L’Espresso del 20/09/2023
Finalmente domani 19 settembre le ragazze in tandem partiranno per il viaggio che hanno chiamato L’Italia in tandem… Alla cieca. È un progetto intrigante che mi ha spinto ad intervistare la sua promotrice Giusy Parisi. Mi ha emozionato sentirla parlare del suo rapporto con il viaggio, del suo «sentirsi parte dell’universo, del tutto» quando è in mezzo alla natura, del suo vivere la vita al di là della cecictà.
Chi è Giusy Parisi?
Sono una ragazza di 35 anni e vivo a Milano da qualche anno, ma sono originaria della Puglia. Mi piace molto stare all’aria aperta e mi piacciono gli sport che mi permettono di muovermi stando in mezzo alla natura. Fra questi c’è il cicloturismo, ma anche la speleologia, subacquea, trekking.
Che lavoro fai?
Lavoro da qualche anno come centralinista alla Soprintendenza delle Belle Arti e Paesaggio di Milano. La considero la cosa meno interessante di me, però mi permette comunque di fare tutto il resto.
Sei fidanzata?
Sono fidanzata da quasi un anno.
Sei una donna cieca?
Sì, esatto, sono cieca da poco dopo la nascita, praticamente dall’età di due anni circa.
Quindi hai dovuto confrontarti ben presto con un mondo senza luci.
Esatto. Infatti non ho ricordi coscienti visivi. Non ricordo che cosa sia la luce a livello visivo o i colori, o tutto ciò che è legato alla vista.
Quali sono le maggiori difficoltà del vivere in un mondo senza luce, nel vivere da persona cieca?
A livello prettamente visivo mi manca un po’ conoscere cosa sia un tramonto, cosa siano le stelle, le cose legate alla natura che sono sì riproducibili tattilmente. Però per quanto si cerchi di dare una riproduzione completa credo che vederle sia tutt’altra cosa. Questa alla fine è una cosa che accetto, tutto sommato non è un grosso peso. Le difficoltà derivano più dalla percezione che la gente ha verso di noi. Cioè quando iniziano a trattarti come qualcuno che non può. Insomma, quando i cosiddetti normodotati non ti ritengono in grado di essere autonomo, di avere una capacità di comprensione. Questo più che difficile è fastidioso.
Quindi non soltanto non ti ritengono capace di fare delle cose, ma addirittura non ti ritengono capace di comprendere appieno le cose?
Esatto. Ti parlano come ad un bambino piccolo in una stanza. Se prima mi dava fastidio, crescendo è diventato ancora più fastidioso. Però diciamo che anche questo tutto sommato ho imparato a farmelo scivolare di dosso. Perché non si può sempre vivere con il sangure amaro. Le altre difficoltà possono essere quando ci si trova di fronte a situazioni di non accessibilità. Banalmente davanti a un sito internet o a delle app che in quel momento ti servono e che non sono accessibili dalle persone cieche. Ovviamente non si può avere sempre qualcuno accanto, un occhio disponibile. Quindi lì cominciano le imprecazioni varie. Anche con questo si vive alla fine in qualche modo. Però diciamo che il mio progetto L’Italia in tandem… alla cieca che fa parte del più ampio progetto che ho chiamato Ragazze in Tandem tra i vari obiettivi mira a sensibilizzare, a migliorare tutte queste situazioni.
Quali sono le caratteristiche del progetto L’Italia in tandem… alla cieca?
È un viaggio in tandem. La partenza è fissata per il 19 settembre. Questo viaggio in tandem mi porterà in giro per tutta l’Italia. L’ho dovuto dividere in due parti fondamentalmente per motivi economici. Nella prima parte partirò da Milano e arriverò a Lecce in una quarantina di giorni. Mentre l’anno prossimo nella primavera percorrerò il versante opposto dell’Italia, da Reggio Calabria a Milano passando per il Piemonte. Per fare la prima parte ho preso un mese di aspettativa non retribuita e qualche giorno di ferie.
Hai degli sponsor?
Non ho uno sponsor. Però l’azienda di abbigliamento Nalini ci ha fornito del materiale tecnico, per me e chiaramente per chi guiderà il tandem.
Tu sarai sul sellino di dietro?
Esatto. E poi anche Givi Bike mi ha confermato che ci fornirà le borse da cicloturismo.
Chi vi fornisce il tandem?
Il tandem è il mio, che ho acquistato un anno e mezzo fa. Userò quello.
Chi ti accompagna?
Mi accompagnerà Chiara nei primi diciassette giorni. Poi mi accompagnerà Pietro per dieci giorni. Nell’ultima parte il tandem lo guiderà Laura.
