Il Piccolo del 28/06/2021
LOSANNA. Una ricerca condotta anche dalla Sissa. La stimolazione del sistema nervoso attraverso l'impiego di protesi neurali ha aperto nuove strade per il trattamento di diverse patologie. Pensiamo ad esempio alle protesi di braccia e gambe che restituiscono ai pazienti amputati la sensazione del tatto, ad esempio quando si sfiora o si afferra un oggetto. Per quanto riguarda i non vedenti, l'idea di stimolare il cervello tramite un impianto per generare percezioni visive artificiali non è nuova e risale agli anni '70. Tuttavia, i sistemi esistenti sono in grado di indurre la percezione solo di un piccolo numero di "puntini" luminosi artificiali alla volta (detti fosfeni). Un gruppo di ricercatori del Politecnico federale di Losanna - Epfl e della Scuola Superiore Sant'Anna guidato da Silvestro Micera, neuro-ingegnere, in collaborazione con Davide Zoccolan, responsabile del Laboratorio di Neuroscienze Visive della Scuola Internazionale di Studi Avanzati - Sissa, ha dimostrato, mediante simulazioni al calcolatore, come la stimolazione del nervo ottico sia potenzialmente in grado di far recuperare una forma rudimentale di visione nei non vedenti. Nello studio, appena pubblicato su Patterns, il protocollo di stimolazione è stato per ora sperimentato su reti neurali artificiali in grado di simulare il sistema visivo, utilizzate tipicamente nella visione artificiale per il riconoscimento e la classificazione di oggetti. «Nel nostro studio abbiamo lavorato con simulazioni al calcolatore - spiega il Professor Zoccolan - usando degli algoritmi di intelligenza artificiale, o machine learning, si può imparare a stimolare il nervo ottico simulato in modo tale che nella corteccia visiva (sempre simulata) si attivino popolazioni di neuroni nel modo giusto da indurre la percezione di oggetti reali. Nel caso dello studio - prosegue - si trattava di numeri scritti a mano o immagini di capi d'abbigliamento estratti da database di immagini utilizzate per testare i sistemi di visione artificiale. Ma - conclude - la novità del nostro lavoro è di essere tra i primi ad aver dimostrato che è possibile un processo di ottimizzazione automatica, dove la stimolazione intra-neurale viene progressivamente raffinata al fine di indurre l'attivazione desiderata nella corteccia visiva. La definizione del protocollo di stimolazione ad oggi rappresenta una delle maggiori difficoltà per i pazienti con un impianto visivo, in genere si tratta di una procedura lenta, la stimolazione degli elettrodi viene fatta manualmente da un operatore che chiede feedback al paziente sull'immagine indotta e la procedura può durare giorni o settimane. Inoltre la mappatura stimolo-risposta va spesso aggiornata a causa dell'instabilità dell'interfaccia fra elettrodi e neuroni». I prossimi passi prevedono trial pre-clinici e clinici, un passo fondamentale per lo sviluppo di protesi finalizzate alla restituzione della vista.
di Lorenza Masè
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