mercoledì 7 dicembre 2022

A chi sussurrano le stelle. L’astrofisica Díaz-Merced traduce in suoni l’universo

L’Espresso del 07/12/2022

Ha perso la vista anni fa. Ma ha sviluppato un metodo per avere una percezione rigorosa dei dati cosmici, pur senza usare gli occhi. Diventando leader mondiale della “sonificazione”. E realizzando un sogno

Sul maxischermo alle sue spalle compare la straordinaria immagine di una delle galassie intercettate dal telescopio spaziale Hubble. Wanda Díaz-Merced muove un piccolo strumento sul monitor del suo notebook, dove è riprodotta la stessa immagine, e comincia a descriverla al pubblico del Festival della Scienza di Genova, nel salone del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, con una precisione minuziosa: le sue forme, i suoi colori, le sfumature più delicate, il nucleo bianco e le sue eliche. In sala si sente un brusio di stupore: il fatto è che Wanda ha perso la vista molti anni fa e, ciononostante, ora può scoprire i segreti delle stelle grazie al sistema che ha creato per tradurre in suoni le immagini, i segnali, i raggi, le onde che arrivano dall’universo.

Per questo Wanda Díaz-Merced è diventata l’astrofisica leader mondiale della “sonificazione” dei dati astronomici e ha consentito a studenti non vedenti o ipovedenti di tutto il mondo di realizzare un sogno che sembrava destinato a restare tale: avere una percezione scientifica del cosmo anche senza vederlo. Non solo. Ascoltare la voce delle stelle, dei pianeti, delle galassie si è rivelato uno strumento utilissimo anche per i ricercatori che, invece, lo spazio lo vedono molto bene.

Wanda oggi dice di non ricordare più quando fu l’ultima volta che riuscì ad ammirare la bellezza di un cielo stellato. Però ricorda quanto sia stata dura la strada per «uscire a riveder le stelle», per dirla con Dante alla fine dell’Inferno.

La letteratura quasi romantica che racconta sul Web il percorso dell’astrofisica portoricana fissa un momento preciso in cui ebbe inizio la sua avventura umana e scientifica. Risale a quando, da bambina, si trova una sera a pescare su una spiaggia della sua isola con i genitori e rimane colpita da una scia luminosa che attraversa il cielo stellato. Il padre le spiega che è un meteorite, ma in realtà è la scintilla che accende in lei la passione per la scienza. Un amore che la porterà a iscriversi alla facoltà di Fisica dell’Università di Porto Rico, a Río Piedras. Per assurdo è questo il momento in cui il suo sogno rischia d’infrangersi, a causa di una retinopatia genetica degenerativa che a vent’anni la priverà della vista. Lei non si arrende alla malattia, è tenace e si laurea nonostante tutto. Ed è proprio negli anni degli studi universitari che un amico le mostra il funzionamento di un ricevitore audio collegato a un radiotelescopio: è così che lei avverte le potenzialità del suono per studiare l’universo.

«Ma il mio lavoro – spiega Wanda Díaz-Merced – non è frutto di un’intuizione e nemmeno d’immaginazione. Ho fatto esperimenti, ho ottenuto risultati e sono andata avanti facendo analisi dei dati, progettando un prototipo per ascoltare i dati che arrivano dallo spazio, e ho testato il sistema durante tutto il mio dottorato». Con una sensazione di fondo, poi smentita dai fatti: «Mi aspettavo che non funzionasse, che il suono fosse inutile per l’esplorazione dei dati. Ma dopo aver dimostrato che è utile, eccome, ho pensato di progettare metodi che permettessero alle persone cieche o ipovedenti di fare ricerca».

Un percorso tracciato a partire dal 2005, quando Wanda partecipa a uno stage della Nasa per persone con disturbi della vista. Gli studi della scienziata portoricana proseguono poi con un dottorato in Computer Sciences all’Università di Glasgow e quindi all’Harvard Smithsonian Center per l’Astrofisica. Nel 2016 il presidente Barack Obama la invita alla Casa Bianca, alla conferenza “Frontiers”, e lei prepara un intervento il cui titolo è la sintesi della sua mission di ricercatrice: “Rendere l’esplorazione della scienza accessibile a tutti”.

Oggi lei ribadisce così il principio: «Viviamo in tempi di inclusione, equità e parità. Scoprire che non era complicato per le persone con disabilità sensoriali partecipare a tutte le attività di ricerca che sono naturali in campo astronomico mi ha fatto inizialmente sentire molto delusa. Se non era complicato, perché non era stato fatto prima?».

