Start Magazine del 04/05/2021
PNRR e Strategia Europea sulla disabilità, un cammino comune a tutela dei cittadini con disabilità.
Viva il PNRR! Si potrebbe dire alla luce di diversi passaggi del testo, dedicati alle persone con disabilità, che sono inseriti tra le pagine del corposo documento inviato dal Governo al Parlamento lo scorso 26 aprile per essere approvato in un batter d’ali. E sinceramente ci spero.
“L’attenzione per le persone con disabilita` caratterizza tutto il PNRR, in linea con la convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilita`.” recita il documento che “Stando ai dati del 2019” dichiara che “in Italia le persone con disabilità – ovvero che soffrono a causa di problemi di salute e di gravi limitazioni che impediscono loro di svolgere attività abituali – sono 3 milioni e 150 mila, pari a circa il 5 per cento della popolazione.”
Prima di tutto chiariamo i numeri. Quando si parla di persone con disabilità occorre essere precisi, si parla di “persone” non di cose.
Facciamo un passo indietro. Come noto l’Inps per effetto della legge 102/09 ha assunto una funzione centrale nella materia delle prestazioni assistenziali, economiche e non a favore delle persone con disabilità invalide civili, ciechi , ipovedenti e sordi. La materia della disabilità si è dunque aggiunta a quella previdenziale diventando parte essenziale delle funzioni che la legge attribuisce all’Inps.
Dunque l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale diviene la vera fonte informativa per capire chi sono, dove sono, quanti sono i Cittadini con disabilità nel nostro Paese e dunque poter, di conseguenza, valutare i loro bisogni in relazione alle loro condizioni di invalidità, sociali, economiche, occupazionali ed ai servizi loro dedicati e, non da ultimo, cercare anche di comprendere quali sia il dato numerico necessario a definire la platea dei caregiver familiari individuati secondo i parametri forniti dall’articolo 1, comma 255, della legge 205 del 2017, cioè la legge di bilancio per l’anno 2018.
Un dato quantitativo, non di tipo statistico ma in termini esatti di persone con disabilità che in Italia quotidianamente si confrontano con l’impatto che la normativa vigente produce sulle loro vite e che dunque anche con quanto il PNRR produrrà in termini di miglioramento delle qualità complessiva delle loro vite, ci viene fornito dall’analisi dei dati del Pre Rendiconto sociale Inps 2020, pubblicati lo scorso 17 marzo 2021 (determinazione n. 3) e approvati dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza.
Secondo il documento dell’Inps, le prestazioni a titolo d’invalidità civile, totale o parziale, per ciechi assoluti e ipovedenti, per i sordi, etc, che sono pari a 2.772.238 persone.
A tali dati dell’Inps, se vogliamo una visione a livello di Paese, devono poi essere aggiunte anche le 565.924 persone titolari di rendita diretta Inail, per l’anno 2020, pagata dall’Istituto in presenza di specifici requisiti di accertamento dell’invalidità motoria, psichica, sensoriale, cardio-respiratoria o altro, in conseguenza di infortunio sul lavoro.
Il totale complessivo in Italia per l’anno 2020 è quindi di 3.338.162 persone con invalidità con percentuale tale da determinare un sostegno mensile di natura economica da parte dell’Inps o dell’Inail, quindi circa 188 mila unità in più rispetto a quelle dichiarate nel PNRR. A questa platea di persone, devono aggiungersi anche tutti coloro che pur non avendo ancora riconosciuta una condizione di invalidità, sono colpiti da patologie invalidanti progressive o cronicizzate o, pur in presenza di invalidità accertate, non raggiungono i requisiti soggettivi per percepire indennizzi a carattere economico.
Nel complesso in Italia sono circa 7,5 milioni le persone con forme di disabilità o non autosufficienza media o grave calcolata dalla soglia minima del 34 al 100% (dati Inps, Inail, Provincie Autonome con gestione non in convenzione).
Il pre Rendiconto sociale 2020, evidenzia in ogni caso che i fruitori di invalidità civile, pensioni e indennità di accompagnamento, nel 2020 hanno registrato una flessione di poco più di 52 mila unità rispetto al 2019. E che nel 2020 la spesa per le prestazioni di invalidità civile è stata di poco superiore a 19 miliardi di euro.
