Osservatorio Malattie Rare.it del 26.05.2020
ERN-EYE . Il prof. Francesco Parmeggiani (Padova): “Possiamo immaginare questo network come una sorta di ospedale virtuale dedicato all’oculistica”.
La creazione di specifiche reti dedicate alle malattie rare, estese capillarmente sul territorio e costituite da medici e specialisti di tutte le discipline, nasce dalla necessità di evitare che i pazienti siano ‘dispersi’, e che rimangano isolati e disorientati in una lunga, e spesso infruttuosa, ricerca di risposte. È questo il motivo che ha portato alla nascita delle ERN (European Reference Networks), le Reti di Riferimento Europee sulle malattie rare e complesse, che non sono costituite da strutture fisiche, bensì da schemi e protocolli virtuali che coinvolgono i principali professionisti della salute ed erogatori di assistenza sanitaria in Europa. Tra queste reti c’è anche ERN-EYE, il network dedicato alle patologie oculari rare, che sono oltre 900 e che vengono classificate in base alla parte dell’occhio coinvolta.
Molteplici sono gli obiettivi di ERN-EYE, ma il primo consiste nel migliorare la diagnosi delle singole malattie e nel facilitare l’erogazione della corretta assistenza sanitaria ai pazienti, attraverso scrupolosi programmi di formazione e di condivisione delle esperienze. Inoltre, ERN-EYE intende sfruttare le innovazioni nella scienza medica, potenziando studi clinici e approcci mirati di ricerca traslazionale. Terzo pilastro della Rete è il rafforzamento della sorveglianza epidemiologica, mediante la progettazione e l’utilizzo di registri di pazienti. Infine, ERN-EYE ha attivato una serie di servizi di comunicazione tra gli Stati europei, facilitando gli scambi transfrontalieri e attivando sistemi telematici di condivisione delle informazioni che uniscano tutti gli specialisti. Per svolgere al meglio tali funzioni, i centri ospedalieri partecipanti alla Rete sono stati selezionati, dai singoli Paesi europei, sulla base dell’esperienza accumulata nella gestione a tutto tondo del paziente con malattia oculare rara, in termini di certificazione della patologia, scelta del piano terapeutico, correlazione genotipo-fenotipo e valutazione della progressività di malattia e della riabilitazione visiva, un aspetto, quest’ultimo, estremamente dinamico e complesso.
“Possiamo immaginare ERN-EYE come una sorta di ospedale virtuale, dedicato all’oculistica e organizzato su quattro piani, in ognuno dei quali è impiegato un ben preciso gruppo di lavoro tematico”, spiega Francesco Parmeggiani, Professore Associato presso il Dipartimento di Morfologia, Chirurgia e Medicina Sperimentale dell’Università di Ferrara, nonché Rappresentante Scientifico ERN-EYE del Centro Retinite Pigmentosa della Regione Veneto presso l’Ospedale di Camposampiero dell’Azienda ULSS 6 Euganea di Padova. “Al primo piano di questo ospedale c’è il gruppo di lavoro dedicato alle malattie rare della retina, di cui il Centro Retinite Pigmentosa di Camposampiero fa parte. Al secondo piano c’è il gruppo di lavoro che si occupa di malattie rare neuro-oftalmologiche, cioè le malattie rare del nervo ottico. Il terzo gruppo di lavoro si occupa delle malattie rare oftalmologiche in età pediatrica, mentre il quarto è dedicato alle malattie rare del segmento anteriore dell’occhio come, ad esempio, il cheratocono”.