Nell’ultimo anno Wanda Díaz-Merced ha continuato i suoi studi a Cascina, in provincia di Pisa, presso Ego: cioè il consorzio italo-francese costituito nel 2000 dal Centre national de la Recherche scientifique e dall’Istituto nazionale di Fisica nucleare con lo scopo di realizzare e poi garantire il funzionamento e il miglioramento del più grande rivelatore di onde gravitazionali d’Europa. Si chiama Virgo — dal nome di un ammasso di 1.500 galassie a 50 milioni di anni luce dalla Terra — ed è un gigantesco interferometro laser costituito da due bracci lunghi tre chilometri che si estendono nella campagna tra Pisa e Cascina. Le onde gravitazionali, teorizzate da Albert Einstein nel 1915, sono ondulazioni della trama spazio-tempo che si propagano alla velocità della luce e si verificano quando grandi masse vengono accelerate o deformate: accade, per esempio, quando esplode una supernova o in caso di interazioni tra buchi neri o stelle di neutroni. Ed è qui che il metodo ideato da Wanda Díaz-Merced ha un ruolo decisivo, perché le onde gravitazionali sono molto diverse dalla luce, principale strumento utilizzato finora per intercettare i messaggi dell’universo.

La prima rivelazione diretta delle onde gravitazionali risale solo al settembre 2015, un secolo dopo la teoria di Einstein. Il motivo di tanta difficoltà sta nella natura stessa delle onde gravitazionali, che attraversano lo spazio-tempo deformandolo e producendo movimenti impercettibili. Per effetto dei quali anche i corpi materiali vengono deformati e le distanze si allungano e si accorciano alternativamente. Queste variazioni sono difficili anche solo da immaginare: se un’onda attraversa Virgo, si stima che la lunghezza dei suoi bracci di tre chilometri vari di un miliardesimo di miliardesimo di metro. Un “quasi niente”, insomma, che, a dispetto delle sue dimensioni infinitesimali, racconta un portentoso evento astrofisico avvenuto a migliaia di anni-luce dalla Terra.

Durante i suoi studi a Cascina, Wanda Díaz-Merced ha raggiunto altri importanti risultati grazie ai quali, per esempio, è stato «progettato e pubblicato sulla pagina web di Ego un training per usare il suono». Sonificazione, ma non solo: anche il tatto ora si può utilizzare per “vedere” l’universo. Spiega la scienziata: «Ho creato una versione della sequenza principale delle stelle in forma audio-tattile e realizzato il concept di un rilevatore di luce basato sul tatto in tempo reale».

Il primo tentativo risale all’eclissi solare del 2017. Ricorda Wanda: «Assistevo un mio conoscente mentre lavorava a un rilevatore di luce collegato al movimento. In pratica, con un fascio di luce puntato su di me, impiegando strumenti a ultrasuoni e un Raspberry Pi (cioè una scheda madre per la programmazione di hardware molto usata in robotica, ndr), il movimento del mio corpo generava un segnale acustico. Questo semplice concetto creato da Steve Marks mi ha fatto pensare che avremmo potuto usare un sensore più piccolo, più semplice, più economico e più potente per far sentire dagli Usa ai miei studenti in Sudafrica l’eclissi solare del 2017. Ho elaborato un concept e ne ho parlato con diversi scienziati che, però, si sono dimostrati scettici. Ne ho discusso poi con Allyson Bieryla, manager del centro di astrofisica di Harvard, la quale, invece, in meno di tre mesi ha prodotto un rilevatore per sentire l’intensità della luce solare durante l’eclissi. Lo conservo ancora oggi come un tesoro! Quel giorno i miei studenti in Sudafrica hanno potuto ascoltare l’eclissi in tempo reale. La loro felicità, lo stupore in quell’aula mi rimarranno sempre impressi...».

Ma i metodi di Wanda non solo hanno agevolato gli allievi non vedenti a studiare le stelle. Hanno anche rivoluzionato la ricerca astronomica. Spiega: «In realtà non so se sia davvero così. È stato difficile per l’astronomia prendere sul serio la sonificazione. Mi viene sempre chiesto di fare divulgazione e non ricerca. La divulgazione è importante, certo, ma è necessario lavorare ancora sulla sonificazione come strumento di analisi dei dati. Ora invece viene spesso considerata un intrattenimento e pertanto è difficile che sia rispettata come metodo di ricerca. A volte succedono cose paradossali: ad esempio che mi siano concessi solo sei mesi per scrivere una relazione in cui documentare come la sonificazione abbia raggiunto lo stesso livello di sviluppo delle tecniche visive. Le quali, però, hanno richiesto ben più di sei mesi di sviluppo per arrivare allo stadio attuale».

Suoni, percezioni tattili...magari un giorno potremo sentire anche gli odori e i sapori del cosmo, ammesso che abbia un senso a fini scientifici. Wanda Díaz-Merced non lo esclude: «Chissà se accadrà, ma so per certo che gli esseri umani si adattano e innovano costantemente. Chi avrebbe detto 20 anni fa che oggi avrei usato la mia voce e il mio udito per inviare un’e-mail o che le persone avrebbero scritto su un telefono con il pollice?».

di Roberto Orlando

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