sabato 30 novembre 2019

Questa tecnologia traduce i meme per i non vedenti

Fanpage.it del 30.11.2019

Per riuscire a tradurre i meme anche per le persone non vedenti, i ricercatori della Carnegie Mellon University hanno messo a punto uno strumento in grado di identificare i meme e realizzare un ulteriore testo in grado di “spiegare” l’immagine nel suo complesso.

I meme rappresentano di certo una parte ormai fondamentale del web, tanto da essere diventati uno degli elementi principali del linguaggio comunicativo digitale degli ultimi anni. Almeno per le persone che non hanno problemi di vista. Se da un lato infatti il web si è avvicinato anche ai non vedenti per quanto riguarda la comunicazione testuale e la comprensione delle pagine web attraverso diversi strumenti, i meme restano ancora degli elementi visivi che difficilmente possono essere compresi da chi purtroppo non può guardarli. Almeno fino ad ora: grazie ad una nuova tecnologia anche i meme potranno essere "tradotti" per chi non può vederli.

Un compito di certo non facile, perché i meme nascono con un linguaggio che unisce il visivo con il testo: solitamente, infatti, coniugano un'immagine (vero fulcro di un determinato trend) con un testo che varia in base alla situazione ma restando sempre collegato all'elemento visivo di fondo. Insomma, è solo apparentemente una "semplice" immagine. Per riuscire a tradurre i meme anche per le persone non vedenti, i ricercatori della Carnegie Mellon University hanno messo a punto uno strumento in grado di identificare i meme e realizzare un ulteriore testo in grado di "spiegare" l'immagine nel suo complesso.

Ma i ricercatori non si sono fermati qui e, per preservare l'elemento comico, hanno deciso di sostituire in alcuni casi la "traduzione" dell'immagine con un suono, realizzando in questo modo una sorta di sostituto all'elemento visivo in grado di raccontare in maniera altrettanto efficace una determinata battuta. Con questa tecnologia, per esempio, il meme del Success Kid viene "tradotto" con un testo alternativo che ne indica sì le due scritte, ma anche la stessa immagine, cioè un bambino con un pugno chiuso e un'espressione compiaciuta. Questo testo è poi condivisibile sui social network, dove altri non vedenti possono godere dello stesso meme. Secondo uno studio, infatti, solo lo 0,1 percento dei tweet mostrano meme accompagnati da un testo di spiegazione.

"I meme vengono usati da un grande numero di persone" ha spiegato Jeff Bigham, professore del dipartimento che ha sviluppato la tecnologia. "È giusto renderli accessibili a tutti". Per questo i ricercatori vorrebbero far integrare questo sistema direttamente all'interno di Twitter. "Non vogliamo lasciare il peso della traduzione sugli utenti" ha spiegato Cole Gleason, dottorando della Carnegie Mellon University. Il suo team sta inoltre lavorando ad un'estensione browser per Twitter in grado di creare e aggiungere un testo alternativo per ogni immagine in maniera automatica.

di Marco Paretti

Alla "Carrara" sculture raccontate da persone non vedenti

My Valley.it del 30.11.2019

Scoprire la scultura grazie alla guida di mediatori ciechi e nel nome di due grandi storici dell’arte. È la proposta dell’Accademia Carrara di Bergamo che con il progetto “Valori tattili” vuole avvicinare le persone all’arte in modo innovativo.

BERGAMO. Gli storici dell’arte sono da una parte Bernard Berenson, a cui si deve l’ispirazione per il titolo del progetto, dall’altra Federico Zeri per la donazione a favore di Accademia Carrara della sua collezione di sculture. Sono proprio sei opere della Collezione Zeri a diventare protagoniste di un percorso tattile condotto da mediatori non vedenti appositamente formati grazie a un periodo dedicato allo studio e all’esplorazione delle sculture con un lavoro di progressiva memorizzazione di forme e contenuti.
Tutt’altro che una visita guidata tradizionale ma un’esperienza coinvolgente e sorprendente per vedenti e non vedenti, un momento di conoscenza e approfondimento per tutti che prende avvio con un racconto per proseguire attraverso l’esperienza del tatto. Il progetto è stato supervisionato da Valeria Bottalico, esperta di accessibilità museale, in stretta collaborazione con l’area scientifica e didattica del museo.

Randolph Rogers, Giovane pescatrice indiana, Collezione Federico Zeri

Diversi gli obiettivi per un progetto che ha già dato interessanti risultati in musei internazionali. Anzitutto, la conoscenza del patrimonio museale da parte del pubblico non vedente e parallelamente la sperimentazione di approcci e metodi nell’ambito della mediazione delle opere d’arte. Poi l’acquisizione, da parte degli educatori museali coinvolti, di competenze specifiche nell’ambito dell’educazione al patrimonio per pubblici con disabilità visive. Da sottolineare anche la sperimentazione di attività inclusive, che prevedono l’interazione tra pubblico non vedente e vedente, anche di fasce d’età diverse. Inoltre, l’attivazione di contatti e collaborazioni con enti e istituzioni del territorio, aumentando il coinvolgimento dei “non pubblici” del museo. Infine, l’apertura del museo a nuove interpretazioni del patrimonio e la costruzione di una sensibilità condivisa dallo staff per i temi dell’accessibilità museale in chiave inclusiva.

«La visita condotta dai mediatori ciechi presenta una lettura nuova delle opere scultoree collezionate da Federico Zeri – sottolinea Valeria Bottalico -. Sopraffatti come siamo dal senso della vista, in modo talvolta inconsapevole, non distinguiamo le sensazioni percepite dagli altri sensi e le loro potenzialità. L’obiettivo è quello di accogliere un altro modo di concepire la fruibilità dell’arte e andare sempre più verso il superamento dei percorsi “speciali” destinati alle persone con disabilità, ma aprirsi e far conoscere una collezione attraverso altri linguaggi».

«L’idea di far parte di questo progetto mi ha affascinato fin da subito – osserva Francesco, mediatore non vedente -. È molto bello fare approcciare all’arte in egual modo le persone vedenti e quelle non vedenti, in particolar modo a una collezione di opere scultoree. Solitamente, infatti, l’approccio è diversificato, evidenziando implicitamente la disabilità dei non vedenti rispetto agli altri, permettendo l’uso del tatto ai primi e impedendola ai secondi, quasi come a dire che al vedente basta la vista per capire a fondo una scultura, mentre il non vedente cerca di supplire a tale gap con l’uso del tatto. L’esplorazione tattile invece fa sì che la fruizione dell’opera d’arte sia la stessa. Il tatto resta pur sempre il senso che meglio ci permette di comprendere un’opera d’arte scultorea, restituendoci molte più emozioni rispetto allo sguardo».

Il progetto “Valori Tattili” è realizzato con il patrocinio di Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti Bergamo e sostenuto da Lions Club Bergamo Host. «I Lions sono conosciuti come “Cavalieri della luce” per il servizio ai non-vedenti e a quanti hanno gravi problemi di vista, e questo a partire dal 1925 – spiega Piero Caprioli, presidente del Lions Club Bergamo Host -. Oggi i Lions di tutto il mondo sono impegnati nel supporto e l’aiuto ai non vedenti e ipovedenti oltre che per la cura e la prevenzione della cecità curabile. Tra queste iniziative di sostegno e assistenza ai non vedenti e ipovedenti i Lions Club Bergamo Host, Bergamo San Marco e il Leo Club Bergamo Host hanno ritenuto che il progetto Valori Tattili, proposto dalla Fondazione Accademia Carrara, rispondesse pienamente agli obiettivi di cui si è appena detto e si sono quindi impegnati per sostenerne la realizzazione».

«Sono estremamente grata ai promotori di quest’iniziativa Valori Tattili che supera il mantra del vietato toccare e pone al centro il racconto e la dimensione tattile. Attraverso questo progetto la nostra città unisce il binomio arte e inclusione, parole strettamente connesse con l’accoglienza e la bellezza», conclude Marcella Messina assessore Politiche Sociali Comune di Bergamo.

