lunedì 25 luglio 2022

Accessibilità dei siti: perché troppe aziende e PA ignorano la legge e i diritti dei disabili

Agenda Digitale del 25/07/2022

L’ultimo in ordine di tempo è il caso Iliad: troppe aziende e pubbliche amministrazioni continuano a ignorare che fornire servizi tramite siti (e app mobili) non accessibili significa discriminare gli utenti con disabilità e ricorrono a scorciatoie- beffa come gli overlay di correzione automatica. Il punto.

Nelle scorse settimane sugli organi di stampa dedicati è comparsa in pompa magna la notizia che Iliad, l’operatore di telefonia mobile che opera nel nostro mercato da ben quattro anni, ha fatto dono della possibilità di navigare nel suo sito ai suoi clienti con disabilità.

Si potrebbe dire “meglio tardi che mai”, se non fosse per il fatto che, ancora una volta, dobbiamo constatare che il dono si è rivelato l’ennesimo motivo di frustrazione per le persone con disabilità e che per Iliad non è ancora giunto il tempo per vantare una piena inclusività.

(Non) accessibilità dei siti: Iliad e le altre

Questo purtroppo non è un caso isolato. Sì, perché come sta accadendo purtroppo spesso, invece di seguire la via maestra di produrre siti che tengono conto già in fase di sviluppo delle regole prescritte dal consorzio mondiale per il web (W3C) per realizzare contenuti web accessibili, tra l’altro un obbligo per aziende con fatturato superiore ai 500 milioni di euro, si è scelta per l’ennesima volta una scorciatoia, un apparente uovo di Colombo.

La soluzione scelta da Iliad è uno strumento che automaticamente corregge problemi di accessibilità. Si tratta tecnicamente di un overlay di correzione automatica, che vediamo comparire sempre più spesso nei siti della Pubblica Amministrazione (tra cui il portale del turismo italia.it) e purtroppo non solo (si pensi ad esempio a Barilla, Campari, Dolce e Gabbana, Conad, Findomestic e molti altri), che promette una accessibilità automatizzata ma che in realtà genera il solito accrocco dove la persona disabile naviga con fatica.

Mettetevi nei panni di una persona con disabilità che vuole consultare i servizi turistici del paese, comprare un prodotto al supermercato online, stipulare un’assicurazione o conoscere meglio gli aperitivi della nota multinazionale Campari, e si trova davanti una soluzione che lo obbliga ad attivare alcune funzionalità per fruire del sito web.

Torniamo però al caso Iliad. Nello specifico, ad una analisi solo sommaria da parte di utenti non vedenti, il sito di Iliad non presenta una suddivisione corretta per intestazioni; i link e le immagini hanno etichette di scarsa comprensibilità e le parti interattive, i cosiddetti form, non sono interamente completabili.

La legge sull’accessibilità troppo spesso disattesa: perché?

Partiamo da un concetto di base: fornire servizi tramite siti (e app mobili) non accessibili significa discriminare gli utenti con disabilità. Esistono leggi come la 67 del 2006 che prevedono la possibilità per chiunque, con disabilità, si senta discriminato, di poter diffidare alla messa a norma ed agire poi per via giudiziaria per ottenere la rimozione delle barriere ed un indennizzo per il danno subito.

Come Invat (Istituto Nazionale Valutazione Ausili e Tecnologie) da anni mettiamo a disposizione di chiunque lo richieda le competenze di utenti web con disabilità visive, e saremmo ben stati lieti di offrire ad Iliad un supporto puntuale e verificato dall’esperienza d’uso, ma purtroppo non ci hanno consultati.

L’episodio è particolarmente preoccupante perché in Italia, il prossimo novembre, scatterà l’obbligo per tutte le aziende con fatturato annuo superiore ai 500 milioni per tre anni, di rendere completamente accessibili i propri servizi offerti via Web. Non vorremmo che per risparmiare qualche spicciolo, queste prendessero esempio da Iliad ed altri e ricorressero all’accrocco. Sarebbe l’ennesima beffa nei confronti delle persone con disabilità che tradisce buone intenzioni ma produce pessimi risultati.

La stessa AgID, che in Italia si occupa di regolamenti tecnici per le piattaforme informatiche e si occuperà della vigilanza e dell’iter sanzionatorio delle imprese inadempienti, spiega, in un articolo eloquente ed esaustivo, perché questi accrocchi non possano sostituire l’intervento umano.

Quello che deve essere chiaro è che noi utenti con disabilità richiediamo che i prodotti forniti dalle aziende e dalle PA siano conformi agli obblighi di legge ed agli standard di accessibilità, per poter usare (ed acquistare!) i loro servizi. Non acquistare prodotti conformi, voler risparmiare per la messa a norma di quelli non conformi pensando di risolvere con cose automatizzate fa ancora più adirare chi ottiene un’informazione di “cortesia” sull’accessibilità del sito ed in realtà si ritrova a doversi districare in oggetti tortuosi. Inoltre, quando questi plugin saranno rimossi, i siti torneranno come prima; quindi, a chi giova non riparare dei problemi ma a mettere un cerotto “molto visibile”?

Conclusioni

Giova altresì ricordare che tali soluzioni stanno subendo una contestazione legale di rilevante importanza proprio negli USA, culla del diritto in questo ambito, proprio perché trattasi di soluzioni tampone che spesso e volentieri creano più difficoltà che benefici reali nella navigazione di una piattaforma web. L’uso di questi overlays di correzione automatica è un fenomeno che desta non poche perplessità e preoccupazioni, in quanto si sta diffondendo a macchia di leopardo, dal momento che, non solo entità private, bensì anche Pubbliche Amministrazioni si stanno avvalendo di queste soluzioni. Soluzioni proposte per una manciata di euro, evidentemente spesi male, alle spalle dei contribuenti; platea della quale anche i disabili, a buon diritto/dovere fanno parte: beffa nella beffa dunque!

E a proposito di beffe: una chiosa finale, da sorriso beffardo, se non fosse che quanto scritto sul comunicato diffuso da Iliad è tremendamente vero; citiamo dall’articolo: “Il tool è identificabile in basso a sinistra dello schermo (sia nella versione desktop che mobile) attraverso un’icona rossa che permette di impostare tutte le personalizzazioni necessarie a rendere le pagine accessibili al maggior numero di utenti.”! Un’icona rossa… come rampognare un utente sordomuto che non apprezza la nona sinfonia di Beethoven… ogni commento suonerebbe come superfluo…

di Francesco Tranfaglia, gruppo osservatorio siti internet di INVAT – Istituto Nazionale Valutazione Ausili e Tecnologi

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