. Una soluzione certo ingegnosa, ma non praticabile per tutti gli strumenti. Prendiamo la chitarra, ad esempio: come pizzicare le corde se gli arti superiori si muovono poco e male?

Ci ha pensato un musicista e attivista con disabilità, John Kelly, che ha inventato un controller che permette di suonare la sei corde anche alle persone che muovono una sola mano oppure hanno altri tipi di disabilità motorie. Della chitarra classica mantiene la forma, costruita in base alle esigenze del musicista, il cuore è un concentrato di tecnologia, grazie ad un software che si può interfacciare con i più comuni programmi per computer e dispositivi mobile con cui è possibile suonare gli accompagnamenti senza bisogno di una mano che diteggi gli accordi.

Il prototipo si chiama Kellycaster ed è stato prodotto in collaborazione con Drake Music, una società fondata a Londra negli Anni Ottanta, che vuole dimostrare (e ci riesce) che la produzione musicale non è preclusa ai disabili.

Se prima di Drake Music, dunque, la musica era soprattutto un intervento terapeutico per bambini e adulti con difficoltà fisiche o mentali, il panorama è cambiato e oggi le barriere invalidanti per i musicisti vengono abbattute, spesso in modo rapido ed economico.

Nel 2010 è sorto un laboratorio nel quale persone con e senza disabilità, principianti e professionisti del settore, lavorano fianco a fianco, per dare a tutti l’opportunità di suonare. Sono oltre mille i musicisti che fino ad oggi hanno usufruito delle idee di Drake Music e possono tenere in mano uno strumento che sembrava irraggiungibile.

Per niente facile era anche il sogno di Stefano Scala, musicista e produttore non vedente genovese, fresco vincitore del secondo premio all’Accessibility Hackathon 2020, per l’invenzione del primo analizzatore di spettro accessibile, strumento fondamentale della produzione musicale.

Fin da giovanissimo Scala è appassionato di musica ed elettronica, ha 15 anni quando comincia a lavorare in radio e si iscrive al conservatorio. Appena maggiorenne, apre uno studio di registrazione insieme a due amici e poco dopo ne fonda uno tutto suo, quello che ancora oggi gestisce. Parlando con i ragazzi non vedenti della sua esperienza, ci tiene a sottolineare come si debba essere competitivi, nel senso buono del termine, studiare e non smettere mai di aggiornarsi. E non sono solo parole, perché l’intera carriera di Paolo è all’insegna della formazione continua. Studia programmazione a Bologna, lavora per diverse band e suona il piano in giro per l’Italia, finché si dedica ai software con sintesi vocale e ad ogni congegno informatico in grado di consentire l’accesso alla musica a chi non vede. “Complice” la fidanzatina di allora, compra la batteria elettronica e il sintetizzatore. Lei legge le istruzioni, lui le traduce in Braille e passa notti in bianco a provare, imparando a memoria tutto quello che serve.

Certo erano altri tempi, non esisteva neanche Windows, bisognava costruire tutto da zero e questa abilità gli torna ancora utile, avendo anche sviluppato, insieme a un amico, un programma che gli consente di utilizzare la stragrande maggioranza della componentistica propria di uno studio di registrazione.

Tanto impegno è stato ripagato da molte soddisfazioni: la possibilità di lavorare alla RAI come arrangiatore, comporre colonne sonore per la pubblicità, radio private, manifestazioni e gruppi emergenti. Gli attimi impagabili ed esaltanti, però, rimangono quelli degli inizi, «nei quali tu riesci a utilizzare una cosa che ti sembrava impossibile fino al giorno prima e che da dominio di tutti diventa dominio anche tuo», afferma Stefano. Come dire, «i sogni sono una traccia audio in stop. Sta a voi premere play».

lunedì 26 ottobre 2020

Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti: oggi l'anniversario dei primi 100 anni d'impegno per 2 milioni di disabili visivi

La Repubblica del 26/10/2020

Nel ricordare il Centenario, l'associazione chiede attenzione e gesti concreti per le persone tra le più penalizzate dal distanziamento sociale. L’occasione del Recovery Fund.

ROMA. Compie oggi 100 anni l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti (UICI), l’associazione di rappresentanza e tutela degli interessi dei circa 2 milioni di cittadini italiani ciechi e ipovedenti. Per l'occasione, ricorda il suo Centenario con un evento in streaming nel rispetto delle disposizioni sull’emergenza sanitaria. L’evento è organizzato in simultanea tra la sede nazionale, enti e istituzioni e la sede di Poste Italiane a Genova, città dove UICI fu fondata proprio il 26 ottobre. L’Unione Ciechi intende onorare 100 anni di impegno e dedizione in favore dei diritti delle persone con disabilità visiva per i quali il nostro Paese ha realizzato importanti traguardi di inclusione e civiltà. Allo stesso tempo si vuole ribadire quanto sia importante prestare la massima attenzione alle difficoltà dei cittadini con disabilità visiva, tra i più penalizzati dal distanziamento sociale e dalle nuove regole di protezione e convivenza imposte dall’emergenza sanitaria.