Ovviamente, tra questi quattro gruppi non mancano le interazioni, che si esplicano nella creazione di altri sei team di lavoro trasversali, all’interno dei quali, secondo l’organizzazione di ERN-EYE, si affrontano le principali questioni comuni alle varie patologie oculari. “Il primo gruppo di lavoro trasversale, di cui faccio parte, si concentra sui problemi di ipovisione e riabilitazione visiva”, continua Parmeggiani. “Nel secondo, l’argomento principale è la diagnostica genetica. In questo gruppo non si parla specificamente di ricerca, che è argomento del quarto gruppo di lavoro trasversale, ma di clinica. Infatti, occorre ricordare che in Italia, dal 2017, con l’applicazione dei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) i malati rari hanno diritto ad accedere ad analisi genetica molecolare mediante la semplice compilazione di una specifica impegnativa da parte del medico specialista in oftalmologia esperto della materia. Il terzo gruppo trasversale è imperniato sull’importanza dei registri di malattie rare e sul valore dell’epidemiologia, il quinto è riservato alla formazione di personale specializzato come anche alla preparazione di raccomandazioni e linee guida, mentre il sesto alla comunicazione, al management e al controllo della qualità”. Una stratificazione ragionata e strutturata per i malati rari che, pur abitando in Paesi diversi, possono e devono essere gestiti in maniera comune, nell’ottica della cosiddetta “personalized patient-centered care”, ossia di una cura focalizzata sulle esigenze individuali di ciascun paziente.
Un valido esempio di questa moderna filosofia è il Sistema di Gestione Clinica dei Pazienti (CPMS, Clinical Patient Management System) gestito dalla ERN-EYE, un’applicazione web nata nel marzo del 2019 per la discussione dei casi clinici più complessi. “La si potrebbe definire come un ambulatorio virtuale, nel quale i migliori specialisti europei possono condividere i dati clinici e gli esami strumentali dei pazienti in forma anonima, confrontandosi poi in modo interattivo per la migliore gestione possibile di quel dato malato raro”, precisa Parmeggiani. “Col risultato che è come se il paziente fosse visitato da tutti i maggiori esperti in materia sulla sua specifica patologia. Il CPMS è una piattaforma di consulenza che permette allo specialista di confrontarsi con colleghi di rilevo internazionale su uno specifico caso per dare risposte sempre più precise e aggiornate ai pazienti e ai loro familiari”. Si tratta di uno strumento ad uso esclusivo dei medici specialisti appartenenti alla ERN-EYE o di super-consulenti invitati a parteciparvi, che possono farsi carico della gestione condivisa del paziente qualora si ravvisasse la necessità di un consulto o l’opportunità di portare il caso all’attenzione dei colleghi, per favorire così il processo di formazione continua. Tutto ciò allo scopo di migliorare le procedure di gestione diagnostica, terapeutica e riabilitativa dei malati rari, senza guardare ai confini degli Stati europei d’appartenenza.
“Nel 2017, il Centro Retinite Pigmentosa della Regione Veneto di Camposampiero è entrato a far parte di ERN-EYE in qualità di membro fondatore, essendo stato riconosciuto, negli anni, come riferimento per i malati rari con patologie ereditarie della retina sia da parte dei pazienti, la cui afferenza è in continuo aumento, sia da parte delle istituzioni sanitarie regionali e nazionali”, aggiunge Parmeggiani. “Dal 2003, anno in cui il Centro è stato formalmente riconosciuto tramite una specifica delibera regionale, abbiamo quasi quadruplicato il numero di pazienti che gestiamo, arrivando all’attuale numero di circa mille visite all’anno. In tutto questo, la Regione Veneto ci ha sempre sostenuto, comprendendo la nostra necessità di avere forza-lavoro sia clinica che riabilitativa e affiancandoci nell’espletamento della gestione epidemiologica e amministrativa, anche e soprattutto grazie alla collaborazione con il Coordinamento Malattie Rare del Veneto, diretto dalla Prof.ssa Paola Facchin”. Il paziente con malattia rara della retina, infatti, va inquadrato da un punto di vista clinico, genetico e riabilitativo, e servono fino a due ore e mezzo per eseguire gli esami del caso e stilare tutte le pratiche necessarie per le certificazioni, le raccomandazioni scolastiche o lavorative e la richiesta d’invalidità e la prescrizione degli ausili ottici o elettronici.