Il calendario prevede 8 appuntamenti (tutti alle 15): 30 novembre, 14 dicembre, 18 gennaio, 22 febbraio, 21 marzo, 18 aprile, 9 maggio e 6 giugno con visita guidata e prenotazione obbligatoria. Ingresso 12 euro, ridotto per persone con disabilità, gratuito per accompagnatori. Per informazioni: 035 234396 # 2 oppure servizieducativi@lacarrara.it

giovedì 28 novembre 2019

Fondazione Gimbe. LEA, il 26,3% dei fondi non ha prodotto servizi tra 2010 e 2017. Baratro tra le Regioni...

Il Sole 24 Ore del 28.11.2019

Emilia Romagna al top con il 92,5% di adempienza, Campania al 53,9%.

ROMA. Oltre un quarto (il 26,3%) delle risorse assegnate negli anni dallo Stato alle Regioni per garantire i Livelli essenziali di assistenza ai cittadini, cioè le prestazioni che il servizio sanitario nazionale dà gratuitamente o dietro pagamento di un ticket, è andato a vuoto non producendo servizi. È quanto rileva la Fondazione Gimbe nel suo monitoraggio sui Lea tra 2010 e 2017, l’ultimo anno su cui esistono dati completi, fotografando anche una «inaccettabile» disuguaglianza tra le Regioni nella performance complessiva che è pari al 73,7%: al top per l’erogazione delle prestazioni è l’Emilia Romagna con il 92,5% di adempimento, in coda la Campania con il 53,9%. Tra le prime cinque Regioni anche Toscana, Piemonte, Veneto e Lombardia, mentre nell’ultimo quartile subito sopra alla Campania compaiono Pa di Bolzano, Sardegna, Calabria e Valle d’Aosta. Nel complesso, tutte le Regioni a statuto speciale che sono escluse dal monitoraggio Lea (tranne la Sicilia) riportano performance basse.

Il check pluriennale preliminare di Gimbe (che per il momento esclude i primi due anni 2008 e 2009 per la frammentarietà dei dati) arriva nei giorni caldi del dibattito sul nuovo Patto per la salute, che vede il gelo tra Stato e Regioni sull’ipotesi di nuovi commissariamenti, anche per inadempienza sui Lea . Proprio oggi gli assessori alla Sanità si incontreranno a Firenze per definire una linea comune. Una partita fondamentale per cui servono strumenti adeguati, mentre «negli anni - avvisa il presidente Gimbe Nino Cartabellotta – soglie e indicatori così come lo score minimo di adempimento fermo a 160 su 225 punti non hanno subito variazioni. La griglia Lea si è progressivamente appiattita e non è più uno strumento adeguato per verificare la reale erogazione dei Livelli essenziali di assistenza e la loro effettiva esigibilità da parte dei cittadini». Per questo secondo la Fondazione il miglioramento complessivo della performance di tutte le Regioni dal 64,1% del 2010 all’81,3% del 2017 risulterebbe "sovrastimato".

In ogni caso, è tempo che la griglia Lea ceda il passo al Nuovo sistema di garanzia (Nsg). «La nostra valutazione – afferma ancora Cartabellotta – fornisce numerosi spunti per definire le regole di implementazione del Nuovo sistema di garanzia che, salvo ulteriori ritardi, dovrebbe mandare in soffitta la griglia Lea dal gennaio 2020. Infatti, se il nuovo strumento Nsg è stato sviluppato per meglio documentare gli adempimenti regionali, oltre a mettere in atto strategie per prevenirne il progressivo "appiattimento", è necessario utilizzarlo per rivedere interamente le modalità di attuazione dei Piani di rientro e permettere al Ministero di effettuare "interventi chirurgici" selettivi sia per struttura, sia per indicatore, evitando di paralizzare con lo strumento del commissariamento l’intera Regione. In un momento storico per il Ssn – conclude Cartabellotta – in cui il Ministro Speranza ha ripetutamente dichiarato che l’articolo 32 è il faro del suo programma di Governo, i dati del nostro report parlano chiaro. Senza una nuova stagione di collaborazione politica tra Governo e Regioni e un radicale cambio di rotta per monitorare l’erogazione dei Lea, sarà impossibile ridurre diseguaglianze e mobilità sanitaria e il diritto alla tutela della salute continuerà ad essere legato al CAP di residenza delle persone».

Il metodo di analisi.
• Sono stati analizzati i 10 monitoraggi annuali del Ministero della Salute pubblicati dal 2008 al 2017.
• Dal report preliminare sono stati esclusi gli anni 2008 e 2009 che richiedono analisi complesse attualmente in corso; pertanto, i risultati sono relativi al periodo 2010-2017, 8 anni durante i quali ciascuna Regione poteva raggiungere un punteggio massimo di 1.800.
• Utilizzando i dati regionali relativi a ciascun indicatore e la griglia di attribuzione dei punteggi disponibili nei monitoraggi ministeriali, sono stati calcolati per gli anni 2010-2016 i punteggi per le Regioni non sottoposte a verifica degli adempimenti (Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Valle D’Aosta, Province autonome di Trento e di Bolzano) e per tutte le Regioni per gli anni 2010-2011 per cui il Ministero non riporta il punteggio totale, ma solo lo status adempiente/non adempiente.
• Le "percentuali di adempimento" delle 21 Regioni e Province autonome sono state calcolate come rapporto tra punteggio cumulativo ottenuto nel periodo 2010-2017 e punteggio massimo raggiungibile.
• Non sono stati considerati criteri e soglie per rinviare le Regioni al Piano di rientro, sia perché modificate nel tempo, sia per evitare bias di interpretazione.
• La classifica finale è stata elaborata secondo le percentuali cumulative di adempimento 2010-2017 e suddivisa, attraverso la definizione dei quartili, in quattro gruppi.

di Barbara Gobbi

Dare voce e mezzi alle persone con disabilità del mondo

Superando.it del 28.11.2019

Dare voce e mezzi alle persone con disabilità del mondo, con un’attenzione particolare ad alcuni Paesi in via di sviluppo e alla discriminazione vissuta dalle donne con disabilità: è sostanzialmente questo l’obiettivo di “Bridging the Gap II – Inclusive policies and services for equal rights of persons with disabilities” (“Colmare il divario – Politiche e servizi inclusivi per i pari diritti delle persone con disabilità”), progetto della Commissione Europea che ha recentemente vissuto a Roma il proprio evento annuale, durante il quale si è detto più volte: «Nessuno deve rimanere indietro».

ROMA. Ampiamente presentato anche sulle nostre pagine, si è svolto un paio di settimane fa a Roma, presso la Rappresentanza della Commissione Europea in Italia, l’evento annuale di Bridging the Gap II – Inclusive policies and services for equal rights of persons with disabilities (letteralmente: “Colmare il divario – Politiche e servizi inclusivi per i pari diritti delle persone con disabilità”), progetto della Commissione Europea che a livello generale punta a sviluppare strumenti utili a facilitare l’attuazione degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile presenti nell’Agenda ONU 2030, in parallelo con la diffusione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD), rivolgendo più specificamente lo sguardo all’attuazione della Convenzione stessa in cinque Paesi di Africa e Sudamerica (Etiopia, Burkina Faso, Sudan, Ecuador e Paraguay*), attraverso la sensibilizzazione pubblica e istituzionale, lo sviluppo delle competenze delle Istituzioni preposte e l’empowerment (“crescita della consapevolezza”) delle organizzazioni di persone con disabilità.

Uno dei temi centrali dell’incontro svoltosi questa volta in Italia è stato anche, come avevamo segnalato, la discriminazione multipla delle donne con disabilità.

«Il convegno di livello internazionale – spiegano i promotori -, ha rappresentato anche un’occasione di formazione, informazione e scambio di esperienze e buone prassi, a partire dagli standard internazionali ed europei di inclusione delle persone con disabilità, tra cui la recente UNDIS (United Nations Disability Inclusion Strategy), nel superamento di modelli assistenziali o di “medicalizzazione”, verso un’ottica di mainstreaming della disabilità, ovvero dell’inserimento di tale tema in tutti gli interventi volti allo sviluppo dei Paesi a basso e medio reddito».

