giovedì 27 giugno 2019

Avviato il percorso verso il Piano Nazionale sulla Non Autosufficienza

Superando.it del 27.06.2019

Un Fondo per la Non Autosufficienza notevolmente ampliato nella sua entità, che sia integrativo e non sostitutivo di servizi non resi a livello regionale e che sappia individuare le persone con le maggiori necessità di sostegno. E, non ultima, l’esigenza che i piani per la vita indipendente diventino un’opportunità continua e certa in tutto il territorio nazionale: sono alcune delle considerazioni espresse dalla Federazione FISH al Tavolo con cui il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha avviato il confronto per la definizione di un Piano Nazionale sulla Autosufficienza.

«Sarà un percorso impegnativo e di intensa elaborazione per il quale però siamo attrezzati, forti di elaborazioni pluriennali che hanno avuto il merito di porsi in un’ottica di ascolto, confronto e sintesi, ad iniziare dall’Osservatorio Nazionale sulla Condizione delle Persone con Disabilità all’interno del quale abbiamo già ampiamente condiviso molte riflessioni confluite poi nel secondo Programma di Azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità [Decreto del Presidente della Repubblica del 12 ottobre 2017, N.d.R.]: così Vincenzo Falabella, presidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), commenta l’esito del Tavolo convocato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, per iniziare un confronto per la definizione di un Piano Nazionale sulla Non Autosufficienza.

Per l’occasione erano presenti sia le organizzazioni di persone con disabilità – tra cui appunto la FISH – sia referenti sindacali, della Conferenza delle Regioni, dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani), dell’INPS e del Forum Nazionale del Terzo Settore. Il Governo era rappresentato dai sottosegretari Claudio Cominardi (Lavoro e Politiche Sociali) e Vincenzo Zoccano (Famiglia e Disabilità).

«Il confronto – si legge in una nota diffusa dalla FISH – è partito correttamente dall’analisi dei dati sulla spesa e sull’impiego del Fondo per la Non Autosufficienza, che negli ultimi anni ha visto un progressivo aumento degli stanziamenti, giungendo per il 2019 a circa 570 milioni di euro. Il Ministero ha prodotto in tal senso un report che ha preso le mosse dal monitoraggio dell’impiego del Fondo da parte delle Regioni, tra le quali non tutte hanno risposto. Va qui ricordato che nel tempo il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in occasione dell’approvazione dei relativi Decreti di Riparto, ha introdotto alcuni indicatori selettivi che consentissero di individuare le disabilità gravissime o, per essere più precisi, quelle persone non autosufficienti che necessitano di assistenza vitale. Nel 2016, quindi, erano state individuate con precisione alcune condizioni patologiche che rientrassero in quella indicazione espressa dal Legislatore, fornendo anche gli indicatori (scale) da applicare. Uno sforzo ulteriore è stato praticato per individuare le effettive condizioni di grave carico assistenziale e anche qui sono stati individuati degli indicatori, di facile applicazione, che consentano di delineare vari livelli di bisogno assistenziale e, conseguentemente, di graduare gli interventi, tenendo conto della limitazione delle risorse a disposizione. Al momento questi indicatori non sono ancora stati adottati».

«Da un’analisi del Ministero del Lavoro – prosegue la nota -, il Fondo raggiunge attualmente solo il 5% dei titolari di indennità di accompagnamento. Quindi i destinatari effettivi sono ancora molto limitati: circa 110.000 beneficiari, di cui circa 50.000 gravissimi. La suddivisione delle risorse ipotizzata inizialmente era di almeno del 50% ai gravissimi. In realtà, dai dati prodotti dal Ministero si rileva una notevole differenza dalle percentuali stimate e soprattutto una grande disomogeneità territoriale. In particolare, in alcuni casi si è andati ben oltre il 50% per i gravissimi (ad esempio, il Molise all’85%) e in genere nel Mezzogiorno si tende a offrire maggiori garanzie a quelle situazioni, anche se, su scala nazionale, la spesa per i gravi è superiore a quella per i gravissimi. Si tratta di disparità territoriali verosimilmente legate alle diverse politiche regionali e alla diversa qualità dei servizi. Ma altre disomogeneità si ravvisano anche nelle modalità di accesso al Fondo, ad esempio nel ricorso all’ISEE familiare [Indicatore della Situazione Economica Equivalente, N.d.R.], anziché a quello più favorevole socio-sanitario».

«Una tendenza prevalente – viene ancora sottolineato ancora dalla FISH – è invece quella della tipologia di supporto richiesto e concesso: quello dell’assistenza indiretta, cioè dell’assegnazione di contributi di natura economica che assumono denominazione diversa a seconda delle Regioni (ad esempio assegno di cura, contributo per la non autosufficienza ecc.). Questa voce rappresenta circa il 90% della spesa complessiva. Ebbene, è su tutte queste analisi e valutazioni, oltre che sulle elaborazioni successive, che c’è l’intento di costruire un Piano Nazionale per la Non autosufficienza».

Ai lavori del Tavolo convocato dal Ministero, dunque, la FISH, da sempre in prima linea su questi aspetti, ha espresso alcune considerazioni preliminari: «In linea generale il Fondo per la Non Autosufficienza deve essere considerato come fondo integrativo e non sostitutivo di servizi non resi o di politiche regionali assenti o deboli. In tal senso è centrale, nella realizzazione del Piano per la Non Autosufficienza, monitorare la qualità della spesa delle Regioni, per evitare sperequazioni territoriali come oggi avviene. In secondo luogo, tenendo conto che l’ultima Legge di Bilancio prevede uno stanziamento per il Fondo Nazionale per l’Autosufficienza pari a 573 milioni per il 2019, 571 per il 2020 e 569 per il 2021 e che dal 2022 il Bilancio prevede 5,6 miliardi all’anno, la nostra Federazione chiede la conferma di questo intento e, possibilmente, di anticiparne lo stanziamento. Il terzo elemento, infine, riguarda l’individuazione dei destinatari di queste misure: gli strumenti e le modalità, infatti, dovrebbero essere basati su un riconoscimento della condizione di disabilità congruente con la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità e quindi anche individuando le necessità di maggiore sostegno assistenziale».

«Un ulteriore elemento centrale – conclude la nota della FISH – riguarda i progetti per la vita indipendente: essi devono uscire dallo sperimentalismo in cui sono stati fino ad oggi confinati con un finanziamento residuale, per diventare un’opportunità realmente perseguibile con continuità e certezza su tutto il territorio nazionale. Quindi finanziamento proprio e specifico e diffusione di modelli consolidati». (S.B.)

Per ulteriori informazioni e approfondimenti: ufficiostampa@fishonlus.it.

Nessun commento:

Posta un commento