Tecnica Ospedaliera del 29/11/2022
ROMA. All’interno del ricco programma del 101o Congresso nazionale della Società Italiana di Oftalmologia – SIO, ospitato a Roma, presso l’Hotel Cavalieri dal 16 al 19 novembre scorsi, una sessione organizzata in collaborazione con l’Associazione Campana Glaucoma, ASCG, ha acceso i riflettori su questa grave patologia oculare, con relazioni che hanno approfondito le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale così come le forme di glaucoma meno note.
Il glaucoma è una malattia oculare degenerativa correlata in genere a una pressione dell’occhio troppo elevata. Secondo l’OMS, a livello globale interessa circa 55 milioni di soggetti, rappresentando la seconda causa di cecità dopo la cataratta, ma la prima di tipo irreversibile; in Italia si stima che colpisca circa un milione di persone ma la metà di esse non ne sarebbe a conoscenza perché non effettuando visite oculistiche periodiche complete che includano il fondo oculare, il tono ovvero la pressione oculare e il campo visivo.
Nelle varie forme di glaucoma – a eccezione di quello acuto – la malattia insorge e si sviluppa in assenza di sintomatologia. Quando il soggetto nota una compromissione del campo visivo, i danni a carico delle fibre del nervo ottico sono già presenti. Proprio per questo risulta cruciale effettuare controlli periodici completi che possano eventualmente intercettare precocemente la patologia scongiurandone gli effetti più nefasti.
Intelligenza artificiale nella diagnosi del glaucoma
Proprio in tal senso le più recenti tecnologie e l’intelligenza artificiale possono rappresentare un importante alleato nella diagnosi di malattia, un tema questo particolarmente sfidante affrontato da Carlo Giuliani, medico chirurgo e membro del consiglio direttivo dell’Associazione Campana Glaucoma in occasione del Simposio SIO organizzato con l’Associazione Campana Glaucoma nel corso del 101o Congresso nazionale della Società italiana di Oftalmologia. «Negli ultimi anni i progressi nell’intelligenza artificiale hanno permesso lo sviluppo di algoritmi che corrispondono o probabilmente superano le prestazioni umane nell’interpretazione dei dati medici. L’oftalmologia è stata in prima linea in questa rivoluzione dell’intelligenza artificiale e lo screening della retinopatia diabetica è emerso come un caso del suo uso preventivo».
L’intelligenza artificiale nello screening della retinopatia diabetica
Inoltre, «uno studio condotto da Orbis ha dimostrato che gli screening relativi alla retinopatia diabetica supportati dall’AI hanno migliorato l’adozione dei servizi di riferimento da parte dei pazienti. L’intelligenza artificiale potrebbe avere risultati simili se applicata allo screening per altre condizioni oculari.
L’intelligenza artificiale è difatti in grado di creare connessioni tra dati nel giro di pochi secondi. Inoltre, mostrando alla macchina immagini di retinopatia diabetica per consentirle di “imparare” come appare la malattia, è emerso che ha raggiunto l’87-90% di sensibilità e il 98% di specificità».
Molti pazienti con retinopatia diabetica non si sottopongono ad esami e screening con regolarità. Un maggiore utilizzo della fotografia e della telemedicina può dunque migliorare l’aderenza allo screening. Nel 2018, l’FDA americana ha approvato il primo sistema di intelligenza artificiale autonomo, la fotocamera IDx-DR.
Il suo algoritmo addestra l’intelligenza artificiale a identificare la retinopatia diabetica dalle fotografie del fondo oculare, un processo per il quale non è richiesta la presenza di un medico, un elemento questo che potrebbe contribuire ad abbattere alcune delle barriere di accesso alle cure oculistiche.
«In futuro, si potrebbe auspicare di avere un sistema in grado di eseguire uno screening affidabile per il glaucoma sulla base di fotografie del disco ottico acquisite utilizzando una fotocamera retinica a basso costo».
Esempio di uso dell’intelligenza artificiale nella diagnosi precoce del glaucoma
Intanto, il prof. Dinesh Kulmar del Royal Melbourne Institute of Technology ha sviluppato un algoritmo di intelligenza artificiale basato sul presupposto che il glaucoma alteri il riflesso fotomotore diretto.
Il software sviluppato dal team di ricercatori misura come la pupilla si adatta alla luce ambientale riuscendo a rilevare minuscoli cambiamenti nella dimensione della stessa in soli 10 secondi senza compromettere l’accuratezza dell’esame. «L’uso di strumentazioni informatiche è oggi difatti molto utile a carattere predittivo ma può tradursi anche in un rilevante strumento terapeutico, oggi ancora in fase molto embrionale ma dalle grandi potenzialità», ha concluso Giuliani.
Iridotomia nel glaucoma da chiusura d’angolo: ancora indispensabile?
Il dibattito circa la perdurante necessità di eseguire iridotomia nel glaucoma da chiusura d’angolo è stato affrontato dalla relazione di Stefano Miglior, direttore della Clinica Oculistica del Policlinico di Monza. Il glaucoma da chiusura d’angolo prevede diverse forme: acuta, intermittente, cronica. «La gestione dell’attacco acuto richiede un intervento urgentissimo, con l’iridotomia che va eseguita immediatamente. A seguire può esserci una regressione dell’attacco acuto, ma anche una cronicizzazione del glaucoma. In quest’ultimo caso si procede con la rimozione del cristallino e la sostituzione con una lente artificiale intraoculare (IOL)», ha spiegato Miglior.
