Superando del 25/08/2020
«Solo una corretta applicazione da parte dei docenti della normativa inclusiva – scrive Salvatore Nocera, commentando una recente Sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana -, basata su Piani Educativi Individualizzati (PEI) che possano essere effettivamente utili a un percorso di crescita dell’alunno e a un’effettiva attuazione generalizzata del progetto di vita, sono le condizioni perché non si pervenga a situazioni singolari come quella qui presa in esame, che vedrà un’alunna con disabilità ripetere nel prossimo anno la terza media per la quarta volta».
di Salvatore Nocera*
Con la Sentenza n. 482 del 20 maggio scorso (pubblicata il 26 giugno), il CGA della Regione Siciliana (Consiglio di Giustizia Amministrativa), che è sezione decentrata del Consiglio di Stato, ha annullato la sentenza del TAR di Catania (Tribunale Amministrativo Regionale), con la quale si rigettava il ricorso di una famiglia contro l’ammissione agli esami di terza media e il loro superamento da parte della propria figlia, alunna con disabilità, alla fine dell’anno scolastico 2018-2019.
La vicenda di cui si parla parte da lontano. Nell’anno scolastico 2017-2018, infatti, l’alunna con disabilità in questione aveva frequentato la terza classe della scuola media, al termine della quale era stata ammessa agli esami, che pur non svolti, l’avevano comunque portata automaticamente a conseguire almeno il rilascio dell’attestato formativo, idoneo per l’iscrizione alle scuole superiori, come stabilito dall’Ordinanza Ministeriale 90/01 (articolo 11, comma 12).
La famiglia, sostenendo che l’alunna non avesse raggiunto gli obiettivi del PEI (Piano Educativo Individualizzato), aveva dunque promosso un ricorso al TAR, mentre la ragazza aveva cominciato a frequentare il primo anno di scuola superiore. Ma nel gennaio del 2019 è intervenuta una prima pronuncia del CGA della Regione Siciliana che le ha consentito di ritornare a frequentare per l’anno 2018-2019 la classe terza della scuola secondaria di primo grado (scuola media), per non avere appunto raggiunto gli obiettivi del PEI e non avere acquisito, nella misura per lei possibile e prestabilita appunto dal Piano, quelle competenze, quegli apprendimenti e quelle autonomie utili per poter proseguire verso il successivo step nel suo percorso scolastico, seppure fortemente personalizzato.
Tutto lascerebbe intendere, quindi, che finalmente, la scuola media abbia posto in essere un PEI e un percorso scolastico idoneo al raggiungimento degli obiettivi di quello stesso Piano, attivando con urgenza i vari sostegni utili al caso. E invece ancora una volta si è assistito a un ritardo in tutto: mancata definizione tempestiva del PEI (alla fine giunto ad approvazione solo a maggio, ossia a pochi giorni dalla fine di quell’anno scolastico che avrebbe dovuto invece indirizzare e governare); tardiva se non mancata erogazione dei vari sostegni, tra cui quello dell’assistenza per l’autonomia e comunicazione, perno importante per l’alunna in questione e per garantire un’effettiva e proficua frequenza, oltre a una positiva relazione con docenti e compagni.
Con tali premesse sembra chiara l’inevitabile conseguenza: il nuovo mancato raggiungimento degli obiettivi del PEI anche per l’anno 2018-2019. E allora, alla nuova ammissione agli esami di terza media, e in questo caso anche al superamento degli stessi, la famiglia non ha potuto fare altro che ricorrere nuovamente, per evitare che venisse reso ancora una volta recessivo il diritto dell’alunna con disabilità ad un’istruzione vera e non fittizia, che le permettesse di seguire il proprio PEI e di vedersi poi valutata non in maniera formale, ma secondo i giusti criteri.