Sempre il Rendiconto pone tuttavia in rilievo come gli attuali sistemi organizzativi (fase sanitaria in convenzione con Inps o in gestione da parte delle regioni) per il riconoscimento delle prestazioni d’invalidità civile non riescono a far fronte, in tempi congrui, al flusso delle domande generando così un consistente arretrato e che, al 31 dicembre 2019 le persone in attesa di essere convocate a visita erano 1.261.373, mentre alla stessa data del 2020 le persone in attesa di visita erano 1.819.028, di cui 827.184 (45,47%) di competenza INPS e 991.844 (54,53%) di competenza delle Regioni.
Per una valutazione sull’adeguatezza dei sistemi organizzativi occorre evidenziare che l’arretrato al 31 dicembre 2019, per il 39% era di responsabilità Inps mentre per il 61% è di responsabilità della gestione diretta, della fase sanitaria, da parte delle regioni.
I dati del pre Rendiconto sociale 2020 dell’Inps, pongono quindi in evidenza, non solo un aggravio dell’arretrato a causa della situazione pandemica da Covid-19, ma richiamano alla necessità di un efficientamento delle procedure di accertamento delle invalidità civili, anche mediante una valorizzazione del ruolo dei diversi attori che prendono parte all’intero processo, dall’apertura fase sanitaria alla fase amministrativa, al netto dei tempi di liquidazione che possono superare nel 14,7% dei casi, come evidenzia il documento, anche i 360 giorni. I tempi medi del procedimento, presi a riferimento, scendono dai 145 giorni del 2015 ai 120 del 2019 per risalire nel 2020 a 154 giorni, con il relativo impatto sul carico degli arretrati e sul contenzioso che vede a livello generale di INPS un costo complessivo per il 2020 di oltre 200 milioni di euro. Per i soli giudizi relativi all’invalidità civile, la relazione pone in evidenza come al 31.12.2020 siano 218.817 i giudizi da definire, 160.689 siano quelli definiti di cui 87.893 a favore di Inps (il 68%) e 41.082 a favore dell’utenza (il 32%), mentre per 31.714 vi sono state altre modalità definizione del giudizio.
Dal complesso dei dati sopra riportati si evince non solo la vasta platea di Cittadini con disabilità che sono di riferimento per l’attuazione la progettazione di ogni politica pubblica in materia di disabilità, ma anche come le persone che “entrano” per la prima volta in una fase della loro vita per sopraggiunte condizioni di disabilità non solo sono gravate da uno stravolgimento delle loro abitudini, che le porta a ricercare un adattamento alla nuova condizione in relazione alla differenza di opportunità di vita e lavorative correlate all’ambiente che le circonda anche in termini di accessibilità generale e di servizi, ma come queste intraprendono il percorso, spesso non facile, del riconoscimento delle loro condizioni di invalidità, i cui ritardi sono spesso causa di sofferenza e contenzioso.
Va da se che se 7,5 milioni di Italiani sono persone con disabilità e assumendo che la quasi totalità di questi viva in un nucleo familiare, possiamo affermare che un terzo della popolazione nazionale si confronta ogni giorno con problematiche di varia natura, legate alla condizione di disabilità del proprio congiunto che assiste, anche in via continuativa, sopperendo spesso alla carenza o meno dei servizi pubblici dedicati alla persona fragile e alla famiglia in cui questa convive.
Il familiare che assiste in modo continuativo il proprio congiunto convivente con disabilità grave, rientra in quella platea di caregiver familiari (che non sono assimilabili alle altre figure di lavoratori e addetti ai servizi a sostegno della famiglia) che resta tuttavia ancora indeterminata, sia per la mancanza di norme regolamentari che completino la disciplina vigente in modo da consentire una individuazione corretta del numero dei Caregiver familiari, attraverso una valutazione multidisciplinare e multidimensionale a partire dal carico della cura continuativa da loro svolta in favore di uno o più congiunti conviventi con disabilità con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3 della Legge 5 febbraio 1992, n. 104 o che presentino disturbi dell’età evolutiva o siano in condizione di non autosufficienza grave come definita all’Allegato 3 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013 n. 159, non determinata dal naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità. Sul punto il Parlamento dovrebbe battere, rapidamente, un colpo visto che il disegno di legge n. 1461 giace fermo in Senato da anni e sul quale, nel febbraio scorso, la Ragioneria Generale dello Stato si è espressa duramente, determinandone per molti motivi la non prosecuzione dell’iter parlamentare, affinché il testo sia rivisto e l’iter possa ripartire su una base ampiamente condivisa dalle forze politiche e concordata anche con le Associazioni Nazionali per la tutela delle persone con disabilità e dei loro caregiver familiari.