"L'impegno per nuovi traguardi di civiltà". “Per l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti - commenta il presidente di UICI Mario Barbuto – oggi è una giornata di commozione, soddisfazione e orgoglio. La strada percorsa dai nostri predecessori per la conquista di diritti basilari costituisce per noi tutti l’esempio da seguire per ottenere nuovi traguardi di civiltà, uguaglianza e cittadinanza consapevole. L’esempio dei padri fondatori ci farà da guida nel nostro impegno quotidiano accanto ai ciechi offrendo loro tutta la nostra rete di strutture e di supporto presenti in ogni angolo d’Italia. Certo – ha aggiunto Barbuto - questo non è il modo in cui avremmo immaginato le celebrazioni del nostro Centenario”. L’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti esprime anche soddisfazione per la vicinanza delle istituzioni, in particolare del Capo dello Stato, al quale ha voluto conferire il Premio Louis Braille, massimo riconoscimento nazionale per l’impegno sul tema della disabilità visiva.

L'emissione del francobollo commemorativo. Anche la RAI sostiene l’impegno dell’Unione, perché da oggi, per una settimana, manderà in onda quotidianamente lo spot del Centenario. E infine, Poste Italiane che, in collaborazione con il Ministero delle Infrastrutture e dello Sviluppo Economico, ha dedicato al Centenario un francobollo commemorativo emesso durante l’incontro in streaming con una breve ma significativa cerimonia. Con il Centenario l’UIC vuole anche attrarre l’attenzione delle istituzioni e della cittadinanza sui gravissimi temi della disabilità plurima che sono divenuti ormai una priorità assoluta e che richiedono interventi significativi per portare sollievo alle famiglie e restituire dignità alle persone che ne sono colpite.

Una proposta concreta e attivabile. Potrebbe essere quella, nel breve, di destinare almeno lo 0,1% dei 209 miliardi messi a disposizione per il nostro Paese con il Recovery Fund Europeo per l’adozione di Piano di interventi straordinari rivolto alle persone con disabilità e alle loro famiglie. Una quota minima che potrebbe tuttavia fare una grande differenza, realizzando finalmente un Piano nazionale, di aiuto e supporto nei settori della ricerca, della tecnologia, della prevenzione e dell’accoglienza. Per il Centenario UICI, tanti partner di eccellenza e sponsor di alto profilo Il Centenario coinvolge una serie di partner di eccellenza che nel loro insieme rappresentano il “sistema” delle competenze e della rete di supporto rivolta ai disabili visivi e alle loro famiglie.

Brevi cenni storici sull'Associazione. Dalla fondazione a Genova nel 1920, sono seguiti 100 anni di impegno dell'UICI per l’uguaglianza e la libertà dei non vedenti. Tutto ebbe inizio nel capoluogo ligure il 26 ottobre 1920 ad opera di Aurelio Nicolodi, un giovane ufficiale trentino che aveva perduto la vista durante la prima guerra mondiale e che, dopo essersi visto negare il diritto a poter lavorare, iniziò ad avviare un percorso di consapevolezza e solidarietà tra i ciechi affinchè si unissero in un senso comune di rappresentanza. Attraverso la sua sede nazionale di Roma, 21 sedi regionali e 107 territoriali l'UICI dà ascolto e sostegno alle persone affette da disabilità visiva lavorando in una logica di rete e coordinamento con altri soggetti attivi sul territorio.

I Partner d'eccellenza.

Biblioteca Regina Margherita (Monza), Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi (Roma), Istituto per la Ricerca la Formazione e la Riabilitazione (Roma), Museo Anteros presso l’Istituto dei Ciechi Francesco Cavazza (Bologna), Centro Regionale Helen Keller (Messina), Stamperia Regionale Braille con il Polo Tattile Multimediale (Catania), Istituto dei Ciechi di Milano, Club Italiano del Braille (Roma), Istituto Nazionale Valutazione Ausili e Tecnologie di UICI (Roma), Museo Tattile Statale Omero (Ancona), Fondazione Lia-Libri Italiani Accessibili (Milano). Supportano l’evento anche Voice Systems, Letismart, Proxima e MaiTai, mentre sponsor ufficiali sono Banca d Italia, Enel Cuore, Coca-Cola, Semaforica, Icam, Fabiano Editore.

Il microbiota e gli occhi

In Dies del 26/10/2020

Negli ultimi anni si è aperta in medicina la possibilità che il microbiota, la comunità di batteri che vive costantemente con noi, possa influenzare la comparsa e l’evoluzione di varie patologie dell’uomo. Molte evidenze supportano questa ipotesi in vari settori della medicina, dalla gastroenterologia passando per la cardiologia, arrivando all’endocrinologia. Ultimamente anche gli oftalmologi hanno iniziato a riflettere a fondo su questo tema e la letteratura medica inizia a produrre ricerca in tale senso.

Se n’è discusso nel corso dell’XI Congresso nazionale dell’Associazione Italiana dei Medici Oculisti, che si è svolto a Roma lo scorso 16 e 17 ottobre, durante una sessione organizzata dal dottor Alberto Lanfernini e dalla dottoressa Paola Bonci. “Se sarà possibile in futuro diagnosticare alcune malattie oculari anche tramite l’esame dei microbiota oculare e intestinale? Su questa materia siamo ancora all’anno ‘zero’ - ha detto il dottor Lanfernini- ci vorranno numerosi studi ancora per confermare queste ipotesi, ma le evidenze potrebbero iniziare a suggerire questo. Senz’altro il tema è fortemente innovativo in oculistica, quasi una frontiera inesplorata, in cui ci si comincia ad affacciare”.