«Il fatto che l’Italia sia da sempre un Paese all’avanguardia nella produzione della legislazione sulla disabilità – ha dichiarato per l’occasione Luca Maestripieri, direttore dell’AICS (Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo) – ha rafforzato l’impegno dell’AICS in questo settore attraverso un approccio partecipativo e inclusivo. Abbiamo infatti aggiornato agli standard internazionali le Linee Guida per la disabilità e l’inclusione sociale negli interventi di cooperazione (2018), siamo stati precursori del criterio adottato dall’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) per identificare criticità e difficoltà nell’applicazione di un accordo di mainstreaming che assicuri un’ottica di trasversalità. Abbiamo inoltre realizzato una ricerca sulle iniziative finanziate nel 2016-2017, i cui risultati saranno pubblicati il prossimo 3 dicembre in occasione della Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità».

Tra gli altri intervenuti, vi era anche Giampiero Griffo, presidente della RIDS (Rete Italiana Disabilità e Sviluppo), l’alleanza strategica avviata nel 2011 da due organizzazioni non governative – l’AIFO (Associazione Italiana Amici di Raoul Follereau) e EducAid – insieme a due organizzazioni di persone con disabilità, quali DPI Italia (Disabled Peoples’ International) e la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), con l’obiettivo di occuparsi di cooperazione allo sviluppo delle persone con disabilità, in àmbito internazionale.

Griffo ha voluto sottolineare l’importanza dell’empowerment (crescita dell’autoconsapevolezza) delle persone con disabilità e delle loro organizzazioni, ha ricordato l’impegno in prima linea dell’Italia nella redazione della Convenzione ONU, evidenziando lo stato avanzato degli strumenti legislativi italiani, citando ad esempio l’educazione inclusiva.

Dal canto suo, Ana Lucia Arellano, presidente dell’IDA (International Disability Alliance), ha ricordato la necessità di valorizzare il ruolo delle donne con disabilità o madri di persone con disabilità, come agenti di cambiamento, mentre Toyin Janet Aderemi-Ige, incaricata dell’ONU per la protezione dei rifugiati palestinesi e vincitrice del premio internazionale Her Abilities, ha testimoniato la situazione drammatica della Striscia di Gaza.

E ancora, Federico Martire, coordinatore di Bridging the Gap, ha sottolineato la necessità di capitalizzare i risultati raggiunti al di là dello sforzo finanziario. In questa prospettiva, la diversità dei contesti e degli attori è stata considerata come una ricchezza dai partecipanti.

«Il progetto Bridging the Gap – è stato sottolineato durante l’incontro – vuole dare voce e mezzi alle persone con disabilità, per un maggior protagonismo nella revisione delle politiche pubbliche, nel superamento delle barriere all’accesso (salute, istruzione, impiego), nella disseminazione di buone prassi, rafforzando le capacità e il protagonismo delle Associazioni locali, con particolare attenzione alle donne e alle ragazze, per affrontare una condizione che, secondo un rapporto congiunto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e della Banca Mondiale, coinvolge il 15% della popolazione mondiale, di cui l’82% si trova in Paesi in via di sviluppo».

«L’iniziativa – ha aggiunto Maestripieri – è anche una delle prime realizzate dall’AICS nell’ottica dell’attuazione congiunta di progetti di sviluppo tra Agenzie di Sviluppo europee, e che prevede forme di collaborazione, sia sul piano finanziario che di contenuto, individuate nel documento di orientamento Working Better Together».

A dare voce, quindi, alla fondamentale esperienza sul campo, sono stati i rappresentati dei cinque Paesi citati in precedenza, ritenuti centrali per Bridging the Gap, ovvero Shitaye Asrawes (Etiopia), che ha denunciato l’“invisibilità” delle donne con disabilità nelle società patriarcali, seguita dal segretario generale del Consiglio delle Persone con Disabilità del Sudan, Badredeen Ahmed Hassan Mohamed.

A sua volta, sempre riguardo al Sudan, Vincenzo Racalbuto, titolare della Sede AICS di Khartoum, ha illustrato le attività in quel Paese, volte principalmente alla promozione dell’equo accesso all’istruzione, alla formazione professionale e al mercato del lavoro delle persone con disabilità, ciò che richiede un maggiore investimento nel coinvolgimento del settore privato.

«Rispondendo alle Linee Guida dell’AICS e alla Strategia dell’Unione Europea sulla Disabilità 2010-2020 – ha affermato Racalbuto – la nostra sede di Khartoum adotta un duplice strategia di approccio, che considera la disabilità sia come tema centrale, sia come tema trasversale a più iniziative, volano di democrazia e maggiore rispetto dei diritti».

«Nessuno deve rimanere indietro», è stato più volte ripetuto durante l’evento romano di Bridging the Gap e la modalità di intervento è importante: la strada giusta, infatti, è quella che prevede il coinvolgimento delle persone con disabilità sia nella fase di raccolta delle informazioni, sia in quella di attuazione delle decisioni. (S.B.)


*Etiopia, Burkina Faso, Sudan, Ecuador e Paraguay hanno ratificato la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità rispettivamente il 7 luglio 2010, il 23 luglio 2009, il 24 aprile 2009, il 3 aprile 2008 e il 3 settembre 2008.

Blocnotes mese di novembre 2019

Scaricabile al seguente link il numero di novembre del notiziario informativo mensile del Consiglio Regionale Lombardo U.I.C.I., a cura di Massimiliano Penna.

BLOCNOTES NOVEMBRE 2019 (formato .doc)

mercoledì 27 novembre 2019

Un 2020 "da leggere con le dita". È pronto il calendario del "Messaggero" in braille e nero-braille

La Difesa del Popolo del 27.11.2019

PADOVA. Pronta l’edizione 2020 del calendario antoniano per non vedenti in braille e quella per ipovedenti in nero-braille a caratteri ingranditi per sfogliare con le dita ogni giorno del prossimo anno.

L’iniziativa è della casa editrice Messaggero di sant’Antonio che da oltre dieci anni offre ai devoti del Santo con questo deficit sensoriale una serie di servizi dedicati. Il tema della nuova versione è la Basilica di Sant’Antonio, splendido tesoro d’arte e fede.

In tutto uguale nei contenuti al calendario 2020 per persone normodotate, la versione in braille o in nero-braille in copertina raffigura in rilievo la basilica. Giorno per giorno, con le mani si possono leggere date, fasi lunari, santi del giorno, feste religiose, cattoliche e non. Come gli scorsi anni, infatti, il calendario riporta anche le principali feste buddhiste, ebraiche, musulmane, ortodosse e protestanti. Sono presentate anche le più importanti iniziative sostenute da Caritas sant’Antonio, l’organizzazione senza scopo di lucro dei frati della Basilica di sant’Antonio di Padova.

Le versioni per non vedenti e ipovedenti del Calendario antoniano 2020 vengono spedite su richiesta gratuitamente. Chi lo desidera può fare un’offerta a favore delle opere antoniane. Il calendario può essere ordinato telefonando al numero 0498225777, scrivendo a oltrei5sensi@santantonio.org oppure in braille al Messaggero di sant’Antonio (via Orto botanico 11 - 35123 Padova). Il calendario è inoltre disponibile agli sportelli del Messaggero in basilica.

Il calendario non è l’unica iniziativa della casa editrice francescana di Padova per persone non vedenti o ipovedenti. Tra gli altri progetti di accessibilità, ideati e coordinati da Sabrina Baldin, una dipendente non vedente del Messaggero, l’invio del mensile «Messaggero di sant’Antonio» in versione word o MP3, alcuni titoli delle Edizioni Messaggero Padova in formato audiolibro o in braille e nero braille a caratteri ingranditi. E non mancano le visite guidate per non vedenti al complesso santuariale antoniano, facilitate da un plastico tattile della basilica posto all’ingresso del Chiostro della Magnolia, mentre il percorso multimediale immersivo “Antonius” sulla vita e le opere del Santo è visitabile con l’ausilio di una traccia audio per non vedenti.

