La Stampa del 10/01/2022
TORINO. Il parroco del Duomo di Torino scrive: «Esprimo profondo dispiacere per quanto accaduto alcuni giorni fa nella Cattedrale, nella vicenda di una persona ipovedente, e rivolgo a lui e alle persone interessate le mie scuse per quanto involontariamente causato dalla persona addetta alla custodia. Rivolgo le mie scuse anche agli agenti di polizia per il tempo che hanno dovuto impiegare; chiedo scusa al sacrestano e alle persone che prestano il loro servizio di volontariato gratuito, che non di rado si trovano ad aver a che fare con individui prepotenti; e infine scusa anche ai due magnifici cani, che sono stati i più discreti e i più rispettosi del luogo sacro. Nonostante le attenzioni che sempre si hanno nella nostra Cattedrale, soprattutto nei confronti di chi è portatore di disabilità (per esempio, con dispositivi tattili che permettano ai non vedenti di "vedere" il quadro raffigurante l'Ultima Cena), può capitare che un addetto alla custodia, scorgendo due cani grandi non si accorga subito che sono a servizio di una persona videolesa. Ma ritengo di dover fare alcune precisazioni.
1. Le 4 persone e i 2 cani erano entrati in Duomo e avevano già potuto sostare alcuni minuti davanti al presepe.
2. Mentre percorrevano la navata, verso la cappella della Sindone, hanno incontrato il sacrestano, il quale, non comprendendo subito che c'era un ipovedente e vedendo due animali di taglia medio-grande, ha segnalato che i cani non possono entrare in chiesa.
3. Al semplice richiamo dell'addetto è purtroppo corrisposto immediatamente un innalzamento della voce.
4. L'atto seguente è stato l'effettuazione della chiamata alle forze dell'Ordine dopodiché sono usciti dal Duomo.
5. All'arrivo della polizia sono poi rientrati tutti in Duomo per compiere il loro giro di visita, mentre gli agenti istruivano con molta comprensione il sacrestano, che aveva solo tentato di fare il suo dovere. Concludo ribadendo le scuse, ma anche manifestando lo sconcerto per il clima di scarsissima tolleranza e disponibilità a risolvere i problemi (anche quelli semplici) senza per forza tramutarli in occasione di litigio, di denigrazione o visibilità mediatica».
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