Il microbiota, hanno intanto spiegato gli esperti, è definito come la ‘popolazione di microrganismi che colonizza un luogo’ e viene assunto dall’uomo durante il parto e risulta in parte modificabile durante la crescita. Durante la sessione congressuale si è parlato in particolare del microbiota intestinale e di come questo sia “concausa di patologie e squilibri in vari organi”, ponendo l’accento sui meccanismi fisiopatologici di questa correlazione “basata sulla produzione di citochine e altri mediatori infiammatori sistemici che vanno a colpire a distanza strutture bersaglio”. Ha quindi proseguito il dottor Lanfernini: “Il MALT (il tessuto linfoide associato alle mucose) è il sistema immunitario delle mucose, compresa quella congiuntivale: in questa ottica è comprensibile che ogni condizione di dis-regolazione immunitaria coinvolga anche gli occhi”. La relazione si è poi indirizzata sulle possibili indagini di laboratorio utili per inquadrare gli squilibri, necessarie per capire dove intervenire per “ripristinare l’omeostasi intestinale e delle mucose in generale. La dieta è una variabile fondamentale per prendersi cura del microbiota intestinale- ha aggiunto Lanfernini- e i probiotici hanno effetto riequilibratore in caso ci siano deviazioni dalla norma, condizione chiamata disbiosi”.

Per la parte oftalmologica, la dottoressa Bonci ha invece riportato le evidenze in letteratura di quanto noto riguardo le correlazioni tra microbiota e patologie importanti, come alcuni tipi di glaucoma, degenerazione maculare, uveiti, occhio secco, citando recenti studi che vanno in tale direzione e che sono una novità “potenzialmente di rilievo per l’oculistica”. Per la prima volta in un congresso nazionale italiano si è parlato poi di metagenomica del microbiota oculare, che rappresenta “la totalità del patrimonio genetico posseduto dal microbiota”, con una relazione dettagliata del dottor Davide Borroni. Non si è tralasciato ancora di valutare le alterazioni del microbiota e le conseguenze nei bambini, perché “anche loro possono risentire di squilibri”, ne ha parlato il dottor Roberto Caputo, responsabile di Oftalmologia dell’ospedale Meyer di Firenze. Infine, il professor Edoardo Villani ha illustrato l’utilità dei probiotici in collirio nelle patologie infiammatorie della superficie oculare.

Ma il mondo è “un paese per persone con disabilità”?

Superando del 26/10/2020

Verrebbe semplicemente da dire che il mondo “non è un paese per persone con disabilità”, leggendo l’importante rapporto elaborato da sette organizzazioni impegnate a livello mondiale sui diritti delle stesse persone con disabilità (l’elenco è nel box in calce), pubblicato qualche giorno fa con il titolo Disability rights during the pandemic (“I diritti delle persone con disabilità durante la pandemia”), disponibile integralmente a questo link.

Basato infatti su oltre tremila testimonianze provenienti da ben 134 Paesi di tutto il mondo, riferite per la stragrande maggioranza a persone con disabilità o ai loro familiari, il documento evidenzia in modo netto quella che viene letteralmente definita come «una catastrofica incapacità di proteggere la vita, la salute e i diritti delle persone con disabilità durante la pandemia da Covid-19» da parte della generalità degli Stati, indipendentemente dal loro sviluppo economico e sociale. E alla luce di quanto sta accadendo in queste settimane, con i tassi di contagio che aumentano ovunque, non si può certo leggere il rapporto come una semplice “ricognizione storica” di quanto già accaduto, bensì come uno strumento di pressione a intervenire rapidamente, considerando che le persone con disabilità sono nuovamente sottoposte a restrizioni che hanno già portato a gravi conseguenze. In tal senso, le organizzazioni promotrici dell’iniziativa chiedono con forza di «catalizzare un’azione urgente nelle settimane e nei mesi a venire», pur non essendo di conforto il fatto che al sondaggio sottostante al rapporto assai pochi Governi o Istituzioni di monitoraggio abbiano voluto rispondere.

Si tratta in ogni caso di un documento che, se esaminato con attenzione dai responsabili politici, sanitari e sociali, oltreché dalle forze dell’ordine e dalla stessa società civile dei vari Stati, consentirebbe di garantire che le persone con disabilità non siano più sacrificate nell’àmbito dei provvedimenti necessari a contenere la pandemia.

Sono sostanzialmente quattro le questioni principali evidenziate dall’indagine, che vengono elencate così in una nota diffusa dall’IDA (International Disability Alliance): «La totale incapacità di proteggere la vita delle persone con disabilità negli istituti residenziali, che sono diventati “punti caldi” durante la pandemia. Infatti, anziché dare priorità a misure di emergenza per reintegrare le persone nella loro comunità, molti istituti sono stati chiusi e bloccati, con conseguenze fatali».

I provvedimenti di lockdown diffusi e rigidi hanno causato quindi «drammatiche interruzioni dei servizi essenziali nella comunità, facendo sì che tantissime persone con disabilità non potessero accedere a beni di base, incluso il cibo, e a supporti come l’assistenza personale». Secondo il rapporto, «la rigorosa applicazione di questi blocchi da parte delle forze dell’ordine è arrivata addirittura a provocare risultati tragici, inclusa la morte di persone con disabilità».

