martedì 2 novembre 2021

Giliola, 69 anni e non vedente, si è laureata in legge: «Voglio essere l’avvocato di tutti»

Corriere del Veneto del 02/11/2021

Ex centralinista e sindacalista, ora si prepara per l’esame di Stato: «Mi è sempre piaciuto studiare, noi ciechi possiamo fare cose che uno neanche si immagina.

VERONA. «Pronto? Mi può chiamare dopo, per favore? Sto frequentando la scuola forense, in primavera dovrebbe esserci la prima sessione per l’esame di stato». Garbata ma ferma, punta dritto alla meta Giliola Corradi, che a 69 anni vuole realizzare il suo sogno di diventare avvocata. È veronese e a febbraio 2020 si è laureata in giurisprudenza all’ateneo della sua città. La sua tesi: eutanasia e diritto all’autodeterminazione nella Costituzione. «Secondo me questo diritto non c’è nel testo; il professore aveva un’opinione diversa, ma alla fine ho avuto comunque l’applauso della commissione». Piccolo particolare su Giliola: è cieca da quando aveva quarant’anni. Ma per lei non è mai stato un freno. «Se ora mi chiede come facessi a studiare, è la dimostrazione che il mondo dei ciechi è sconosciuto ai più: mi facevo scansionare i testi dall’ufficio disabilità dell’università, poi li leggevo con la “voce” del computer, un programma apposta. Con un software di sintesi vocale prendevo appunti, e alla fine studiavo sui miei riassunti». La voglia di stare sui libri non le è mai mancata: «Mi piaceva la fisica da ragazza, sono stata selezionata dalla Normale di Pisa ma non avevo la borsa di studio e ho dovuto rinunciare. Poi, sono stata iscritta a giurisprudenza a Bologna, senza poter completare gli studi». La sua sete di conoscenza non si è spenta neppure dopo il «salto nel buio», che l’ha costretta a reimparare a vivere senza l’aiuto degli occhi. «Ho dovuto fare un anno alla scuola per centralinisti - racconta - e poi mi hanno assunta al Banco di Roma». Era il 1996.

«Una lingua un po’ lunga» I colleghi l’hanno notata subito: «Anche se ero cieca avevo la lingua un po’ lunga -scherza Giliola - e mi hanno fatto rappresentante sindacale aziendale per la Cgil». Il suono della sua voce tradisce un sorriso. «Sono arrivata nel direttivo della Camera del lavoro: ero considerata una rompiscatole, non perdevo una riunione». E proprio grazie al sindacato per lei si riaprono le porte dell’università. «C’era una convenzione con l’università di Verona per preparare i funzionari in Diritto del lavoro, con una triennale». Quella è stata la sua prima laurea, nel 2014: «Ho fatto fatica», ricorda. «Lavoravo, studiavo la sera, davo due o tre esami l’anno». Con il prepensionamento ha premuto sull’acceleratore: «Ho iniziato a frequentare tutti i corsi, accompagnata dal personale dell’università, sono arrivata a dare 12 esami l’anno. E a quel punto perché fermarsi?». Con la stessa naturalezza, Giliola si è iscritta alla magistrale in giurisprudenza, conclusa l’anno scorso: «Mi sono laureata un anno fuori corso, perché il professore che ha seguito la mia tesi era pignolo», precisa. Il successo l’ha costruito passando anche per momenti di scoramento: da un esame andato male a un ricovero dopo un’operazione delicata che l’ha tenuta lontana dallo studio: «In poche settimane ero già a lezione, facevo una fatica tremenda, ma la spinta era talmente forte...»

Essere utile a tutti

È quella spinta a fare in modo che Giliola, quando taglia il traguardo della laurea, miri già oltre: «La volevo per soddisfazione personale, mi dava fastidio quando mi dicevano che ero troppo vecchia per laurearmi - riassume - ma volevo anche essere utile agli altri». Il punto d’arrivo per lei è l’esercizio della professione: «L’idea mi è venuta quando ho conosciuto gli avvocati di strada: vorrei diventare uno di loro, penso che potrei essere utile a chiunque volesse un consiglio, anche ai vicini, se avessero bisogno di una lettera firmata “avvocata”».

Gigliola è inarrestabile. E la laurea non è la sua prima impresa. Nel 1999 ha condotto una barca a vela assieme ad altri tre ciechi attraverso le «Colonne d’Ercole», a Gibilterra, in Spagna, da Atunara fino ad Algeciras. Tutto da soli. «Credo siamo stati gli unici», ricorda. «Agli allenamenti sul lago di Garda c’era l’allenatore, in mare no. Ci seguiva da distante, assieme all’Amerigo Vespucci che ci scortava da lontano. Un’altra dimostrazione che per noi ciechi si possono aprire strade e fare cose che uno neanche si immagina».

L’orientamento ai ragazzi ciechi

Convinta di questo, Giliola ha deciso di mettere i suoi successi al servizio di altre persone più giovani di lei. Delegata dal consiglio dell’Unione ciechi, si occupa dell’«orientamento» dei ragazzi non vedenti all’università di Verona. «Mi occupo di dare dei consigli per servirsi al meglio dei servizi dedicati, per capire quali usare, come usarli. Per mostrare loro che possono crearsi una strada», sottolinea la giurista. «Sono pochi i ciechi all’università, in genere hanno pochi sbocchi lavorativi. Ma io dico sempre ai ragazzi che incontro: “Guai a voi se chiedete privilegi, dovete fare fatica come gli altri”. Perché sei cieco, non devi essere inchiodato al buio, con tutti che vengono da te. Devi muoverti. I diritti vanno bene, i privilegi mai», dice, e la sua voce si fa più seria, ma anche più appassionata. «Penso che la diffusione della mia esperienza possa servire a “salvare” qualcuno dal vuoto del buio e dall’isolamento. Non importa l’età, quello che conta è la voglia di vivere da umani tra gli umani».

di Pierfrancesco Carcassi

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