Superando.it del 16-10-2018
Intervista di Stefania Leone ad Andrea Ferrero*
Lavora in àmbito di accessibilità dell’arte, trasmette sulle onde di una “storica” emittente locale di Cagliari, ha recitato in una docufiction, pratica sci nautico e da qualche tempo non riesce più a smettere di dipingere. Ma come si potrà dipingere vedendo solo ombre, visto che a causa della retinite pigmentosa Andrea Ferrero conserva ormai solo un lievissimo residuo visivo? Ce lo racconta lui stesso, in questa bella intervista curata da Stefania Leone.
CAGLIARI. Ciao Andrea, ben ritrovato, ci siamo conosciuti durante un Convegno a Cagliari nel 2015 e mi intervistasti per il tuo programma radiofonico, Oltre le barriere, che va in onda su Radio X, un’emittente locale che trasmette nell’area metropolitana del capoluogo sardo. Parleremo anche di questo progetto, ma ora vorrei chiederti di presentarti brevemente e di dirci qualcosa sul tuo lavoro e sul tuo nuovo talento artistico.
«Sono affetto da retinite pigmentosa, ho un lievissimo residuo visivo e lavoro nel Gruppo Comunicazione del CRS4, il Centro Ricerca Sviluppo Studi Superiori in Sardegna, in cui ultimamente mi occupo di accessibilità in campo artistico».
Artistico in che senso?
«Prima di tutto nel senso di accessibilità museale: il Museo Archeologico di Cagliari aveva vinto un premio per un progetto di museo accessibile e fui coinvolto per delle consulenze in campo di accessibilità dell’arte; non ne sapevo molto e non volevo improvvisarmi. Mi capitò di vedere… – a proposito, io uso il termine “vedere” in sostituzione di ascoltare, non facciamoci problemi stupidi sui termini… – dicevo che ho visto un’intervista al presidente del Museo Tattile Statale Omero di Ancona, Aldo Grassini, museo in cui è vietato non toccare! Obbligai mia moglie ad accompagnarmi per andare a visitarlo – mi dicono che lei annuisce con il capo, rassegnata -; è un museo aperto a tutti, l’esperienza tattile è di tutti, sia di chi vede, sia di chi non vede. Ho potuto toccare copie di varie opere scultoree dell’arte classica e opere originali contemporanee e ho colto ciò che è bello per me. Ho capito che il bello è legato alla nostra sensibilità, alla nostra cultura, alla nostra esperienza, e che il senso del tatto ci dà indicazioni che la vista non può dare: ciò che è caldo, freddo, liscio o rugoso. I bambini, quando nascono, toccano, oggi non si può toccare nulla nei musei ed è un vero peccato, ecco perché quello di Ancona è un museo fantastico che consiglio a tutti, anche se qualcosa sta davvero cambiando in diversi musei italiani».
Questo aspetto è diventato preponderante anche nel tuo lavoro attuale?
«Sì, sono coinvolto a diversi livelli nei progetti di ricerca del CRS4, che hanno a vario titolo a che fare con la disabilità. Attualmente mi occupo di fornire consulenze e di fare da tester nel campo museale artistico per ciò che riguarda l’accessibilità delle persone con disabilità sensoriale nei musei e nei luoghi d’interesse artistico, culturale e storico; partecipo a incontri, convegni e seminari sul tema Design for all [progettazione universale, N.d.R.] e arte».
L’arte non è di interesse di tutti i ciechi, che ne pensi?
«È normale, ogni cieco è diverso dall’altro, c’è chi è più interessato e chi lo è meno, c’è chi lo prende solo come una gita e chi invece è realmente interessato all’arte, dopotutto come i vedenti. Ho quindi capito che non basta essere ciechi per fornire le consulenze, non si deve improvvisare. E così ho deciso di fare un corso di formazione sull’accessibilità museale per le persone con disabilità sensoriale organizzato dal Museo Omero e se oggi faccio consulenze, non è perché sono non vedente, ma perché mi sono formato. Tra l’altro, è successa un’altra cosa, il parlare di arte mi ha forse trasmesso la voglia di fare arte. Infatti dall’estate del 2017 ho iniziato a dipingere. Certo, può sembrare strano che una persona cieca scelga proprio un linguaggio così visivo per esprimere ciò che ha dentro…».
Ah sì, dunque dipingi, e perché hai pensato proprio all’arte figurativa?
«Semplicemente perché è capitato! L’ultima volta che avevo avuto in mano un pennello era stato in terza media, poi più nulla fino all’anno scorso, quando ho incontrato la maestra Annalisa Carta che mi ha proposto di dipingere. La mia prima reazione è stata negativa: io sono un ex vedente e perciò ho ragionato da vedente. Mi sono chiesto: come fa un cieco a dipingere? Poi ho lasciato da parte i miei pregiudizi e ho iniziato… adesso non riesco più a smettere!».
