Corriere Adriatico del 24/03/2022
ANCONA. Ci sono materiali naturali, che hanno un’anima, che continuano a vivere anche dopo essere stati strappati al loro ambiente. Come i tronchi degli alberi travolti in Veneto dalla bufera dell’agosto 2020. Hanno chiuso il ciclo della vita in maniera violenta, sradicati dalla tempesta, ma un po’ dell’energia che li ha fatti crescere resta in loro. Ci piace pensarlo, entrando nella sala espositiva del Museo Tattile Omero, dove “abitano”, da ieri fino al 26 aprile, i dodici apostoli.
Le loro grandi teste sono state ricavate dai cedri abbattuti dal vento in quel windstorm del 23 agosto, per opera dell’artista Antonio Amodio. Aveva già ritratto i volti dei discepoli più vicini a Cristo e, quando si è trovato davanti le cataste di alberi caduti, non ha avuto dubbi: li avrebbe usati per trasferire nel legno quelle facce scavate, sofferenti, dubbiose, estatiche che dovevano avere gli apostoli dopo l’Ultima Cena.
L’ambientazione
“L’anima della materia: il volto degli apostoli tra testimonianza e destino” è una mostra proposta al Museo Omero dalla Fondazione Verona Minor Hierusalem. Ha trovato l’ambientazione ideale in questa sala della Mole Vanvitelliana, sotto le capriate lignee di archeologia industriale, sullo sfondo delle pareti di mattoni, in un’ambientazione che accoglie e richiama le tinte dei dipinti, esposti assieme alle sculture. Allo spettatore, mentre osserva la pastosità screziata delle pennellate, l’abbinamento dei colori a tempera grassa, “legati” con caseina, calce viva e rosso d’uovo, sembra di sentire nelle narici un lontano sentore speziato di legno vivo, quello che emana mentre la sgorbia incide e modella il materiale. Tutto è naturale, in questa galleria di ritratti: da alcuni busti, il cui legno nudo racconta, con nodi e venature, la storia degli alberi da cui deriva, a quelli cui Amodio ha impresso una coloritura diversa - verdastro, testa di moro, bruno, grigio brace - usando materiali impensabili. Scrive Davide Adami, il curatore: «Dal gesso di Bologna con colla di coniglio, poi carteggiato, all’aspersione di caffè, sedimentato e mescidato con succo d’arancia, con la variante aggiuntiva dell’ossido di zinco, del verderame, all’ammorbidimento con cera d’api e alla levigatura con saggina e juta».
La cromoscultura
La chiama cromoscultura, quella che dà al legno l’aspetto di marmo, pietra, bronzo. Chi tocca queste grandi teste sente il calore sotto i polpastrelli, percepisce la pastosità viva che emana il materiale. Accarezzandole, Aldo Grassini, il presidente del Museo Omero, ripete: «Le sensazioni che mi trasmettono questi volti mi ricordano l’essenza della fede: il cadere implica sempre la possibilità di rialzarsi. Queste opere confermano che l’albero sfida i limiti della temporalità».
Il QRcode dei quadri
«Le sculture – osservava all’inaugurazione Paola Tessitore, direttrice della Fondazione Verona Minor Hierusalem – rappresentano simbolicamente tutta l’umanità. Ci invitano a riappropriarci delle energie positive, per affrontare il destino». E per una volta, anche i dipinti parlano a chi non può vederli: ogni quadro è accompagnato da un QRcode che fa ascoltare, dalla voce di Alessio Tessitore, il monologo, scritto da monsignor Martino Signoretto, con cui il biblista interpreta le caratteristiche, pensieri ed emozioni di ogni apostolo ritratto.
di Lucilla Niccolini
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