Corriere della Sera del 24/05/2023
In aumento le persone ipovedenti a causa di patologie legate all'età quali glaucoma, cataratta, degenerazione maculare.
Limitazioni visive gravi o moderate interessano quasi il 20% della popolazione, ma ben oltre il 40% degli ultra 75enni. Quasi un italiano su cinque soffre di limitazioni della vista gravi (circa il 2% della popolazione dai 15 anni in su) o moderate (il 16,7% della popolazione). Percentuali ben più alte si registrano tra chi è più in là con gli anni: ad avere gravi o moderati problemi agli occhi è il 33,8% degli ultrasessantacinquenni e ben il 41,9% degli ultrasettantacinquenni, come confermano i dati (2019) della «Relazione sullo stato di attuazione delle politiche sulla prevenzione della cecità, l'educazione e la riabilitazione visiva» trasmessa di recente dal Ministero della Salute al Parlamento.
Il numero delle persone affette da ipovisione è in aumento anche perché il progressivo aumento della speranza di vita ha portato a una maggiore diffusione di malattie oculari quali la degenerazione maculare legata all'età, il glaucoma, la cataratta, patologie vascolari retiniche.
Il rischio è che entro il 2030 raddoppino le persone cieche se non s'interviene subito, avverte la Società italiana di oftalmologia (Soi) che, in occasione del ventesimo Congresso internazionale in programma dal 25 al 27 maggio a Roma richiama l'attenzione sulla necessità di un'inversione di rotta sul fronte della prevenzione e dell'assistenza oculistica nell'ambito del Servizio sanitario nazionale (Ssn). Lunghe attese e visite frammentate Oggi per un intervento di cataratta in una struttura del Ssn si possono attendere anche due-tre anni. Così come sono lunghe le attese nel pubblico per visite ed esami diagnostici.
Chi può permetterselo si rivolge al privato, chi no attende o rinuncia alle cure. Le visite, poi, sono «frammentate», come spiega Matteo Piovella, presidente Soi: «Se un cittadino non vede bene non può effettuare una visita oculistica completa nel pubblico in un unico accesso. Ogni esame è regolato da tempistiche differenti e ticket da pagare. Prima di avere una diagnosi passano almeno 3-6 mesi, entrando e uscendo da ambulatori o reparti ospedalieri; nel frattempo, senza trattamenti adeguati, peggiora la patologia e la vista». Tecnologie innovative ma scarse nel pubblico Negli ultimi vent'anni ci sono stati enormi progressi in oculistica, dallo sviluppo di tecnologie innovative che permettono diagnosi sempre più precise in tempo reale, alle nuove tecniche chirurgiche e terapie farmacologiche.
«Purtroppo, però, - sottolinea Piovella - le difficoltà organizzative ed economiche hanno penalizzato il nostro Servizio sanitario per cui l'adozione di queste nuove tecnologie all'interno delle strutture pubbliche raggiunge appena il 4%. E a pagare le conseguenze sono i pazienti. Per esempio, - continua il presidente Soi - su circa 650mila interventi di cataratta effettuati ogni anno in Italia, solo lo 0,6 per cento dei pazienti ha usufruito di un cristallino artificiale in grado di eliminare tutti i difetti di vista e la presbiopia».
Come pure vengono penalizzati i pazienti che soffrono di maculopatia.
«In Italia -dice Piovella - ha accesso alle cure adeguate solo il 30% di chi ha necessità: si effettuano, infatti, circa 300 mila iniezioni intra-vitreali ogni anno rispetto al milione e oltre che si fanno in Inghilterra, Francia, Germania». Pochi oculisti nel Servizio sanitario C'è poi il problema della carenza di oculisti nella sanità pubblica. Secondo i calcoli di Soi, dei settemila oftalmologi che lavorano in Italia meno di 3mila lo fanno nelle strutture del Servizio sanitario nazionale e, nel giro di pochi anni, uno sue tre (circa mille) raggiungerà l'età della pensione. Questo a fronte di una richiesta di assistenza oculistica cresciuta di venti volte dagli anni Ottanta (quando entrò in vigore la legge n. 833/78 istitutiva del Servizio sanitario nazionale, ndr) a oggi, secondo le stime di Soi; con conseguenze anche sulle lunghe attese nel pubblico. Un problema che riguarda quasi tutte le branche della medicina ma per alcune, come l'oculistica, «è particolarmente evidente a causa dell'enorme richiesta di cure a fronte di un numero ridotto di oculisti che lavorano nel Servizio sanitario nazionale» sottolinea Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che aggiunge: «L'obiettivo della sanità pubblica deve essere sempre quello di mettere a disposizione di tutti i pazienti le tecnologie innovative, in oculistica può voler dire prevenire la cecità». Appello alle istituzioni Il Manifesto «Accesso alle cure oculistiche sostenibili in Italia» messo a punto dalla Società italiana di oftalmologia contiene alcune proposte per rendere tempestive e di qualità le prestazioni oculistiche, sia diagnostiche che chirurgiche, nell' ambito del Servizio sanitario nazionale, per prevenire la perdita della vista di migliaia di connazionali. Secondo gli oculisti è necessario, tra l'altro, ridurre i tempi di attesa per visite, esami, interventi chirurgici; garantire l'accesso a visite meno frammentate rendendo fruibili, nel pubblico, sia strumenti tecnologici innovativi che oggi consentono diagnosi di precisione in tempo reale, sia terapie e interventi all'avanguardia; incrementare il numero di oculisti che lavorano nella sanità pubblica.
Da qui l'appello alle istituzioni perché s'impegnino con investimenti e un approccio innovativo a rafforzare l'oftalmologia pubblica.
di Maria Giovanna Faiella
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