martedì 17 gennaio 2023

Disabilità, vedere o ascoltare: la realtà non cambia. Così il cervello si adatta per conoscere il mondo

La Repubblica del 17/01/2023

Studio degli psichiatri italiani su Nature Human Behaviour. Ecco perché siamo multimediali: volontari sordi o ciechi dalla nascita percepiscono le scene della "Carica dei 101" allo stesso modo di chi ha tutti i sensi funzionanti. "Abbiamo notato un'alta similarità nell'attività sensoriale fra chi vede soltanto e chi sente soltanto. Un motivo di più per non discriminare persone disabili".

Il lupo è lo stesso per tutti. Per chi è cieco e sente solo il suo ululato. Per chi è sordo e vede solo i denti digrignati. E anche per chi ha i sensi in ordine. Tutti e tre gli individui si ritroveranno a scappare insieme, con lo stesso batticuore. Non importa infatti come conosci il lupo. L'immagine che se ne fa il cervello non cambia a seconda del modo in cui ci accorgiamo della sua presenza.

L'esperimento

Un gruppo di psichiatri della scuola Imt Alti Studi di Lucca e dell'università di Torino lo ha dimostrato con un esperimento, oggi pubblicato su Nature Human Behaviour. Hanno arruolato dei volontari in parte ciechi dalla nascita, in parte sordi dalla nascita e in parte capaci di udire e vedere senza problemi. Non li hanno messi davanti a un lupo, ma più semplicemente ai dalmata del cartone animato La carica dei 101, o a una sua descrizione audio, all'interno di una risonanza magnetica che scrutava le reazioni del loro cervello.

"La risposta cerebrale in comune fra questi individui è indicativa di una funzione innata, presente indipendentemente dalle esperienze sensoriali avvenute dopo la nascita" spiega Emiliano Ricciardi, che insegna alla scuola IMT di Lucca. Il lupo insomma, come avevano scoperto alcuni romanzieri, è già dentro di noi.

Vedere e sentire: perché sono simili

Il risultato dell'esperimento non era scontato. Il dibattito sul ruolo che ciascun senso gioca nella nostra conoscenza del mondo va avanti da decenni. Ma nello studio italiano, aggiunge Francesca Setti, prima autrice della pubblicazione, "abbiamo notato un'alta similarità nell'attività sensoriale fra chi vede soltanto e chi sente soltanto".

La sintesi, la tana in cui l'immagine del lupo si forma, avviene in una parte della corteccia cerebrale, la parte più evoluta del nostro cervello, che si chiama corteccia temporale superiore.

"Questa è l'area - spiega Setti - in cui l'immagine visiva di un cane è accoppiata al segnale acustico dell'abbaiare, rendendo chiaro al nostro cervello che i due stimoli provenienti da due diversi sensi si riferiscono allo stesso oggetto del mondo".

Superare le disabilità

"Il risultato - spiega Pietro Pietrini, psichiatra che dirige il Molecular Mind Lab della Scuola IMT di Lucca - conferma che la capacità di rappresentare la realtà è programmata e che anche in assenza di informazioni sensoriali specifiche può esserci una stessa architettura funzionale.

"Il nostro studio - aggiunge Pietrini - è un ulteriore tassello per favorire politiche di inclusione della disabilità. Più conosciamo il cervello, più ci rendiamo conto che non esistono motivi scientifici per discriminare persone con disabilità. Il nostro cervello è programmato fin dalla nascita per superare gli ostacoli che si frappongono tra noi e il mondo che ci circonda".

Il cervello multimediale

Ed è programmato anche, si direbbe, per funzionare in modo multimediale. Leggere un libro, ascoltare un audiolibro o ripercorrerne la trama all'interno di un film suscitano in noi emozioni non identiche, ma simili. "Il cervello è in grado di formare un quadro di insieme a prescindere dal canale sensoriale specifico" spiega Petrini. "Anche se, allo stesso tempo, è facile immaginare che aspetti diversi della narrazione possano trovare maggiore o minore risalto nelle diverse modalità sensoriali. Il tuono di un temporale avrà più effetto nella modalità uditiva, mentre il bagliore del tramonto in quella visiva".

"Ma non va dimenticato - aggiunge lo psichiatra - che la lettura di un testo permette a ciascuno di noi di "girare il proprio film", ragione per cui si può restare un po’ delusi da un film tratto da un romanzo che ci aveva appassionato e che avevamo immaginato diverso".

di Elena Dusi

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