Ulteriori informazioni si trovano sul sito Santantonio.org alla voce “Iniziative editoriali per non vedenti” .

martedì 26 novembre 2019

Disabilità, l'inclusione si fa anche al cinema. Ecco il Manifesto

Redattore Sociale del 26.11.2019

Presentato nell'ambito del Torino Film Festival il documento di Cinemanchìo e +Cultura accessibile, che intende migliorare l'offerta culturale cinematografica senza barriere. “Tutti devono poter fruire in sala in particolare dei film italiani che ricevono finanziamenti pubblici”.

TORINO. È stato presentato stamattina, nell'ambito del Torino Film Festival, all’interno della Mole Antonelliana, il Manifesto per l’accessibilità e la fruizione in autonomia del patrimonio culturale cinematografico, che stabilisce le linee guida per assicurare l’esperienza cinematografica alle persone con disabilità e risolvere le criticità emerse anche dopo l’inserimento nella Legge 220/16 sul cinema dell’obbligatorietà della resa accessibile per i film italiani.

Il Manifesto è frutto della sinergia tra due realtà impegnate nel campo della cultura per tutti: da un lato il progetto Cinemanchìo, dall'altro l'associazione +Cultura Accessibile. Nonostante i progressi legislative e le numerose iniziative realizzate negli ultimi anni per rendere l'esperienza cinematografica fruibile a tutti, numerose restano le problematicità e le barriere: di fatto, per molti cittadini disabili andare al cinema resta un miraggio.

Il Manifesto vuole quindi anche aiutare le istituzioni a identificare con maggiore attenzione esigenze e scenari che possano determinare il riconoscimento di un diritto. “I film italiani che in particolare ricevono finanziamenti pubblici, vengono prodotti grazie alle risorse provenienti da tutti i cittadini - si legge nel Manifesto - È necessario quindi che tutti possano fruire della visione del film nelle sale cinematografiche”. È proprio questo il principio su cui si è sviluppato il confronto e il lavoro sinergico di +Cultura Accessibile e Cinemanchìo.

Il Manifesto.
Il percorso inclusivo delineato nel Manifesto vuole accompagnare produttori, distributori ed esercenti, gradualmente, a introdurre strumenti tecnologici e pratiche di accoglienza nei luoghi dell’offerta cinematografica. Obiettivo è sviluppare, accanto all’utilizzo di strumenti tecnologici e buone pratiche, la produzione di un percorso per l’alfabetizzazione e la cultura cinematografica, in quanto elemento imprescindibile per raggiungere l’obiettivo della vera accessibilità e dell’autentica inclusione in uno scenario complessivo di rilancio del cinema italiano.
Al fine di coordinare il lavoro di formazione, informazione e di costante comunicazione con tutti i cittadini, le associazioni istituiranno una commissione permanente. che avrà il compito di supervisionare le diverse esperienze di accessibilità su tutto il territorio nazionale e nel caso segnalare e proporre elementi migliorativi per il perfezionamento dell’offerta.

Il modello di accessibilità al cinema.
Garantire maggiore accessibilità all’offerta in sala di opere cinematografiche italiane è il primo passaggio obbligato, necessario anche a generare e consolidare sensibilità sul tema e a sollecitare l’adesione spontanea delle imprese oggi non direttamente coinvolte. I titoli coinvolti saranno in prima battuta, tutti i film di nazionalità italiana. I produttori e distributori di ogni titolo saranno responsabili della realizzazione del master e della distribuzione delle copie digitali contenenti sia i sottotitoli in italiano sia le tracce audio necessarie alla fruizione dell’opera per le persone con disabilità sensoriali, realizzate con soluzioni tecnologiche in linea con gli standard di mercato.

Audiodescrizioni.
Qualunque sia la tecnologia a disposizione (codifica tramite DCP con decoder che trasmette il segnale al ricevitore con cuffie consegnato agli spettatori; oppure l’app scaricata direttamente dallo spettatore, con utilizzo del proprio dispositivo o di altro supporto se disponibile al cinema), le persone cieche o ipovedenti potranno usufruirne a loro scelta nelle sale predisposte e per i titoli disponibili in qualsiasi spettacolo della settimana.

Sottotitoli.
Ferma restando la preferenza obbligata per la proiezione di copie sottotitolate in italiano (cd. “captioning” con descrizione ambientale per non udenti), rispetto alle app per leggere i sottotitoli su adeguati supporti (forniti se disponibili dal cinema) oppure ad occhialini appositi (ancora in fase sperimentale), vanno definite modalità quelle che il manifesto indica come “modalità minime di impegno da parte degli esercenti sottoposti all’obbligo”. Ogni esercente dovrà quindi garantire almeno uno spettacolo a settimana sottotitolato, nel caso di monsala o bisala; almeno due proiezioni a settimana, quando il cinema ha da 3 a 5 schermi; almeno tre spettacoli a settimana (due film diversi) quando il cinema ha da 6 a 9 schermi; minimo quattro spettacoli a settimana (due film diversi) per i multisala con più di 10 schermi.
Questa prima regolamentazione sarà adottata a titolo sperimentale per i primi due anni, sulla base della stesura di un Protocollo d’intesa che le associazioni si ripromettono di sottoscrivere, sottoponendolo in via preliminare a una presa d’atto positiva da parte del Ministero dei Beni e delle Attività culturali (Direzione generale Cinema.

Adattamento ambientale.
Le proiezioni per persone con disabilità cognitive, in particolare per i ragazzi e i loro familiari e amici, non richiedono specifici investimenti tecnologici bensì l’impiego di accorgimenti tecnico-ambientali come: luci tenui, volume audio moderato, possibilità di movimento durante la proiezione. “Anche alla luce delle positive esperienze già poste in essere da uno dei principali circuiti nazionali - si legge nel Manifesto - le associazioni dell’esercizio promuovono contatti e intese tra le associazioni per la promozione dell’inclusione sociale e le Associazioni & Imprese di esercizio sul territorio, per consentire lo svolgimento di proiezioni periodiche dedicate, in particolare matinées di film per ragazzi. Le pratiche di adattamento ambientale così come le altre forme di facilitazione per l’accoglienza e l’attenzione verranno individuate anche sulla base delle specifiche esigenze provenienti dalle associazioni di categoria e sviluppate in collaborazione con l’organismo di coordinamento. Il Manifesto - si legge in chiusura - è stato ampiamente concordato con tutte le parti in causa, condiviso con le Istituzioni e verrà reso disponibile a tutti i cittadini italiani”. (cl)

Casa Grotta del Casalnuovo a Matera accessibile alle persone con disabilità

SassiLive.it del 26.11.2019

MATERA. Sabato 30 novembre 2019 alle 18 nella Sala Levi di Palazzo Lanfranchi a Matera è in programma la presentazione del progetto pilota “Architetture in positivo: Casa Grotta del Casalnuovo accessibile alle persone con disabilità”.

Matera, unica nel suo genere, è stata proclamata per il 2019 ‘”Capitale Europea della Cultura”’, ma nonostante tutto, soffre ancora della mancanza di luoghi e strutture pubbliche e private idonei a garantire l’accesso e la fruizione del patrimonio storico, artistico e naturale locale.

Il progetto "Architetture in positivo" nasce a Matera nel 2018 con l’obiettivo ambizioso di rendere accessibile al maggior numero di persone (di ogni età e abilità) l’ampissimo patrimonio culturale della Città dei Sassi, nominata dall’Unesco nel 1993 Patrimonio dell’umanità. Ideato da Luca Petruzzellis, vicepresidente della pro loco di Matera, il progetto Architetture in positivo fa parte del più ampio progetto “Turismo per Tutti”, avviato nel 2012 dall’associazione culturale SassieMurgia,per aprire la città di Matera ai bisogni dei singoli e alla diversità culturale, creare nuove occasioni di reddito per gli operatori turistici e migliorare la qualità della vita dei cittadini e del soggiorno dei turisti.