Il TAR di Catania ha bocciato tale richiesta, ma il CGA di nuovo si è pronunciato a favore, ribadendo i concetti già espressi rispetto alla promozione del precedente anno scolastico e aggiungendo in questo caso pure la considerazione che non poteva mancare nemmeno l’assistenza specialistica per l’autonomia e la comunicazione, concorrendo all’attuazione del percorso di realizzazione del PEI, onde appunto non compromettere parte di un Piano tra l’altro assunto solo formalmente a maggio e quindi privato comunque del suo valore di indirizzo e di guida per il percorso svolto chiaramente senza una chiara e prefissata programmazione.
Queste le motivazioni del ricorso di appello: «Quanto sostenuto dal Collegio [di primo grado, che aveva rigettato il ricorso contro la promozione, N.d.R.] sarebbe in contraddizione con la funzione del PEI e con le disposizioni legislative dirette a tutelare l’integrazione ed il diritto allo studio dei disabili. Sostiene che non sarebbero state garantite alla minore l’assistenza – omissis – (assistenza di base), prevista dal C.C.N.L. 16/05/003 e contribuisce al raggiungimento degli obiettivi del PEI. E parimenti non sarebbe stata garantita l’assistenza – omissis – prevista legislativamente dall’art. 42 D.P.R. n. 616/1977 con funzione di curare l’integrazione dell’alunno disabile nell’ambiente scolastico e garantire il concreto ed effettivo diritto all’istruzione. Deduce che l’art. 314 comma II d.lgs. n. 297/1994 prevede che l’integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell’apprendimento, nel – omissis -, nelle relazioni e nella socializzazione, intende muovere dalla diagnosi funzionale per finalizzare il recupero del soggetto disabile, tenendo conto degli aspetti: cognitivi , affettivi-relazionali, linguistici, sensoriali, motori-prassico, neuropsicologici nonché dell’autonomia personale e sociale. Tale recupero può essere raggiunto attraverso il PEI con l’ausilio necessario dell’assistente – omissis -, la cui mancanza impedirebbe che i soggetti affetti da gravissime disabilità possano raggiungere, con il solo ausilio dell’insegnante di sostegno, gli obiettivi prefissati. Censura inoltre la sentenza per aver sostenuto che la mancata utilizzazione delle griglie di valutazione non avrebbe inficiato le prove d’esame in quanto ogni mancanza sarebbe stata superata dal conseguimento della idoneità. Infine si duole che le valutazioni espresse dai docenti ed acclarate nella sentenza non rispecchierebbero la reale situazione della minore che, in realtà, non avrebbe raggiunto gli obiettivi previsti dal PEI, riportandosi alla perizia depositata in primo grado, nella parte in cui attesta che la minore non aveva acquisito alcuna nuova competenza».
Dal canto suo l’Avvocatura dello Stato ha contestato i motivi del ricorso, precisando tra l’altro come segue: «Precisa inoltre che la valutazione dell’ammissione agli esami di Stato conclusivi del 1° ciclo d’istruzione di un’alunna in situazione di disabilità è il risultato di un processo logico-valutativo onnicomprensivo delle valutazioni operate dai docenti per tutto il triennio, nella specie di quelle operate nell’a.s. 2017-2018 (anno di rilascio di attestato di credito formativo perché risultata assente non giustificata agli esami finali) e della valutazione positiva del primo quadrimestre effettuata dalla scuola superiore di regolare iscrizione e che la correttezza dell’operato della scuola è riferita anche nella relazione redatta dall’ispettrice dell’USR Sicilia a seguito di richiesta di visita ispettiva».
Nelle motivazioni espresse dal CGA della Regione Siciliana all’interno della Sentenza n. 482/20, non si entra nel merito del giudizio della commissione, ma ci si limita per legge ad una valutazione di legittimità circa il rispetto della normativa da applicarsi, relativamente anche alla procedura di formulazione del giudizio della Commissione di Esami.
Si precisa pure preliminarmente che, con riguardo alla censura mossa dalla ricorrente alla propria promozione, sussiste in lei l’interesse al ricorso poiché, contrariamente a quello che avviene normalmente secondo anche il buon senso, vi è un interesse legittimo al rispetto di tutta la normativa da parte della Commissione la cui violazione fa sorgere l’interesse alla bocciatura.
