Avvenire del 25.08.2019
TOKYO. Quando vinse il 7 settembre 2013 la sede dei Giochi olimpici 2010, il Giappone accettò in pieno una sfida: quella di accogliere la disabilità come parte della sua realtà quotidiana, oltre che sportiva. Non una questione di poco conto per le sue caratteristiche culturali che tendono a relegare nell'ombra, se non ai margini, la "diversità" nelle sue varie declinazioni. Nel 1964, la seconda paralimpiade dopo quella di Roma '60 riscosse assai poca attenzione in Giappone. Si trattava di una iniziativa nuova, con ampi margini di incertezza riguardo il futuro. Di conseguenza, il poco entusiasmo raccolto non venne notato o particolarmente sottolineato, tuttavia arrivati alla sedicesima edizione, sarebbe impossibile non vedere come in un Paese che sembra non avere atleti paralimpici, per quanto sono poco presentati e coinvolti, l'evento non sia particolarmente pubblicizzato. Certamente, le gare che si terranno dal 25 agosto al 5 settembre 2020 avranno un'organizzazione impeccabile, impianti di prim'ordine e risultati di tutto rispetto con probabili nuovi record all'orizzonte, ma finora l'evento non ha scaldato l'animo dei giapponesi, pur in una diversa sensibilità verso la disabilità che va crescendo e affermandosi.
Sono 4.400 gli atleti che si contenderanno i risultati d'eccellenza in 22 discipline sportive di cui due, badminton e taekwondo, presentate per la prima volta. Sedi saranno gli impianti dell'area di Tokyo, il cui Comitato organizzatore sta lavorando in stretto collegamento con l'amministrazione municipale per assicurare che agli atleti e ai visitatori con disabilità sia garantito il pieno godimento degli eventi sportivi e il pieno accesso a strutture e servizi. In realtà, non è pura retorica chiedersi se l'immensa macchina organizzativa e pubblicitaria messa in moto sotto l'etichetta «Cool Japan» (Giappone attraente) avrebbe potuto o potrà ancora garantire maggiore visibilità agli eventi paralimpici. Molto ad esempio è stato fatto per integrare nuovamente nell'immagine del Giappone, sia quella percepita all'estero sia soprattutto quella interna, le aree devastate dal terremoto e dallo tsunami dell'11 marzo 2011 e in particolare le popolazioni vittima delle radiazioni atomiche per l'avaria dei reattori della centrale di Fukushima, contribuendo così a evitare che le difficoltà e il senso di colpo diffusi in quelle aree si trasformassero in emarginazione per centinaia di migliaia di individui e in una prospettiva di dipendenza e magari emigrazione permanente. Fatte le debite differenze, non si è visto un simile impegno verso il recupero della disabiiltà come integrazione effettiva che deve partire da un riconoscimento prima ancora che da iniziative che potrebbero anche essere concrete e bene indirizzate ma alla fine negare ancora la piena considerazione sociale. Nelle sue Linee guida per l'accessibilità di Tokyo 2020, Il Comitato organizzatore ha proposto un'ampia gamma di soluzioni alle problematiche dell'accessibilità nel contesto di un impegno per rendere la società rispettosa verso individui fisicamente in difficoltà. I risultati non mancano e non mancheranno nei mesi a venire. Trovare sistemazioni alberghiere adeguate a Tokyo diventerà più facile dopo che una legge impone che dal 1° settembre ogni nuovo hotel con più di 50 camere disponga di strutture accessibili e pienamente utilizzabili da individui su sedia a rotelle. I servizi di trasporto hanno già modificato i propri mezzi per renderne facile l'utilizzo e anche gli impianti sportivi si sono adeguati, con la possibilità che i diversamente abili possano accedere senza impedimenti agli spalti e godere di una vista dall'alto delle gare. Nessun ostacolo renderà arduo il loro passaggio abili in un raggio di venti chilometri dagli impianti sportivi e le scritte in Braille saranno ampiamente utilizzate ove necessario o possibile.
Anche a volere fare uno sforzo di immaginazione, è pressoché impossibili individuare qualche falla in una preparazione che ha saputo sollevare un grande interesse proprio facendo perno sulle storie, sulle esperienze umane di atleti, organizzatori, appassionati, cittadini qualunque. L'intensa campagna pubblicitaria per presentare il Paese e incentivare gli arrivi di visitatori stranieri ha coinvolto ogni mezzo di comunicazione, mobilitando testimonial d'eccezione dentro e fuori lo sport.
Tuttavia, nonostante l'impegno, la percezione diffusa è che si potesse e dovesse fare di più a livello di sensibilizzazione. Vero, il primo ministro Shinzo Abe ha voluto nella commissione incaricata di individuare carenze e possibilità nell'accesso all'impiego dei diversamente abili la sciatrice paralompica Kuniko Obinata e questo ha provocato tempo fa un rinnovato interesse verso le problematiche di cui è ambasciatrice, ma la sensazione è che i mass media restino ben distanti dall'inserire a pieno titolo l'esperienza delle "altre" Olimpiadi tra le loro priorità.
di Stefano Vecchia
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