Che genere di quadri dipingi?
«Non ho un genere in particolare, nei miei quadri c’è tutto Andrea e perciò uso tutti i generi per rappresentarlo; ho dipinto quadri astratti, informali e perfino figurativi. Nei quadri ci sono i miei ricordi visivi, ci sono simboli e idee, c’è anche la mia patologia retinica, perché credo sia importante “educare” le persone anche attraverso l’arte! Ecco perché ho dipinto Ipovisione e Visione tattile».
Come dipingi e cosa provi nel dipingere?
«Durante le prime lezioni usavo il pennello, ma non percepivo il controllo di ciò che stavo dipingendo, il pennello mi allontanava dalla tela, e così, quasi istintivamente, sono passato ad usare le mani e mi si è aperto un mondo! È bellissimo sentire nelle mani il colore, sentire come lasci la traccia sulla tela, percepire il carattere, l’odore e l’anima che ha ogni colore, sentire il quadro attraverso le mani mentre lo stai dipingendo, è un’emozione unica. Tra l’altro per me dipingere ha anche un valore terapeutico. Infatti, sto man mano perdendo i colori, soprattutto le varie sfumature di colore, e così attraverso la pittura riesco a recuperarli, perché la maestra associa il colore che mi prepara alla realtà».
Come nasce un quadro?
«I miei quadri nascono in vario modo, a volte parto dal titolo o dal concetto che voglio esprimere e pian piano arrivo all’immagine da dipingere, come ad esempio il quadro Amicizia che rappresenta una mano. Ho realizzato con un pennarello 3D i contorni della mia mano, utilizzando colori caldi per la mano, freddi per lo sfondo; ho pensato che la mano potesse essere il simbolo dell’amicizia, infatti ad un amico dai la mano e gliela stringi, ma anche la scelta dei colori non è stata casuale. Invece, per altri quadri che realizzo non ho un tema, non ne ho già l’idea, ma mi faccio trasportare dall’ispirazione più pura».
Quando ti viene solitamente l’ispirazione?
«In autobus! Impiego tutti i giorni due ore di viaggio per andare al lavoro e dunque ho tutto il tempo per staccarmi da ogni cosa e aspettare l’ispirazione che arrivi come nuvole trasportate dal vento! Quando l’idea mi sembra valida, allora la registro sul telefono nelle note vocali che riascolto prima di andare alla lezione dalla maestra Carta. Devo ringraziare anche mia moglie perché mi aiuta molto, soprattutto nella fase di preparazione».
Ma quando e come fai a renderti conto che il quadro è finito?
«Beh, lo sai e basta! E poi c’è sempre l’insegnante che paradossalmente aiuta più i suoi allievi vedenti rispetto a me, quando invece tutti penserebbero il contrario. Ci dobbiamo interrogare su cosa sia l’opera d’arte, l’idea, la sua realizzazione o entrambe le cose».
Oltre al lavoro e all’impegno nell’arte, fai anche qualche sport?
«Pratico sci nautico, prevalentemente da Jeff Onorato, già campione del mondo, che dirige un centro specializzato all’Isola della Maddalena. Vado in palestra e in piscina, anche se quest’anno ho un po’ rallentato con l’attività fisica.
La retinite, poi, mi ha fatto poi scoprire il mio lato comunicativo, e per questo devo dire grazie a Salvatore Bandinu che intuì per primo questo mio talento allorché mi coinvolse nei corsi della FIN (Federazione Italiana Nuoto), in cui insegnava agli aspiranti istruttori di nuoto una materia che trattava di “disabilità e piscina”».
Ho ascoltato diverse tue interviste, lezioni su YouTube, complimenti sei un vero comunicatore!
«Grazie, fu in quelle lezioni sportive che compresi che si parla poco e male di disabilità e che spesso le persone con disabilità non sono coinvolte, che le prime barriere da abbattere sono quelle psicologiche; pertanto è molto importante che noi disabili visivi parliamo della vita che conduciamo, per far comprendere ai non addetti ai lavori ciò di cui siamo capaci».
Qualche esempio?
Ad esempio, se utilizzo lo smartphone, indosso gli auricolari e non si sente che ho un vocalizzatore. Allora posso essere preso per un “falso invalido”, come anche quando mi muovo con disinvoltura perché ho una buona capacità di orientamento. Questo può appunto indurre gli altri a pensare che io, o tanti come me, siamo dei “falsi invalidi”.