Questo il punto centrale della motivazione: «[…] Ma quel che soprattutto rileva è che il PEI non solo non è stato applicato, ma è stato materialmente approvato solo in data 9.5.2019 (allegato n. 8 della produzione del ricorrente in primo grado) e quindi è intervenuto quasi a fine anno scolastico poco tempo prima dello scrutino avvenuto in data 24.06.2019».
Segue quindi la motivazione conclusiva, che censurando la violazione da parte della Commissione di Esami dell’articolo 11 del Decreto Legislativo 62/17 sugli esami di licenza media, implicitamente richiama l’articolo 16, comma 2 della Legge 104/92 in cui è reso obbligatorio esplicitamente il raffronto tra il livello iniziale e quello finale degli apprendimenti, cosa che la Commissione non ha effettuato, data l’inesistenza di un PEI iniziale con degli obiettivi che per legge doveva essere formulato entro il mese di ottobre (Decreto Legislativo 66/17, articolo 7), mentre è stato effettivamente formulato solo a maggio.
Ecco il testo della motivazione: «Senza sconfinare nel merito dello scrutinio, è evidente che la minore è stata scrutinata ed ammessa all’esame senza avere prima seguito il percorso normativamente previsto per la sua disabilità e quindi in violazione del suo diritto ad acquisire abilità e miglioramenti e soprattutto in assenza del PEI redatto, come detto, solo a fine anno, e quindi certamente non utilizzato per lo scrutinio della alunna con riferimento alla dovuta valutazione dei progressi e/o degli obiettivi raggiunti attraverso la comparazione tra uno status di partenza, uno status in itinere ed un status di arrivo e quindi attraverso delle griglie idonee ad individuare se effettivamente durante l’iter scolastico, l’alunna potesse avere fatto dei progressi ed abbia soddisfatto obiettivi indicati nel PEI. Quanto sopra comporta la violazione dell’art. 11 d.lgs. n. 62/2017 secondo cui, per l’ammissione all’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione, la sottocommissione, sulla base del piano educativo individualizzato, con riferimento alle attività svolte, alle valutazioni effettuate, valuta i progressi dell’alunno in rapporto alle sue potenzialità ed ai livelli di apprendimento iniziale. La valutazione dell’allieva è carente pertanto del presupposto normativamente previsto come obbligatorio nel percorso di assistenza durante l’intero arco dell’anno scolastico».
La Sentenza si conclude quindi con la compensazione delle spese, data «la particolarità della vicenda».
È appena il caso di notare che la Camera di Consiglio che ha portato alla decisione, data la normativa sul coronavirus, si è svolta a distanza, come segno di questi tempi particolari che stiamo vivendo.
Non sfugga poi la circostanza che il Magistrato che ha steso questa interessante Sentenza è la medesima Elisa Maria Antonia Nuara che ha reso l’ottimo Parere n. 115 del CGA della Regione Siciliana, sull’obbligo dell’assistenza igienica agli alunni con disabilità anche nell’Isola, ossia su un altro supporto importante per la frequenza degli alunni con disabilità e l’attuazione del percorso indicato nel PEI [di tale Parere si legga già ampiamente sulle nostre pagine, N.d.R.]. Non a caso in motivazione si è sottolineato, in linea con le disposizioni legislative, la necessità del PEI redatto e approvato all’inizio dell’anno scolastico e applicato in tutte le sue parti, nonché la necessità della presenza delle tre figure di riferimento, l’insegnante di sostegno, l’assistente igienico-sanitario e l’assistente alla comunicazione, oltre alla necessità di griglie di valutazione attraverso le quali potere oggettivamente valutare i progressi e/o gli obiettivi raggiunti attraverso anche la comparazione dello status di partenza e di arrivo.
Il ricorso è stato ancora una volta patrocinato dall’avvocatessa Gabriella Deplano che, con grande competenza professionale, ha saputo mettere in luce gli aspetti sopra detti, troppe volte invece non valorizzati, secondo quanto il movimento delle persone con disabilità sottolinea da anni e che adesso dovrebbe però emergere grazie al nuovo modello di PEI, in via di definizione ministeriale.
