mercoledì 16 settembre 2020

Per chi suona la campanella

Lucemagazine del 16/09/2020

Dopo mesi di silenzio la campanella scolastica ha ricominciato a suonare per i 5,6 milioni di studenti italiani (su 8,3 milioni) che questa settimana sono rientrati a scuola. È un avvio complesso, pieno di incognite, all’ombra del Covid 19 che non accenna a mollare la sua presa. Su 500mila persone che lavorano nella scuola sottoposte al test sierologico, 13mila sono risultate positive. Per questo non bisogna abbassare la guardia sulle norme anticontagio, con l’imperativo del distanziamento fisico, che però sta modificando la scuola come l’abbiamo conosciuta fino ad ora: lezioni in presenza con orari ridotti, classi suddivise in gruppi, momenti di didattica a distanza alternati a lezioni in presenza, ricerca di nuovi spazi per fare lezione (come teatri e chiese), banchi con le rotelle in aule che (già prima dell’emergenza sanitaria) si trovano spesso in condizioni inadeguate.

Sarà necessario ridurre le interazioni fra studenti, limitando così le loro necessità di movimento fisico, di relazioni, di partecipazione alla vita scolastica. Già, ma per gli studenti i quasi 300 mila studenti con disabilità che frequentano le scuole italiane come sarà quest’anno?

Tanti i problemi sul tavolo, primo fra tutti la continuità didattica, che per la maggior parte di loro è un miraggio. 170mila studenti (il 59 per cento, quindi 6 su 10) si ritroveranno in classe con nuovi insegnanti di sostegno, mai visti prima. Il motivo? Le regole cavillose e burocratiche del sistema di reclutamento, che sembra dimenticarsi dei veri destinatari dei servizi di sostegno, i disabili appunto.

A coprire i posti vacanti del sostegno ci saranno così 80mila insegnanti precari, spesso mancanti di una formazione specifica. E qui il secondo problema: la mancanza di competenze adeguate. Scrive in proposito Gian Antonio Stella, autore del libro sulla disabilità “Diversi”, sulle pagine di Buone Notizie: «Nessuno oserebbe mettere il proprio cuore in mano a chi non è un chirurgo, il proprio gatto in mano a chi non è un veterinario, il proprio telefonino in mano a chi non ne sa di telefonini. Si può pretendere che i genitori di un ragazzo autistico si rassegnino a mettere il proprio figlio in mano a una persona che spesso non sa nulla di autismo?”. Lo stesso ragionamento vale per un bambino non vedente, uno con disabilità complesse, un non udente e via dicendo.

A fronte di queste difficoltà, la Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano Onlus sta lavorando con il massimo impegno per far sì che gli studenti con disabilità visiva (che in Italia costituiscono l’1,4% del totale) possano avere il sostegno didattico specializzato di cui hanno bisogno. Per promuovere strumenti didattici adeguati e buone prassi, il team di tiflologi e tifloinformatici dell’Istituto è in questi giorni al lavoro per formare insegnanti ed educatori che durante l’anno si confronteranno con i temi della disabilità visiva, fermo restando l’impegno sul territorio per seguire i 400 ragazzi ciechi e ipovedenti che frequentano le scuole della Lombardia e si sono rivolti all’Istituto per avere supporto e strumenti didattici.

«Siamo consapevoli delle enormi difficoltà che sta attraversando il sistema scuola – afferma Rodolfo Masto presidente della Fondazione Istituto dei Ciechi – e per questo stiamo compiendo grandi sforzi (anche economici) per mantenere attivi i servizi dedicati ai nostri studenti. Voglio fare un appello alle istituzioni affinché le problematiche innescate dalla crisi sanitaria non vadano, anche questa volta, a scaricarsi sulle fasce più deboli della popolazione scolastica».

Gli studenti con disabilità - fra i quali i non vedenti che hanno maggiormente bisogno del contatto fisico per imparare - sono quelli che durante le interminabili settimane di lockdown hanno patito di più, sarebbe imperdonabile che ancora una volta fossero loro a pagare il prezzo più alto.

di Marco Rolando

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