Avvenire del 30/05/2021
Meno assistenzialismo e più promozione di una vita il più possibile autonoma e indipendente, perché le persone disabili non sono "eterni ragazzi" ma manifestano le stesse esigenze e hanno gli stessi desideri di tutti gli altri. In sostanza, si tratta di favorire l'affermazione di un nuovo paradigma in cui la persona con disabilità viene riconosciuta in quanto cittadino, con tutti i diritti che questo status comporta. Questo non significa ovviamente negare la disabilità che equivarrebbe a negare anche i bisogni di assistenza e tutela - ma salvaguardare una visione capacitante e non solo, appunto, assistenzialistica.
Di questo si è parlato nella due giorni del convegno online "Sono adulto. Disabilità diritto alla scelta e progetto di vita", promosso nei giorni scorsi dalla casa editrice Erickson di Trento, con la partecipazione di esperti, studiosi e rappresentanti delle associazioni. «Per difendere davvero l'adultità dell'altro - ha sottolineato Fabio Folgheraiter, docente di Sociologia all'Università Cattolica, introducendo i lavori del convegno - è necessario che io lo rispetti autenticamente, vale a dire che io lo rispetti davvero così come io rispetto me stesso. È necessario che io non sia semplicemente "buono" con lui. È necessario che io sia convinto di essere mediamen- te pari a lui (e perciò, in varie cose, che io riconosca tranquillamente di essere inferiore a lui)».
Invece, non sempre questo avviene, come ha testimoniato Iacopo Melio, giornalista, scrittore, politico e attivista per i diritti umani e civili: «Le persone disabili sono persone, e così le dobbiamo trattare per abbattere barriere che non sono solo architettoniche, ma anche sociali e culturali». Ostacoli alzati anche da chi, in buona fede, pensa, invece, di "aiutare". «La parola "accompagnare" - ha sottolineato Andrea Canevaro, professore emerito di Pedagogia speciale all'Università di Bologna - non avrebbe senso se non ci fossero dei luoghi da cui partire e dove sperare di arrivare. E in questo cammino, l'educatore - la figura deputata ad accompagnare la persona con disabilità nello sviluppo del proprio progetto di vita - ha un ruolo complesso: non è facile stabilire quando l'aiuto diventa sostituirsi all'altro e, quindi, impedimento al suo sviluppo».
E poi ci sono i problemi della vita quotidiana, che per i disabili sono, molto spesso se non sempre, amplificati. Lo ha raccontato Alessandro Solipaca, esperto di disabilità dell'Istat, attraverso i dati che "fotografano" la condizione dei 3 milioni e 150mila disabili che vivono in Italia (pari al 5,2% della popolazione). Il 61% è in cattive condizioni di salute e 1,4 milioni di over 65 non sono in grado di badare a se stessi nemmeno per le operazioni più ordinarie, come alzarsi dal letto o farsi una doccia. Appena il 31,3% dei disabili tra i 15 e i 64 anni ha un lavoro, rispetto al 57,8% dei normodotati e la maggior parte di chi ha un'occupazione è assunto dalla Pubblica amministrazione. E ancora: oltre 600mila persone con disabilità vivono in grave isolamento senza alcuna rete su cui poter contare in caso di bisogno, appena il 18,1% va al cinema o a teatro e soltanto il 20,7% pratica sport.
Anche lo Stato non fa fino in fondo la propria parte. Ogni anno investe 23 miliardi in trasferimenti assistenziali e altri 14 in trasferimenti previdenziali. Sembrano tanti soldi, ma, invece, come ha ribadito Solipaca, sono «largamente insufficienti ». Mediamente, si tratta di 4.524 euro pro capite, meno del 18% dei reddito medio familiare. Tra i disabili, inoltre, il 50% percepisce soltanto una pensione legata alla disabilità, quindi sono circa due milioni le persone disabili che vivono con meno di 515 euro lordi al mese. Se si considerano anche i contributi regionali (in media 987 euro all'anno per disabile) e comunali (2.852 euro annui a testa), si arriva a un reddito familiare di 17.476 euro, inferiore del 7,8% al reddito di famiglie dove non sono presenti disabili.
Alla luce di questa situazione economica, si capisce perché il 50% delle famiglie con disabili consideri pesante il carico economico per le visite mediche, il 43% per l'acquisto di medicinali e il 24.4% è costretta a ricorrere a servizi privati, il 13,6% a collaboratori domestici e il 6,7% a persone che assistono il disabile. «Sono spese - ha osservato Solipaca - che peggiorano le condizioni economiche delle persone disabili». Così, il 27,5% delle famiglie in cui sono presenti disabili arriva a fine mese con difficoltà, il 19,5% con «grande difficoltà»; non può permettersi una vacanza di 7 giorni il 68,% delle famiglie in cui c'è un disabile e non può affrontare una spesa imprevista di 800 euro il 52,5% delle famiglie, mentre non può riscaldare adeguatamente le casa il 22,2% e non si alimenta in modo adeguato il 20,3%.
Infine, ad aggravare ulteriormente la situazione, lo scorso inverno è arrivato il Covid, che per tanti disabili, ha significato lunghi mesi di vera e propria «segregazione». «La situazione sanitaria - hanno ricordato Giampiero Griffo, Co-direttore del Center for governmentality and disability studies Robert Castel dell'Università "Suor Orsola Benincasa" di Napoli; Giovanni Merlo, direttore Ledha; Ciro Tarantino, sociologo dell'Università della Calabria - ha colpito in maniera sproporzionata le persone con disabi-lità, facendo emergere criticità nell'accesso ai diritti e nei sostegni alla loro partecipazione ».
di Paolo Ferrario
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