E ancora, su altri fronti, ai bambini/e e ai ragazzi/e con disabilità è stato negato, per la grande maggioranza, «l’accesso all’istruzione in linea», mentre le persone con disabilità senza dimora «sono state arrestate o lasciate completamente a se stesse».

E da ultima, ma non certo ultima, «la tendenza a negare l’assistenza sanitaria di base e di emergenza, con tanto di procedure di triage discriminatorie, negando alle persone con disabilità l’accesso alle cure per Covid-19, proprio a causa della loro disabilità».

(Stefano Borgato)

Il rapporto Disability rights during the pandemic è stato elaborato da: The Validity Foundation (Mental Disability Advocacy Centre); ENIL (The European Network on Independent Living); IDA (The International Disability Alliance); DRI (Disability Rights International); The Disability Rights Unit at the Centre for Human Rights, University of Pretoria; IDDC (The International Disability and Development Consortium) (IDDC); DRF (The Disability Rights Fund), con l’organizzazione “sorella” DRAF (The Disability Rights Advocacy Fund).

Bassorilievo consente a visitatori ciechi di ammirare L'Annunciata di Antonello da Messina

Palermo Today del 26/10/2020

Alla Galleria Regionale di Palazzo Abatellis. L'opera rientra nel progetto "Aggiungi un senso all’Arte", campagna promossa dalla Fondazione CittàItalia per favorire l’accessibilità e la fruizione del patrimonio culturale ai visitatori con disabilità visive.

Da oggi un bassorilievo tattile permetterà a non vedenti e ipovedenti di ammirare “in sicurezza” e nel pieno rispetto delle norme anticovid l’Annunciata, il capolavoro di Antonello da Messina, esposto alla Galleria Regionale di Palazzo Abatellis. L’opera, che sarà collocata su un supporto mobile di acciaio, realizzato appositamente per inserirsi nel contesto architettonico della sala dove è esposta l’Opera, rientra nel progetto "Aggiungi un senso all’Arte", campagna promossa dalla Fondazione CittàItalia dal 2009 per favorire l’accessibilità e la fruizione del patrimonio culturale ai visitatori con disabilità visive.

Il Bassorilievo è stato consegnato questa mattina da Alberto Improda, presidente della Fondazione CittàItalia, alla Direttrice della Galleria Regionale, Evelina De Castro, alla presenza dell’Assessore regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Alberto Samonà e del responsabile dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti onlus di Palermo, Gigi Di Franco.

“Nel giorno in cui il mondo della cultura soffre in tutt’Italia a causa di un Dpcm che ha imposto la sospensione di molte attività, come quelle teatrali, musicali e cinematografiche, dalla Sicilia parte un nuovo messaggio di speranza che pone al centro la bellezza e la cultura, medicine interiori infallibili - dice l’assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Alberto Samonà, che ha ricevuto ricevendo il bassorilievo dal presidente di CittàItalia - La donazione, che arricchisce l’offerta complessiva della Regione di strumenti atti a migliorare la fruizione dei beni culturali per le persone con disabilità, viene effettuata nel giorno in cui si celebra il centenario dell’Unione Italiana Ciechi; una preziosa coincidenza che rende ancora più significativo il dono. Siamo molto grati alla Fondazione CittàItalia e alla Fondazione Sicilia – aggiunge Samonà - per l’attenzione che suggella una collaborazione tra istituzioni che, auspico, si rafforzi nel tempo. Già due anni fa con l’assessore Tusa, il Governo regionale aveva annunciato l’intenzione di adeguare progressivamente i beni culturali della Sicilia alle persone non vedenti, grazie a nuovi presidi e a nuovi percorsi di conoscenza. L’opera presentata questa mattina, dotata di tutti gli accorgimenti di sanificazione necessari a proteggere dal rischio di contagio Covid, offre una nuova opportunità di apprezzare l’opera d’arte attraverso un percorso sensoriale”.

L’opera a rilievo, realizzata in vetroresina nelle dimensioni di cm 48x36 è frutto della collaborazione con l’Istituto dei Ciechi, Francesco Cavazza e il supporto tecnico del Museo Anteros di Bologna, fondato nel 1881 per offrire ai ciechi italiani le migliori opportunità di formazione e d’integrazione professionale. La visita dell’opera potrà essere accompagnata da una guida alla lettura che consentirà di arricchire l’esplorazione tattile di una descrizione che ne agevolerà la comprensione nel suo complesso.

“Il bassorilievo tattile dell’Annunciata, capolavoro di Antonello da Messina, è il nostro dono alla Galleria Regionale di Palazzo Abatellis – sottolinea Alberto Improda, presidente della Fondazione CittàItalia. L’opera, che è stata realizzata con il contributo dei partner della Fondazione, tra cui la Fondazione Sicilia, e con i fondi del 5 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche destinato alle attività di tutela, promozione e valorizzazione del patrimonio culturale, si aggiunge ad altri capolavori che abbiamo già donato ad alcuni musei italiani, quali la Venere del Botticelli a Firenze e l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci a Milano. Grazie alla tecnica del bassorilievo, persone con disabilità visive possono godere della conoscenza di una straordinaria opera d’arte. Ci auguriamo che altri seguano il nostro gesto perché l’arte è di tutti e per tutti”.

