Vita del 09/11/2021
Il 27 ottobre il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge delega in materia di disabilità. Si dà così attuazione a quella riforma prevista dal Pnrr alla Missione 5 – componente 2, dove si parla di una “Legge quadro per le disabilità”: l'obiettivo principale della riforma, si legge sul sito Italia Domani, «è modificare la normativa sulla disabilità e promuovere la deistituzionalizzazione, ovvero il trasferimento dalle istituzioni pubbliche o private alle loro famiglie o in comunità, e l'autonomia delle persone con disabilità». Il disegno di legge farà il suo percorso di conversione in legge alla Camera, dove è stato annunciato nella seduta del 3 novembre (Atto Camera 3347): dovrà essere convertito in legge entro il 31 dicembre. Alla recente riunione dell'Osservatorio Giampiero Griffo, coordinatore del Comitato Tecnico-Scientifico dell’Osservatorio, ha ricordato che si tratta di «un Disegno di Legge da considerare come epocale, in quanto per la prima volta porterà a una concreta applicazione dei princìpi e delle prescrizioni della Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità. In particolare è la prima volta che in un Paese europeo si introduce il riconoscimento della condizione di disabilità basandosi sulla definizione della Convenzione stessa». Una tappa importante del confronto sarà la prossima Conferenza Nazionale sulla Disabilità, fissata per il 13 dicembre. Perché si è scelto il veicolo della legge delega, dopo che negli ultimi anni era invece stato annunciato un Codice della disabilità, poi un Testo unico e – ancora nella stesura del Pnrr – una legge quadro? Qual è la vera portata delle novità che si profilano? Ne parliamo con Vincenzo Falabella, presidente della Fish.
Partiamo dai tempi: quali sono le prossime scadenze?
La legge delega va approvata entro il 31 dicembre dal Parlamento e so che la ministra Stefani si è già confrontata con i capigruppo. La discussione avverrà presso la Camera. Approvata la delega, ci saranno 20 mesi per scrivere i decreti attuativi. Il movimento associativo è stato coinvolto fin dalle primissime fasi e come Fish abbiamo avviato al nostro interno un confronto con tutta la nostra base associativa per posizionarci rispetto alle richieste che potevamo avanzare in questa delega. Inizialmente si parlava di Codice, poi nel PNRR si è scritto di una legge quadro: il 3 marzo la Commissione europea ha adottato la Strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030 e ha invitato gli stati membri ad adottare strategie nazionali per favorire l’attuazione della Convenzione Onu, con tempistica molto ridotta. Quindi non c’erano i tempi per arrivare a una legge quadro o per costruire un Codice sulla disabilità, così il Governo ha deciso per la legge delega al cui interno tuttavia ci sono aspetti importanti rispetto all’attuazione del secondo Programma di azione biennale, in particolare la linea 1 relativa alla valutazione della disabilità e la linea 3 relativa alla vita indipendente. È vero, la legge quadro è cosa ben diversa dalla proposta di legge delega, ma sta di fatto che nella delega si è cercato di inserire gli aspetti fondamentali di una eventuale legge quadro.
Quali vantaggi dà il collegamento con il Pnrr?
Il disegno di legge di delega costituisce l’attuazione della citata riforma di cui alla Missione 5, Riforma 1.1, del PNRR. Quindi c’è una investitura importante della riforma come riforma strategica per il Paese. Oltre che la certezza dei tempi per i decreti attuativi: senza riforma si bloccano i finanziamenti del Pnrr.
Quali gli aspetti soddisfacenti e quali i punti critici?
Direi che nella delega si vede chiaramente l’intento della nostre sollecitazioni: il linguaggio consono rispetto alla chiave della Convenzione Onu, la revisione della definizione della disabilità secondo la Convenzione, la possibilità di arrivare a una valutazione della disabilità con il superamento dell’accertamento della disabilità, come era nella linea 1 del secondo Programma di Azione. E poi tutta la parte della valutazione multidimensionale e dei progetti personalizzati e di vita indipendente. La criticità riguardano l’istituzione della figura del Garante nazionale della disabilità, è una figura in cui non ci ritroviamo e auspichiamo che su questo aspetto il testo si possa migliorare. Poi c’è l’aspetto delle disposizioni finali e transitorie, dove devono esserci risorse importanti per attuare la delega e i decreti attuativi, dal momento che stiamo rifondando in maniera esponenziale il mondo delle norme che impattano sulla disabilità. Dal 2009, da quando cioè l’Italia ha rarificato la Convenzione Onu, questa è la prima norma che in maniera trasversale impatterà sulla vita vissuta delle persone con disabilità, dalla valutazione alla riqualificazione dei servizi pubblici, dall’inclusione all’accessibilità. Nel PNRR non dimentichiamo che ci sono 500 milioni per la deistituzionalizzazione. Il tutto centrato sulla costruzione di progetti personalizzati e di vita indipendente, con il passaggio dal welfare di protezione al riconoscimento dei diritti. Non avremo più servizi standardizzati a cui le persone devono adattarsi, ma stiamo costruendo un livello essenziale delle prestazioni che vada verso il riconoscimento del bisogno specifico delle persone. Si innovano i servizi mettendo al centro i bisogni, costruendo servizi capaci di adattarsi ai bisogni.
Perché no al Garante nazionale? Quale proposta alternativa?
Secondo noi andrebbe rafforzato il ruolo dell’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità: i garanti regionali, là dove sono stati istituiti, non è che abbiano prodotto un particolare beneficio concreto a favore delle persone con disabilità.
In questa prospettiva, non sarebbe meglio una riforma che parta dal basso?
Ripeto, noi stiamo lavorando da giugno-luglio insieme al Ministero del Lavoro, della Salute, della Disabilità, alle Regioni e ad Anci. Abbiamo portato sempre l’esperienza delle associazioni, quello che le nostre associazioni vivono sui territori. Al confronto interno hanno partecipato oltre 25 organizzazioni nazionali con le loro sedi territoriali, 15 federazioni regionali con le associazioni territoriali. È stato un lavoro di rete imponente, che ha fatto sì che la federazione potesse essere autorevole. Una richiesta che abbiamo portato e che è stata inserita, venuta proprio dai territori, è il fatto che ci sia la possibilità di trasferire i progetti individuali da una regione all’altra, cosa che oggi non avviene. Continueremo a dare il nostro contributo in maniera critica, perché le persone con disabilità attendono questa riforma da anni. Nella delega e con i decreti si potranno dare queste risposte.
Su cosa dobbiamo attenderci, concretamente, novità?
Il comma 3 ribadisce che nella predisposizione dei decreti legislativi è garantita una leale collaborazione istituzionale con le regioni e gli enti locali, prevedendo altresì la possibilità di avvalersi del supporto dell’Osservatorio nazionale e le due federazioni maggiormente rappresentative. I decreti legislativi interverrano nei seguenti ambiti:
a) definizioni della condizione di disabilità, riassetto e semplificazione della normativa di settore;
b) accertamento della condizione di disabilità e revisione dei suoi processi valutativi di base;
c) valutazione multidimensionale della disabilità, realizzazione del progetto personalizzato e di vita indipendente;
d) informatizzazione dei processi valutativi e di archiviazione;
e) riqualificazione dei servizi pubblici in materia di inclusione e accessibilità;
f) istituzione di un Garante nazionale delle disabilità;
g) disposizioni finali e transitorie.
di Sara De Carli
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