Serve ancora tanto fare educazione e comunicazione ed io cerco di raccontarmi e raccontare la mia vita tutte le volte che ne ho l’occasione».
Hai tenuto alcune lezioni ai ragazzi di una scuola professionale di Cagliari, com’è andata?
«Benissimo. I ragazzi dell’Istituto professionale Pertini di Cagliari si sono divertiti con il racconto di me, della mia storia e ho anche parlato loro del mio nuovo lato artistico».
All’inizio di questa chiacchierata dicevo che qualche anno fa mi avevi intervistato per una trasmissione radiofonica che conduci. Ce ne vuoi parlare?
«Dal 2014 ho iniziato insieme al collega e amico Andrea Mameli Oltre le barriere, un programma di racconti di storie, di interviste, di disabilità personali in cui le persone si raccontano e raccontano la propria vita con normalità, non con rabbia. Credo che queste chiacchierate possano essere utili sia alle persone normali che le ascoltano, per capire certe situazioni, sia a chi ha delle disabilità, affinché sia incoraggiato. Recentemente ho iniziato a condurre una trasmissione radiofonica dal titolo Gnam Gnam, insieme all’amico Fabio Bettio sulla storia e sulle curiosità della cucina».
Fai tante cose, dipingi, fai sci nautico, hai anche fatto un’esperienza come attore, vero?
«Sì, ho recitato in una docufiction. Io non avevo mai recitato, però quando mi è stata offerta questa opportunità mi sono buttato. È stata un’esperienza bella, significativa e impegnativa, perché dovevo interpretare il ruolo di una persona vedente e in primo momento ho avuto un attimo di panico. Temevo infatti di non esserne all’altezza, ma ringrazio tutti coloro che hanno creduto in me e mi hanno messo nelle condizioni migliori per dare il massimo per me possibile».
Come ti hanno scelto?
«Avevo già collaborato con la produttrice della docufiction, Angelica La Sala, perché ero stato coinvolto in qualità di consulente per un cortometraggio nel quale la protagonista era diventata cieca a seguito di un incidente d’auto e serviva un cieco vero che l’aiutasse a calarsi, in modo credibile, nella parte di una persona che diventa cieca. Il regista mi aveva notato e così me lo propose perché avevo le caratteristiche fisiche per il ruolo, somigliavo molto alla persona che avrei dovuto interpretare, era una storia vera. Come molte cose che faccio, lì per lì mi entusiasmai e accettai subito, poi man mano che si avvicinava il momento in cui si doveva iniziare a girare, mi arrivava una certa ansia, e spesso pensavo: “Ma chi me lo ha fatto fare!». Poi, fortunatamente, una volta iniziato, non ho più avuto ansia e paura ma solo divertimento».
Come si sono comportati gli altri attori?
«Con me sono stati fantastici, sia loro che il regista e tutta la troupe mi hanno aiutato tantissimo e dicono di essere stati contenti dell’esperienza con me; lo stesso regista dice che è andata benissimo».
Lo rifaresti?
«Certo! Ho già un progetto e all’inizio di luglio ho partecipato a un altro casting per un film che verrà girato a Cagliari in autunno».
Posso farti qualche domanda della tua vita privata? Hai una vita di coppia?
«Ma certo, sono felicemente sposato dal 2011 con Annalisa, una donna vedente».
Avete figli?
«No, due gatte: Mulinella e Ninetta».
Secondo te tua moglie ha avuto coraggio a sposare una persona cieca?
«Ah ah, mia moglie ha avuto molto più coraggio nello sposare me come persona con tutti i miei difetti, piuttosto che come disabile visivo…».
Mi dicono, e lo sai, che sei un bel ragazzo…
«Hai un caffè pagato, grazie».
Il fatto di non avere figli è stata una scelta condizionata dalla retinite pigmentosa?
«Ma no, le cose sono andate così; sarei stato molto contento di diventare genitore, ma ci siamo conosciuti già grandi e finora i figli semplicemente non sono arrivati».
Oltre all’entusiasmo che si respira standoti vicino, che messaggio vuoi che arrivi a chi ti leggerà?
«Domanda difficile… diciamo che tutto ciò che ci capita è neutro, è la nostra reazione ciò che lo fa diventare bianco o nero; io faccio tante cose, mia moglie dice che mi faccio coinvolgere troppo e provo tutto…».
Se riacquistassi la vista cosa vorresti vedere come prima cosa?
«Mia moglie!».
Stefania Leone è Socia dell’ADV (Associazione Disabili Visivi) e responsabile per la stessa sulle tematiche ICT (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione). Il sito di Andrea Ferrero è www.andreaferrero.eu.
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