“Il Bassorilievo de l’Annunciata di Antonello da Messina si inserisce nell’ampliamento dell’esperienza sensoriale già avviata dal Museo Abatellis e si aggiunge alla riproduzione tattile per non vedenti e ipovedenti dell’altro capolavoro del Rinascimento custodito nelle sale del Museo, il Busto di Eleonora d’Aragona di Francesco Laurana, la cui riproduzione – dice Evelina De Castro, direttrice del Museo - è realizzata in resina di mais in stampa 3D e corredata da una scheda descrittiva in braille donata al Museo nel 2016 dai giovani del Rotaract Palermo Agorà. Entrambe le donazioni sono un prezioso contributo alla lettura delle opere d’arte da parte delle persone con disabilità visive; un percorso che intendiamo approfondire anche con la preziosa collaborazione dell’Unione Italiana Ciechi”.

domenica 25 ottobre 2020

Il ricordo è un frammento di tempo fermo nel cuore

La Valle dei Templi del 25/10/2020

CATANIA. In un periodo storico che stiamo attraversando vorrei portarvi virtualmente alla scoperta di bellezze architettoniche presenti in Europa e nel mondo, con particolare attenzione alla Sicilia, alla scoperta di forme, materiali, un viaggio da fare attraverso il tatto. Nel Marzo del 2008 nasce a Catania in via Etnea, in un palazzo del 700, ristrutturato dalla Regione Siciliana, un Museo tattile unico in Europa, unico nel Sud Italia.

Un’ esperienza unica conoscere e toccare, vige l’imperativo “ vietato non toccare”. I non vedenti potranno attraverso il tatto, conoscere i capolavori monumentali grazie alle riproduzioni esposte: Stonehenge, San Pietro, la Moschea blu di Istanbul, la Cappella Sistina, Torre Eiffel, Valle dei Templi, Piramidi, British Museum, ecc.

All’interno del Museo si trova un bar al buio dove i non vedenti si muovono con naturalezza diventando guide, mentre i vedenti impacciati e disorientati capiscono come sia difficoltoso prendere un caffè. Una piccola oasi in Città, un giardino sensoriale arricchito da piante odorose il cui profumo stimola il visitatore.

Il Museo tattile, civilissima realizzazione in Sicilia contribuisce a sconfiggere il pregiudizio che portava all’emarginazione i non vedenti . È il caso di dire il Museo tattile è un esempio luminoso di informazione e conoscenza. All’interno dello stabile vi è anche uno Show room unico nel suo genere in Italia dove si può acquistare e provare i migliori ausili per non vedenti (libri, giochi ecc ).

di Margherita Arancio

venerdì 23 ottobre 2020

Recovery Fund, Unione ciechi: lo 0,1% delle risorse ai disabili

Redattore Sociale del 23/10/2020

ROMA. Destinare una quota del Recovery Fund, "per quanto minima, anche lo 0,1%, a un grande piano per la disabilità". Lo chiede Mario Barbuto, presidente nazionale dell'Unione ciechi e ipovedenti italiani (UICI).

In una intervista all'agenzia Dire, Barbuto dice: "Servono tantissime risorse. Noi responsabilmente, da ciechi e da cittadini, chiediamo alle istituzioni e al governo che non vengano toccate le risorse già acquisite e che sono state erogate nel 2020. Sappiamo che migliaia di persone hanno bisogno di aiuto e supporto, noi abbiamo 156 sedi in tutta Italia che dobbiamo ovviamente sostenere e garantirne la funzionalità. Le risorse sono importanti".

L'associazione quest'anno compie 100 anni. Dato il momento, più che di "festeggiamenti", Barbuto preferisce parlare di "celebrazioni". La strada fatta è tanta: "Questi 100 anni hanno attraversato tanti momenti della vita nazionale- sottolinea- pensiamo al 1920 quando molti ciechi erano sui gradini delle chiese o all'angolo di una strada a tendere la mano, a contare sulla carità pubblica e pensiamo a quello che siamo oggi. Migliaia e migliaia di persone che lavorano e hanno acquistato la dignità di cittadini e che rappresentano il progresso civile, sociale e morale di questa categoria di persone nell'arco di cento anni. Un progresso che si è realizzato grazie a questa associazione".

Un secolo di vita di cui essere orgogliosi: "Questa celebrazione va fatta col sorriso. Lunedì mattina alle 10.30 al palazzo delle poste di Genova verrà emesso un francobollo celebrativo del centenario e contemporaneamente saremo collegati qui a Roma, speriamo di avere anche il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, che ha collaborato nell'emissione di questo francobollo. Abbiamo tante altre iniziative tra le quali a novembre il congresso nazionale". (DIRE)

giovedì 22 ottobre 2020

La nuova edizione dell’ICF, che ha cambiato il modo di pensare alla disabilità

Superando del 22/10/2020

A diciannove anni dalla prima e dopo due aggiornamenti, nei giorni scorsi l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato la seconda edizione dell’ICF, la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, nella quale è confluita anche la versione per bambini/e e ragazzi/e, approvata nel 2007. La notizia è importante, perché è stato proprio l’ICF, nel 2001, a mettere a fuoco la relazione fra la condizione salute e l’ambiente, cambiando il modo stesso di pensare al funzionamento e alla disabilità.

La struttura su cui si basa l’ICF, la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, di cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha appena definito la nuova edizione.

Il 19 ottobre scorso l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha pubblicato la seconda edizione dell’ICF (WHO DAS 2.0), la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute. La nuova edizione arriva a diciannove anni dalla prima, pubblicata nel 2001 e dopo due aggiornamenti.