“Fortunatamente, per gestire al meglio le problematiche di continuità assistenziale dei nostri pazienti, possiamo utilizzare anche modalità telematiche a distanza”, specifica Parmeggiani. “Per prima cosa, dedichiamo un monte ore alla settimana al servizio telefonico ed e-mail, che permette al paziente di interfacciarsi direttamente con il nostro personale tecnico-sanitario della riabilitazione. Inoltre, proprio da quest’anno, per evitare le problematiche di linee telefoniche spesso difficilmente accessibili, è lo stesso personale del Centro che prenota, al termine della visita e su richiesta della persona visitata, il successivo controllo, senza far passare il paziente da segreterie o CUP, quasi sempre intasati. È un servizio che viene reso dai nostri ortottisti e assistenti in oftalmologia, che sono molto competenti e attenti alle problematiche dei malati. Inoltre, accettiamo le prime visite tramite un numero diretto, garantendo al paziente il primo inquadramento in tempi rapidi e con la massima efficienza”. Quando possibile e opportuno, quindi, mediante questi servizi di telematici ci si adopera per ridurre i disagi ai pazienti e ai loro familiari, rispondendo anche alle indicazioni stabilite dal Coordinamento Regionale delle Malattie Rare, secondo le quali un malato raro dovrebbe essere sottoposto ad esami di controllo nelle strutture più vicine alla sua residenza, riducendo gli spostamenti che potrebbero risultare difficili da tollerare per chi è affetto da gravi disabilità della vista.
“Purtroppo, una delle problematiche maggiormente presenti in Italia è la difficoltà di garantire, specie nei centri d’eccellenza, un elevato standard di raccolta dei dati clinici, soprattutto in un’ottica di condivisione e analisi multicentrica mediante sistemi dotati di intelligenza artificiale”, chiarisce Parmeggiani. “La prof.ssa Facchin ha creato un registro dedicato alle malattie rare unico nel suo genere che, oltre a certificare la patologia e permettere i piani terapeutici e riabilitativi personalizzati, consente l’interazione di diversi professionisti, permettendo, potenzialmente, anche la stesura di un referto multidisciplinare attraverso un modello elettronico di Case Report Form (eCRF) condivisibile. Ma per usare al meglio questi strumenti servirebbe una vera e propria rivoluzione informatica, che il nostro sistema sanitario sembra davvero non essere in grado di recepire. Infatti, tale progresso gestionale prevede la larga diffusione e la concreta disponibilità di sistemi di archiviazione automatizzata dei dati clinici e delle immagini diagnostiche, l’accesso a piattaforme informatiche protette e condivisibili e, soprattutto, l’assunzione di personale sanitario-amministrativo preparato e motivato, come data manager e bio-informatici; il medico e il riabilitatore non possono fare tutto da soli, perché devono avere il tempo per dedicarsi al paziente e alle sue domande”.
Un aspetto d’importanza critica, infine, è la pianificazione a medio e lungo termine delle risorse da dedicare ai pazienti a grave rischio di ipovisione o cecità. “Dobbiamo poter lavorare al meglio per offrire ai pazienti un servizio adeguato”, conclude Parmeggiani. “La retinite pigmentosa, della qualche mi occupo a Camposampiero, conta in Italia circa 20mila persone affette, le quali, solitamente, cominciano ad avere problemi di visione in giovane età e sono destinate a dover convivere per tutta la vita con una malattia spesso progressivamente invalidante, che perciò deve essere affrontata in maniera appropriata da un punto di vista clinico, psicologico e riabilitativo. Ciò non può prescindere dal rispetto applicativo su scala nazionale delle vigenti normative LEA, le quali includono, oltre ai test di genetica molecolare, la rimborsabilità degli ausili visivi indipendentemente dal grado di invalidità del paziente ma solo in forza del suo status di malato raro; ma per fare tutto ciò e molto altro ancora, occorre saper dare la giusta importanza alle diverse priorità sanitarie del nostro Paese”.
Attualmente, oltre al Centro Retinite Pigmentosa di Camposampiero, gli istituti italiani che fanno parte di ERN-EYE sono l’Azienda Ospedaliero-Universitaria della Campania “Luigi Vanvitelli” di Napoli, l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze, l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Padova e l’Azienda ULSS3 Serenissima di Venezia (Ospedale dell'Angelo - Fondazione Banca degli Occhi del Veneto di Mestre).
di Enrico Orzes
Nessun commento:
Posta un commento