Nel glaucoma ad angolo stretto intermittente, si ha un rialzo intermittente della pressione intraoculare, spesso sintomatico. L’iridotomia si dimostra di grande utilità al fine di una stabilizzazione. «Nel glaucoma cronico ad angolo chiuso, sovente sintomatico, la pressione intraoculare è alta. L’iridotomia è generalmente risolutiva, ma quando non lo è si possono utilizzare dei miotici e poi procedere con una facoemulsificazione o con una faco-trabeculectomia. Uno studio ha dimostrato che i risultati della faco sulla pressione intraoculare sono migliori di quelli conseguiti con l’iridotomia. La facoemulsificazione risulta preferibile anche in termini di qualità della vista. Le complicanze (piccole) sono comunque maggiori con l’iridotomia che con la faco».
Oggi la facoemulsificazione risulta importante per la gestione del glaucoma da chiusura d’angolo perché induce una marcata riduzione della pressione intraoculare che si mantiene nel tempo. «L’iridotomia risulta quindi indispensabile nell’attacco acuto laddove c’è anche il sospetto di un’iride a plateau. Risulta consigliata ma non obbligatoria nel glaucoma intermittente e nella chiusura cronica laddove la facoemulsificazione non risulta prontamente eseguibile», ha concluso Miglior.
Glaucoma normotensivo, cosa fare?
«Il glaucoma normotensivo è una particolare forma clinica caratterizzata da danni morfo-funzionali glaucomatosi in assenza di ipertono oculare. La fisiopatologia del danno non è nota e include: disregolazione vascolare, alterata secrezione del fluido cerebrospinale e maggiore suscettibilità al tono; associazione con la demenza senile in base a due geni coinvolti in entrambe le patologie – OPTN e TBK1», ha spiegato Arcangelo Menna, medico chirurgo oculista presso l’Ospedale SS Annunziata di Napoli.
Il danno è dato dall’aumento del tono che può avere cause vascolari, tossicità da glutammato, disfunzione mitocondriale e stress ossidativo.
Il glaucoma normotensivo è una forma clinica che produce danni tipici del glaucoma anche in assenza di ipertono vascolare. «Da noi è meno frequente rispetto al Giappone e comunque maggiormente diffuso nel sesso femminile.
Esiste un rapporto con il fluido cerebrospinale, tanto che molti pazienti che ne sono affetti soffrono anche di Alzheimer. Ci si chiede se il danno oculare primario sia vascolare o neuronale, ma a oggi appare impossibile spiegarlo».
Nella clinica si presentano pupille più grandi ed escavate; alla diagnosi differenziale, alterazioni cliniche come emorragie del disco ottico e mal di testa. Nel campo visivo emergono una percentuale più elevata di punti anomali nelle regioni centrali superiore e inferiore.
Obiettivo primario del trattamento è la riduzione del tono. Gli analoghi delle prostaglandine sono di gran lunga i farmaci più popolari per la gestione di questo tipo di glaucoma.
«Gli inibitori della protein chinasi associati a Rho potrebbero abbassare la IOP aumentando il deflusso dell’umore acqueo attraverso il trabecolato. Offrono anche la possibilità di neuroprotezione, un impatto favorevole sul flusso sanguigno oculare e persino un effetto antifibrotico».
La riduzione della pressione del 30% viene giudicata normale. A confondere il quadro già complesso, l’elemento che non sempre questi glaucomi peggiorano. Ridurre la pressione in modo drastico appare comunque utile.
«Si tratta quindi di una neuropatia ottica multifattoriale per la quale non esistono fattori predittivi in quanto il danno può progredire nonostante un buon controllo pressorio».
Glaucoma miopico, un caso a parte
«Il glaucoma miopico rappresenta un caso particolare, anche perché non è ancora chiara l’origine di quanto sia legato alla miopia e quanto al glaucoma», ha spiegato Paolo Lepre, oftalmologo ed esperto di glaucoma e chirurgia del glaucoma.
Alcuni studi identificano una correlazione tra miopia e glaucoma più che altro di carattere casuale: il paziente miope si sottopone a controlli con maggiore frequenza e riceve quindi una diagnosi più tempestiva.
Altri sostengono tuttavia che i soggetti con miopia elevata abbiano un rischio doppio o triplo di sviluppare glaucoma.
Altri studi, anche con campioni molto numerosi, evidenziano una miopia con un deficit di 6 o più diottrie come un fattore di rischio (è il caso degli studi Tajimi e Aravind).
Altri studi asseriscono invece il contrario.
Appare difficile una diagnosi differenziale. «È comunque esperienza comune che le miopie medio elevate rappresentino un fattore di “confusione” nella diagnosi strumentale del glaucoma. Dunque, tutti i soggetti miopi devono godere di un’attenzione maggiore da parte dell’oculista, soprattutto in presenza di fattori di rischio aggiuntivi per il glaucoma, come la familiarità», ha concluso Lepre.
di Elena D’Alessandri
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