Alla luce di quanto sopra, appare chiaro che la platea di persone sulle quali le disabilità, in modo diretto o indiretto, producono un impatto sulle loro vite, è considerevole e che forme di tutela debbano essere garantite sul tutto il territorio nazionale in modo omogeneo.
In tal senso appare prioritario, ad avviso di chi scrive, ed in parallelo alle altre riforme che impatteranno sul settore della disabilità, anche sulla base delle valutazioni che si possono trarre dal documento delll’NPS, da un lato valorizzare maggiormente il ruolo dei soggetti a cui le norme attribuiscono, a ciascuno per il proprio ambito, il ruolo di patrocinante, di intermediario, di tutela e rappresentanza, come previsto dalla legislazione vigente o di rappresentante collettivo, definendo modalità operative “dedicate” per garantire servizi all’utenza che permettano di operare evitando un ritardo nell’erogazione delle prestazioni a favore dei destinatari dei provvedimenti, anche mediante una rivisitazione e semplificazione delle procedure di accertamento e verbalizzazione, dall’altro occorre avviare (ed il PNRR ne delinea i contorni) un rafforzamento delle reti dei servizi e di supporto territoriale alla persona con disabilità e al suo nucleo familiare anche privilegiando il ruolo degli organismi del Terzo Settore e le Associazioni che operano storicamente nel campo della tutela delle persone con disabilità.
Per quanto riguarda l’Inps si suggerisce, sommessamente, al fine di dare attuazione all’articolo 4, comma 3, della Convenzione delle Nazioni Unite, ed in conseguenza dell’attribuzione con la legge 102/09 all’Inps della funzione centrale nella materia delle prestazioni assistenziali sopra ricordata, l’integrazione nel Consiglio di Vigilanza dell’Inps con i rappresentanti delle Associazioni Nazionali di tutela e rappresentanza delle persone con disabilità, i cui compiti istituzionali sono definiti per legge, individuate sulla base di criteri omogenei di rappresentatività ed effettiva diffusione territoriale, consentendo in tal modo l’adeguamento ed il superamento dell’originaria impostazione tripartita del CIV Inps, che prevedeva, in linea con le funzioni precedentemente attribuite all’Istituto, la nomina dei soli rappresentanti delle Istituzioni, delle parti datoriali e dei lavoratori.
Il PNRR come approvato, tuttavia e per quanto riguarda le misure dedicate alle disabilità, va attentamente collocato, e deve camminare in parallelo, nel solco della nuova strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030 COM(2021) 101 final dello scorso 3 marzo 2021 che, sulla base dei risultati della precedente strategia 2010-2020, afferma che “l’Unione europea è ancorata ai valori dell’uguaglianza, dell’equità sociale, della liberta`, della democrazia e dei diritti umani. Il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea forniscono le basi per combattere tutte le forme di discriminazione, fissando l’uguaglianza quale pietra angolare delle politiche dell’UE”. In tal senso l’Italia, con il suo PNRR, nel rispetto e delle proprie radici e valori identitari, non può che condividere tale visione, pur riconoscendo che il cammino per combattere tutte le forme di discriminazione è ancora lungo e richiede un forte, coeso e rinnovato impegno di tutte le sue forze politiche e delle diverse espressioni della società civile per edificare sulla “pietra angolare” dell’uguaglianza un’Italia più equa, più giusta, più a misura di cittadino anche con disabilità, tanto più in relazione alle sfide epocali che il nostro Paese sta affrontando in conseguenza della crisi pandemica da Covid-19.
