mercoledì 1 febbraio 2023

Una cura per la cecità?

Lega Nerd del 01/02/2023

USA. La prova dell’esistenza di sinapsi che collegano coppie di cellule retiniche derivate da cellule staminali pluripotenti umane: la colorazione rossa dell’infezione da parte di un virus della rabbia modificato, passato da una cellula con nucleo giallo, attraverso la sinapsi, ad una cellula che si illumina solo di rosso.

Purtroppo, la medicina moderna offre poche opzioni terapeutiche quando la cecità si manifesta. Tuttavia, i ricercatori dell’Università del Wisconsin-Madison hanno fatto un passo avanti con le cellule staminali che potrebbe finalmente portare a una cura per i disturbi degenerativi dell’occhio. Gli scienziati hanno dimostrato, con successo, che le cellule retiniche coltivate da cellule staminali sono in grado di “raggiungere e connettersi” con le cellule vicine. Questa stretta di mano cellulare, se così si può dire, suggerisce che le cellule sono pronte per essere sperimentate in esseri umani affetti da perdita della vista, aggiungono gli autori dello studio. Più di dieci anni fa, i ricercatori dell’UWM hanno sviluppato un metodo per far crescere in laboratorio ammassi organizzati di cellule (organoidi), somiglianti alle cellule della retina- i fotorecettori – che costituiscono il tessuto sensibile alla luce nella parte posteriore dell’occhio. Gli scienziati hanno quindi indotto cellule della pelle umana, riprogrammate per agire come cellule staminali, a svilupparsi in strati di numerosi tipi di cellule retiniche che percepiscono la luce, trasmettendo ciò che vediamo al nostro cervello. “Volevamo utilizzare le cellule di questi organoidi come parti di ricambio per gli stessi tipi di cellule che sono stati persi nel corso delle malattie della retina”, spiega David Gamm, professore di oftalmologia dell’UW-Madison e direttore del McPherson Eye Research Institute, il cui laboratorio ha sviluppato gli organoidi, in un comunicato dell’università. “Ma dopo essere state coltivate in laboratorio per mesi come ammassi compatti, la domanda rimaneva: le cellule si comporteranno in modo appropriato dopo averle separate? Perché questa è la chiave per introdurle nell’occhio di un paziente”.

Le sinapsi sono la chiave del puzzle

L’anno scorso, il Prof. Gamm e altri collaboratori dell’UW-Madison hanno pubblicato diversi studi che dimostrano che le cellule retiniche coltivate, rispondono come quelle di una retina sana a diverse lunghezze d’onda e intensità luminose. Quando vengono separate dalle cellule adiacenti nel loro organoide, possono raggiungere nuovi punti con i caratteristici cordoni biologici noti come assoni.

“L’ultimo pezzo del puzzle era vedere se questi cordoni avessero la capacità di collegarsi, o stringere la mano, ad altri tipi di cellule retiniche per comunicare”, aggiunge il Prof. Gamm. Le cellule della retina e del cervello comunicano attraverso le sinapsi, o piccoli spazi all’estremità dei loro assoni. Per confermare che le cellule retiniche coltivate in laboratorio possono sostituire le cellule malate e trasportare informazioni sensoriali proprio come quelle sane, gli autori dello studio dovevano dimostrare che erano in grado di creare sinapsi.

La sperimentazione sull’uomo è il prossimo passo

Xinyu Zhao, professore di neuroscienze dell’UW-Madison e coautore dello studio, ha quindi lavorato con le cellule del laboratorio per studiare la loro capacità di formare connessioni sinaptiche. Zhao ha ottenuto questo risultato utilizzando un virus della rabbia modificato che identifica le coppie di cellule in grado di formare i mezzi necessari per comunicare. Poi il team di ricerca ha smembrato gli organoidi retinici in singole cellule e ha aspettato una settimana per vedere se avrebbero esteso i loro assoni e creato nuove connessioni, li ha esposti al virus e ha infine osservato i risultati. Hanno visto molte cellule retiniche contrassegnate da un colore fluorescente, a indicare che il virus della rabbia ha raggiunto l’infezione attraverso una sinapsi formatasi con successo tra i punti vicini.

“Abbiamo lavorato in laboratorio su questa storia, un pezzo alla volta, per avere la certezza di essere nella giusta direzione”, spiega il Prof. Gamm, che ha brevettato gli organoidi e ha co-fondato la Opsis Therapeutics, con sede a Madison, che sta adattando la tecnologia per trattare i disturbi oculari umani sulla base delle scoperte dell’UW-Madison. “Tutto questo porta, in ultima analisi, a sperimentazioni cliniche sull’uomo, che sono il chiaro passo successivo”.

Dopo aver confermato la presenza di connessioni sinaptiche, il team ha analizzato le cellule coinvolte e ha scoperto che i tipi di cellule retiniche più comuni che formano sinapsi sono i fotorecettori (bastoncelli e coni). Questo dato è degno di nota perché i fotorecettori vengono solitamente persi in malattie come la retinite pigmentosa, la degenerazione maculare senile e persino in seguito ad alcune lesioni oculari. “È stata una rivelazione importante per noi”, conclude il Prof. Gamm. “Mostra davvero l’impatto potenzialmente ampio che questi organoidi retinici potrebbero avere”.

di Cristina Rapagnà

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