Chiara è una mia cara amica che ho conosciuto con un post su Facebook l’anno scorso, proprio quando ho acquistato il tandem. Ho postato in diversi gruppi ciclistici cercando qualcuno che volesse condividere con me un giro in bici, e perché no, prima o poi anche un viaggio. Chiara è fra le persone che hanno risposto a uno di questi post. Da allora si è innamorata del tandem. Abbiamo fatto ormai diverse esperienze insieme in tandem e non solo. Guiderà il tandem nella prima parte del giro dell’Italia, utilizzando e finendo totalmente le sue ferie. Chiara fa parte anche del progetto Ragazze in tandem.
Pietro l’ho conosciuto poco tempo fa, un paio di mesi fa circa, l’ho conosciuto per caso ad una cena con il Rotary Club. Parlando del viaggio è venuto fuori che anche lui avrebbe fatto un suo giro dell’Italia con tappe diverse. Alla fine si è offerto di guidare il tandem per una decina di giorni.
Laura invece la conosco ormai da diversi anni. L’ho conosciuta a Firenze perché prima di trasferirmi a Milano ho vissuto un po’ di anni lì. Lei è da tanti anni impegnata nell’educazione di persone con disabilità di diverso tipo, in particolare con i non vedenti, a volte anche con qualche disabilità aggiuntiva. Anche lei recentemente si è appassionata al cicloturismo. Addirittura ha venduto l’auto per scegliere di andare solo in bici. Ha contribuito anche lei alla creazione del progetto Ragazze in Tandem.
Perché hai chiamato il tuo progetto L’Italia in tandem… alla cieca?
L’ho chiamato L’Italia in tandem… alla cieca, un po’ per fare dell’ironia, ma anche perché effettivamente mi sto muovendo un po' alla cieca. Perché è tutto nuovo per me, dal contattare associazioni, enti, ad essere intervistata così tanto, a dover fare presentazioni nei locali, registrazioni in tv. Insomma è tutto abbastanza nuovo, così come viaggiare per così tanto tempo. Quindi alla cieca anche per questo.
Dove dormirete? Quanti chilometri farete al giorno?
I chilometri giornalieri saranno circa una sessantina, poi in alcune tappe saranno ottanta, in altre quaranta. Questo per poter anche incontrare persone. Potevamo concludere il viaggio in minor tempo però non siamo velociste. Inoltre pedalando per un centinaio di chilometri al giorno non ci sarebbe stata la possibilità di fare anche degli incontri.
Quanto al giorno pedalerete? Che velocità pensate di tenere?
Non faremo più di quattro, cinque ore al massimo di pedalata al giorno. La velocità dipende un po’ anche dalla strada, però essendoci abbastanza asfalto potremmo toccare anche i quindici, venti chilometri orari. Poi se c’è da correre possiamo anche superarli.
Per quanto riguarda gli alloggi abbiamo deciso di non usare tende questa volta. Essendo il primo viaggio così lungo ho preferito optare per un letto comodo, anche perché non tutte le guide sono disposte a dormire in tenda per così tanto tempo. Ho preferito optare per alloggi comodi che però possono essere estremamente spartani. Infatti stiamo cercando di farci ospitare dove possiamo e qualcuno ci ha già offerto la sua disponibilità. Nel caso in cui non trovassimo chi ci ospita opteremo per alloggi il più economici possibile.
Quali obiettivi ti proponi con questo progetto?
Vogliamo sicuramente puntare a sensibilizzare sull’inclusione e sull’abbattere più barriere mentali e più stereotipi possibile rispetto ai ciechi e alle persone con disabilità in generale. Vogliamo contribuire a diffondere anche il cicloturismo accessibile. Dopo il giro ci occuperemo anche di progettare dei viaggi aperti a tutti, incontrando associazioni e enti per provare a smuovere un po’ le cose. Oltre a questo incontreremo anche associazioni ciclistiche, sportive in generale per cercare di creare anche una rete di piloti e copiloti di tandem a livello nazionale. Per fare questo abbiamo anche lanciato un sondaggio per vedere anche un pò qual è la situazione in Italia. Perché sappiamo che prima c’era un gran movimento sia agonistico che di cicloturismo. E vogliamo un po’ ricreare questo movimento, vogliamo condividere e far comprendere quanto questa passione per il ciclismo possa dare benefici a chi la pratica.
Perché dovrebbe dare dei benefici alle persone cieche e alle persone disabili in generale?
Intanto perché lo sport in generale fa sempre bene, non solo chiaramente a chi ha una disabilità. Questo non lo dico io, ma lo dicono ricerche di vario tipo. Intanto fa bene stare all’aperto e non stare su un divano rinchiusi in casa.
