Il Corriere della Sera del 09.07.2019
Ha 10 anni ed è seguita all’ospedale Meyer di Firenze da quando aveva 5 mesi per un tumore all’ipotalamo che l’ha resa cieca. Toccare le opere d’arte la rende felice.
FIRENZE. Martina ha una carica che travolge. È una fucina di parole che hanno imparato a prendere il posto degli occhi, tesse con le dita il mondo che esplora, come se lo ridisegnasse a grande velocità. Nella scuola dell’ospedale Martina non studia e basta: è una campionessa di Braille, sì certo. Ma con la sua maestra Susy fa tanto altro. Duetta, costruisce: un piatto di plastica lavorato con forbici e scotch in pochi minuti diventa una luna. E allora quella stanza, la scuola del Meyer, diventa una «luneria». Premessa: per raccontare la storia di Martina non si può fare a meno di infrangere la regola giornalistica della «giusta distanza», perché riavvolgere il nastro senza farsi travolgere è davvero difficile.
Martina ha 10 anni ed è seguita all’ospedale pediatrico Meyer di Firenze da quando aveva 5 mesi per una malattia neuro-oncologica. Al Meyer ha trascorso la maggior parte dei giorni della sua vita, e per questo l’ospedale è diventato anche la sua scuola. Martina per la sua malattia ha purtroppo perso la vista. Quindi tocca, esplora, immagina e crea con tutti gli altri sensi che ha a disposizione. «Non è mai stata libera dalla malattia», dice Iacopo Sardi, pediatra oncologo che la segue da sempre. Martina ha un tumore inoperabile, all’ipotalamo: questo l’ha resa cieca nei primi mesi di vita e ha determinato un arresto della crescita che poteva esserle fatale. E ora, a causa di alcune complicazioni, ogni 28 giorni è necessaria una puntura «difficile» che le dà molto dolore e tantissima paura. Andare al Meyer per quell’appuntamento mensile era diventato un incubo, e procedere con questa cura salva-vita era diventato quasi impossibile.
Così è nata un’idea: abbinare a quelle spiacevoli gite a Firenze (da Massa Carrara) un appuntamento gioioso, alla scoperta delle bellezze della città. Per ogni puntura, un’esperienza tra Palazzo Pitti, Giardino di Boboli e Galleria di Arte moderna, dove Martina tocca con mano opere e costumi d’epoca. Le accarezza, si emoziona e ne riproduce la forma nel suo immaginario. Un tuffo nell’arte e nel bello, che le dà la forza di affrontare poi, nello stesso giorno, la dolorosa puntura. Palazzo Pitti è diventato così il suo castello e Martina la principessa Pitti, sempre accompagnata da una bacchetta magica a forma di stella, con sopra scritta una filastrocca inventata da lei, che è anche un inno al coraggio: «Stella che buca la paura/e che fa venir bella ogni avventura».
L’immaginazione si è fatta affabulazione, la favola ha creato un mondo e costruito relazioni. A questo progetto, che presto sarà esteso ad altri piccoli pazienti, hanno lavorato con professionalità e passione la maestra Susy e il team della scuola del Meyer d’intesa con il dipartimento per l’Educazione degli Uffizi. Accanto a Martina, oltre ai suoi genitori, tre figure speciali: Laura Prelazzi e Gabriele Morandi, assistenti alla fruizione degli Uffizi, e la maestra Susy. Che dice: «Laura e Gabriele sono state preziose guide illuminate, capaci di ascolto e di grandi possibilità, di flettere la loro conoscenza ai bisogni di Martina. Tutte le avventure sono state progettate per lei, a misura delle sue esigenze non solo fisiche ma anche relazionali ed emotive», spiega Susy. La scuola interna al pediatrico Meyer, oltre a garantire la continuità didattica dei bambini costretti a lunghi ricoveri, sta così creando ponti con istituzioni culturali esterne come gli Uffizi, e questo lavoro di squadra sta aiutando con successo il personale sanitario a superare criticità che persino una medicina così avanzata avrebbe difficoltà a fare.
«Il tandem con gli Uffizi ci ha confermato, una volta di più, quanto sia importante fare rete a sostegno dei bambini - spiega il direttore generale del Meyer, Alberto Zanobini - Poter contare su un partner di tale livello ci ha permesso di offrire a Martina un progetto di cura globale: abbiamo potuto mettere le meraviglie museali al servizio del benessere della bambina, e la bellezza del territorio si è fatta terapeutica». «Di solito si dice che la bellezza è negli occhi di chi guarda, questa esperienza commovente e incoraggiante dimostra che è radicata ancora più profondamente nell’animo umano», aggiunge il direttore degli Uffizi Eike Schmidt.
È un buon momento, per Martina: è in fase di follow up, ha finito il programma di chemioterapia che nei mesi scorsi l’ha obbligata a tantissimi day hospital. La stabilizzazione è uno degli obiettivi terapeutici, nella sua malattia, e in questo momento è raggiunto. Adesso è cominciata una nuova avventura: però, visto che le punture proseguiranno ancora per un po’, allora non finisce nemmeno il bello da esplorare per provare a sopportarle meglio. Dai primi di giugno la Principessa Pitti ha cominciato una serie di uscite al Museo Galileo Galilei, sempre a Firenze. «Questa cosa mi riempie di gioia, perché vedo Martina entusiasta - racconta Sonia, la mamma - Così riesce ad affrontare le sue paure, che altrimenti sembravano insormontabili, e trova la forza di affrontare queste cure dolorose».
Nessun commento:
Posta un commento