Nell’ICF 2020 confluisce anche la versione per bambini ICF-CY, approvata dall’OMS nel 2007. In tal modo, essendo stata inserita nella revisione la maggior parte dei codici relativi a bambini e ragazzi, ora l’intera durata della vita è coperta dall’ICF. «Tanto lavoro, con diciannove anni di continui contributi di esperti e utenti ICF provenienti da tutto il mondo. I dati funzionanti sono fondamentali e l’ICF, con WHO DAS 2.0, è lo strumento globale per la raccolta dati, poiché “se non sei contato non conti”», commenta Matilde Leonardi, neurologa dell’Istituto Besta di Milano ed esperta di disabilità, che chiude in questo modo il proprio mandato nell’OMS come Copresidente del gruppo di riferimento FDRG (Funzionamento e Disabilità), insieme a Haejung Li dalla Corea e Olaf Kraus De Camargo dal Canada.

Ma perché questa pubblicazione è una notizia? Perché è il frutto di un lavoro importante e perché viene data al mondo una classificazione standard per codificare il funzionamento. Ovviamente tutto è perfettibile, ma intanto si dispone di una seconda edizione dell’ICF ed essa diventa il punto di riferimento per i Governi di tutto il mondo che, volendolo, possono standardizzare la raccolta di dati sul funzionamento, una cosa che avviene in pochissimi Paesi ad oggi. In Italia, ad esempio, molte leggi prevedono l’uso dell’ICF per la valutazione: basti pensare solo al Decreto Legislativo 66/17 per l’inclusione scolastica.

Potrà dunque sembrare una notizia forse da addetti ai lavori, ma tornare a parlare di funzionamento è importante, perché il funzionamento come concetto entrerà sempre più nei sistemi sanitari, dal momento che sempre più persone hanno malattie croniche e la classificazione delle patologie, con la diagnosi, aiuta, ma non è sufficiente a descrivere la realtà.

Basti pensare a venticinque bambini con la sindrome di Down: la diagnosi è la medesima per tutti, ma il funzionamento è diversissimo. Avere una classificazione per il funzionamento permette di ragionare in termini più aderenti alla realtà. E anche la pandemia aumenterà i malati cronici nel mondo di qualche milione di persone; quindi il funzionamento sarà ancora più importante: molte persone, infatti, saranno guarite dal Covid, ma resteranno dei problemi di funzionamento.

Tenere alta l’attenzione sul funzionamento ci aiuta a non medicalizzarci troppo. In un momento in cui la Sanità si restringe alla diagnosi e in cui tu sei la diagnosi che hai, mettere l’accento sul funzionamento significa mettere l’accento sulle persone al di là della diagnosi. Non c’è solo la diagnosi, ma il fatto che ogni persona vive in un contesto che è facilitatore oppure barriera. E se le diagnosi non si possono cambiare, le barriere del contesto si possono sempre abbattere.

In sostanza, l’ICF, mettendo a fuoco la relazione fra la condizione salute e l’ambiente, ha cambiato il modo stesso di pensare il funzionamento e la disabilità.

Il presente testo, già apparso in «Vita.it», viene qui ripreso, con minimi riadattamenti al diverso contenitore, per gentile concessione.

L’ICF 2020 (WHO DAS 2.0), nuova edizione dell’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute) sarà entro breve pubblicata integralmente nel portale dell’OMS.

Sordociechi, il diritto a una vita dignitosa oltre il buio e il silenzio

Corriere della Sera del 22/10/2020

Si stima che in Europa siano due milioni e mezzo le persone sordocieche. Spesso vivono ai margini della società, segregate in casa, non solo in tempi di pandemia. In Italia sono quasi 190mila le persone che non vedono e non sentono, in base ai dati dell’indagine condotta nel 2016 dall’Istat per la Lega del Filo d’Oro, da oltre cinquant’anni punto di riferimento delle persone sordocieche e pluriminorate. Oltre la metà è di fatto confinata in casa, non essendo autosufficiente nelle più elementari necessità quotidiane, come camminare, lavarsi, vestirsi. Accendere i riflettori sulle condizioni di vita di queste persone, per abbattere il muro fatto di buio e silenzio in cui vivono, è l’obiettivo della Giornata europea della sordocecità, che ricorre il 22 ottobre, istituita in occasione dell’anniversario della fondazione dell’European Deafblind Union, federazione di associazioni nazionali di persone sordocieche.

Non privilegi ma diritti

«Purtroppo, la strada per il riconoscimento dei nostri diritti è ancora molto lunga, nonostante il Parlamento europeo abbia riconosciuto nel 2004 la sordocecità una disabilità specifica — afferma Francesco Mercurio, presidente del Comitato persone sordocieche della Lega del Filo d’Oro —. Non chiediamo privilegi ma parità di diritti, ovvero poter essere messi, attraverso una serie di strumenti, nelle condizioni di comunicare, muoversi, vivere come le altre persone, partecipare fattivamente alla vita della comunità, come stabilisce la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, in vigore nel nostro Paese dal 2009. Sarebbe un beneficio per tutti».