"Architetture in positivo" è un gioco di parole che implica la trasformazione di ambienti originati dalla sottrazione di materia (cosiddetta architettura in negativo), in luoghi fruibili anche dalle persone con disabilità, grazie ad un processo positivo di ripensamento degli spazi e ideazione di supporti e dispositivi altamente tecnologici in grado di elevare la qualità di visita di tutti, nel rispetto delle peculiarità architettoniche e urbanistiche dei Sassi di Matera e dell’intero comprensorio rupestre locale. Un’attenzione particolare è rivolta alla comunicazione e diffusione di informazioni utili ad incentivare l’afflusso turistico di persone con disabilità verso i siti destinatari di interventi, potenziando, di fatto, l’offerta turistica del territorio lucano. Oggetto degli interventi saranno chiese, case grotta, musei e, in generale, tutti quei beni architettonici a carattere prevalentemente ipogeo, di proprietà pubblica o privata, individuati come in tutto o in parte inaccessibili alle persone con ridotta o impedita capacità motoria, sensoriale o intellettiva.

"Architetture in positivo" è un laboratorio in cui si confrontano costantemente professionisti, rappresentanti delle associazioni a tutela dei disabili, istituzioni locali, operatori nel settore dell’Incoming turistico e culturale per elaborare soluzioni condivise, qualificate e all’avanguardia, nel solco degli obiettivi sanciti dalla nostra Costituzione della Repubblica e dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

IL PROGETTO PILOTA.
"Architetture in positivo" presenterà il progetto pilota: casa grotta del Casalnuovo accessibile alle persone con disabilità, sabato 30 novembre alle 18.00, presso la Sala Levi di Palazzo Lanfranchi a Matera.
Avviato poco più di un anno fa da Luca Petruzzellis, e promosso dalla Pro Loco di Matera, dalle associazioni culturali SassieMurgia e Genius Loci, nonché dall’AIPD di Matera, il progetto pilota si pone come obiettivo primario l’adeguamento del sito di interesse turistico, storico e culturale, attraverso interventi strutturali e l’utilizzo di adeguati supporti tecnologici e non, al fine di soddisfare la più vasta gamma di bisogni dei visitatori, primi tra tutti i visitatori con disabilità.

IL PROGETTO NELLO SPECIFICO.
Dopo un’attenta riflessione sui bisogni dei turisti con disabilità, resa possibile dall’analisi delle esperienze di visita di numerosi visitatori all’interno della casa grotta e nei Sassi, è stato possibile mettere a punto, insieme ad un team caratterizzato da competenze specifiche, una serie di interventi sia di tipo edilizio sia di comunicazione, prestando la massima attenzione all’utilizzo delle nuove tecnologie.

Sono stati infatti realizzati i seguenti interventi:

1. Il pannello visivo-tattile concepito per comunicare in modo semplice e inclusivo l’edificio casa grotta: la pianta, come strumento per l’orientamento, e la relativa sezione, per evidenziare la particolarissima morfologia degli spazi che si sviluppano su piani diversi. Tutte le informazioni, sia testuali che grafiche, sono accessibili a chiunque, comprese le persone cieche o ipovedenti. Grazie ad una particolare tecnica di stampa è stato infatti possibile integrare testi in Braille e disegni tattili in inchiostro trasparente a rilievo, sovrapposti a disegni e testi visibili a colori. Nella fascia laterale del pannello sono inoltre inglobati tutti i contenuti multimediali relativi alla casa grotta, accessibili a tutti tramite le tecnologie QR code e NFC;

2. Il modellino tridimensionale (in scala 1:50) realizzato tramite stampa 3d in bioplastica compostabile per consentire la percezione dei volumi del sito in primo luogo alle persone con disabilità visiva, ma che risulta efficace per chiunque;

3. La video guida in LIS (Lingua dei Segni Italiana) con sottotitolazione e voce narrante in italiano, permette alle persone sorde di accedere alle informazioni riguardanti la storia e le tradizioni della casa grotta e del suo contesto di riferimento, i Sassi;

4. La guida semplificata per comunicare i contenuti di casa grotta alle persone con disabilità intellettiva (in lavorazione).

5. Gli interventi di messa in sicurezza dell’edificio e miglioramento della comunicatività e percettibilità dei suoi spazi.
Considerata la particolare struttura edilizia di casa grotta e della sua collocazione urbana, non è stato purtroppo possibile rendere accessibile l’edificio alle persone che utilizzano la carrozzina per la loro mobilità. Tuttavia, le attività sopra citate (punti 1 e 3) possono in una certa misura ovviare a questo problema offrendo alle persone con disabilità motoria, sia pur in differita, qualcosa di simile ad un tour virtuale all’interno del sito.
Questi interventi centrano un duplice scopo: garantiscono una visita soddisfacente alle persone con disabilità sensoriale, migliorando sensibilmente nello stesso tempo la qualità dell’esperienza di visita di chiunque perché, se si progetta tenendo conto dell’accessibilità universale, sono tutti gli utenti a guadagnarci e non soltanto particolari categorie di persone.

L’evento è patrocinato da: Provincia di Matera, Comune di Matera, CNA Matera e Confapi di Matera, segno tangibile dell’interesse che questi temi stanno sempre più suscitando nel ceto imprenditoriale locale e tra gli operatori turistici. Tra i patrocini figurano anche: l’Unpli Basilicata, l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti onlus APS di Matera e l’Unione Ciechi e Ipovedenti Lucani, a testimonianza della particolare attenzione che queste associazioni rivolgono al tema della comunicazione pluri-sensoriale inclusiva.

La presentazione del progetto sarà interamente tradotta in LIS (Lingua dei Segni Italiana),a beneficio delle persone sorde. La sala Levi è accessibile alle persone in carrozzina mediante rampa laterale.

GRUPPO DI LAVORO.
- Coordinamento: Luca Petruzzellis, Piero Colapietro;
- Il pannello visivo-tattile è stato ideato e realizzatoa dalle associazioni onlus Lettura Agevolata di Venezia e Tactile Vision di Torino;
- Il modellino tridimensionale è stato realizzato da Bad Maker Lab;
- La video-guida in LIS è stata realizzata dalla cooperativa Segnalis;
- Le riprese e il montaggio sono a cura di M&I Produzioni.

La casa grotta del Casalnuovo è visitabile su prenotazione a partire dal 1° Dicembre 2019, contattando Luca Petruzzellis, al 320 442 99 09.

La mia voce sarà i tuoi occhi»: i libri parlati per chi non può leggere

Il Corriere della Sera del 26.11.2019

In Italia vivono 137mila ciechi e un milione di ipovedenti. Per loro 50mila volumi gratuiti. Come «Vestivamo alla marinara» registrato in persona da Susanna Agnelli.

ROMA. Era il 1975 nel cuore di Roma: una signora si presentò nella sede di via Borgognona e per alcuni giorni, con calma e una voce decisa leggermente segnata da una erre pronunciata, incise sei ore di registrazione. Giacomo Elmi, il capo servizio del Centro nazionale del libro parlato dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti, ricorda di lei la semplicità e la riservatezza: «Arrivava in sede, faceva il suo turno di lettura, andava e veniva da sola, senza chiedere nulla a nessuno». Era Susanna Agnelli, che aveva deciso di registrare Vestivamo alla marinara. Di quel suo diario avrebbe venduto 300mila copie, ma per i non vedenti decise di anticipare un audiolibro che volle leggere lei stessa.

Quell’incisione è ancora presente nel prezioso catalogo del Centro nazionale del libro parlato, che offre cinquantamila titoli di ogni genere: dai romanzi al testo della Costituzione, per aiutare i non vedenti nella lettura, nello studio e negli interessi più diversi. Esiste dal 1957, il sito è lponline.uicbs.it, con tutti i titoli e le notizie utili. È un servizio riservato a ciechi e ipovedenti che devono certificare la loro condizione: oggi in Italia le persone riconosciute legalmente non vedenti o ipovedenti dall’Inps sono 137mila, ma la platea delle persone che arrivano a vedere un solo decimo, che leggono a malapena i titoli principali di un giornale, è stimata in oltre un milione di persone.

