Il Giornale dell'arte del 26.08.2019
Al Museo Tattile Omero dove il visitatore è invitato a toccare con mano sculture e modelli architettonici si aprirà una sezione sul design italiano.
ANCONA. Vale la pena visitare di persona il Museo Tattile Statale Omero, all’interno della Mole Vanvitelliana. Il visitatore è invitato a toccare con mano sculture e modelli architettonici quali il Partenone, il duomo anconetano di San Ciriaco, la cupola del Brunelleschi di Firenze, San Pietro, la Pietà vaticana e la Rondanini di Michelangelo.
Al piano superiore si fa esperienza tattile di sculture di artisti moderni e contemporanei: Giorgio de Chirico, Arturo Martini, Marino Marini, Arnaldo Pomodoro e molti altri.
Aldo Grassini, presidente del museo, afferma: «Nel 1749 Montesquieu sosteneva che i ciechi attraverso il tatto potessero arrivare alla conoscenza, ma dubitava della loro valutazione estetica. Una diatriba superata: i ciechi possono arrivare a una valutazione estetica. Non tutti? Fondamentale è ricevere un’educazione artistica. D’altronde neanche tutti i vedenti capiscono l’arte».
Nel 2018 il museo ha avuto 35mila visitatori: «Il “vietato toccare” in altri Paesi non è un dogma. Al Museo Thorvaldsen di Copenaghen a me e ad altri quattro non vedenti dettero dei guanti per toccare le statue di marmo. Tuttavia preferisco il verbo “accarezzare”: presuppone amore», prosegue il professore.
Al piano superiore l’accogliente raccolta invita a posare le mani su sculture originali. «Molte opere nei musei non subirebbero danni se toccate, perlomeno dai ciechi, che sono pochi. Il tabù sta cedendo. Agli Uffizi ora lasciano toccare sculture romane. Noi portiamo un nuovo approccio alla fruizione dei beni culturali fornendo consulenze e materiali in tutta Italia. Facciamo di tutto, dai laboratori alle visite guidate, alle mostre, chiunque può scoprire una strada di accesso all’arte non solo visiva».
Il museo, che aprirà una sezione sul design italiano, lavora anche con chi ha disabilità cognitive e si sta attrezzando per guide nella Lis-Lingua dei Segni Italiana. «Siamo un museo senza barriere», conclude Aldo Grassini.
di Stefano Miliani
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