Le richieste

In Italia, da dieci anni esiste una legge (n.107/ 2010), che riconosce la sordocecità come una disabilità unica e specifica. «Non è pienamente attuata ed è incompleta — osserva Mercurio —. Per esempio, non riconosce tutte le tipologie di sordocecità, inoltre, da un lato afferma che la sordocecità è una disabilità distinta, dall’altro che è una somma di due disabilità, sordità e cecità. Servirebbe una sua revisione ma non basterebbe poiché molte persone sordocieche comunicano con la Lingua italiana dei segni (Lis) in versione tattile (ascoltano toccando con le proprie mani quelle della persona che segna, ndr). Avere il riconoscimento di questo strumento di comunicazione, come già avviene in molti Paesi esteri, significherebbe poter contare su una serie di possibilità che oggi sono precluse. Come pure sarebbe necessario giungere a una revisione della normativa sulla disabilità, che dipende dalla relazione tra la minorazione che una persona ha e l’ambiente in cui vive, in linea con la Convenzione Onu». In pratica, le persone sordocieche chiedono di poter accedere agli strumenti necessari per superare i tanti ostacoli che impediscono di avere una vita dignitosa.

Sviluppare le abilità fin da piccoli

Per chi nasce sordo e cieco l’inclusione nella società si costruisce fin dai primi anni di vita. Spiega Patrizia Ceccarani, direttore tecnico-scientifico della Lega del Filo d’Oro: «Sono fondamentali interventi precoci entro i quattro anni, nelle prime fasi dello sviluppo del bambino, per avviare subito un percorso riabilitativo ed educativo specifico che gli consenta di sviluppare le abilità e potenzialità residue. A livello europeo — continua — stiamo partecipando a un progetto che ha l’obiettivo di migliorare la formazione degli educatori — genitori, insegnanti, professionisti — al fine di rafforzare le abilità sociali della persona sordocieca e agevolare la sua comunicazione col mondo esterno. Se non è possibile sviluppare un linguaggio verbale, la persona sordocieca può utilizzare la Lingua dei segni tattile e le tecnologie assistive, anche innovative messe a punto nel nostro centro di ricerca, che in tempo di Covid hanno permesso di comunicare con le persone sordocieche per non lasciarle ancora più isolate». Con un altro progetto europeo, «Social haptic signs for deaf and blind in education», si mira a raccogliere i segni tattili sociali (Haptic) per migliorare l’educazione delle persone con disabilità visiva e uditiva, nonché la qualità del lavoro di insegnanti e interpreti della lingua dei segni. L’obiettivo è codificare 300 segni tattili per ogni Paese, che poi saranno resi accessibili gratuitamente sul web.

Ultime notizie dall’INPS

Comunicato della Sede Centrale UICI n. 156/2020 

qui di seguito le ultime novità dell’INPS.

Diritto alle maggiorazioni per prestazioni assistenziali agli invalidi civili, ciechi civili assoluti e sordi (Corte Costituzionale, sentenza n. 152 del 23 giugno 2020).

Si Fa seguito al comunicato UICI n. 147 del 1° ottobre 2020 per informarvi che l’INPS, con il messaggio n. 3647 del 9 ottobre 2020 in allegato, approfondisce una serie di aspetti collegati alle prime indicazioni fornite con circolare INPS n. 107 del 23 settembre 2020.

In particolare, viene chiarito quanto segue:

1. per gli invalidi al 100 per cento titolari di prestazioni di invalidità civile, cecità civile e sordità, l’adeguamento sarà riconosciuto in automatico, con decorrenza dal 20 luglio 2020. Gli interessati, quindi, non dovranno presentare alcuna domanda. L’aumento andrà in pagamento con la prossima rata di novembre.

Premesso che l’INPS ha già avviato da tempo un monitoraggio dei potenziali beneficiari attingendo alle informazioni già presenti nel Casellario pensionati, come abbiamo sottolineato nel comunicato n. 147 (alla voce “Nota bene”), si ribadisce che ogni sopraggiunta variazione del reddito personale e/o anche coniugale, di cui l’Ente previdenziale non sia a conoscenza (ad es. redditi da affitto) e che possa incidere sul diritto a percepire l’incremento stesso, dovrà, in ogni caso, essere comunicata dall’interessato invalido civile, cieco civile e sordo, presentando all’INPS la domanda di ricostituzione reddituale; ciò, al fine di aggiornare la propria posizione. In caso contrario, non sarà necessaria alcuna comunicazione.

2. Ai soggetti titolari di pensione di inabilità ex lege 222/1984 l’adeguamento sarà attribuito a seguito di domanda dell’interessato e, diversamente dall’ambito dell’INVCIV, avrà decorrenza dal 1° agosto 2020. Nel messaggio INPS n. 3647 del 9 ottobre 2020, viene rettificato il termine di presentazione della domanda per far salvi gli arretrati, ora fissato al 30 ottobre 2020 e non più al 9 ottobre, come indicato inizialmente nella circolare INPS n. 107 del 23 settembre 2020.

3. Riguardo alla soglia reddituale da rispettare per avere diritto alla maggiorazione, si conferma il limite personale lordo annuo di 8.469,63 euro (in tale limite, dovrà essere considerato concorrente anche il reddito da pensione cat. INVCIV, ovvero 310,17 euro, che moltiplicato per 13 mensilità, corrisponde a 4.031,21 euro) che sale a 14.447,42 euro, cumulato con il coniuge, nel caso in cui il soggetto sia coniugato (cfr. paragrafo 2, “Precisazioni”).