Spiega con orgoglio il presidente dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti, Mario Barbuto: «Il nostro servizio è completamente gratuito grazie alle risorse finanziarie messe a disposizione dallo Stato e a quelle tecniche fornite dall’Unione. Le nostre 107 sedi sul territorio svolgono anche una funzione di distribuzione, integrata oggi dal canale online del Centro per il libro parlato. È un’operazione culturale, si crea una comunità di lettori intorno ai libri. Abbiamo anche una radio, Slash Radio Web, il canale radiofonico dell’Uici, che ogni giorno contribuisce a far conoscere i libri, offre interviste con gli autori e momenti di confronto e discussione a tutta la comunità. D’altronde una inchiesta Doxa di qualche anno fa ha dimostrato che le persone non vedenti sono lettori più forti della media». Nessuna concorrenza col mercato degli audiolibri. «L’evolversi della tecnologia offre nuovi servizi per la lettura - spiega Mario Barbuto - ma si tratta, ed è legittimo, di iniziative commerciali; spesso il software non è totalmente compatibile per le persone non vedenti e soprattutto l’offerta privilegia i titoli di maggior successo e diffusione. Noi facciamo esattamente il contrario, ci mettiamo all’opera anche se un libro particolare è chiesto da un solo non vedente, siamo molto lontani dalle logiche di mercato».

Per spiegarlo ci aiuta la coordinatrice del Centro, Katia Caravello: «Abbiamo registrato una Grammatica della Lingua Sarda Prelatina e moltissimi manuali di studio, compreso La fisica del tacco 12 di Monica Marelli, dove l’autrice dimostra che la Fisica è la scienza più quotidiana che c’è». Per ottenere una registrazione basta contattare telefonicamente o via e mail il Centro per il Libro Parlato (via Borgognona 38, 00187 Roma - 06.69 98 83 60, email lp@uiciechi.it) o una delle sedi dell’Unione. Basta fornire una copia del libro da incidere. Tutto gratuito. I donatori di voce, come Susanna Agnelli, sono migliaia, attori, doppiatori, speaker che offrono un servizio professionale, ma anche semplici volontari. Per diventare «donatore di voce» bastano un computer, un microfono, un buon timbro di voce e passione per la lettura. Chi vuole candidarsi può scrivere a volontarlp@uiciechi.it.

Alcuni scrittori hanno già inciso i loro libri. Dacia Maraini, presente con molti libri in catalogo ha registrato il suo Bagheria. «Penso che sia un’ottima idea. Lo feci diversi anni fa, ma sono ancora contenta. Lavorai una giornata intera, gratuitamente, ma così ho permesso e permetto tutt’ora a chi non ha più gli occhi di leggere i libri ascoltandoli attraverso la voce». Giuseppe Lazzaro Danzuso, giornalista e scrittore, ha prestato il suo inconfondibile accento per incidere il suo Ritorno all’Amarina dove la sicilianità autentica è parte stessa del racconto. «Il fatto che un autore legga il proprio libro - sottolinea Katia Caravello - accresce il suo fascino. E noi siamo a disposizione, per fare la nostra parte dando consulenza e supporto anche agli editori, soprattutto ai piccoli».

Un appello «a tutti gli autori italiani a donare la propria voce per i loro libri, registrandoli» è stato lanciato da Alberto Sinigaglia, presidente dell’Ordine dei giornalisti del Piemonte, per far nascere «una banca delle voci degli autori italiani». «La geniale invenzione del sistema Braille - ricorda Katia Caravello - da circa due secoli consente a chi non vede di leggere e scrivere e ancor oggi rappresenta l’unica via che consente la lettura diretta di un testo. Ma in questi 200 anni al Braille si sono affiancati altri metodi di lettura; si è partiti dalle bobine per arrivare ai file MP3, passando per le musicassette ed i cd, i libri digitali, i libri elettronici. Nel 2020, in occasione del centenario dell’Unione italiana ciechi e ipovedenti - conclude Katia - una carovana itinerante partirà da Catania il 21 febbraio e arriverà a Milano il 23 marzo, toccando una quindicina di città. Tra le attività più importanti ci sarà il libro parlato, con una cabina di registrazione in ogni tappa». È un appuntamento.

di Paolo Fallai

lunedì 25 novembre 2019

Zarid porta la pole dance ai Mondiali

La Gazzetta dello Sport del 25.11.2019

Dopo l’ingresso della specialità nel programma degli sport paralimpici, l’atleta ipovedente è in partenza per Helsinki dove rappresenterà l’Italia.

Adill Zarid sta per spiccare il volo. Partenza giovedì, destinazione Helsinki dove domenica 1 dicembre si terranno i Mondiali di para pole dance. È un anno storico: il 2019 ha sancito l’ingresso di questa disciplina tra gli sport paralimpici. La prima gara è stata disputata domenica 17 novembre, a Manaro sul Panaro, a cura di Female Art Studio di Modena. Adill, che in quell’occasione ha vinto il titolo di mister Italia, è pronto a rappresentare la nazione all’appuntamento iridato guidato dalla sua voglia di andare oltre, dal suo entusiasmo contagiante.

Al punto che vuole contagiare altri ragazzi/e a uscire di casa e provare, mettersi in gioco, capire che se puoi sognarlo puoi farlo. Ama lo sport, tutto, tant’è che ne ha praticati diversi. Finché ha virato nella pole dance: “Una volta che mi attacco al palo, la vista passa in secondo piano”. Il 33enne di Reggio Emilia è ipovedente dalla nascita a causa di una retinite pigmentosa. Ma il suo entusiasmo gli fa vedere bene la sua strada, quell’orizzonte del si può. A proposito di strada, pure quella lungo il 16° Memorial Mariano Dal Grande, ad Arzignano (Vi), che l’ha visto protagonista, nell’ambito del Progetto Mite di Gilberto Pozza come navigatore debuttante alla gara di regolarità turistica con auto storiche e moderne. “Lo ringrazio tanto, mi ha supportato anche per i Mondiale di domenica viste le spese elevate”. Come dire: la strada la indico io, protagonista fino in fondo della mia vita.

di Alberto Francescut

Alleanza per la Mobilità Inclusiva: ricerca per promuovere la mobilità internazionale degli studenti universitari con disabilità

Con il comunicato n. 148/2019, la Sede Centrale UICI informa che l’Erasmus Student Network (ESN), che coordina l’IMA (Inclusive Mobility Alliance), intende redigere una serie di indicazioni o linee guida per i ministeri nazionali dell’educazione e per le università finalizzate a promuovere un comune standard di qualità dei servizi di sostegno per gli studenti universitari con disabilità nei programmi di mobilità internazionale.

Per raggiungere questo scopo, l’ESN ha messo a punto due questionari online in lingua inglese, uno rivolto agli studenti con disabilità e uno rivolto al personale che si occupa di inclusione e internazionalizzazione all’interno delle università.

Entrambi i questionari sono compilabili unicamente online sul sito:

https://inclusivemobility.eu/ entro il 30 novembre 2019.

Qualora risultasse utile, dallo stesso sito è possibile scaricare la versione word delle domande, ma è ammessa solo la compilazione online dei questionari.

È possibile anche accedere direttamente al questionario per gli studenti al seguente link: https://limesurvey.arteveldehs.be/index.php/254637?lang=en e a quello per le università al seguente link: https://limesurvey.arteveldehs.be/index.php/652248?lang=en.

Per incentivare la partecipazione, sono stati messi in palio, tra tutti coloro che risponderanno al questionario rivolto agli studenti, due biglietti Interrail per viaggiare in treno in Europa del valore di euro 200,00 cadauno.

"Il judo è la mia luce, mi aiuta ogni giorno. E la cintura nera un'immensa emozione"

La Nuova Venezia del 25.11.2019

Padovano di nascita, mestrino di adozione. Roberto Lachin ha 40 anni, nove dei quali trascorsi in un "dojo". Eppure lui è cieco fin da ragazzino: affetto da una malattia che si chiama retinite pigmentosa che gli ha progressivamente "divorato" la vista. Lachin si avvicina al judo nel 2012, mentre nel 2014 inizia ad allenarsi con il Judo Mestre 2001, sotto la guida del maestro Michele Pasini. Di recente si è piazzato per la seconda volta al secondo posto ai campionati italiani assoluti di judo per non vedenti e ipovedenti. Nel suo palmares anche quattro medaglie d'oro ad altrettanti Grand Prix.