Aprirsi al mondo?
Sì. Quello per esempio che piace fare a me è stare in mezzo alla natura, sentire i profumi, i suoni, il terreno sotto le ruote come dico sempre. Vogliamo tirare fuori di casa le persone. Per carità, nessuno è obbligato a uscire di casa. Se qualcuno è felice di vivere sul divano ben venga. Però se queste persone vivono con frustrazione la loro condizione vuol dire che qualcosa non va. La soluzione può essere proprio uscire all’aria aperta, stare in mezzo alla natura. Bisogna provarlo.
Io ho sempre in mente questo mio momento di estasi in un ciclo viaggio dell’anno scorso. Ero praticamente nella riserva del Tombolo, vicino a Livorno. Ero in questa riserva naturale circondata da piante, che è vero che non vediamo ma si possono tranquillamente toccare, percepire. Senti che c’è del verde, degli alberi che sono alti, che c’è il rimbalzo del suono. Riesci a percepirli o puoi andare a toccarli fisicamente. Sentivi il cinguettio degli uccelli, altri animali che si muovevano silenziosamente fra le foglie, avverti i profumi di queste piante. C’erano diverse piante aromatiche. Tutto questo con il mare in sottofondo, sia il suono che il profumo. Ho vissuto questo momento davvero emozionante.
Sicuramente è sentirsi parte dell’universo, del tutto.
Tornando alla questione obiettivi, fra le altre cose abbiamo in mente di fare uscire più tandem possibile da scantinati e magazzini. Stiamo scoprendo che ce ne sono davvero tanti. Sono stati magari acquistati e adesso sono lì. Quindi vorremmo ridargli vita. Dietro al viaggio L’Italia in tandem… alla cieca c’è il progetto Ragazze in Tandem. È un progetto al femminile e ci teniamo a farlo rimanere tale. Un obiettivo è quello di spronare sempre più persone ad avvicinarsi al mondo del cicloturismo, ma in particolare donne che sono sono ancora una minoranza nel mondo, sia ciclistico che ciclo turistico.
Il vostro sarà un viaggio prevalentemente al femminile, due conduttori su tre sono donne. In un’epoca in un paese che sembra non amare le donne, considerati gli ultimi avvenimenti di cronaca, avete pensato a strategie particolari per tutelarvi durante il viaggio?
Sinceramente no. Non ho pensato a qualcosa di particolare. Perché il contesto in cui ci muoveremo è un contesto esente da rischi. Quindi non c’è la necessità di prendere particolari precauzioni.
Mi sembra che ci sia un grande impegno personale sia a livello economico che a livello di di progettazione mancando degli sponsor. Si gioca tutto sull’iniziativa personale?
Praticamente sì. Comunque abbiamo lanciato una raccolta fondi. Ci stanno arrivando anche delle piccole donazioni. Qualcosina abbiamo raccolto anche attraverso una cena al buio che abbiamo organizzato qualche mese fa a Milano. Se qualcuno avrà voglia ci sponsorizzerà strada facendo se il progetto piacerà. Però la maggior parte dei costi sono a nostro carico.
Dimmi qualcosa in più su Ragazze in tandem.
Le ragazze in tandem in realtà sono cinque. Siamo in cinque sparse per l’Italia. Siamo io, Chiara e Laura. Poi ci sono anche Giulia e Rossella. Io e Chiara viviamo a Milano.
Giulia e Rossella sono persone cieche?
Sì. Sono cieche. Laura e Rossella vivono a Firenze e Giulia vive a Venezia. Siamo cinque amiche accomunate da questa passione per il tandem. Vogliamo portare avanti iniziative con il tandem inteso come mezzo e come simbolo di inclusione. Oltre a tutti gli obiettivi che ti ho già citato c’è anche quello di promuovere imprese al femminile dislocate in Italia. In merito a questo Giulia e Laura questa settimana stanno pedalando lungo tutta la costa Toscana e andranno ad incontrare imprese prevalentemente al femminile, cercando di capire come ce l’hanno fatta, e capire come fare per sostenerci a vicenda.
Se la gente ci vuole seguire può farlo sui nostri canali social, che sono Facebook e Instagram.
Mi preme sempre esplicitare e specificare che, uno degli stereotipi che vogliamo abbattere è che, chi guida un tandem non è non deve essere una persona che porta a spasso una persona con disabilità, ma semplicemente condivide proprio un giro in bici o addirittura un viaggio. È un compagno di viaggio.
Spesso chi guida viene visto come qualcuno che sta facendo un'opera pia, del volontariato. Questa immagine la vorrei scardinare.
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