Corriere dell’Alto Adige del 03/05/2023
BOLZANO. Greta Vieider, 31 anni, dell'Ssv Bozen, è la prima non-vedente in Europa ad affrontare un esame di Kung Fu. Proprio come nei film di Bruce Lee. O quasi. Nello specifico, la prova verterà su uno stile detto Wing Chun, importato da Hong Kong dal tedesco Wilhelm Blech negli anni '80. La federazione che coordina tutte le scuole del Continente è in Germania.
Greta, sabato 6 maggio lei ha l'esame Unter 1 (Livello 1) di Wing Chun. Emozionata?
«Sì, un po’ sì. Però è anche vero che mi sento preparata. Perciò sono tranquilla. Non ho di che aver paura. Andrà sicuramente tutto bene».
Da quanto pratica quest'arte marziale?
«Da cinque anni, dal 2018 per l'esattezza. Poi è arrivato il Covid e durante i periodi più difficili della pandemia ci si allenava solo da casa. Non si poteva fare altrimenti. Allenarsi assieme in presenza sarebbe certo stato l'ideale, ma era assolutamente vietato. Non ci siamo però scoraggiati. Tutt'altro. Abbiamo trovato delle alternative soddisfacenti. Scambiavamo aggiornamenti sulla preparazione in casa. Dopodiché abbiamo ripreso gli allenamenti e ci siamo trovati bene, proprio come all'inizio».
Com'è arrivata al Wing Chung?
«Mi ci ha portata un amico, non essendo io di Bolzano. C'è da dire che io prima frequentavo una scuola serale e non potevo venire fin qui ad allenarmi. Non ne avevo il tempo materiale, con i corsi, i compiti e tutto il resto. All'inizio andò così: un giorno ero qui in città, incontrai per caso questo amico di Merano, gli chiesi cosa faceva da queste parti. Mi rispose che andava agli allenamenti di Wing Chun. E così mi dissi: una volta terminata la scuola serale, voglio provare anch'io».
Un po’ per caso, allora. Praticava già degli sport?
«Sì, il mio incontro con il Wing Chun è del tutto casuale. Comunque praticavo già degli sport. Ad esempio il Torball, per ciechi, molto diffuso. Bisogna fare gol lanciando una palla che ha dei campanellini. Due squadre, tre contro tre. In palestra. Poi ho avuto anche periodi di interruzione legati a problematiche personali».
Cosa si aspetta dal Wing Chun?
«Ogni volta che vado ad allenarmi imparo qualcosa di nuovo. Personalmente, m'incuriosisce sempre, ogni allenamento presenta nuove sfide, nel senso che sono curiosa di capire cosa riuscirò ad affrontare nel futuro».
Qual è l'insegnamento del Wing Chun?
«Insegna che ognuno è in grado di fare la propria parte, che ognuno può difendersi. Chiunque può praticarlo anche se ha degli handicap o semplicemente pensa di non riuscirci; e scopre così di poterlo fare. Dà forza, fiducia in se stessi. Aumenta l'autoconsapevolezza».
Si allena diversamente da non-vedente?
«No. Gli allenamenti sono uguali. Mi esercito come tutti gli altri, allo stesso modo. S'imparano gli stessi movimenti. E se c'è qualcosa che non va, l'allenatore viene da te e con le mani ti dice che devi fare in un modo e non nell'altro. Lo trovo bello, incoraggiante. Non ci si sente esclusi. Tutt'altro».
Dopo il livello U1, c'è l'U2. Farà anche quello?
«Intanto pensiamo a superare l'U1 e poi si vedrà. Devo valutare come procedono gli allenamenti. Non lo escludo. Di una cosa sono sicura: del mio entusiasmo per questa disciplina».
Il Wing Chun, si dice, è uno stile interno, morbido ma potentissimo nella corta distanza. Sembra una contraddizione.
«Non è una contraddizione, perché viene usata la forza dell'altra persona, di chi ti attacca. Uno deve quindi essere morbido, ma allo stesso tempo deve riuscire a usare tutta la potenza che ha in corpo, tutte le energie a disposizione».
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