Roberto Lachin, 40 anni, medaglia d'argento agli Italiani per non vedenti, racconta una storia di sofferenza vinta con forza, passione e ironia. L'intervista.

VENEZIA. Del mondo intorno a sé, Roberto Lachin da 30 anni intravede le luci. La vista gli è stata sottratta da una malattia genetica, la retinite pigmentosa, che inesorabilmente lo ha risucchiato in un tunnel oscuro. Gli ha tolto la vista, ma non la voglia di sviluppare le passioni. Una su tutte, il judo: arrivato per caso, nell'ottobre di sette anni fa, e che ora è parte integrante delle sue giornate.

Quando è insorta questa malattia?
«Tra i 9 e i 10 anni, sbattevo contro gli oggetti. Una serie infinita di esami, e mi hanno diagnosticato la retinite pigmentosa, che stava "lavorando" con il restringimento progressivo del campo visivo. Ne è affetta anche mia sorella, che ha quattro anni in meno di me e ha iniziato ora a perdere la vista. Non vedo nulla: capisco se c'è della luce, per un piccolo foro che mi è rimasto al centro dell'occhio».

Come ha affrontato malattia e conseguenze?
«Già alle elementari il mio mondo era piuttosto ristretto: non potevo praticare sport, andare in bici, uscire con gli amici. Alle medie i miei compagni andavano in moto, all'Università in macchina. E io no. Ero sempre tagliato fuori da tutti i gruppi. Quando ancora vedevo, con fatica, passavo le giornate con il naso sui fumetti o guardando cartoni giapponesi. Avrei voluto fare sport, ma ogni associazione a cui mi proponevo mi rifiutava, gli istruttori non se la sentivano di allenare uno "come me". E io ci rimanevo malissimo».

Poi è arrivato il judo...
«Per caso. Era l'autunno del 2012. Ero al palazzetto dello sport di Mestre per assistere a una prova di karate di mio figlio Alessandro. Faceva caldo, c'era tanta gente e mi sono fatto portare dal mio precedente cane guida, Penny, all'esterno, per prendere una boccata d'aria. Lei si è confusa e mi ha portato in un dojo. Ero molto imbarazzato, mi sono scusato. Ma il maestro di judo mi ha convinto a provare ad allenarmi. Il giorno dopo ero lì, con la tuta da ginnastica. Dopo due anni sono passato al Judo Mestre 2001: prima tra gli amatori, poi tra gli agonisti».

Com'è stato il primo approccio con i compagni?
«Volevo farmi accettare subito, temevo un po’ di freddezza, la gente non sa come comportarsi. Allora ho iniziato con le battute, tipo "Non ci vedo più dalla fame", "Botte da orbi" e la tensione si è sciolta immediatamente. In questi anni ho conosciuto persone splendide, dai miei maestri attuali - Michele Pasini e Manuela Tadini - ad Adriano Pizzolon di Montebelluna, fino al maestro Komuro Koji di Tokyo. Sono persino andato ad allenarmi nella sua palestra, in Giappone. Sono stato lì con mia moglie, che è giapponese».

Lei è appassionato anche del Giappone...
«Mi sono laureato a Ca’ Foscari in Lingue e civiltà orientali. Ora lavoro come centralinista al Casinò di Venezia. Mi sarei voluto iscrivere a Chimica industriale, ma quell'anno il corso non era stato attivato per i pochi iscritti. Per fortuna, perché al secondo anno di Università, in una scuola di italiano per stranieri, ho conosciuto quella che sarebbe diventata mia moglie, Izumi. Ci siamo sposati l'anno successivo e la mia vita è cambiata. Abbiamo un figlio, Alessandro, di 12 anni, campione italiano Under 14 di calcolo mentale».

Lei invece è vicecampione di judo per non vedenti e ipovedenti...
«Ho compiuto 40 anni proprio a Napoli, dove ho centrato per il secondo anno consecutivo l'argento. Dal 2017 ho vinto l'oro in tre Grand Prix. Il judo mi ha regalato tanto: sicurezza, equilibrio e 25 kg in meno in due anni».

E ora è cintura nera...
«Una bellissima sorpresa organizzata dai miei maestri, Michele Pasini e Manuela Tadini, domenica scorsa. Ho fatto un'esibizione dimostrativa in occasione della qualificazione esordienti a Treviso. Sono stato chiamato sul palco, pensavo per premiare qualche giovane. E invece ho sentito al microfono che mi veniva conferita la cintura nera. C'erano anche mia moglie, mio figlio, i miei genitori. Mi sono emozionato. La gente non smetteva di applaudire, Manuela è scoppiata a piangere. Tutto perfetto...».

Come riesce a praticare il judo, da non vedente?
«In gara, noi non vedenti partiamo con le "prese": mano destra sul bavero, sinistra sulla manica. Così posso anticipare i movimenti dell'avversario. Nel judo, prese e proiezioni sono molte, ma tutte codificate: per questo riesco a prevedere cosa succederà. Se il mio avversario "strappa" in un modo, probabilmente cercherà di fare un certo tipo di attacco. E poi ascolto i rumori, percepisco, ho affinato una grande sensibilità. Nelle gare, inoltre, noi non vedenti godiamo di alcune "agevolazioni".
Per distinguerci, gareggiamo con due ciondoli rossi attaccati alle maniche. E non veniamo sanzionati se usciamo dal tatami: non ce ne accorgiamo».

Quanto si allena?
«Tutti i giorni, dal lunedì al venerdì, un paio d'ore. E cyclette nel weekend, a casa. Da due anni, negli allenamenti al mio fianco c'è Marco Salvini: la mia ombra. Ha 15 anni ed è bravissimo, mi aiuta molto».

La sua ombra è anche Atena, il suo cane guida...
«Un labrador nero di 6 anni. Mi accompagna ovunque. Quando ho iniziato a fare judo e vedeva che i miei compagni mi buttavano per terra, subito correva in mio soccorso sul tatami. Ho dovuto farle capire che era normale. Ora mi accompagna in palestra, mi aspetta seduta durante tutto l'allenamento e, alla fine, quando facciamo il saluto, si rialza, capisce che è il suo momento. Per me è come una figlia. Sale in aereo con me quando vado in Giappone. Le rare volte in cui la lascio a casa, lei comunque mi aspetta dietro la porta: non si schioda da lì».

di Laura Berlinghieri

venerdì 22 novembre 2019

Inclusione scolastica: è fondamentale allargare lo sguardo

Superando.it del 22.11.2019

dei partecipanti al 12° Convegno La Qualità dell'inclusione scolastica e sociale.

«Abbattere muri è il filo conduttore del nostro impegno. Che per noi è superare opacità, incertezze, ritardi che rischiano di rendere fragile la nostra esperienza inclusiva e di riprodurre ritorni al passato di pratiche educative, selettive e separative. Per questo dobbiamo allargare lo sguardo dalla scuola al mondo, riconoscendo che tra i due è in gioco, oggi, una scommessa di civiltà e di democrazia»: lo si legge nella mozione finale del 12° Convegno Erickson “La Qualità dell’inclusione scolastica e sociale” di Rimini, che proponiamo integralmente ai Lettori.

Tre omini sopra a pezzi di puzzle attaccati, che danno la mano a un omino sopra a un pezzo di puzzle staccatoGiusto a trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, quando si pensava a una società aperta e libera, l’epoca attuale segna invece venti di separazione, rancore e odio tali da mettere in discussione quel patrimonio civile che l’inclusione sociale ed economica si prometteva.

Chi come noi si occupa dell’infinita varietà delle differenze conosce molto bene i muri che separano ed escludono non solo attraverso barriere materiali, ma soprattutto con quelle immateriali e culturali che considerano l’inclusione e l’autorealizzazione di ogni essere umano come romantica utopia.