E che si tratti di una vicenda “particolare” – come scritto in conclusione nella Sentenza – è dimostrato dal fatto che è uno dei pochi casi in cui l’alunno si lagna della promozione e non della bocciatura che invece viene richiesta. È altresì particolare, dal momento che il succedersi degli eventi e delle decisioni sospensive e ora definitive fanno sì che l’alunna ripeterà nel prossimo anno per la quarta volta la terza media. Quest’ultima singolarità dovrebbe richiamare l’attenzione di tutti i docenti quando prendono in carico fin dall’inizio un alunno con disabilità.
Purtroppo ancora molto spesso nelle nostre scuole la presa in carico viene delegata dai docenti curricolari al collega di sostegno e troppo spesso ancora la facilità della promozione è determinata da un’inconfessata volontà di “mandar via dalla classe” l’alunno. Questo determina la reazione contraria di molte famiglie le quali pretendono giustamente il rispetto della qualità dell’inclusione in tutte le sue fasi.
Vi è da segnalare, a differenza del caso di specie, oggetto di questa giusta sentenza, opportunamente portato avanti per il diritto a un buon percorso scolastico, che ancora troppo spesso le famiglie chiedono la ripetenza degli alunni, specie per l’ultimo anno della frequenza scolastica di secondo grado o in prossimità di esso, basandosi su ben altre motivazioni che sul giusto diritto al raggiungimento/mancato raggiungimento degli obiettivi del PEI.
Di recente questa reazione irrazionale di molte famiglie è stata fortemente agevolata da un emendamento che il senatore Davide Faraone ha voluto introdurre nell’articolo 1, comma 4-ter, in sede di approvazione della Legge 41/20 [anche di questo si legga già ampiamente sulle nostre pagine, N.d.R.]. La richiesta di molte famiglie alla ripetenza dei propri figli e figlie, tranne che nel caso in esame, è quasi sempre motivata dall’insicurezza del futuro a cui essi andranno incontro terminata la scuola, nella quale normalmente gli stessi figli e figlie sono bene accolti e occupati.
Manca invece una cultura generalizzata, specie presso le Pubbliche Istituzioni, della formulazione di un progetto di vita degli alunni con disabilità al termine della scuola. Esso è previsto dall’articolo 14 della Legge 328/00 come dovere programmatorio del Comune di residenza ed è anzi precisato dall’articolo 6 del citato Decreto Legislativo 66/17 che di esso «è parte integrante il PEI».
Spesso è proprio la mancata attuazione generalizzata dell’articolo 14 citato che spinge le famiglie a chiedere le ripetenze. Sulle modalità d’attuazione del progetto di vita di cui all’articolo 14 citato vanno segnalate le numerose sentenze ottenute dall’ANFFAS (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) tramite il proprio legale Gianfranco De Robertis. Al proposito si vedano tra le altre la Sentenza del TAR di Catania n. 559/19 (con la relativa scheda prodotta dall’AIPD-Associazione Italiana Persone Down), e la Sentenza del Tribunale di Marsala n. 366/19 (con la relativa scheda prodotta sempre dall’AIPD). Si ringrazia altresì lo stesso avvocato De Robertis per i chiarimenti forniti circa la complessa e tormentata vicenda in esame da lui seguita a latere dell’avvocatessa Deplano.
Solo una corretta applicazione da parte dei docenti della normativa inclusiva, costruendo e attuando PEI che possano essere effettivamente utili a un percorso di crescita dell’alunno e un’effettiva attuazione generalizzata del progetto di vita, sono le condizioni perché non si pervenga a situazioni singolari come quella oggetto della decisione presa in esame nel presente approfondimento.
Il presente approfondimento è già apparso in «La Tecnica della Scuola» e viene qui ripreso, con alcuni riadattamenti di contesto, per gentile concessione.
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