mercoledì 14 aprile 2021

Come in famiglia

Lucemagazine del 14/04/2021

Da quando è iniziata l’emergenza sanitaria da Covid 19, molte Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) del nostro Paese sono finite al centro dell’attenzione dei media con l’intenzione di portare alla luce i drammi e le difficoltà vissuti dalla popolazione anziana ospite di queste strutture, particolarmente esposta alle conseguenze del virus.

In queste settimane, una nota emittente televisiva ha contattato l’Istituto dei Ciechi per realizzare un servizio sulla sua RSA Casa Famiglia, che ha sede in un’ala del palazzo di via Vivaio. Questa volta, tuttavia, l’intento giornalistico è stato diverso rispetto ai titoli dei quotidiani usciti negli ultimi mesi: i giornalisti volevano raccontare la vita di questa piccola casa di riposo come un esempio fra le eccellenze della città di Milano.

In questi tempi di limitazioni alle relazioni sociali e alle attività di comunità, ha suscitato particolare interesse un modello di RSA che, grazie alle ridotte dimensioni e alla qualità dei servizi, sta affrontando il difficile periodo pandemico con risultati decisamente positivi.

Da più di due mesi i 25 ospiti e tutti gli operatori sanitari sono vaccinati dal Covid 19 e questo, insieme al rigoroso controllo degli accessi dei visitatori esterni, ha fatto sì che le attività potessero proseguire in un ambiente sicuro e accogliente, garantendo il massimo benessere per gli ospiti. In particolare, sono riprese le attività di gruppo, vero cuore pulsante della struttura, che sollecitano gli ospiti sia a fare la “ginnastica della mente” sia tra, gli altri obiettivi, aiutano gli ospiti a mantenere vive le dinamiche relazionali e ad affrontare al meglio un sentimento negativo, come la solitudine. L’isolamento sociale, vissuto da molti anziani in questo ultimo anno nel nostro Paese, è stato infatti una delle conseguenze più gravi e forse più sottovalutate portate dalla pandemia.

Ecco che allora una lettura di un racconto stampato in Braille in giardino fatta da un’ospite cieca risveglia ricordi sopiti, un ballo per festeggiare un compleanno fa scorrere energie nascoste, un gioco con la palla in cerchio riaccende la voglia di stare insieme agli altri. Una dimensione famigliare, dunque, in grado di garantire il benessere psicologico e un alto grado di sicurezza sanitaria per ospiti e operatori.

Ma non sono solo le dimensioni a rendere unica questa struttura. Fondata nel 1925 da Monsignor Pietro Stoppani, come pensionato per signore cieche in età adulta, Casa Famiglia si è via via trasformata negli anni, per arrivare ad essere con la ristrutturazione del 2006 una delle RSA più accoglienti fra quelle accreditate dal sistema sanitario regionale della Lombardia.

Casa Famiglia ha mantenuto la vocazione all’accoglienza di persone con disabilità visiva, sia quelle che hanno subito un decadimento della vista a causa dell’età avanzata, sia quelle cieche da più tempo e dunque avvezze a utilizzare il braille o le tecnologie assistive. Da parte degli operatori c’è un’attenzione specifica alle persone anziane non vedenti, che si traduce in pratiche consolidate fatte anche di piccole cose, come ad esempio descrivere il tragitto che si sta percorrendo per formare la memoria visiva mentale, mantenere gli oggetti in stanza sempre nello stesso ordine facendoli toccare con le mani, abbinare i vestiti negli armadi in modo che siano pronti a essere indossati. Sono dettagli, certo, che però fanno la differenza tra un ambiente asettico e impersonale e una situazione in cui ci si sente accolti, come in famiglia appunto.

Purtroppo, la pandemia ha ridimensionato le attività svolte sul territorio, attraverso i servizi socio-assistenziali a domicilio (RSA Aperta) e quelli di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), che coinvolgono svariate decine di persone. Considerata l’importanza strategica del territorio, tali servizi, pur tra tante difficoltà, non sono comunque mai stati interrotti.

Marco Rolando

Nessun commento:

Posta un commento