La Provincia di Como del 27.08.2019
Bisogna, necessariamente, fare una premessa. Va sfatato il mito ricorrente sul mondo dei non vedenti, perchè non è vero che coloro che hanno un deficit sensoriale abbiano, automaticamente, gli altri ipersviluppati. Questo diventa vero a fronte di un grande esercizio e di un allenamento precoce e costante, frutto dell'educazione e dell'intervento di esperti nel settore. Per chi non vede, i suoni sono vitali, ma bisogna imparare a conoscerli e a riconoscerli, e spesso non è facile. «Il rock è inclusione». Lo sa bene Domenico Cataldo, che da circa sette anni insegna chitarra a chi ha una disabilità visiva, con la pazienza e il sapere di chi, per quella strada, ci è passato per primo. Domenico, ipovedente dalla nascita, percepisce le luci e la forma delle cose, ma non distingue cartelli, dettagli e scritte, non può guidare e la realtà la vede in modo sommario. Innamorato da sempre del rock progressivo e diplomato al Cpm Music Institute nel 1998, Domenico non nasconde le difficoltà incontrate durante tutto il suo percorso scolastico, soprattutto nell'accesso alle fonti scritte, quei famosi spartiti impossibili da leggere, difficoltà incontrate e superate, con grande impegno e talento.
«Dietro la mia idea di tenere un corso di chitarra c'è, fondamentalmente, una forte volontà di inclusione - racconta - che vorrei portasse alla creazione di qualcosa, un progetto che vedesse suonare insieme musicisti ipo e non vedenti con altri normodotati, magari in occasione del centenario dell'Unione Ciechi, che cade il prossimo anno. Noi ci troviamo a vivere all'interno di un contesto sociale che ospita tanti individui diversi, ognuno con maggiori o minori difficoltà, e credo che la musica possa avere una grande valenza terapeutica, credo che possa essere un grande strumento di riconquista da parte del non vedente, che può vedere valorizzata la sua spiccata sensibilità sia uditiva che d'animo». Proprio per perseguire il proprio ideale di inclusione, il corso di Domenico è aperto a tutte le fasce d'età. «Se devo far vedere a chi non vede la posizione delle dita sulle corde per formare un accordo, l'allievo deve appoggiare le mani sulle mie e sentire la loro posizione, prima di riprodurne il suono. Devo essere il più descrittivo possibile, soprattutto a livello tattile, faccio toccare lo strumento, raccontando com'è fatto e i materiali diversi con cui è costruito, quali sono e dove sono i tasti, come associare la diversa foggia delle corde al suono e così via. é come una danza, nella quale viene coinvolto tutto il corpo e, una volta scoperto lo strumento con il tatto, ogni allievo trova e sviluppa il rapporto con il suono in un modo diverso e molto personale. Il suono non ha barriere, ognuno lo accoglie secondo le proprie caratteristiche, e non c'è differenza tra chi vede e chi no». Doti speciali. L'esperienza didattica riserva sorprese e, a volte, si finisce per scovare qualcuno con doti speciali. «Ho scoperto che uno dei miei allievi ha l'orecchio assoluto, una qualità che nemmeno lui sapeva di avere. Adesso, per accordare gli strumenti, non usiamo più gli accordatori. Ci affidiamo a lui». Su tutto, però, quello che conta è la relazione, perchè le lezioni sono anche un pretesto per raccontarsi, per sentirsi meno isolati, meno diversi dal resto del mondo. E, perchè no, anche di innamorarsi. Basta chiedere a Michela, che è partita suonando la chitarra ed ora è la compagna di vita di Domenico. Davvero una bella storia da raccontare.
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