Il Messaggero del 16/09/2022
ROMA. Nuova luce in sala operatoria per la maculopatia, la patologia che oscura la vista, una macchia sulla retina, che colpisce soprattutto la popolazione anziana. Ad accenderla, e con essa la speranza per quanti non vedono più bene, sono due interventi rivoluzionari, uno in Italia e l’altro negli Usa. All’Azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma è stato eseguito il primo impianto di retina artificiale nel nostro Paese.
Guidata dal responsabile Uosd chirurgia vitreoretinica Marco Pileri, l’equipe ha installato su un paziente di 91 anni un microchip PRIMA. «La nostra aspettativa è ridare la possibilità di leggere lettere, numeri, parole e piccole frasi - sottolinea Andrea Cusumano, direttore scientifico del progetto PRIMAvera per l’Italia - si prevedono presto altre due interventi». In particolare lo studio clinico internazionale PRIMAvera, condotto nel nostro Paese dal Consorzio tra l’Università Tor Vergata e presidio Britannico, prevede un totale di 38 pazienti in tutta Europa. La malattia rappresenta la prima causa di cecità e ipovisione degli over 65: in Italia sono circa un milione di pazienti, 850mila con la forma artrofica secca incurabile e circa 150mila affetti dalla forma essudativa umida il cui decorso si può fermare con le iniezioni intravitreali.
TRATTAMENTI
Negli Stati Uniti poi c’è stato il primo intervento sperimentale per il trattamento della degenerazione maculare avanzata secca. Lo hanno eseguito i ricercatori del Clinical center dei National Institute of Healt degli Usa. L’occhio è curato grazie all’applicazione di un lembo di tessuto ricavato dalle cellule del sangue estratte dal paziente e fatte “evolvere” in cellule retiniche. «È una strada molto interessante – spiega Stanislao Rizzo, direttore dell’UOC Oculistica del Policlinico Gemelli e membro del consiglio direttivo Società italiana di scienze oftalmologiche (Siso) – ma niente false illusioni, lo studio è nella prima fase cosiddetta di sicurezza, dimostra che l’impianto è sicuro, ma ha riguardato poche decine di pazienti. Capiremo, su centinaia di casi, l’efficacia». La sperimentazione riguarda i casi della maculopatia umida ed è il frutto di un percorso di ricerca che ha già dato risultati positivi nei modelli animali. «Lo studio si basa sull’utilizzo di cellule del sangue dei pazienti affetti dalla maculopatia che vengono ricondizionate e trasformate in staminali pluripotenti. Questo da una parte ci consente di non avere la reazione immunologica del paziente e quindi di non dover effettuare terapie immunosoppressive, dall’altra di realizzare uno strato di tessuto da collocare al di sotto della retina. Si tratta di una chirurgia delicata che va a sostituire l’epitelio pigmentato, strato della macula che nella maculopatia va in atrofia». Tempi? Non brevi: «Serviranno anni» - chiarisce Rizzo. L’utilizzo di staminali è al centro della ricerca in tutto il mondo: «Al Gemelli stiamo per cominciare la sperimentazione su un fattore trofico che possa impedire che le cellule retiniche vadano incontro al processo di degenerazione irreversibile che caratterizza la maculopatia. Anche in questo caso, bisognerà aspettare per avere risultati».
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