In merito a quanto sopra esposto, riportiamo di seguito il testo integrale del comunicato che l’Ente previdenziale ha pubblicato sulla propria pagina istituzionale.

“Aumenti in arrivo per i percettori degli assegni di invalidità: con la prossima rata di novembre 2020 l’INPS provvederà a mettere in pagamento la maggiorazione sociale in favore dei soggetti titolari di pensione per invalido civile totale 100%, pensione per i sordi, pensione per i ciechi civili assoluti e dei titolari di pensione di inabilità ex lege 222/1984.

Un incremento fino a 651,51 euro per 13 mensilità (il cosiddetto “incremento al milione”), beneficio riconosciuto dalla legge 448/2001 per i soggetti con più di 60 anni di età che, con la sentenza della Corte Costituzionale (n. 152/2020) e il decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, è stato esteso ai soggetti riconosciuti invalidi civili totali, sordi o ciechi civili assoluti a partire dai 18 anni di età.

Per i soggetti invalidi al 100% titolari di prestazioni di invalidità civile e in possesso dei requisiti di legge, l’adeguamento sarà riconosciuto in automatico, con decorrenza dal 20 luglio 2020. Tali soggetti, quindi, non dovranno presentare nessuna domanda.

Per i soggetti titolari di pensione di inabilità ex lege 222/1984, invece, l’adeguamento sarà attribuito a seguito di domanda dell’interessato, presentata attraverso i consolidati canali dell’Istituto, i patronati o i Caf. Per le domande presentate entro il 30 ottobre 2020 la decorrenza, in presenza dei requisiti di legge, sarà riconosciuta dal 1° agosto 2020. Negli altri casi, la decorrenza sarà dal primo giorno del mese successivo alla domanda.

Per avere diritto alla maggiorazione la legge prevede una soglia di reddito annuo personale pari a 8.469,63 euro (che sale a 14.447,42 euro, cumulato con il coniuge, nel caso in cui il soggetto sia coniugato). Ai fini della valutazione del requisito reddituale concorrono i redditi di qualsiasi natura, ossia i redditi assoggettabili ad IRPEF, sia a tassazione corrente che a tassazione separata, i redditi tassati alla fonte, i redditi esenti da IRPEF, sia del titolare che del coniuge.

Al contrario, non concorrono al calcolo reddituale i seguenti redditi:

- il reddito della casa di abitazione;

- le pensioni di guerra;

- l’indennità di accompagnamento;

- l’importo aggiuntivo di 154,94 euro (legge 388/2000);

- i trattamenti di famiglia;

- l’indennizzo previsto dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210, in favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati.

Sarà nostra premura darvi notizie, qualora l’INPS fornisse ulteriori, nuovi, aggiornamenti sulla procedura appena descritta.

COVID-19 quarantena e sorveglianza precauzionale per i soggetti “fragili”, equiparate a ricovero ospedaliero, in attuazione dell’articolo 26 del decreto-legge n. 18 del 17 marzo 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 24 aprile 2020.

Nell’attuale contesto di prosecuzione emergenziale, si fa seguito al comunicato UICI n. 58 del 27 marzo 2020, per informarvi che, con messaggio n. 3653 del 9 ottobre 2020, l’INPS è nuovamente tornato ad affrontare la questione relativa al riconoscimento della quarantena (art. 26, comma 1) e/o sorveglianza precauzionale per i soggetti “fragili” (art. 26, comma 2), disciplinate dall’articolo 26 del decreto-legge n. 18 del 2020.

Ricordiamo che, durante il periodo di allontanamento dal servizio per l’esposizione ai rischi da COVID-19, tale assenza non è da computare per il raggiungimento del limite massimo previsto per il comporto nell’ambito del rapporto di lavoro e, ai fini del trattamento economico, viene equiparata al ricovero ospedaliero; il che corrisponde però, in busta paga, a “una decurtazione ai 2/5 della normale indennità qualora non vi siano familiari a carico” (cfr. messaggio INPS n. 2584 del 24 giugno 2020).

Ora, l’Ente previdenziale, con il messaggio n. 3653 del 2020 in allegato, chiarisce una serie di ulteriori aspetti legati, appunto, all’assenza disciplinata dall’art. 26 del decreto legge n. 18/2020. Precisa, al riguardo, che tale assenza:

1. è incompatibile con qualsiasi modalità alternativa di esecuzione del rapporto di lavoro (smart working, telelavoro, etc); ciò, in ragione del fatto che, nella modalità di lavoro agile, non ha luogo la sospensione dell’attività lavorativa con la correlata retribuzione che viene, quindi, garantita al lavoratore in smart-working, o in telelavoro (compresa quella accessoria avente carattere fisso e continuativo, come ad es. l’indennità di mansione in favore dei centralinisti non vedenti) (paragrafo 1);

2. è incompatibile in tutti i casi di ordinanze o provvedimenti di autorità amministrative che di fatto impediscono ai soggetti di svolgere la propria attività lavorativa in aree considerate “zone rosse” (paragrafo 2);

3. è incompatibile con i trattamenti di cassa integrazione (paragrafo 3. Cfr. anche messaggio INPS n. 1822 del 30 aprile 2020).

In allegato:

messaggio INPS n. 3647 del 9 ottobre 2020

messaggio INPS n. 3653 del 9 ottobre 2020

Il file .zip contenente il presente comunicato ed i relativi allegati può essere scaricato da qui