La nuova strategia europea sulla disabilità, che è declinata nei seguenti macro-temi, deve quindi integrarsi nel PNRR e vice versa, ed in ogni progetto che ne formerà parte, in primis per quanto riguarda il tema dell’accessibilità, intesa in senso ampio e universale e non limitata all’abbattimento delle barriere fisiche o culturali.
L’accessibilità – indica la nuova Strategia europea per la disabilità – agli ambienti fisici e virtuali, alle tecnologie, alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), ai beni e ai servizi, compresi i trasporti e le infrastrutture, e` un fattore abilitante dei diritti e un prerequisito per la piena partecipazione delle persone con disabilità su un piano di parità con gli altri e deve essere anche per il nostro PNRR, la chiave di volta per porre in cantiere e nella giusta prospettiva, le riforme di settore e intersettoriali annunciate, atte a garantire alle persone con disabilità una mobilità intesa anche come libertà di circolazione su mezzi accessibili e inclusivi, per favorire e sostenere un turismo accessibile, per favorire la dignità della vita e l’accesso ai mezzi e agli strumenti per garantire una vita indipendente e autonoma, per garantire una piena accessibilità ai servizi intesi anche come servizi alla persona con disabilità a livello di comunità come elementi centrali per la coesione territoriale e sociale e per lo sviluppo. La strategia punta a favorire l’accessibilità alle nuove competenze, alle nuove tecnologie e ai sistemi assistivi, ad una pubblica amministrazione digitale accessibile e inclusiva, per una informazione pubblica e privata accessibile ed inclusiva, per un’istruzione sempre più inclusiva e di qualità dove la scuola, la formazione professionale, l’università e l’alta formazione, garantiscano percorsi accessibili e personalizzati a partire dalla didattica, nonché servizi di orientamento scolastico, professionale ed universitario finalizzati anche all’occupabilità delle persone con disabilità mediante l’accesso ai posti di lavoro sostenibili e di qualità.
Per l’occupazione delle persone con disabilità, il PNRR dovrebbe prevedere, nel novero delle riforme che impatteranno sulla pubblica amministrazione e non solo, procedure per la valutazione delle abilità residue delle persone con disabilità, assicurando loro anche l’accessibilità dei percorsi di progressione di carriera e favorendo la riduzione del divario occupazionale di genere.
L’accessibilità va intesa quindi anche come pilastro della protezione sociale, delle parità di opportunità e della non discriminazione, della libertà di accesso alla cultura, all’informazione, all’istruzione, allo sport, alle attività ricreative e al tempo libero, alla sanità, alla giustizia, al lavoro, alla protezione giuridica, all’esercizio dei diritti civili e politici e alla sicurezza della persona, soprattutto contro la violenza di genere, sulle donne e sui minori con disabilità.
La parola accessibilità, dunque nella sua declinazione e trasversalità è il perno della strategia europea sulla disabilità 2021-2030, e, coerentemente, nel PNRR l’accessibilità e l’inclusione e la coesione sociale seguono ed interpretano l’affermazione fondamentale in esso contenuta ”L’attenzione per le persone con disabilità caratterizza tutto il Pnrr” la dove si illustrano le differenti azioni e missioni che dovrebbero realizzare, in pochi anni, un Paese migliore, anche a misura di persona con disabilità.
Occorre comprendere che per le persone con disabilità tutto ciò che non è “accessibile” a loro, non esiste nel mondo reale, ma se ciò che non è a loro accessibile “esiste” ed è accessibile alle persone senza disabilità, questa differenza diviene una forma di discriminazione contro la quale il Parlamento per primo e lo Stato ogni sua espressione, devono adottare, per quanto possibile e come previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilita`, ogni ragionevole accomodamento atto a rimuovere la discriminazione, a limitare e ridurre il divario, anche territoriale, tra le persone con disabilità e senza disabilità per realizzare una società giusta, equa, solidale, fortemente coesa e inclusiva.
La strategia europea per la disabilità 2021-2030 e il PNRR sono quindi gli strumenti ideali per dare una svolta al nostro cammino europeo, non sciupiamo questa occasione.
di Francesco Alberto Comellini
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