martedì 2 marzo 2021

Intelligenza artificiale per la diagnosi delle retinopatie

Corriere della Sera del 02/03/2021

A Singapore si sperimenta un algoritmo in grado di riconoscere patologie importanti con l’analisi di una semplice fotografia. Cresce l’uso di applicazioni «smart» in sanità.

di Ruggiero Corcella

SINGAPORE. Negli ultimi cinque anni, le reti neurali profonde hanno trovato diverse applicazioni in campo medico. L’apprendimento profondo (deep learning) è stato anche integrato in oculistica, in particolare con l’uso di immagini tomografiche del fondo oculare e della coerenza ottica. È stato dimostrato che l’apprendimento profondo è in grado di rilevare la retinopatia diabetica, il glaucoma, la degenerazione maculare legata all’età, l’edema maculare diabetico e la retinopatia nei prematuri e persino di prevedere diversi fattori di rischio cardiovascolare sistemico. Nell’aprile 2018, la Food and Drug Administration statunitense ha approvato il primo dispositivo di riferimento basato sull’intelligenza artificiale (Ia) per la retinopatia diabetica.

Analisi su quindicimila immagini della retina

Apprendimento In uno studio pubblicato a gennaio su Lancet Digital Health, ricercatori del Singapore Eye Research Institute (Yih-Chung Tham e altri) hanno messo a punto un nuovo algoritmo di apprendimento profondo basato sull’elaborazione di 15mila immagini della retina di oltre 7mila pazienti con l’obiettivo di rilevare l’eventuale presenza di una patologia grave (cataratta, retinopatia diabetica, degenerazione maculare legata all’età, glaucoma) . L’algoritmo è stato poi testato su tre studi epidemiologici realizzati in Cina, India e Malesia. I risultati sono stati incoraggianti e, secondo gli autori, «questo nuovo strumento potrebbe potenzialmente aiutare a indirizzare in modo più tempestivo e accurato i pazienti con danni alla vista correlati a una malattia, ai centri di alta specialità» come screening di massa in particolare nei Paesi più disagiati. I ricercatori stessi sottolineano che si tratta di una prova di fattibilità (proof of concept) e in un commento allo studio, pubblicato sul numero di febbraio di Lancet Digital Health, Minhaj Alam e Joelle A Hallak, rispettivamente dell’ Università dell’Illinois e della Stanford University, sottolineano come «nonostante la crescita esponenziale delle applicazioni di Ia in medicina e oculistica, la traduzione nella pratica clinica rimane difficile».

Telemedicina e Internet of Things

La strada tuttavia è aperta e Covid-19 ha dato un’impulso straordinario all’ulteriore espansione della sanità digitale anche nel settore oculistico. Oltre all’Intelligenza artificiale, la telemedicina nelle sue diverse declinazioni e l’«Internet delle cose» (IoT, Internet of Things cioè l’estensione di Internet al mondo degli oggetti e dei luoghi concreti) hanno mostrato tutta la loro potenzialità. Per quanto riguarda la telemedicina, in un articolo comparso sempre su Lancet Digital Health il professor Tien Y Wong, del Singapore Eye Research Institute, elenca lo screening da remoto per la retinopatia diabetica basato sull’imaging dell’occhio con l’uso di fotografie del fondo oculare a colori o la tomografia a coerenza ottica, o entrambi, e il teleconsulto tra paziente e medico con l’uso di messaggistica o videoconferenza. L’Intelligenza artificiale potrebbe rivelarsi utile nel supportare il triage dei casi per un’adeguata assistenza clinica. «La classificazione automatizzata delle immagini mediche è una delle principali applicazioni di intelligenza artificiale», aggiunge Wong. Secondo l’autore, un’altra area in cui l’oculistica ha compiuto progressi sostanziali è il monitoraggio al domicilio, con l’uso di varie soluzioni tecnologiche. I pazienti possono ora accedere a una gamma di dispositivi IoT e applicazioni per telefoni cellulari per il monitoraggio domestico e il rilevamento precoce di disturbi della vista funzionale.

Sviluppi futuri

«L’innovazione tecnologica applicata all’oculistica diventerà sempre più importante — dice il professor Paolo Vinciguerra responsabile del Centro Oculistico Humanitas, Milano e docente di Humanitas University —. Secondo me, però, diventerà in qualche modo purtroppo una medicina aristocratica : o la si farà nei centri importanti o sarà difficile avere a disposizione tutta la tecnologia». Quali saranno allora gli sviluppi futuri dell’Intelligenza artificiale in oculistica? «Riguarderanno tre aree: quella delle diagnostiche facilitate. Qui le aziende chiederanno consulenza ai grandi clinici per mettere tutto il loro sapere concentrato in un software da mettere a disposizione di uno che è meno esperto. Poi i sistemi di sicurezza, cioè lo sviluppo di parametri inseriti nelle macchine che non ti consentiranno di fare certe cose. Infine la guida dei sistemi robotizzati. Già oggi ad esempio eseguiamo l’intervento di cataratta con un laser a femtosecondi, che permette di intervenire con accuratezza e precisione, anche grazie alla ricostruzione tridimensionale dell’occhio che viene effettuata in fase pre-operatoria mediante una tomografia ottica computerizzata», conclude Vinciguerra.

Un auto-esame della vista via telefono

La pandemia da Sars-Cov 2 ha costretto molti oculisti ad adeguarsi alle misure di distanziamento sociale e a far ricorso alla telemedicina per arginare la trasmissione del virus. Per aiutare quei pazienti che non hanno dimestichezza con gli strumenti digitali o non ne possiedono, un gruppo di ricercatori del Moorfields Eye Hospital di Londra ha voluto fare per così dire un salto nel passato: ha verificato l’attendibilità dell’ Home Acuity Test (HAT), un test open source non ancora clinicamente validato e basato su una tavola ottotipica ridotta che può essere stampata su un foglio A4 e inviato via mail al paziente che poi a sua volta lo scarica e lo stampa. I risultati (su 100 pazienti arruolati e 50 di controllo) , pubblicati su JAMA Ophthalmology , hanno mostrato che l’HAT può essere utilizzato per misurare la VA al telefono per pazienti ambulatoriali con problemi visivi diversi. Il test include 18 lettere Sloan raccolte casualmente visualizzate su 5 righe, con dimensioni che progrediscono in modo logaritmico; le lettere sono grandi la metà di quelle della riga precedente. «Il test presenta una serie di fattori di disturbo, a partire dalla qualità della stampante fino alla distanza dal foglio. Al massimo si potrebbe pensare di usarlo come test di auto-controllo dopo una visita oculistica appropriata, ma certo non come suo sostituto», dice Vinciguerra.

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