La Repubblica del 05/06/2021
Musicista a 16 anni, figlia d'arte, in tour dopo l'esibizione da Mattarella.
Un Inno di Mameli malinconico, lunare. E il pubblico nel cortile d'onore del Quirinale che lì per lì non si rende conto di cosa sia il filo di suoni che scivola sottovoce tra le dita della pianista giovanissima. Tanto che tutti restano seduti.
Finché la musica non acquista un passo più solenne e il ritmo di marcia emerge. Allora ognuno scatta in piedi. «Che ansia suonare e cantare davanti al presidente Mattarella per la festa del 2 giugno» racconta Frida Bollani, ancora emozionata per un invito così inaspettato. «Nei giorni scorsi qualcuno dello staff del presidente ha letto di me sui giornali: da un momento all'altro eccomi nel cuore della Repubblica, in mondovisione, a suonare l'inno secondo la versione che ne ha dato Morricone e a cantare, arrangiate da me, La cura di Battiato e Caruso , io che sono abituata a far solo canzoni in inglese». Un successo social, «non sono passata che da poche ore in tv e i miei follower su Instagram stanno lievitando a più non posso. Quasi ventunomila, adesso». Ha 16 anni Frida, figlia d'arte e somma dei talenti di due punte della musica italiana: suo papà è Stefano Bollani, la mamma Petra Magoni. E un maestro, Paolo Razzuoli, non vedente, che l'ha aiutata fin da piccola a orientarsi negli spartiti in braille, dato che anche lei è ipovedente. Tra una decina di giorni la sua prima tournée: diciotto date fino a settembre attraverso quasi tutta la penisola. «Ma ancora non posso svelare le città che toccherò» dice, già smaliziata nel mestiere di tenere sulla corda l'intervistatore. Al momento è certa la partecipazione a Piano City Milano, tre giorni fitti fitti di musica nell'ultimo weekend di giugno: lei sarà il 27 alla Galleria d'arte moderna, ore 19.
Frida, questo giro di concerti è quasi un debutto, vero?
«Beh, sì. Avrei dovuto esordire nel marzo 2020. Poi è accaduto ciò che sappiamo. Meglio così, durante il lockdown ho consolidato il mio repertorio e mi sono allenata con le dirette Instagram. Credo che gioveranno ai miei concerti».
In che modo le dirette hanno potuto influire sul tuo far musica?
«Ho esercitato la capacità di presentare i pezzi. Instagram ha sbloccato il modo di pormi davanti al pubblico».
Però di fronte al presidente Mattarella ti è presa l'agitazione.
«Avevo la gola chiusa, vero. Specie per il superlavoro di preparazione della ripresa tv e perché in italiano non sono abituata a cantare. L'ansia arriva sempre quando mi confronto con qualcosa di nuovo: dapprima sto male, poi, seduta al piano, ogni cosa passa. Alla fine il presidente mi ha donato un mazzo di fiori, facendomi i complimenti».
Nella tua mini-tournée che pezzi porterai?
«Il repertorio da pianista-cantante, autori prediletti come Aretha Franklin e l'israeliano Oren Lavie. Anche una canzone in inglese scritta da me, la prima di altre su cui ancora sto lavorando. E non escludo composizioni classiche, il territorio in cui ho mosso i primi passi».
Dal classico sembra che ti sia svincolata, per conquistare una maggior libertà...
«Mettiamola così: ciò che faccio a scuola serve ad accrescere conoscenza, poi per conto mio rielaboro quanto imparato lì per divertirmi sul serio. Ma se non avessi una solida base classica, me lo sognerei di far certe cose».
Come hai cominciato a maneggiare note?
«Su Instagram ho postato un mio video al piano di quando avevo due anni, con papà: buttavo le mani sui tasti e strillavo un po’. Più avanti cercavo di creare a orecchio piccoli pezzi jazz. Verso i sei, sette anni ho incontrato Paolo Razzuoli, a Lucca, mi ha instradato nello studio sistematico e agli spartiti in braille, che dovevamo ordinare con mesi di anticipo in tipografie specializzate a Monza, a Milano. Poi sono venute le scuole a indirizzo musicale, le medie e ora il liceo a Pisa, dove frequento la terza e studio canto lirico».
I tuoi genitori ti sono stati maestri?
«Ho seguito i loro concerti. Ho visto come si comporta un professionista sul lavoro, come funziona il dietro le quinte. Con mamma ho suonato insieme al suo duo, con papà in un gruppo di musicisti brasiliani. Ma soprattutto, i miei mi hanno insegnato ad ascoltare. Di tutto, però sempre e soltanto le cose giuste».
Ci sono ascolti giusti e ascolti sbagliati?
«Sono giusti quelli che poi capisci essere adatti a te».
di Gregorio Moppi
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