Il Sole 24 Ore del 23.10.2019
ROMA. Il piano educativo individualizzato, come definito dall'articolo 12 della legge 104/1992 e dal Dpcm 185 del 23 febbraio 2006 (Regolamento recante modalità e criteri per l'individuazione dell'alunno come soggetto in situazione di handicap), obbliga l'amministrazione scolastica a garantire agli alunni con disabilità il supporto per il numero di ore programmato, senza lasciare ad essa il potere discrezionale di ridurne l'entità in ragione delle risorse disponibili. Dimodoché, una volta che il Pei sia stato elaborato, l'amministrazione ha il dovere di assicurarne la concreta attuazione, ricorrendo, all'occorrenza, all'attivazione di un posto di sostegno, per rendere possibile la fruizione effettiva del diritto dell'alunno disabile all'istruzione e all'integrazione sociale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione- Sezioni Unite Civili (ordinanza 2501 dell’8 ottobre 2019), che ha confermato l'ordinanza con la quale il Tribunale di Caltanissetta aveva disposto la «cessazione della condotta discriminatoria» posta in essere da un Comune ai danni di un minore autistico iscritto alla scuola d'infanzia. L'Ente locale, infatti, contravvenendo al Pei, che riconosceva «la necessità di una assistenza alla autonomia e alla comunicazione per 22 ore settimanali», aveva assicurato «massimo di 10 ore settimanali».
La sentenza della Cassazione.
Contrariamente a quanto sostenuto dal Comune, secondo cui sulla controversia avrebbe dovuto pronunciarsi il giudice amministrativo, il Supremo Collegio ha ribadito l'indirizzo giurisprudenziale a mente del quale rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie concernenti l'accertamento della sussistenza di un comportamento discriminatorio a danno di un disabile (ex multis, Cassazione, sentenza 25011 del 25 novembre 2014). Discriminazione che, nella fattispecie, si è palesata “indiretta”, nel senso definito dall'articolo 2, comma 3, della legge 67/2006 («Si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone», in quanto la riduzione delle ore di sostegno individuate dal Pei ha sortito l'effetto di mettere il minore «in una posizione di svantaggio rispetto ad altri alunni».
di Pietro Verna
Nessun commento:
Posta un commento