Per questo dobbiamo allargare lo sguardo dalla scuola al mondo, riconoscendo che tra i due è in gioco, oggi, una scommessa di civiltà e di democrazia.

Al proposito non è un caso che perfino sulla drammatica esperienza umana della senatrice a vita Liliana Segre, bambina ebrea sopravvissuta ad Auschwitz, si arrivi ad intimidazioni e a polemiche incivili. Appunto, i muri mentali che sembrano rinascere.
Ecco perché rivolgiamo a Liliana Segre un grazie profondo per i valori che ci insegna e per come intende abbattere i muri del pregiudizio, del razzismo, dell’intolleranza.

Allargando lo sguardo.

A questo 12° Convegno Erickson La Qualità dell’inclusione scolastica e sociale hanno partecipato 4.000 persone che si occupano di educazione inclusiva come scelta di civiltà e di valore. Erano presenti insegnanti di sostegno, curricolari, dirigenti scolastici, educatori, genitori, professionisti della pedagogia, della clinica, del sociale, studiosi e studenti.

Tutti insieme a confronto e in ricerca per costruire una comunità che non frappone muri tra professioni e poteri, ma cerca ponti, terreni comuni per il medesimo destino: rendere migliore per tutti questa confusa epoca del nostro Paese che oscilla tra pregiudizi, scorciatoie assistenzialistiche, corporativismi, un’epoca dove pare dominare il “si salvi chi può” e non invece opportunità e autorealizzazione per tutti.

Abbattere muri è il filo conduttore del nostro impegno. Che per noi è superare opacità, incertezze, ritardi che rischiano di rendere fragile la nostra esperienza inclusiva e di riprodurre ritorni al passato di pratiche educative, selettive e separative.
Inclusione è lo sguardo in avanti.

Il dibattito pedagogico sul destino del nostro sistema formativo segnala nuovi muri culturali, amplificati dai media, circa il dovere di tornare a bocciare, di esaltare la lezione frontale, e il mito della vecchia grammatica e del riassunto. Segnali preoccupanti di un dibattito che volta lo sguardo all’indietro e non pensa futuro. Tutti segni di fragilità, prima di tutto culturali, che minano l’idea di una scuola inclusiva, capace di accogliere e integrare tra loro tutte le eterogeneità umane.

Sottostante all’emergere di critiche all’inclusione, c’è un’idea e ci sono pratiche che hanno al centro le discipline, la selezione, una didattica trasmissiva e rigida che non rispetta le unicità di ogni singola persona di essere, apprendere, relazionarsi.
Una professione inclusiva.

Solo una prospettiva autenticamente professionale può allargare lo sguardo sul governo dei processi di innovazione e riforma per superare le fragilità del presente e realizzare quello che da anni chiediamo, vale a dire:

° formazione iniziale per tutti sulla didattica inclusiva come pratica normale e di tutti, che non riguarda solo l’insegnante di sostegno;
° formazione in servizio, obbligatoria e costante nel tempo;
° formazione dei Dirigenti Scolastici come loro competenza strutturale non accessoria;
° sviluppo dell’autonomia didattica e della flessibilità dei curricoli;
° progettazione didattico-educativa soprattutto nella scuola secondaria, con tempi e spazi adeguati;
° una filosofia contrattuale della scuola che valorizzi gli insegnanti nella misura in cui tutela i diritti degli studenti;
° docente di sostegno come partner strutturale dello sviluppo di una classe inclusiva, in cui l’atto dell’intervento didattico a favore di tutti gli alunni è competenza di tutti i docenti;
° il riconoscimento che ogni alunno, in rapporto alla propria condizione, ha diritto a una relazione che sviluppi e solleciti i potenziali con didattiche individualizzate idonee, anche speciali, ma mai escludenti e/o isolanti.

Dunque, ci aspettiamo molto dalla Politica perché sciolga i tanti nodi irrisolti, per andare oltre ai molti pregiudizi e ostacoli corporativi.

Riprendiamoci la pedagogia.

Le tendenze in atto sull’interpretazione di ogni difficoltà umana in chiave clinica e certificativa hanno prodotto un confuso apparato gestionale dove domina la burocrazia sanitaria e non una logica integrata di analisi della funzionalità di ogni persona.
L’ICF [la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute fissata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, N.d.R.] non è entrata ancora, non solo nei documenti formali, ma anche nella cultura antropologica di interpretazione della vita umana.

La pedagogia si occupa di persone nella loro dimensione bio-psico-sociale, non di sintomi né di terapie palingenetiche.

Allarghiamo la squadra.

La fragilità di sistema delle risorse di personale è giunta ormai a livelli di guardia. Tra docenti di sostegno senza titolo, mobilità caotica del personale, la presenza di altre professionalità mal connesse alla realizzazione di una comunità educante organica, l’esito è di un’inclusione spesso precaria, in cui l’eccellenza sembra dipendere dal caso più che da una visione sistemica.

Vi sono questioni di natura contrattuale, di programmazione seria della formazione e gestione delle risorse che vanno sanate. Troppo spesso abbiamo ancora l’impressione che i bambini siano più pretesto per i posti che un progetto educativo di qualità. Questo per quanto riguarda i docenti.

È giunto però il momento di andare oltre e di avere il coraggio di proporre nuove forme istituzionali e organizzative anche per le altre figure professionali che gravitano nella scuola per l’inclusione. Per questo condividiamo le ipotesi di lavoro a cui stanno lavorando alcuni membri della commissione scuola dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) su due figure professionale strategiche:

° Gli educatori professionali per l’autonomia, anche in relazione alla recente “Legge Iori”. Va decisamente superata la loro condizione di essere considerati “accessori di copertura”, realizzando invece una loro utilizzazione, sia dentro che fuori la scuola, come “ponti” in grado di creare relazioni significanti costruendo autonomia. Quindi, non un optional affidato ai Comuni con metodi casuali e realizzati nelle logiche degli appalti sociali. L’internalizzazione di questa professione come organica al sistema formativo pubblico è un obiettivo importante. Supererebbe il cottimo di una professione lasciata al caso e favorirebbe un lavoro di comunità integrato, non costerebbe nulla, se non il trasferimento di fondi da un’amministrazione a un’altra.
° La maturazione di un profilo professionale più maturo nelle attività di assistenza di base affidato doverosamente ai collaboratori scolastici, con una competenza e formazione specifica che superi anche la confusione presente in alcuni territori con gli Operatori Socio Sanitari, immaginando un profilo di collaboratore che potrebbe essere denominato “OSE” (Operatore Socio Educativo), garantendo quindi più organicità e professionalità.

Per una governante locale inclusiva

Dobbiamo riconoscere che si stanno logorando le relazioni tra scuola, servizi sociali, sanitari e famiglie in ordine a una comune realizzazione del “Progetto di vita” per ogni persona.

Impacci burocratici, ma anche difficoltà culturali e pregiudizi, lasciano la scuola spesso da sola o attorniata da controparti. È indispensabile un salto di qualità: l’approccio multidisciplinare e il dialogo multiprofessionale sono le premesse perché l’inclusione funzioni.

Spazio alla ricerca e alla documentazione

Troppo spesso le nostre opinioni sulla qualità dell’inclusione sono più di carattere personale o episodico che più rigorosamente scientifiche. Inoltre, la raccolta e la disseminazione delle cosiddette buone prassi sono aleatorie. Anche i sistemi di valutazione dell’inclusione sono al momento incerti.

È indispensabile aprire una stagione, più intensa e strutturata, di ricerca pedagogica e di ricerca didattica, svolte non solo dal sistema universitario, per avere un quadro più realistico e meno enfatico di come va l’inclusione e per cogliere le fragilità ed eccellenze presenti ai diversi livelli.

Ciò servirebbe anche a replicare con i fatti agli “inclusio-scettici” che in Europa, e anche in Italia, non credono nella scuola inclusiva.

Mozione finale del 12° Convegno Erickson “La Qualità dell’inclusione scolastica e sociale”, Rimini, 17 novembre 2019 (di tale evento si legga anche la presentazione sulle nostre pagine).