Il Corriere della Sera del 09.06.2019
BRESCIA. Premessa: questa avventura da podisti di acciaio è un po’ come votarsi al martirio, con una vena di autolesionismo cosciente che però, alla fine, ti rende un po’ un eroe. I cento chilometri del Passatore -- due sabati fa si è disputata la 47esima edizione -- sono una prova fisica e mentale durissima. Se poi corri senza l'uso della vista, l'impresa vale doppio. Si va dal centro di Firenze a quello di Faenza, attraverso lo scollinamento di valichi appenninici, come il Passo della Colla, partendo di pomeriggio e arrivando di notte.
«È il traguardo più bello della mia vita». All'arrivo non ha dubbi Gigi Bertanza, non vedente. E il suo sorriso racconta tutto: gioia, fatica, allenamenti e passione. Tutto condiviso con i suoi amici e compagni di avventura, Marco Zingarelli, ipovedente, e la loro guida Mattia Di Beo.
Tre ambasciatori del «volere è potere», attraverso lo sport. Sono partiti da Brescia per la loro prima «cento» con tutte le incognite di una ultra-maratona, anche se il loro curriculum è da atleti di rango (all'ultima maratona di New York sono arrivati a Central Park in 3 ore e 40 minuti). Ma l'obiettivo di arrivare in fondo è stato centrato e il «ce l'ho fatta!» di Zingarelli sulla finish line ha cancellato la sofferenza di circa 13 ore di corsa e regalato alla medaglia conquistata un sapore speciale.
«È stato un lavoro di gruppo, anche se non sempre siamo riusciti a tenere lo stesso ritmo -- spiega Mattia Di Beo che ci offre un punto di osservazione privilegiato dell'impresa -- ma Marco e Gigi, una volta di più, sono stati d'esempio con la loro voglia di mettersi in gioco. Correre al loro fianco per me è un grande stimolo, questi quattro anni in simbiosi mi hanno dato molto: averli conosciuti è stata una fortuna».
Sono uniti da una cordicella legata ai polsi e da un rapporto di fiducia e sintonia totale che, passo dopo passo, si è trasformato nel Blind Runner Project, che al Passatore ha unito le forze con le associazioni «Disabili in corsa» di Bergamo e «Non ho paura del buio» di Forlimpopoli che hanno messo a disposizione guide e ciclisti. Le guide sono riuscite a tenere alto il morale del gruppo. Anche grazie a loro Marco e Gigi hanno saputo reagire in maniera incredibile ai momenti di crisi. I momenti in cui serve la testa per far muovere le gambe sempre più pesanti.
È così che 100 chilometri di corsa diventano la più grande vittoria della vita (pur non essendo al primo al traguardo) e abbattono, anche per chi non ha corso, muri solo all'apparenza invalicabili. «È stata una gioia portarli fino a Faenza. E vorrei che con il Blind Runner si diffondesse quella energia positiva che Gigi e Marco - continua Mattia - mi regalano ogni volta che corriamo».
Il progetto, nato nelle serate di CorrixBrescia, conta una trentina di podisti, tra guide e non vedenti: vuole offrire un'opportunità di sport e di socializzazione a chi potrebbe essere sopraffatto dalla rassegnazione alle mura di casa.
Ci sono sogni nel cassetto, «Come qualche ultra maratona nel deserto», e altre imprese in calendario. Per Mattia e Marco il 22 giugno c'è il triathlon olimpico di Sirmione. Volere è potere.
di Lilina Golia
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